Viaggi di pesca: Diario Australia (3a parte)
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01 Gennaio 2003
Stamattina, ci siamo alzati molto presto: allle cinque eravamo tutti in piedi a gustarci l’alba.
E’ fresco fuori, e l’umidità della notte ha garantito la scorta d’acqua quotidiana.
Come dicevo fuori è umido, ed evidentemente un particolare evento climatico nel deserto circostante ha fatto sì che una moltitudine di mosche fastidiosissime si spostasse nella nostra zona.
Dovremo convivere con loro per tutta la permanenza.
Almeno tre/quattrocento esemplari di mosche pro-capite stazioneranno fisse, nei prossimi giorni, sui nostri poveri corpi nudi. Nel Nord Ovest Australia è una cosa naturale, ma per noi europei, che non ci siamo abituati, è un fastidio incredibile. Sembra quasi all’improvviso che una sorta di pazzia sia scesa nell’accampamento. Se qualcuno ci guardasse da lontano, senza sapere delle mosche, scambierebbe la nostra baracca per la succursale di un manicomio. Tutti ci muoviamo con rapidi scatti delle mani sul corpo per scacciare questi piccoli animali, e questo teatrino continua durante tutto l’arco della giornata. Il vento è praticamente assente e pertanto questi insetti stazionano comodi.
Seguendo il consiglio di Massimo, resisto stoicamente, e dopo circa cinque ore ci farò l’abitudine.
Incredibile ma vero: una vita sana e rilassata a contatto con la natura più pura… completamente coperto da mosche dalla testa ai piedi. Forse sto andando in putrefazione senza accorgermene.
Il programma di questa mattina prevede una bella gita a sud dell’accampamento in una località denominata “monument”.Dovremo lasciare la strada che ci ha condotti qui e prendere dei sentieri sterrati secondari – e battuti solo dalle pecore- per arrivare in questo angolo remoto di oceano.
Tanto per cambiare, il posto è di una meraviglia assoluta. Una costa di color rosso a picco sul mare con un dislivello di oltre cinquanta metri. In basso, le onde possenti si infrangono sulla parete creando rumori assordanti. Guardando sotto riusciamo a distinguere nitidamente delle tartarughe che nuotano indisturbate. Scattiamo delle foto e proseguiamo ancora verso sud, dove la costa si abbassa e diventa sabbiosa.
I fuoristrada verranno lasciati qualche centinaio di metri prima della spiaggia, perché la sabbia è troppo morbida e potremmo rimanere bloccati. La spiaggia è magnifica e deserta. Credo sinceramente che poche persone vi abbiano messo piede e, come nel resto dei posti che poi visiteremo, non si notano assolutamente segni della presenza umana. Solo le impronte dei canguri, i segni delle loro scorribande notturne. Questi animali frequentano assiduamente il mare perché ghiotti di sale. Come le capre, anche loro ne vanno matti e sono in continua ricerca di pozze d’acqua evaporata in mezzo agli scogli.
Io e Massimo ci prepariamo per entrare in acqua e questa volta saremo accompagnati anche da Michele.
Michele è un appassionato di wind surf ed in generale un patito per l’avventura. Non ha mai pescato in apnea, ma con molto coraggio ci seguirà senza porsi troppe domande, armato di un ministen. Noi, dal canto nostro, lo controlleremo continuamente.
Entrare in acqua non è facile, le onde sono molto alte e la quasi assenza della barriera corallina, con la relativa zona di calma, rende difficile l’operazione. Perderemo il pallone sotto un’onda travolgente, e saremo costretti a tornare a terra per risistemare il tutto.
Passate le onde, l’acqua non sembra molto pulita, ed il fondale assolutamente piatto non promette una divertente giornata. Decidiamo di spostarci ancora più al largo, e come d’incanto l’acqua torbida lascia improvvisamente il posto a quella cristallina. Sotto i nostri occhi si apre uno scenario impressionante.
Il fondale è granitico e crea dei lastroni dalla caratteristica forma di “strada romana”. Di tanto in tanto, il fondale risulta piatto ed intervallato da catini grandi e piccoli completamente fessurati ai lati.
In sincerità, credo che mai nessuno abbia messo la testa sott’acqua in questa zona.
Ogni catino, reso comunicante da tane passanti con quelli in adiacenza, è un vero e proprio allevamento di pesce. Alla prima apnea rimango estasiato. Vengo circondato da qualche tonnellata di pesce. Carangidi, snapper, corvine giganti ed il solito squalo che arriva dritto sparato mentre sono appoggiato sul fondo.
Non posso sparare, l’unica cosa da fare è concentrarmi per una apnea, la più lunga possibile, e godermi questo spettacolo fantastico.
Tutt’intorno abbiamo pesci dai due ai venti/trenta chili: saranno oltre duecento esemplari di diverse specie. Qualcuno riesco addirittura a toccarlo ed è bellissimo.
Per ragioni alimentari, decidiamo di sparare qualche pesce imperatore e qualche snapper.
Massimo cattura un bel pesce imperatore di circa tre chili ed io uno snapper più piccolo. Li fissiamo al cavetto e ci spostiamo per eludere gli squali, che arrivano numerosi sul punto dello sparo.
Arriva anche uno squalo pinna nera di circa tre metri e comincia a girarci intorno per poi sparire di lì a poco.
Mi immergo di nuovo e mi fermo all’aspetto. Riecco lo squalo grande… mi accorgo che in bocca ha qualcosa. Quando è più vicino, distinguo il cavetto portapesci e le code delle nostre prede che spuntano dalla sua bocca.
La pescata è dunque terminata. Non abbiamo portato con noi altri portapesci, e tenere i pesci in cintura sarebbe troppo pericoloso. Decidiamo allora di continuare l’esplorazione dei fondali che via via diventano sempre più interessanti.
In due ore di mare, credetemi, penso di aver visto una quantità di pesce ben superiore a quella avvistata in dieci anni di pesca in Mediterraneo. Un’emozione fortissima… un’ esperienza unica. E siamo solo al secondo giorno.
Continuando l’esplorazione, scorgo nitidamente la sagoma di una cernia gigante in candela sulla verticale della tana. E’ un animale di oltre un quintale che si intana appena scendo per andargli incontro.
Metto la testa dentro la caverna e la trovo immobile a cinque-sei metri dall’imboccatura. La caverna prende luce da aperture laterali, e la sagoma dell’animale è chiaramente visibile. E’ enorme, maestosa e si tiene a debita distanza, poi con una scodata possente sparisce nei meandri della sua casa. Non riusciremo a vederla nelle successive apnee. Massimo mi spiega che questo mare è pieno di animali di questo tipo e che in futuro avrò modo di rendermi conto di come il pesce appena visto, del peso di circa un quintale, è in realtà un…. avannotto.
Con i sensi appagati, decidiamo di ritornare a terra. Nel tragitto, a pochi metri dalla riva, troviamo adagiato sul fondo un Wobbegong, un particolare squalo di sabbia molto mimetico e di colore tigrato. Decidiamo di catturarlo, Massimo dice che le sue carni sono ottime, ed infatti ci sfameremo per pranzo e cena per i prossimi tre giorni. La cattura sarà semplicissima, ma il trasporto dell’animale non molto agevole. Pulirlo e spellarlo sarà un’impresa non molto facile che porterà via un po’ di tempo. Per l’occasione ci penserà Pallino, con la sua ventennale esperienza di pescatore professionista.
Sommario Diario di Viaggio in Australia di Alessio Gallinucci:
1° Parte
2° Parte
3° Parte >> sei qui
4° Parte
5° Parte
6° Parte
7° Conclusione
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