Viaggi di pesca: Diario Australia (2a parte)
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28 Dicembre 2002
Non avevo ancora realizzato di essere in Australia, ma se devo descrivere le sensazioni che avrò di qui a breve bhe, dirò che non mi è mai capitata una esperienza di viaggio così intensa. Premetto che io Massimo Alberto e Antonello abbiamo viaggiato verso Phert per andare a riprendere il mio bagaglio smarrito. In tutta sincerità ho temuto seriamente che non arrivasse mai e già mi immaginavo senza vestiti e senza attrezzatura da pesca per tutto il viaggio. Roba da cani.
I dipendenti della Qantas, la compagnia con la quale ho volato, mi avevano detto di presentarmi all’aereoporto intorno alle 17,00 ed io, in anticipo sull’orario, alla mia richiesta del bagaglio smarrito, ricevo una preoccupante risposta dubbiosa.
Un tizio, con un evidente “punto interrogativo” stampato sul viso, mi dice di ripassare più tardi. Per farla breve il bagaglio arriverà via Tokio con tre ore di ritardo, ma intatto.
E’ fatta, comincia l’avventura!!
Ci avviamo verso Lanceline e sbagliamo strada, poco male, vale la pena di fare un giro per Phert. Una graziosa città in stile sobrio occidentale che visiteremo a fondo a fine viaggio. Ci incontriamo col resto del gruppo al solito pub per una bistecca insieme. Due ore di allucinante attesa per una bistecca neanche tanto buona. Birra, rutto d’ordinanza e via verso nord, ci aspettano 1200 Kilometri di strada. La nostra meta è una zona costiera isolata nel deserto del Nord Ovest Australia, al limite della fascia di sicurezza.
Già, la fascia di sicurezza, che strano.
L’Australia è un continente grosso circa una volta e mezza l’Europa con soli 20 milioni di abitanti.
Esistono migliaia di chilometri quadrati senza abitazioni o presenza umana. Si viaggia per centinaia e centinaia di chilometri di strada dritta e pianeggiante nel deserto più totale. Mai un paese o delle abitazioni. Solo vegetazione bassa ed arida a perdita d’occhio a 360 gradi. Isolamento completo.
Oltre la fascia di sicurezza, ci si avventura in territori inesplorati, proprio così: inesplorati.
Cartelli ben vistosi segnalano la pericolosità e recitano:
“Territorio inesplorato – Divieto di accesso – Oltrepassato questo limite, qualunque cosa dovesse succedervi, non sarete soccorsi!!”.
Si guida di notte e si fanno i turni. Bisogna fare molta attenzione ai canguri che si buttano addosso alle automobili in corsa, attratti dalla luce. Il bordo della strada è un vero e proprio cimitero di questi animali, che diventano poi pasto per volpi, goanna e avvoltoi. Ci troviamo in pieno deserto e la nostra automobile va in ebollizione. La guarnizione del radiatore è fuori uso e dobbiamo necessariamente raboccare l’acqua ogni cento chilometri. La mattina successiva fonderemo in mezzo al deserto anche il furgone, che sarà trainato dalla automobile in panne fino ad un improbabile distributore. Il tutto sotto il sole cocente a 50°di temperatura.
Ci sentivamo comunque tranquilli, non andavamo di fretta, c’era tutto un mese davanti, ma io ero seriamente preoccupato. Massimo e Pallino invece, con grande esperienza di viaggi “al limite della sopravvivenza” ridevano beati e mi trasmettevano fiducia.
Ma ecco l’angelo custode. Un italiano con moglie e figli si ferma e da un passaggio a Pallino e Michele al paese più vicino. Carnavorn a “soli” 280 chilometri. Noi approfittiamo per una siesta e ci addormentiamo in macchina all’ombra. Al risveglio Michele e Pallino con due fuoristrada fiammeggianti ci aspettano pronti per ripartire.
Traineremo fino a Carnavorn le auto in panne, lasciandole ai meccanici, e di nuovo in viaggio.
Per arrivare a destinazione dovremo percorrere gli ultimi cento chilometri di strada sterrata e sarà un’avventura entusiasmante.
Al limite della strada asfaltata ci fermiamo a guardare il mare al tramonto. Costa color rosso a picco ed io mi dirigo subito sulla verticale dell’acqua.
Ricevo un bel cazziatone da Massimo. E’ pericoloso. Esiste l’onda Killer.
Non ci si può avvicinare a guardare il mare perché di tanto in tanto sopraggiunge un’onda spaventosa che scavalca la parete e porta via tutto ciò che è sopra. Incredibile davvero. Buono a sapersi. Ci terremo sempre a debita distanza.
Arriveremo a destinazione a notte fonda.
In questo ovile perso nel deserto c’è una coppia di giovani sposi che vive di pastorizia e dei proventi derivati dall’affitto di una baracca in lamiera. Non c’è acqua dolce, solo un pozzo d’acqua salata, non c’è corrente, se non quella prodotta da un gruppo elettrogeno fino alle 20 di sera poi buio totale. L’acqua potabile, si ottiene dallo scolo della rugiada dei tetti in lamiera, che, convogliata in un canale, finisce in un recipiente stagno con rubinetto. Acqua distillata insapore. Per dissetarti ne servono almeno tre bicchieri. Se il clima è secco e non c’è guazza, acqua razionata. In fondo siamo nel deserto no?
Svegliato il tipo, questo ci si presenta con una birra in una mano ed una canna nell’altra e ci saluta con un sorriso di uno che è contento dei vedere gente.
Lo stupefacente deve essere buono ed anche la birra buona. Con pochi suoni gutturali ci indica di dormire nell’ovile.
Dormiremo qui, insieme alle pecore, ma dopo 24 ore suonate di viaggio vi assicuro che una branda nell’ovile è assolutamente comoda e di gran lusso.
Pallino ha portato una gran quantità di trappole per topi. Qui è pieno, lui c’è già stato e lo sa. Topolini di campagna piccoli e vispi.
Le sistemiamo e ne catturiamo uno, poi un altro, io ne ho uno che mi cammina sulla pancia. Gli do una pizza e lo lancio in fondo all’ovile, la cosa mi fa ridere, mi addormento stanco morto.
La mattina, ci risveglieremo in un paradiso terrestre.
31.12.2002 (il battesimo oceanico)
La bush, così si chiama la vegetazione desertica, è un formicolare di lepri. In volo fitto di gabbiani e pappagalli grigio rossi che fanno un grande frastuono. Nel gregge di pecore antistante la nostra baracca si intravedono vicinissimi dei canguri. Animali stranissimi. A vederli in televisione è un’altra cosa, ma vederli dal vivo, vi assicuro, sono buffissimi. Verso mare c’è una duna di sabbia monolitica marrone chiaro alta almeno venti metri, in contrasto netto con il colore verde della vegetazione ed il blu cobalto dell’oceano.
Risalire la duna è uno spettacolo. In cima, da seduti si può ammirare uno spettacolo mozzafiato.
Il colore verde/giallo della barriera corallina ed il successivo blu cobalto degli alti fondali.
L’onda oceanica è imponente e osserviamo nitidi dei delfini che surfano l’onda forse per gioco o forse spinti dal bisogno alimentare.
Non vedo l’ora di mettere la testa sott’acqua. Prima però faccio qualche domanda a Massimo. Lui è un grande esperto della pesca in oceano.
“La catena alimentare qui è intatta e l’ambiente è incontaminato” mi dice, “Pertanto a capo della catena alimentare c’è lo squalo e non l’uomo”.
Massimo è più realista del re ed è sempre molto chiaro nelle sue spiegazioni.
E’ molto che mi chiedo quale reazione avrò al cospetto di questo animale, ma la voglia di entrarne a contatto per la prima volta è forte ed io, per natura, sono una persona molto curiosa.
Arriviamo in spiaggia ed io sono frenetico come un adolescente. Ripenso a quando Alessandro Martorana e Giovanni Cirincione mi portavano a pescare, da giovane, a Ladispoli.
Non avevano il tempo di mollare l’ancora che io ero gia pronto a buttarmi in acqua equipaggiato di tutto punto.
Massimo si sta ancora vestendo ed io entro in acqua immediatamente. Coralli di mille colori taglienti come rasoi. Bisogna fare attenzione alla muta. Il paesaggio subacqueo è intatto e brulica di vita. Pesci coloratissimi di piccola e media taglia che nuotano frenetici. Ma dove sono i bestioni di cui mi parlava Massimo? Forse oltre la barriera. Lo attendo.
Non posso fare a meno di guardare sotto una lastra formata da coralli gialli disposti ad ombrello rovesciato.
Mi trovo faccia a faccia con una corvina gigante. Infilo il mio 95 ad elastico, cerco di mirarla ma il pescione è frenetico. Me lo aveva detto Massimo. I pesci sono molto nervosi perchè perennemente insidiati dai predatori. Tiro bene e centro il pesce poco dietro la branchia, ma non lo uccido. La reazione è violenta e l’asta si incastra. La lastra però è agevole e riesco a scastrare l’animale con l’aiuto del fucile di Massimo. E’ un pesce di circa sei chili.
Massimo mi guarda e ride e mi dice di aspettare. Procediamo verso il largo oltre le onde oceaniche.
Di fronte a noi c’è una zona di relativa calma, un pass, dove è possibile raggiungere il largo senza soffrire.
L’onda oceanica ha una potenza inaudita e duratura. L’impulso possente dura oltre i venti secondi, nulla a che vedere con il Mediterraneo.
Il fondale è piatto, spazzato dalle correnti ed io non so se essere contento e curioso oppure impaurito. Sono un po’ confuso. Mi trovo a strettissimo contatto con Massimo, la sua vicinanza mi tranquillizza. Proseguendo ancora a largo troviamo un ciglio che da 10 metri scende a 17/18.
Peschiamo in coppia ed io scendo per primo e mi appoggio sull’orlo del ciglio guardando verso largo. L’acqua non è limpidissima la visibilità è intorno ai 10 metri. Ancora più inquietante.
Rimango allibito.
Vengo avvolto da una quantità enorme di pesce, il mio fucile è un’inutile appendice, rimango estasiato. Corvine giganti, snapper, pesci imperatore, un misto tra il nostro dentice ed il fravolino, bellissimi, pesci pappagallo enormi mi puntano e girano velocemente.
Nelle successive apnee sarà sempre lo stesso spettacolo ed ormai il ghiaccio è rotto. Penso alla cattura di qualche esemplare. Steso all’aspetto sul fondo sento scodate possenti, nulla a che vedere con quelle dei nostri dentici più grossi. Veri e propri bum bum.
Rivolgo la mia attenzione agli snapper.
Ne catturo due di circa un chilo e mezzo e poi, in rapida successione tre corvine giganti.
Al successivo aspetto, in alternanza con Massimo, vedo contro sole una sagoma enorme.
Ci siamo. Risalgo.
Lo squalo ha avvertito le vibrazioni del pesce catturato ed è entrato in frenesia.
Al successivo aspetto mi arriva di muso dritto sparato un’animale di oltre due metri. Uno squalo blu. Rimango assolutamente freddo, lo squalo mi punta e devia quando è solo a mezzo metro da me, io continuo a seguirlo con lo sguardo. Sono incredibilmente tranquillo.
Avviso Massimo e lui ride di nuovo come per dirmi “non hai ancora visto nulla!!”. Capirò perché.
Lui rivolge l’attenzione agli Spanish Maccarel. Maccarelli giganti che possono abbondantemente superare i trenta chili e ci dirigiamo verso la zona dove, l’anno precedente, aveva fatto diverse catture.
Scende, si apposta e spara. E’ un pescione di oltre dieci chili. Io lo raggiungo e lo fiacco col secondo colpo. Ha una potenza impressionante paragonabile a due volte quella di una ricciola equivalente.
Lo mettiamo in cavetto e proseguiamo.
Massimo, che ha il pedagno del pallone collegato in cintura, avverte dei fortissimi strattoni.
Non c’è più il maccarello e gli altri cinque pesci ed intorno al cavetto c’è una nuvola di sangue. Uno squalo s’è mangiato tutto il pescato.
Quello che mi aveva detto era da poco successo. In Australia non puoi mai dire di aver pescato, se non dopo aver portato il pesce oltre la linea di battigia. Avremo in seguito modo di vedere squali addirittura uscire con il corpo all’asciutto, per mangiarsi la nostra pescata.
Nelle successive apnee avvisto altri tre squali di cui uno, un Mako di oltre tre metri. Ha una gobba che lo rende visibilmente più cattivo degli altri.
Decidiamo pertanto di portare a secco il pesce preso nel frattempo e di rientrare per catturare altri Maccarel.
Io rimango attaccato al pallone a guardia del pescato.
La corrente è consistente e rientrare a riva non è facile assolutamente. Scattiamo alcune foto di rito e riguadagnamo il largo.
Io porto un’aspetto lungo ad un grosso snapper che non riesce ad arrivarmi a tiro.
Tento di guadagnare qualche metro all’agguato e scocco un bel tiro centrale.
Il pescione parte di potenza e riesco a recuperarlo dopo cinque estenuanti minuti.
Il pescione, con le sue vibrazioni, ha richiamato altri squali che girano vorticosamente sul punto dello sparo. Ci spostiamo di trenta metri.
Massimo porta un bell’aspetto ad un Maccarel, la sua preda preferita, io lo vedo nitido dalla superficie, e scocca il tiro. Fulminato.
I pesci erano due e ritenta una nuova cattura. Io metto il pesce in cavetto e vigilo. Dopo due apnee ne centra un altro al quale do la seconda botta.
Arriva immediatamente uno squalo e tutti e due difendiamo il pescato.
Poche ore prima non avrei mai pensato di poter coscientemente arrivare a tanto.
La cena ed il pranzo di domani sono assicurati, decidiamo di rientrare anche perché sta salendo la marea e tra un’ora il sole tramonterà. Quelle sono ore davvero pericolose. Lo squalo può tranquillamente attaccare l’uomo.
Massimo tiene il pedagno ed io a stretto contatto con il pescato che vigilo a 360 gradi.
Uno squalo comincia a girare intorno a me in modo caratteristico concentrico.
Avviso Massimo.
Intanto lo squalo carica ed io lo respingo pungendolo con l’asta.
Lo squalo ritorna subito ed io lo pungo vicino all’occhio. E’ un animale di oltre due metri.
E’ incredibile. Mi stò contendendo il cibo con la figura apicale della catena alimentare oceanica!
E lo faccio con forza, non ho nessuna intenzione di mollare. Quello è il mio cibo.
Guadagnamo altri cento metri ed entriamo nel reef.
L’acqua è calma ed è tutto più agevole.
A circa 50 metri dalla riva riecco lo stesso squalo più deciso che mai.
Mi punta ed io gli vado incontro. Anche Massimo fa lo stesso. Due o tre tentativi di carica e lo respingiamo a dovere e se ne va definitivamente.
Tornati a riva è una festa. Si pulisce il pescato e si ritorna a casa con i fuoristrada.
Nel tragitto raccontiamo la nostra avventura ai compagni di viaggio increduli.
Per strada vediamo lepri, canguri ed godiamo di un paesaggio da sogno.
La sera a cena sarà un vero banchetto. Maccarel in carpaccio e snapperone alla brace.
A mezzanotte, al buio pesto, ci ricordiamo che è capodanno.
Sotto un cielo completamente stellato ci scambiamo mestamente gli auguri. Questa festa per quest’anno è passata in secondo piano. Saranno state le attenzioni per gli squali.
Sommario Diario di Viaggio in Australia di Alessio Gallinucci:
1° Parte
2° Parte >> sei qui
3° Parte
4° Parte
5° Parte
6° Parte
7° Conclusione
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