Viaggi di pesca: Diario Australia (1a parte) – Apnea Magazine
Santa Marinella 23.12.2002
Se non fosse stato per l’invito del mio amico Franco, forse oggi non starei a trascrivere questo diario. E’ così. Mi chiamò proprio lui quel Venerdì di due settimane fa, per invitarmi a vedere il concerto dei Blues Willis. Questo gruppo musicale resosi famoso con la trasmissione “l’Ottavo Nano” suonava al Fonclea, caratteristico locale romano dove ho passato degli indimenticabili fine settimana del mio periodo post-adolescenziale. E poi il leader del gruppo Greg, carissimo amico di Franco, era un assiduo frequentatore del suo locale in Trastevere, il “Mameli”. Quella sera parlammo di tutto: di vita, di donne ed anche di pesca, la passione che condividiamo da ormai tre anni e che ha cementato la nostra sincera amicizia. A proposito di pesca, lui mi manifestava l’idea di andare quanto prima a pescare in Madagascar insieme a Marò, in uno di quei viaggi che lui ogni anno organizza. Marò, il nonno di noi tutti pescatori apneisti, un mito della subacquea: divertimento e serenità assicurati. Certo, un viaggio in Madagascar sarebbe piaciuto anche a me, ma come avrei fatto ad organizzare tutto velocemente e compatibilmente con gli impegni lavorativi? Non sarebbe stato possibile. Franco non era ancora molto convito, ma lo esortai a partecipare, sottolineando l’esclusività del viaggio.
Birra e cibo arrivarono al nostro tavolo e mi accorsi che, proprio di fronte a noi, sedeva il mio amico Massimo Scalambretti con la sua compagna. Massimo è un fortissimo pescatore che opera nella zona di Ladispoli. Non partecipa alle competizioni, lui è uno spirito troppo libero, uno zingaro del mare, dotato di un fiuto per il pesce davvero unico. Fui molto contento di incontrarlo; lo salutai con gioia e subito l’argomento della discussione si spostò sulla pesca. Anche quest’ anno lui sarebbe partito per uno dei suoi viaggi di pesca in Australia, nell’oceano incontaminato. Di solito con Massimo, ci si incontra d’estate in spiaggia, e lui da tre anni a questa parte mi fa rimanere estasiato raccontandomi delle esperienze fatte in questi mari. Io rimango sempre imbambolato ad ascoltarlo, come un bambino che ascolta i racconti del nonno. “Certo sarebbe bello andare in Australia” pensai tra me e me mentre lui parlava. Ma come avrei fatto? Ci voleva almeno un mese di ferie: con quale faccia le avrei chieste al mio dirigente? E poi bisognava andare nel periodo di Natale… insomma, impossibile.
“Senti Massimo”, gli dissi “tu fammi sapere quando hai le date della partenza e dei voli”. Buttai lì la frase, ma senza troppa convinzione. Lui fu di parola, e dopo due giorni arrivò puntuale la sua telefonata. Avevo il numero di volo e gli orari con le date. Li trascrissi su un foglietto con una certa indifferenza, e continuai a lavorare sul pc. Era passata circa mezz’ora dalla telefonata fatidica. Mi collegai ad internet sul sito di Apnea Magazine e mentre ero sul forum ebbi il cosiddetto “momento di lucidità”: Io parto!!. Andai immediatamente nella stanza di Claudio, il mio dirigente/fratello maggiore, e gli parlai del mio desiderio di partire per l’Australia. Mi diede l’OK non senza commentare, come al suo solito. Chiamai subito Massimo, per caso era al lavoro a Tarquinia e passò da me. Acquistammo insieme i biglietti lo stesso pomeriggio: ero pronto per partire.
27 Dicembre 2002
Da un po’ di anni a questa parte, ogni volta che devo partire, non ci penso mai. Inconsciamente rimuovo il tutto, quasi per non crearmi aspettative che poi richiano di restare deluse. Questo però mi crea non pochi problemi con i bagagli, che preparo tassativamente all’ultimo minuto, con il conseguente rischio di scordare qualcosa di importante.
Partirò da solo. Non ho trovato il volo di Massimo e pertanto arriverò a destinazione con quattro ore di anticipo rispetto al resto del gruppo. A proposito, dimenticavo, il gruppo sarà formato da: Massimo, che già conoscete; Pallino, surfista instancabile e pescatore professionista; Cristiano, anche lui surfista e commerciante nella vita; Michele, metereologo di professione e surfista; Antonello, specialista in elettronica ed ottimo fotografo; Alberto, palazzinaro con la passione dei viaggi, ed io.
I miei bagagli sono dunque pronti. Una borsa per l’apnea con due mute da 3 mm, una capiente sacca per i fucili e pochissimi indumenti. Solo un paio di ciabatte. Di solito al caldo uso camminare scalzo. Ho salutato tutti, parenti amici ed amici veri. Sì, quelli veri, quelli che quando dici che ti sta capitando qualcosa di bello, ti rispondono, con un sorriso sincero sulla bocca:”sono contento per te!”.
Sono già entrato in aereo e tra cinque minuti si decolla in direzione Singapore. Scalo di un’ora e di nuovo da Singapore a Perth: in tutto, 22 ore suonate. Non capisco la mia agitazione. Ho volato parecchie volte, forse mi agita la durata della tratta, ma a che serve? Tutti i voli sono uguali. Se cadi muori e basta. Mi consolo pensando che almeno morirei in oceano…. del resto, sono un romantico.
E’ pieno di italiani che partono con i viaggi organizzati! L’accoglienza è ottima e gli operatori sono persone cordialissime. Le hostess sono belle donne. Con il mio inglese maccheronico mi intrattengo con una in particolare, di origine italiana ma di nazionalità Australiana. E’ molto simpatica e carina e, per scherzo, gli dico che, nel caso di avaria del motore, prima di precipitare, vorrei fare l’amore per l’ultima volta con lei. Lei comincia a ridere e non si ferma più, così la collega più anziana la riprende ed io le rispondo che è colpa mia. Riesco a dormire solamente per un’ora, per il resto mi sorbisco film e musica a profusione. Viaggio a fianco di una coppia omosessuale di Frosinone, due tipi davvero simpatici. E’ il loro primo viaggio insieme, la loro luna di miele tropicale: due veri piccioncini che si scambiano accortezze ed attenzioni a vicenda. Stanno insieme da quattro mesi e si vogliono bene davvero. Io gli dico che mi trasmettono serenità e gli auguro tanti auguri e tanti figli maschi. Cominciamo a ridere come dei matti, anche quelli dietro e di fronte a noi ridono. Svegliamo quelli che stavano dormendo e ci prendiamo pure un cazziatone da un tizio di Milano con la puzza sotto il naso. Io gli rido in faccia e lui ricomincia a lamentarsi, alla fine vinco io.
Insomma, siamo ormai sopra l’Australia.
Il mare è color smeraldo e la terra è bianca e rossa. La costa è intervallata da punte ed isolette. Un contrasto di colori meraviglioso. E’ uno spettacolo unico. Finalmente sono all’aereoporto di Perth. I controlli sono severissimi: è assolutamente proibito introdurre qualsiasi tipo di alimento, e gli ispettori ci ispezionano persino le suole delle scarpe. Proprio così: per mantenere intatto l’ecosistema e la biodiversità in generale, si accertano che non sia presente del fango che potrebbe contenere semi di piante non autoctone. Incredibile. Il tizio mi fa una domanda in inglese che io non capisco e gli rispondo come Alberto Sordi nel film “Un americano a Roma” quando scava la trincea per i tedeschi -“Sempre cornutaccio evvero ormai è assodato!!” il tizio non capisce, io annuisco mentre lo dico, e comincio a trattenere la risata fino a piangere. Il tizio mi guarda e pensa che sono matto. Forse ha ragione lui.
Arrivano i miei bagagli meno che la borsa da pesca con tutti gli indumenti. E’ rimasta a Singapore perché caduta dal portabagagli ed arriverà l’indomani alle 17,00. Non ci voleva. Vengo indennizzato con 100$ ed un kit per dopobarba. Mesto, li ringrazio rassegnato. Fuori dall’aereoporto è caldo torrido. Il sole brucia a più non posso, poi mi spiegano che siamo proprio sulla verticale del buco nell’ozono e che pertanto i raggi arrivano senza alcun filtro. Bella storia. Mi aspettano solo venti giorni di mare e deserto in una baracca in lamiera. Pazienza mi coprirò. Intanto compro una crema super ultra protettiva del tipo 90%. Incredibile in Australia il minimo di protezione è 60%. Temo seriamente di finire carbonizzato. Le quattro ore di attesa passano velocemente ed ecco tutti gli altri con i sorrisoni stampati sul viso.
Andiamo con due taxi furgonati ad affittare le vetture, un furgone Toyota ed una Ford che di lì a qualche centinaio di chilometri ci abbandoneranno in mezzo al deserto torrido, come esche per avvoltoi. Direzione: Lanceline, 120 Km a nord di Perth. Un paesetto di mare, posto carinissimo, mi ricorda il villaggio dei pescatori di Fregene, ed infatti questa frazione è interamente abitata da pescatori di aragoste, dotati di una flotta peschereccia di tutto rispetto. Andiamo tutti subito a cercare da mangiare e decidiamo per la pizza. Una ragazza mi si avvicina, è molto carina, un po’ rubiconda e mi chiede un dollaro per la coca cola in cambio di un bacio. Io la accontento ed iniziamo a cenare. La serata finirà in un pub sul mare a suon di birra e musica. E’ pieno di coetanei, ma la cosa strana è la presenza di un numero impressionante di donne. E’ incredibile. Il 90% di queste è obeso ed è difficilissimo trovarne una carina: o troppo grasse… o secche come un chiodo. Rimpiango, deluso, le bellezze italiane. Ci hanno presi in giro tutti con quella strafiga australiana della Omnitel, ve lo assicuro!! Il campeggio ormai è chiuso ed è passata mezzanotte, così ci decidiamo per il campeggio libero sulle dune di sabbia a nord del paese. Da buoni italiani, ci accampiamo proprio sotto il cartello di “divieto di campeggio”, non prima di averlo rimosso e nascosto. Lo risistemeremo l’indomani mattina.
Io dormo in macchina, Massimo Alberto ed Antonello in tenda e Pallino, Cristiano e Michele nel furgone. Prima di addormentarci, facciamo tutti una bella passeggiata sulle dune di sabbia al buio completo. Dune di sabbia bianchissima e finissima alte oltre venti metri. Ci fermiamo nel cuore delle dune al silenzio. E’ pieno di stelle, che con il nero intenso dell’Oceano Indiano formano un quadro meraviglioso. Io vado in trans e non comprendo come facciano gli altri a rimanere svegli. L’ indomani sveglia d’ardimento alle 4.30 locali e colazione in un forno di Lanceline. Tutti prendono latte e dolci, mentre io, fedele alla tradizione vacanziera, opto per il salato. Hot Dog e caffè, oltre alla consueta “marlborina”.
Una colazione da campioni. Il tempo è brutto e piove a tratti; il cielo è cupo, ma approfittiamo lo stesso per fare una passeggiata lungo questa meravigliosa spiaggia. Sembra di essere immersi in un acquerello. Le nuvole cominciano a tingersi di rosso ed il sole sorge, e contemporaneamente si alza un fitto volo di gabbiani. L’acqua è verde smeraldo e limpidissima. Assistiamo anche alla cattura, da parte di un cormorano, di un grosso pesce di circa tre/quattro etti. Il pesce si dibatte e gli scappa dal becco. Lui si rituffa per riprenderlo. Fatica un po’, il pesce è ancora vispo e riusciamo a vedere questa meravigliosa azione di caccia dal vivo, grazie anche alla estrema limpidezza delle acque. Il collo del cormorano è gonfio. Ha fatto anche lui la sua colazione. E che colazione. La giornata, dunque, inizia all’insegna dell’azione. Pallino e Cristiano montano il loro Kite, Alberto e Antonello se ne vanno in giro per il paese, Massimo e Michele vanno a pescare per procurare la cena, ed io, senza attrezzatura, mi godo il paesaggio dalla riva. Massimo e Michele usciranno poi con due belle corvine oceaniche ed un Baffalo, l’equivalente della nostra Salpa, che però in questi mari può anche superare i sei chili di peso. La nostra è intorno ai due chili. Qui, il bassofondo si estende per circa un miglio fuori, e si intravedono al largo le grosse onde oceaniche che si infrangono sulla barriera. Sembrano piccole ma Massimo mi assicura che sono alte oltre quattro metri. Se non si stà attenti, si rischia di essere letteralmente “frullati” al momento del loro passaggio.
Arrivano a serie di circa sei o sette e bisogna approfittare del successivo periodo di relativa calma, per passarle. Non bisogna sbagliare, altrimenti oltre a perdere tutta l’attrezzatura si rischia grosso. Massimo mi dice che il bassofondo fatto di catini di roccia crea delle lastre piene zeppe d’aragoste. Di pesce ne ha visto pochissimo, ed io gli dico “speriamo di vederne nei prossimi giorni”; lui mi guarda e si mette a ridere. Forse non mi rendo conto di quello che dico, e capirete in seguito perché. Di questi crostacei l’Australia ne è piena e la pesca è molto fiorente. Il mercato delle aragoste, lo scopriremo più tardi, è una lobby Italiana. Le flotte peschereccie sono ultramoderne, delle vere e proprie industrie galleggianti dotate di ogni nuova strumentazione. La regolamentazione per la pesca, e non solo per le aragoste, è molto ferrea. E’ vietata la pesca di crostacei con un carapace inferiore ai 7.5 cm. e la pesca delle femmine. Vietata davvero!! In ogni esercizio commerciale, persino in farmacia ed al bar, sono affissi degli adesivi molto vistosi, con tutte le dimensioni dei pesci pescabili ed il relativo numero verde per denunciare eventuali abusi. Gli australiani sono sensibilissimi al problema e le infrazioni non passano inosservate. Le multe sono salatissime e si arriva persino alla reclusione. Nessuno, dico nessuno, viola la legge. I Rangers controllano in lungo e largo le coste e sono molto attenti. Questo garantisce un mare sempre più ricco di pesce e di crostacei. Avremo modo di rendercene conto con i nostri occhi.
Sommario Diario di Viaggio in Australia di Alessio Gallinucci:
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4° Parte
5° Parte
6° Parte
7° Conclusione
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