Torna la Licenza di Pesca in Mare a Pagamento per la Pesca Sportiva, Ma non Solo…
Negli ultimi giorni di marzo 2019, sono state incardinate ed è iniziato l’esame presso la Commissione Agricoltura della Camera, di diverse proposte di legge aventi come oggetto: “Interventi per il settore ittico. Deleghe al Governo per il riordino e la semplificazione normativa nel medesimo settore e in materia di politiche sociali nel settore della pesca professionale”.
Queste proposte si vanno ad aggiungere ad un’altra, già presentata, che ha per oggetto: “Disposizioni per la semplificazione e l’accelerazione dei procedimenti amministrativi nelle materie dell’agricoltura e della pesca nonché delega al Governo per il riordino e la semplificazione della normativa in materia di pesca e acquacoltura”.
Poichè la normativa sulla pesca è in gran parte comune sia per i professionisti che per gli sportivo-ricreativi, ogni proposta di riassetto delle norme deve essere tenuta d’occhio, perchè la pesca sportiva è da tempo al centro delle attenzioni della politica. Le proposte presentate interessano solo marginalmente il mondo dei dilettanti, ma lo fanno in maniera di certo impattante e la riproposizione della licenza di pesca in mare a pagamento è solo uno dei provvedimenti che ci interessa più da vicino.
Quante e Quali sono le Proposte di Legge in Discussione
Le proposte di legge sono in totale 4 e, vista la comunanza di intenti, faremo un parallelo tra di esse, analizzando come ognuna di queste si pone nei confronti di un dato tema. Le proposte saranno identificate di seguito con il numero di presentazione e i cognomi dei deputati firmatari (solo il primo se superiori a tre), mentre nel proseguo dell’articolo citeremo solo il numero, e sono le seguenti:
n° 982 – Gallinella e altri (M5S – Lega)
n° 1008 – L’Abbate, Parentela (Movimento 5 Stelle)
n° 1009 – D’Alessandro, Cenni, Cardinale (Partito Democratico)
n° 1636 – Viviani e altri (Lega)
1 – Introduzione della Licenza di Pesca in Mare a Pagamento
È senza dubbio la questione più importante, quella che ha scatenato le ire dei dilettanti praticamente ogni volta che è stata messa sul tavolo, l’ultima volta in ordine di tempo nell’autunno scorso, durante la discussione della legge finanziaria, quando venne proposta e poi stralciata una prima e una seconda volta.
Le pressioni per l’introduzione di un sistema che permetta di accertare in maniera realistica il numero dei pescatori sportivi e il quantitativo del pesce pescato, vengono dall’Europa già da tempo. E se anche farla a pagamento non è esplicitamente caldeggiato, bisogna ammettere che il censimento gratuito in vigore dal 2011 ha completamente fallito nell’obiettivo di fornire delle cifre attendibili sul fenomeno “pesca ricreativa” in Italia.
Delle 4 proposte presentate, solo la 1008 (Movimento 5 Stelle) e la 1009 (Partito Democratico) avanzano nuovamente l’introduzione di una licenza di pesca in mare. Per la verità entrambe le proposte non sono nuove ma una semplice riesumazione di quanto contenuto in quell’articolato normativo che era già stato oggetto, durante il 2017, di un durissimo scontro tra la politica e le associazioni della pesca sportiva, FIPSAS in testa.
Entrambe le proposte prongono all’art. 13 “Delega al Governo per il riordino dellanormativa in materia di pesca sportiva” comma 2 lettera b di: “prevedere un sistema di rilascio delle licenze che tenga conto del sistema di pesca praticato, della tipologia e delle dimensioni delle imbarcazioni utilizzate e del soggetto richiedente, anche ai fini di un censimento volto ad accertare il numerodei pescatori sportivi e il quantitativo delpesce pescato”.
È curioso però che stavolta le parti si invertano quanto a distribuzione degli introiti. La proposta del PD (1009), che durante la precedente legislatura era stato un fiero sostenitore dell’idea di indennizzare i professionisti con i soldi dei ricreativi, stavolta glissa sulla questione, lasciando magari intendere che il sistema di licenze potrebbe anche essere gratuito. In realtà il “tenere conto soprattutto delle dimensioni dell’imbarcazione posseduta” sa tanto di patrimoniale.
Ci pensa però la proposta del M5S (1008) a metterci una pezza con la lettera c che suggerisce di: “prevedere che parte delle risorse derivanti dalle tasse sul rilascio delle licenze di pesca sportiva confluisca nel Fondo di cui all’articolo 1, comma 244, della legge 11 dicembre 2016, n.232, al fine di incrementare la dotazione necessaria all’erogazione delle prestazioni e alle relative coperture figurative dei dipendenti e degli imbarcati delle imprese di pesca, compresi i soci lavoratori e i soci delle cooperativedella piccola pesca di cui alla legge 13marzo 1958, n.250, nel caso di arresto temporaneo obbligatorio deciso dalle autorità pubbliche competenti e nel caso di sospensioni temporanee dell’attività di pesca per condizioni meteorologiche avverse o per ogni altra causa, organizzativa o ambientale, non imputabile al datore di lavoro, prevista dagli accordi e contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni sindacali e imprenditoriali del settore comparativamente più rappresentative a livello nazionale.”
Tradotto significa che parte (non si specifica quanto) dei soldi pagati dai dilettanti per la licenza di pesca, dovranno contribuire a pagare i contributi previdenziali, gli indennizzi per i fermi biologici e a finanziare un sistema di ammortizzatori sociali per i periodi di lunga inattività a causa del maltempo degli impiegati della filiera professionale.
La politica dimostra ancora una volta di non capire, o di far finta di non capire, le istanze della pesca sportivo-ricreativa, che NON ACCETTERA’ MAI l’imposizione di una licenza a pagamento i cui proventi non vengano INTERAMENTE reinvestiti nella promozione del settore ricreativo e nella salvaguardia degli stock ittici.
2 – Revisione degli Attrezzi Permessi nella Pesca Sportiva
Anche qui l’imprimatur alla modifica viene sempre dall’Europa, che sollecita un adeguamento alla normativa sovranazionale in materia di limitazioni alle attrezzature e alla strumentazione permesse nella pesca. Con riferimento a quella sportiva le pdl presentate chiedono una revisione degli articoli 138 “Attrezzi individuali e non individuali consentiti per la pesca sportiva” e 140 “Limitazioni d’uso degli attrezzi” del dpr 1639/1968 tutt’ora vigente.
Questo argomento totalizza l’en-plain visto che tutte e 4 le proposte di legge si interessano della questione, ma lo fanno tutte con un testo molto generico che non chiarisce, almeno formalmente, la portata dell’intervento.
Riportiamo solo la formulazione della proposta n° 982 Gallinella e altri (art. 16 comma 2 lettera g), poichè le altre presenti agli art. 13 comma 2 lettera c (n° 1008), art. 13 comma 2 lettera c (n° 1009) e art. 2 comma 2 lettera f (n° 1636) sono sostanzianzialmente simili: g) adeguamento delle disposizioni degli articoli 138 e 140 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 2 ottobre 1968, n.1639, alla normativa dell’Unione Europea in materia di limiti alla strumentazione utilizzabile per l’esercizio della pesca sportiva.
L’oscura formulazione trova una chiara spiegazione nella relazione introduttiva dell’on. Viviani (Lega), relatore presso la Commissione delle proposte 1008, 1009 e 1636 che commenta: “auspicando che si arrivi a VIETARE l’uso da parte dei pescatori sportivi di attrezzi quali i palangari e le nasse”.
Non è una richiesta nuova, già lo scorso anno il tema era stato affrontato in parallelo con la licenza a pagamento, e aveva visto ancora una volta la ferma opposizione delle associazioni della pesca sportiva.
Stavolta gli sportivi si trovano a fronteggiare una vera e propria manovra a tenaglia, che potrebbe anche essere comprensibile nei confronti del palangaro (noto anche come palamito o coffa) che pur limitato a 200 ami, mal si accorda con il vigente limite di prelievo di 5 kg; ma che risulta del tutto sproporzionata riguardo alle nasse, che sono già limitate a sole 2 unità ad imbarcazione e che forse sarebbe potuto essere più lungimirante regolamentare in termini di dimensioni.
3 – Marcatura Obbligatoria del Pescato degli Sportivo-Ricreativi
Come misura volta a garantire una maggiore tracciabilità del prodotto e, soprattutto, un efficace contrasto al fenomeno della vendita illegale del pescato da parte dei pescatori non professionali, la proposta di legge 1636 (Lega) introduce, con l’art. 8, la marcatura obbligatoria del pescato per i pescatori sportivo-ricreativi, delle specie appartenenti al successivo allegato 1.
Il comma 2 chiarisce le modalità con cui andrà effettuata la marcatura, che è una procedura un po’ più articolata del semplice taglio di un lobo della pinna caudale che si usa in Francia dal 2011.
Nel dettaglio:
2) “La marcatura di cui al comma 1 consiste nel taglio alla base delle due pinne pettorali e del lobo inferiore della pinna caudale del pesce”
I successivi commi si occupano di spiegare, nel dettaglio, quando dovrà essere effettuata la marcatura obbligatoria e quindi:
3) I soggetti che effettuano la pesca non professionale in mare a bordo di imbarcazioni devono contrassegnare il pesce tramite la marcatura di cui al comma 2, all’atto della cattura, ad esclusione degli esemplari che sono mantenuti vivi a bordo prima di essere rilasciati. La marcatura deve essere effettuata in ogni caso prima dello sbarco.
4) Per i pescatori subacquei che effettuano la pesca non professionale in mare partiti dalla riva, la marcatura di cui al comma 2 deve essere effettuata appena hanno raggiunto la riva.
5) Per i soggetti che effettuano la pesca non professionale da terra, la marcatura di cui al comma 2 deve essere effettuata dopo la cattura.
In buona sostanza, il taglio delle pinne dovrebbe essere fatto immediatamente dopo la cattura ogni volta che si pesca con l’ausilio di una imbarcazione d’appoggio (sia pesca di superficie che subacquea) e quando si pesca con la canna da terra.
Tuttavia, per i pescatori dalla barca, l’unico obbligo tassativo è che la marcatura venga effettuata prima che il pesce venga sbarcato a terra, quindi nulla vieta di condurre questa operazione anche all’arrivo all’ormeggio. Per i pescatori subacquei che invece pescano partendo da terra, la marcatura dovrà essere effettuata una volta tornati a riva.
Il comma 6 aggiunge un ultima importante prescrizione:
6) I pesci devono essere conservati interi, tranne per la marcatura, fino allo sbarco. Per la determinazione della misura del pesce non si tiene conto della parte asportata nell’operazione di marcatura.
Questo significa che, ad un eventuale controllo in mare, non dovranno essere presenti pesci eviscerati, o peggio, sfilettati. Le operazioni di pulitura potranno avvenire SOLO ed ESCLUSIVAMENTE dopo lo sbarco se si pesca con un natante, appena giunti a terra nel caso di pesca subacquea partendo da terra o appena effettuata la cattura nel caso di pesca con la canna da riva.
L’allegato 1 fornisce poi un elenco delle specie su cui la marcatura deve essere eseguita, che sono:
Tonno rosso (Thunnus thynnus) Tonno Alalunga o Alalonga (Thunnus alalunga) Pesce Spada (Xiphias gladius) Barracuda (Sphyraena barracuda) Cernia (tutte le specie) Epinephelinae spp. Corvina (Sciaena umbra) Dentice (Dentex dentex) Orata (Sparus auratus) Pagello (Pagellus erythrinus) Parago (Pagrus Pagrus) Pezzonia (Pagellus bogaraveo) Ricciola (Seriola dumerili) Sarago (Diplodus spp.) Spigola (Dicentrarchus labrax) Tanuta o cantaro (Spondyliosoma cantharus) Scorfano (Scorpaena scrofa)
Non si capisce bene perchè, al posto di un obbligo di marcatura generico per tutto il pescato del dilettante, si sia scelto invece di indicare solo alcune specie lasciandone fuori altre, pur molto ricercate dai non professionisti, ed escludendo anche serpentiformi, batoidei, selacei, tutti i crostacei e i molluschi cefalopodi. Sembra una lista confezionata da qualche professionista, contenente le specie di più frequentemente appannaggio della filiera e di maggior valore commerciale.
4 – Riduzione delle Sanzioni
Tutte e 3 le proposte di riassetto del settore ittico avanzano una sostanziale revisione, al ribasso, delle sanzioni introdotte nel 2016 con la legge 154/2016 (art.39 e 40), per intenderci quella che introdusse per gli sportivi gli scaglioni crescenti per lo sforamento dei limiti di prelievo.
Anche agli sportivo-ricreativi viene estesa la riduzione delle sanzioni sulle infrazioni che abbiano come oggetto le specie ittiche Tonno rosso (Thynnus thynnus) e Pesce spada (Xiphias gladius).
Nel dettaglio, relativamente all’art 11 (Sanzioni Amministrative Principali), vengono riscritti i seguenti commi vigenti:
comma 10 lettera a: “È soggetto al pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 euro a 3.000 euro chiunque: a) viola le norme vigenti relative all’esercizio della pesca sportiva, ricreativa e subacquea. I predetti importi sono raddoppiati nel caso in cui la violazione abbia ad oggetto le specie ittiche tonno rosso (Thunnus thynnus) e pesce spada (Xiphias gladius);
comma 12: “Gli importi di cui al comma 11 (ndr. quello che stabilisce gli scaglioni di prelievo) sono raddoppiati nel caso in cui le violazioni ivi richiamate abbiano come oggetto le specie ittiche tonno rosso (Thunnus thynnus) e pesce spada (Xiphias gladius). Ai fini della determinazione della sanzione si applicano le disposizioni del comma 6.”
riducendo l’aumento di sanzione dal doppio a un terzo.
5 – Stralcio della Pesca Sportiva dalla Delega per il Riassetto del Settore Ittico
Degna di nota è l’esortazione fatta dall’on. Viviani (Lega), ai colleghi autori delle proposte 1008 e 1009, durante la relazione di illustrazione della sua proposta di legge (1636). Il deputato leghista, la cui unica proposta a carico esclusivo della pesca sportiva riguarda l’introduzione della marcatura obbligatoria del pescato, fa giustamente notare che quanto a pesca professionale e sportivo-ricreativa:
“si tratta di due settori completamente differenti, posto che in relazione alla pesca professionale si pone il problema dello sfruttamento e della gestione della risorsa ittica, mentre in relazione alla pesca sportiva vengono principalmente in causa aspetti legati all’ambiente e allo sviluppo economico, riterrebbe opportuno espungere la previsione della delega in materia di pesca sportiva dalle proposte di legge in esame.”
Si tratterebbe in fondo di accogliere la richiesta che già la FIPSAS fece durante l’audizione alla Commissione Agricoltura nel 2017, auspicando che la pesca dilettantistica potesse essere regolamentata con un dispositivo normativo ad hoc, senza finire nel calderone di quello della pesca professionale che ha esigenze molto differenti.
Ad essere obiettivi, bisogna però riconoscere che una normativa dedicata, visto lo scarso grado di conoscenza del settore che la politica ha dimostrato in questi anni e, soprattutto, viste le pesanti pressioni e ingerenze che i professionsiti sono in grado di esercitare, è un’arma a doppio taglio che se non adeguatamente gestita dai rappresentanti della pesca sportiva (che su questioni normative continuano a dimostrare pericolose lacune) rischia di proiettarci in uno scenario notevolmente più restrittivo e punitivo di quello attuale.
6 – Tonno Rosso
Tutte e 3 le proposte di riassetto del settore ittico (1008, 1009 e 1636), mantengono il proposito di riservare una parte del contingente nazionale di pesca del pregiato tunnide, alla pesca sportivo-ricreativa.
Si tratterà sempre del ridicolo 0,45% che ormai da anni ci spetta, ma osservando la guerra tra poveri che si sta consumando nel tentativo che le briciole di questa pesca possano essere sottratte alla grande circuizione per essere riassegnate alla piccola pesca artigianale, dobbiamo ammettere di essere sorpresi che anche quelle misere 18/20 tonnellate/anno (da dividere tra 6000 licenze!) non ci siano già state espropriate, come peraltro già richiesto in passato da qualche politico locale.
Cosa Succederà?
La discussione in Commissione Agricoltura è il primo passo per la redazione di un testo di legge che poi dovra essere portato nelle aule di Camera e Senato, ulteriormente discusso, eventualmente modificato, poi votato e alla fine approvato o respinto. Non si tratta quindi di un processo breve, ma sarà questione di mesi, anche perchè è probabile che, alla fine, delle tre proposte di riassetto del settore ittico ne andrà avanti solo una, che potrebbe anche diventare una sintesi di quelle attualmente in discussione.
1 – Una Rinuncia Forse Inevitabile
Con buona probabilità, soprattutto perchè il provvedimento è contenuto anche nella proposta di legge sulla semplificazione (n° 982), è facile che il PRIMO provvedimento che interesserà la pesca dilettantistica sarà il ban definitivo di nasse e palangari. Gli schieramenti politici sembrano unanimi attorno a questa proposta, anche perchè (dicono) in fondo si tratta solo di un adeguamento alla normativa sovranazionale imposta dall’Europa, in realtà si tratta di una scelta più drastica fortemente caldeggiata dalle lobby dei professionisti; improbabile quindi che questa restrizione si riesca ad evitare come successo lo scorso anno.
2 – Una Richiesta Incontestabile
Il SECONDO provvedimento di nostro interesse sarà probabilmente l’introduzione della marcatura obbligatoria del pescato. Si tratta di una proposta di cui si discute da tempo, gran parte dei pescatori dilettanti sono favorevoli a questa pratica ed è improbabile che qualcuno possa proporre delle argomentazioni che non appaiano come una malcelata volontà di mantenere uno status quo di convenienza.
Al massimo si potrebbe affiancare alla marcatura, la possibilità per il ricreativo di avere una licenza di vendita (con opportune limitazioni, regolamentazioni e una fiscalità di vantaggio, sulla scorta di quanto avviene da anni in alcuni stati USA ad esempio) senza la necessità di aprire una partita IVA e, soprattutto, senza l’obbligo di dover essere solo un pescatore a tempo pieno.
3 – Pagheremo di Sicuro, ma Chissà Quando
Quanto ci vorrà per vedere l’introduzione della licenza a pagamento dipenderà invece dal se la politica deciderà o meno che è arrivato il momento di regolamentare la pesca sportivo-ricreativa con una normativa apposita, creata proprio per noi e non adattata malamente come ci è toccato fino ad oggi.
Si perchè che la licenza arriverà e sarà a pagamento, è argomento fuori di discussione, ci resta solo da dibattere sul “quando” ma, soprattutto, sul “come” dovranno essere utilizzati i proventi. Una licenza creata all’interno di una normativa comune, espone al concreto rischio che i nostri soldi diventino un indennizzo per i professionisti. Più difficile sarebbe se questa fosse invece inserita in una normativa esclusiva per la pesca dilettantistica.
In Conclusione
Al netto della ripartizione dei proventi di un eventuale licenza di pesca in mare a pagamento, questione comunque cruciale e che può fare la differenza tra un dialogo costruttivo e un durissimo ostruzionismo, le proposte di legge sul piatto non possiamo considerarle così peggiorative della nostra attuale condizione. Avremmo qualche nuova incombenza, dovremmo rinunciare a qualche attrezzo (il cui utilizzo però diciamolo, strideva non poco con i limiti di prelievo vigenti), ma ci troveremmo anche un regime sanzionatorio un po’ meno opprimente di quello cadutoci sulla testa 3 anni fa.
Pagare per una licenza obbligatoria è forse la cosa che indispone i più ma, a condizione che non se ne faccia una patrimoniale e che i soldi vengano INTERAMENTE re-investiti nel nostro settore oltrechè nella tutela degli stock ittici (dalla indiscriminata pesca professionale in primis!), forse è uno sforzo che possiamo anche fare, no?! La vera domanda è: una licenza che non gonfia le casse dello Stato, interessa davvero alla politica?
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