Semifinali di pesca in apnea alle porte: Cecina
L’autore dell’articolo con un mastodontico dentice di oltre 13 kg (foto A. Vella)
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La semifinale A, che si disputerà a Cecina (LI), vedrà alla partenza 37 atleti provenienti dalle regioni del centro e del nord; tra loro alcuni nomi di spicco di questo sport, primi tra tutti Stefano Bellani e Maurizio Ramacciotti, titolari in Nazionale all’ultimo Campionato Mondiale.
I posti a disposizione per la promozione al Campionato italiano assoluto, che si svolgerà a settembre in Sicilia, sono 11 e la lotta per la qualificazione sarà sicuramente serratissima.
Per conoscere meglio le caratteristiche della zona, i posti più interessanti e le prede più comuni, ci siamo rivolti al decano della LNI Sub Follonica Antonino Vella che, con la sua indiscussa esperienza, ha di questi fondali una profonda conoscenza: questa la sua analisi.
Il tratto di mare che va da Cecina a Vada comprende, nella fascia costiera, una serie di bassi fondali conosciuti come le Secche di Capo Cavallo, la cui conformazione morfologica è il risultato di un susseguirsi di banchi di Posidonia Oceanica, tufo, grotto, sabbia più o meno grossolana e lastre di calcare.
Mentre la fascia più vicina a terra è segnata da piccoli ‘panettoni’ di tufo sormontati da una posidonia molto sofferente (corta e ricoperta di un sedimento biancastro) e circondati da canaloni di sabbia e fango pronti a formare nuvole impenetrabili al minimo agitare di acqua, uscendo di 7/800 metri si iniziano a trovare i primi grossi agglomerati tufacei ricoperti di posidonia più rigogliosa, alti anche 2/3 metri, talvolta formanti tettoie lavorate dalle correnti che, sotto la spinta dei marosi, franano aprendo tane passanti e fessure profonde e buie.
Mentre nella fascia più vicina a terra è possibile incontrare quasi esclusivamente piccoli tordi di un colore verdognolo slavato e qualche saraghetto molto diffidente, uscendo più a largo, fra i 6 ed i 12/14 metri, gli incontri si fanno più consistenti, in quanto, in occasione di acque chiare, è possibile avvistare dall’alto branchetti di saraghi, talvolta anche di notevoli dimensioni, che si spostano lungo i canaloni rasentando la posidonia per andare ad intanarsi in fessure e profondi tagli orizzontali o mimetizzarsi ai bordi dei ciuffi di alghe.
Può capitare di vedere, oltre ai soliti tordi neri ed importanti marvizzi dalle livree verde acceso o rosso-picchiettato, un volo di piccole corvine, preludio all’avvistamento di qualche bell’esemplare nascosto nei recessi più nascosti e bui delle immancabili spaccature circostanti.
Sospettose orate solitarie che fuggono al primo accenno di pericolo potranno sorprenderci positivamente quando, imbrancate con altri esemplari di varie dimensioni, invece di fuggire precipitosamente cercheranno velocemente rifugio in qualsiasi riparo possibile, diventando facile preda per un subacqueo meticoloso e paziente.
Scorrendo questi fondali è possibile incontrare piccole zone rocciose talvolta isolate, talvolta occultate dalle posidonie o da banchi di tufo e radici di morzata che sono segnalate dall’argenteo guizzare delle occhiate; qui appostati in bella evidenza, ma incredibilmente invisibili ad un occhio poco allenato, grossi capponi attendono sornioni le malcapitate prede condividendo le tane con grigie mostelle, saraghi pizzuti, corvine, tordi e, spesso, con tremanti, guizzanti e paffute salpe.
Estesi banchi di posidonia coprono quasi ininterrottamente i fondali intorno ai 15 /18 metri; spostandosi verso Cecina ci si può imbattere in un lungo fronte roccioso frammisto a grotto e posidonia che dalla batimetrica dei 12 metri si porta fino ai15/18 metri franando verso sud.
Il fanale di Vada
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L’illusione è quella di aver trovato il ‘Paradiso dei sub’ visto che, superati fitti branchi di castagnole ed altra minutaglia sparsa, si scopre la cigliata che in tutta la sua lunghezza nasconde anfratti, tane, spaccature, lastre occultate da posidonia, rami di gorgonie, spirografi e cerianthus.
E’ difficile immaginare che un fondale così vasto e vivo non nasconda prede di valore per cui, una volta arrivati su questo ciglio, si fa veramente fatica a decidere di staccarsene.
Ogni volta che si riemerge, tenendo sempre gli occhi ben attenti al punto lasciato, si ha l’impressione che la spaccatura seguente sia quella buona o che la lastra intravista in lontananza non possa non nascondere la preda giusta.
A me personalmente è successo di perderci una gara di selezione con una qualificazione ormai certa ed una successiva giornata di pesca perché, incredulo, ho voluto ripetere l’esperienza con gli stessi esiti.
Spostandosi verso Vada, dopo aver superato il vasto pianoro di tufo, posidonia, grotto e sabbione dalla granulometria grossolana, si ricade su una prateria verde continua e monotona sulla quale, in combinazioni fortunate, si può avere l’incontro con spigole di notevole dimensione che talvolta si appiattiscono sulle alghe mentre altre volte, dopo aver mostrato attenzione alla tua presenza, fuggono ad una velocità incredibile lasciandoti nelle orecchie il rumore dei colpi di coda in sequenza.
Come d’incanto, poi, ti ritrovi di fronte allo scafo di un relitto abbastanza recente adagiato su un basso fondale in direzione perpendicolare alla spiaggia, con la prua rivolta al largo.
Non sapendo della sua esistenza, pensi di aver trovato l’Eldorado, ma ci vuole poco a disilludersi e rendersi conto che al massimo, se sarai veramente fortunato, potrai intravedere qualche ‘limone’ o il branco delle sospettosissime salpe e che non passerà molto tempo dall’essere raggiunto da un gruppo di bombolari in escursione guidata!
Uscendo ancora verso il largo, a circa due miglia dalla costa, il fondale si fa più impegnativo sia per la profondità che oscilla intorno ai 20 metri, ma in modo particolare per il colore dell’acqua che è quasi sempre opalescente e rende difficoltosa l’individuazione di un lungo canalone con un ciglio alto poco più di un metro rivolto verso il largo che, lungo la sua estensione, ha parti franate, lingue di roccia bassa e spechi nel grotto che nascondono una grande varietà di pinnuti.
Vista la distanza da terra, non è molto facile prendere le ‘mire’ ed è molto probabile che, a causa della foschia, sia arduo ritrovare il posto come mi è accaduto in occasione dei Campionati Assoluti del 1992 vinti da Zito.
Oggi, una volta individuato il ciglio, con l’aiuto del GPS sarà più facile segnarlo e ritrovarlo anche con condizioni di mare e di cielo difficoltose.
Ovviamente, le stesse difficoltà del ritrovamento dei posti segnati, un tempo si avevano anche sui posti buoni scoperti intorno e fuori dal Fanale di Vada.
Tralasciata la parte circostante la piattaforma del faro, buona solo per qualche muggine, andando verso terra a circa 6/700 metri, passati su una piattaforma liscia ricoperta da un fitto banco di posidonia, improvvisamente il fondo si frantuma in grossi blocchi di roccia che in altri tempi ospitavano una nutrita colonia di saraghi, corvine e cernie di taglia anche notevole.
Ovviamente la facilità di ritrovamento del posto e le continue visite di pescatori di tutti i tipi, ne hanno ridotto notevolmente la presenza ed una visita al posto merita solo in condizioni marine che permettano qualche aspetto a pelagici curiosi.
E’ nei tagli più difficili che spesso troveremo gradite sorprese (foto A.Balbi)
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Spostandosi sempre verso terra, ma in direzione di Cecina, per quasi due miglia tralasciando un fondale che solo in alcuni punti merita di essere visitato in modo più minuzioso, si incontra quella che viene chiamata ‘la secchitella”; si tratta di una grande zona abbastanza ben definita in cui il fondale risale con grossi blocchi di travertino schiantati, formanti da dedali di roccia viva fra i quali non è difficile intravedere grossi tordi, sparidi, corvine e all’interno delle spaccature gronghi e murene.
Uscendo dal faro verso ovest, a meno di un chilometro circa in poi, si incontrano una serie di canaloni a profondità sempre crescenti ed agglomerati di roccia che formano profonde tane passanti piatte e buie. In controluce potremmo intravedere talvolta le sagome di saragoni dai denti gialli o di curiose e corpulente mostelle.
In mezzo a banchi di alghe, fra canaloni di sabbia bianchissima, sui bordi delle cigliate non è difficile, seguendo il lento ma deciso nuotare di un saraghetto, trovarsi di fronte all’ingresso di una fessura stretta, buia, occultata dall’alga, una buona colonia di pesci più grandi.
Un fucile corto con variatore di potenza consentirà di fulminare il pesce bianco senza permettergli di dibattersi ed impaurire gli altri inquilini.
Allargandosi invece verso sud-ovest si navigherà su vaste praterie verdeggianti solcate da strappi sabbiosi che per lunghi tratti daranno l’impressione di monotonia ed assenza assoluta di fauna importante. Alcuni piccoli dislivelli del banco di alghe molto spesso indicano delle sottostanti fenditure che, ben occultate, danno rifugio a branchi di bronzee corvine e saragoni dalle livree scure.
Ampi catini di sabbia bianca circondati da grotto e roccia chiara ricoperti di alghe ospitano grossi tordi neri e splendidi marvizzi multicolori mentre, sui bordi superiori, grandi branchi di castagnole si librano in corrente pronti a rifugiarsi nelle spaccature al minimo segnale di pericolo.
Grossi dentici, argentee ricciole, filanti palamite e voraci pesci serra infatti transitano spesso su questi orli in ricerca costante di prede facendo la felicità di fortunati ed esperti pescatori che scelgono questi luoghi per fruttuose battute all’aspetto.
Questa l’analisi del professor Vella sulla cui base non riusciamo davvero a individuare i possibili favoriti per la conquista dell’accesso al campionato assoluto; tutti i partecipanti si batteranno fino all’ultimo pesce ma questo campo gara è in grado di regalare una classifica finale ricca di sorprese e di colpi di scena.
Staremo a Vedere!
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Category: Agonismo, Articoli, Pesca in Apnea