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Quel Rospo del Lago di Como

| 8 Marzo 2005 | 0 Comments

Il tratto pescabile tra Malgrate e Parè presenta forte inquinamento

Da anni, ormai, i pescatori in apnea sono diventati veri campioni di quella che potremmo definire la disciplina della Deglutizione del Rospo. Dire che la nostra categoria è bistrattata e ingiustamente discriminata, infatti, non rende l’idea della quantità di rospi che sempre più spesso siamo costretti a mandar giù, con l’unica consolazione di andare poi ad alternare grida ora di disperazione ed ora di vendetta sui vari luoghi di ritrovo online, nel negozio di attrezzature vicino casa o, ancora, nel circolo di appartenenza.
Una delle tendenze dell’essere umano è quella di cercare sempre un colpevole per ogni male che lo affligge: nel caso dei pescatori in apnea, questo atteggiamento è ricorrente e si traduce nell’attribuzione di tutte le colpe all’incapacità o volontaria inazione dell’unico fenomeno associativo nazionale riconosciuto della categoria: la FIPSAS.
La dinamica è semplice: di fronte alla nuova vessazione, che si può presentare in varie forme ma che, di solito, consiste nella sottrazione di spazi -solitamente i migliori- in cui praticare la nostra disciplina, il pescatore in apnea medio si chiede chi avrebbe dovuto impedire un tale misfatto e, guardandosi intorno, trova un’unica organizzazione cui dare ogni colpa.
Tutto questo, ovviamente, senza mai gettare un’occhiata allo specchio. Basta fare un giro negli archivi storici di forum e mailing list del settore per vedere che, nonostante le numerosissime idee proposte da alcuni appassionati e le innumerevoli adesioni entusiate di colleghi pescasub pronti a dare il proprio contributo, in anni non si è saputo produrre un fico secco, se non qualche centinaio di megabyte di chiacchiere sicuramente utili come passatempo, ma perfettamente inutili in un’ottica di difesa concreta dei nostri interessi.

E’ questo il vero problema della categoria dei pescatori in apnea: la totale assenza di un’organizzazione realmente rappresentativa e la diffusa propensione del pescasub medio a delegare ad altri la tutela dei propri interessi. A fronte di una sparuta minoranza di appassionati che, fra mille difficoltà, partecipa la vita “organizzata” della categoria, spesso resa possibile solo dall’incrollabile passione di pochi singoli “trascinatori”, la gran parte dei pescatori in apnea si dedica esclusivamente alla pratica della disciplina, disinteressandosi delle problematiche della categoria e limitandosi, al massimo, a pagare la manciata di euro della tessera FIPSAS.
Di solito, il passatempo preferito di chi neanche si tessera è quello di accusare di incapacità chi contribuisce a tenere la pesca in apnea dentro un’organizzazione nazionale riconosciuta dalle istituzioni e accreditata presso le varie sedi in cui si gioca il destino della pesca sportiva, inclusa quella in apnea. Il ragionamento di alcuni geniacci, che spesso si pongono come veri salvatori della Patria, è il seguente: la FIPSAS conta pochi tesserati agonisti e non può fare gli interessi della maggioranza dei pescatori in apnea amatoriali non tesserati, per questo occorre muoversi diversamente. Come, però, non si è ancora capito, né tantomeno visto. Il motivo? La disorganizzazione generale, l’incapacità cronica di una categoria di individualisti di dare vita ad un serio fenomeno di associazionismo che possa dare visibilità esterna al nostro gruppo ed esercitare pressione su chi è chiamato a prendere determinate decisioni. L’idea di fondare un movimento “sindacale” al di fuori della FIPSAS, che da federazione sportiva del CONI ha diritti di esclusiva unicamente sull’agonismo, non sarebbe poi così peregrina, se solo questa incapacità dei pescasub non fosse così evidente e comprovata da anni di annunci mai seguiti dai fatti.

La FIPSAS, da parte sua, può contare su circa 300 associazioni affiliate al settore Attività Subacquee sparse sul territorio nazionale che, pur alimentando il circuito agonistico, sono composte in percentuale significativa da tesserati “amatoriali”: si tratta dell’unica testimonianza concreta di una minima capacità organizzativa della categoria. Oltre alla FIPSAS, nel nostro paese non c’è nient’altro. La speranza è che chi sputa nel piatto dove mangiano le uniche associazioni di categoria con un minimo di organizzazione sappia offrire esempi concreti di come si dovrebbero fare le cose. Non ci vuole molto a concludere che, se è vero che la FIPSAS potrebbe e dovrebbe fare di più, è anche vero che chi non partecipa alla vita federale, non influisce sulle sue scelte -a partire da quella, cruciale, dei dirigenti- né coopera con gli appassionati di buona volontà che utilizzano questo strumento per cercare di cambiare le cose ha la sua bella fetta di responsabilità. Senza contare che ci vuole una gran faccia tosta a contestare l’operato di chi almeno dimostra di sapersi dare un minimo di organizzazione senza saper fare non dico di meglio, ma almeno altrettanto.

Per quanto riguarda i tesserati, invece, valgono altre considerazioni, in particolare la seguente: la FIPSAS è uno strumento che spetta a noi tesserati utilizzare al meglio per ottenere i nostri obiettivi. Pagare i circa 20 euro di tessera non dà alcun diritto di delegare agli altri questa attività di autotutela, perché nella FIPSAS gli unici stipendiati sono i dipendenti del CONI che operano nella sede centrale di Roma, che di pesca in apnea e problematiche varie non ne sanno -e probabilmente non ne vogliono sapere- un bel niente. Tutti gli altri, a partire dalla dirigenza, sono volontari che hanno pagato a loro volta i 20 euro di tessera, e che si distinguono solo per il fatto di attivarsi in prima persona -bene, male o malissimo, a seconda dei soggetti-, spesso per puro spirito di servizio.

L’organizzazione della FIPSAS è l’unico segno concreto dell’esistenza della categoria dei pescatori in apnea, ma se chi si tessera pensa di aver acquistato un qualche diritto in più e nessun dovere, allora siamo nuovamente punto e a capo. Il tesseramento deve essere visto come un’opportunità di guadagnare accesso alle varie stanze dei bottoni per azionarne qualcuno in nostro favore; come un’opportunità di dare peso alle nostre richieste e alle nostre iniziative.
Se nessuno dei pochi tesserati si attiva, allora si verificano situazioni quasi paradossali, come quella del Lago di Como, di cui voglio parlarvi.

Scorcio del tratto pescabile in provincia di Lecco

Le vicende del Lago di Como degli ultimi mesi rappresentano un esempio lampante di come volontà, raziocinio e determinazione del singolo possano trovare nell’associazionismo riconosciuto un canale operativo estremamente proficuo e in grado di fare la differenza, e di come, al contrario, non solo chi non alimenta con la propria adesione questo fenomeno associazionistico, ma anche chi lo vive con distacco non aiuti minimamente la categoria, né quei pochi volenterosi che spendono tempo e denaro per arrestare il banchetto a base di rospi che da troppo tempo ci vede ospiti d’onore.

Com’è noto, il lago di Como è uno dei pochi bacini in cui è consentita la pratica della pesca in apnea in acque interne, solitamente proibita un po’ su tutto il territorio nazionale. Fino al 2003, i pescatori in apnea potevano pescare in tutte le acque FIPSAS del Lago di Como, diversi chilometri di costa, ma nel Luglio del 2003 si è verificato un “patatrac”, che ha portato alla drastica riduzione degli spazi fruibili per la nostra disciplina, tanto lungo la costa ricadente nella provincia di Como quanto, soprattutto, nel tratto di lago in provincia di Lecco, dove dai circa 27 chilometri di costa pescabile del 2003 si è passati ad un’unica piccola zona di qualche centinaio di metri nel 2004.
Questo piccolissimo tratto, posto tra i due porti di Malgrate e Parè, distanti solo qualche centinaio di metri, è caratterizzato da forte inquinamento dovuto al canale di scolo del lago di Oggiono e area industriale di Valmadrera, intenso traffico nautico e cospicua presenza di surfisti e bombolari. Senza contare che si tratta in buona parte di costa a picco che sprofonda rapidamente nell’abisso. In provincia di Como la situazione è sicuramente meno tragica, perché le zone aperte alla pesca in apnea sono tre (basso, medio e alto lago) e la genesi del problema è completamente diversa, tanto che la situazione appare facilmente risolvibile nel breve termine (da aprile, infatti, saranno disponibili altre 3 aree per la pesca in apnea, per un totale di 6 tratti pescabili).

Entriamo un po’ nel dettaglio per cercare di capire cosa sia accaduto nella provincia di Lecco. Qui dobbiamo partire da una gara di selezione di pesca in apnea AI disputata nel luglio del 2003 in località Dervio e fortemente disturbata dalla contestazione violenta e poco civile di un individuo, che si prodigò nel lancio di sassi contro atleti, assistenti e guardie provinciali presenti, facendo sfoggio di un ricco dizionario di contumelie. Costretto a mollare i sassi dall’intervento dei guardapesca, il soggetto in questione concluse il suo spettacolo teatrale con la minaccia di usare le sue influenti conoscenze per far sbattere fuori dal lago i pescatori in apnea.
Sarà forse per una coincidenza, ma quando a distanza di pochi mesi la provincia interpellò la sezione provinciale FIPSAS di Lecco per farsi indicare le aree idonee alla pratica delle varie forme di pesca sportiva (nota bene: la FIPSAS è l’unica associazione ad avere i requisiti per interloquire, vale a dire 200 tesserati per provincia o 4000 per regione), quest’ultima rispose promuovendo la sostanziale eliminazione della pesca in apnea dal tratto di lago di sua competenza, richiedendo (ed ottenendo) la riduzione dell’areale accessibile ai pescasub a poche centinaia di metri, circa 1/100 dei 27 chilometri disponibili (in provincia di Como si era attivata un’analoga procedura, ma qui la sezione provinciale FIPSAS non ha neanche risposto all’invito di indicare le zone idonee alla pesca in apnea, pertanto l’ufficio pesca ha dovuto provvedere autonomamente alla loro individuazione).

Di fronte ad un tale giro di vite, ovviamente inaccettabile per gli amanti della nostra disciplina, sono presto partite una serie di lettere sottoscritte da vari circoli lombardi, trentini e liguri, indirizzate al settore Caccia e Pesca della Provincia di Lecco (e pc alla FIPSAS di Roma) e al Presidente della sezione provinciale di Milano. Risultato? Nessuna risposta, silenzio assordante sia dalla provincia di Lecco che dagli organi federali. Solo la provincia di Como ha risposto verbalmente alle “sollecitazioni”, spiegando le modalità dell’individuazione dei tratti pescabili e dichiarandosi aperta ad accogliere le richieste dei pescatori in apnea veicolate dalle associazioni titolate (cioé la FIPSAS).

Le acque fetide del canale di scolo

E’ a questo punto che accade qualcosa di inaspettato. Mentre qualcuno, comprensibilmente esasperato, si prepara a dissotterrare l’ascia di guerra promettendo di fare il diavolo a quattro, ecco che un tesserato FIPSAS, il signor Mauro Sanvito, mette in moto il cervello e prova ad approfondire la questione in prima persona. In seguito ad una breve indagine, viene fuori che nella sezione provinciale di Lecco non c’è un solo circolo che pratichi pesca in apnea, come a dire che la nostra disciplina lì non esiste. Mentre cannisti e bombolari collaborano nelle attività di gestione e manutenzione delle acque (calo delle fascine da riproduzione, monitoraggio del limo, pulizia fondali etc etc), qui gli apneisti si vedono solo quando vanno a pesca per i fatti loro o quando c’è una gara, un fatto che non può certo metterli in buona luce. Alcuni pescatori in apnea fanno anche mostra di ricchi carnieri nelle vie dei paesi della zona, un atteggiamento che non attira le simpatie dei pescatori locali. La stessa vicenda di Dervio non ha certo migliorato la situazione. Il nostro tesserato sapiens capisce che lo scontro frontale non può portare a niente di buono, e che il do ut des è l’unica via praticabile per tentare di risolvere la situazione.

Supportato dal responsabile dell’agonismo della FIPSAS Lombardia Roberto Palazzo, Sanvito promuove un incontro tra la sezione provinciale ed i pescatori in apnea finalizzato alla verifica delle possibili modalità di collaborazione tra cannisti e pescapneisti.

Alla riunione intervengono il Presidente di sezione sig. La Scala e il consigliere responsabile acque interne sig. Airoldi. Data l’assenza di circoli di pescasub, a rappresentare il settore AS interviene lo stesso promotore dell’incontro.
I colloqui si svolgono in un clima di cordialità, ed il sig. Airoldi precisa di non sentirsi affatto nemico dei pescatori in apnea. Certo, la vicenda di Dervio del luglio 2003 ha messo in grave difficoltà la sezione provinciale, questo viene fatto notare. La riunione si rivela molto proficua, in quanto si arrivano a definire le forme di collaborazione attraverso cui potrà realizzarsi l’integrazione dei pescatori in apnea con gli altri laghé:

– ai pescatori in apnea vengono riservate 8 giornate di pesca al siluro per disinfestazione sul lago di Garlate (5 giornate) e sul lago di Olginate (3 giornate) in date da definirsi (aprile maggio e giugno, verranno definite in collaborazione con la protezione civile Lecco). Per i pescatori in apnea i laghi in questione verranno chiusi alla navigazione e sarà svolto servizio di vigilanza da 2 barche guardiapesca e una barca della Polizia Provinciale. I pescatori in apnea dovranno essere tesserati, graditissimi eventuali agonisti (come sempre per la disinfestazione);

– i pescatori in apnea parteciperanno al posizionamento di fascine e pinetti in collaborazione con subacquei e circoli cannisti locali. Tale attività, fondamentale per la riproduzione nel lago, permette una vera interazione tra le diverse comunità di pescatori. La prima uscita è prevista in questi giorni, la collaborazione di tutti i tesserati è oltremodo gradita;

– visti i problemi di riproduzione delle alborelle, i pescatori in apnea documenteranno con apposite foto le condizioni dei fondali nelle aree di frega tradizionali (Abadia, Mandello, Dervio, Vassena, Onno) per testimoniare il soffocamento da limo sulla fascia d’acqua tra 1 e 5 mt;

– nel periodo settembre-ottobre verrà effettuata una giornata ambientale Fipsas per pulizia fondali con l’impiego del gruppo sommozzatori della provincia, dei pescatori in apnea e dei cannisti;

– sono a disposizione i locali FIPSAS per formazione di eventuale circolo locale di pescatori in apnea;

– elaborazione di un decalogo per pescatori in apnea.

Il sig. Airoldi si è inoltre mostrato disponibile ad un’immediata estensione della zona di Malgrate con l’inclusione delle aree a fascina fino al palo, autentico hot-spot lacustre. La zona verrà dotata di cartellonistica. Per poter tornare a pescare in altre aree, invece, ci vorranno ancora mesi.

Se l’accordo troverà pratica applicazione -e questo dipende solo ed esclusivamente dalla cooperazione dei pescatori in apnea- il problema è destinato a trovare una soluzione positiva per tutti.

Per gli stoici che non hanno ancora abbandonato la lettura di questo lungo editoriale, vorrei adesso tirare le fila del discorso, sintetizzando al massimo la morale di questa vicenda:

– la Federazione è uno strumento, che per funzionare deve essere utilizzato da qualcuno;

– pagare una tessera è utile nella misura in cui ci sono validi attivisti in numero sufficiente. Nel nostro caso è evidente che tale condizione non si verifica, pertanto occorre che ciascun tesserato si prenda le proprie responsabilità, sempre se vuole continuare a pescare;

– la dirigenza della FIPSAS di Roma, a quanto pare, ha altro a cui pensare, visto che neanche risponde ai propri circoli. Qualunque sia il problema che ci affligge, pertanto, dobbiamo sempre rimboccarci le maniche in prima persona;

– il tempo delle deleghe è veramente finito. I fatti di Lecco riguardano spazi d’acqua FIPSAS, figuratevi cosa può accadere in mare. Anzi, no: non immaginatelo, informatevi su siti e riviste;

– contano più dieci pescatori in apnea organizzati, informati e determinati che diecimila buoni solo a sparare (non solo fucilate) e piangersi addosso;

– la nostra attività si svolge in un ambiente che è di tutti, non è ragionevole accampare diritti di fruizione senza instaurare un rapporto di cooperazione con le altre categorie interessate, peraltro sempre notevomente più numerose della nostra. I fatti di Lecco sono sicuramente indigesti per chi pensa di avere diritti naturali a prescindere da quello che pensano cannisti, bombolari etc… ma la verità è che senza compromessi otteremo solo di essere sbattuti fuori dalle AMP, dalle acque interne, dal mare sotto casa;

– di rospi ne dovremo ingoiare ancora molti, chi ancora oggi pesca serenamente nella propria oasi felice non si illuda di averla fatta franca. Se la nostra categoria non saprà organizzarsi per presidiare i centri decisionali locali e centrali dove si scrive il nostro futuro, siamo inevitabilmente destinati a scomparire;

– diffidate di chi nel tempo ha solo saputo spiegarvi perché non si debba lavorare nella FIPSAS senza proporvi un’alternativa concreta. Certi discorsi li leggiamo da anni, ma di organizzazioni reali e attive sul territorio non se n’è mai vista traccia;

– muovetevi pure fuori dalla federazione, se la FIPSAS non vi piace. Però muovetevi, non delegate. Altrimenti saranno guai. Per i tesserati FIPSAS: informatevi, attivatevi, partecipate alla vita del vostro circolo.

E’ l’ora di smetterla di cercare i colpevoli dei nostri mali guardando ovunque meno che nello specchio, perché forse è proprio lì che troveremmo i principali responsabili del declino della nostra cultura.
Questo vale per chiunque pratica la pesca in apnea a qualsiasi livello, amatoriale o agonistico: se ancora non fosse chiaro, se qui non ci diamo una bella svegliata finiremo per fare una brutta indigestione di rospi, l’ultima.

Category: Editoriali

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