Pesca sub: il momento del tiro
Nella pesca in apnea, il momento del tiro rappresenta la finalizzazione di una serie di fasi precedenti che ci hanno permesso di giungere a distanza utile rispetto ad una potenziale preda. Senza dilungarmi sulla capovolta, la discesa e l’approccio con il fondale, vorrei approfondire il discorso proprio circa quel momento decisivo in cui decidiamo di premere il grilletto.
Le variabili che possono influenzare il buon esito della cattura, escludendo ovviamente la buona mira, sono essenzialmente la distanza dal bersaglio ed il tipo di preda da colpire. Sebbene oggi si osservi una tendenza generalizzata all’uso di fucili potentissimi, con tiri a distanze siderali, personalmente sono abituato ad effettuare tiri a distanza piuttosto ravvicinata, curando al massimo l’avvicinamento alla preda o la capacità, nell’aspetto, di farle ridurre le distanze.
Una distanza di 2-3 metri dalla punta del fucile rappresenta già un tiro lungo per quanto mi riguarda, sebbene i moderni fucili roller, pneumatici, vela etc. consentano di tirare a distanze significativamente superiori, praticamente raddoppiate. In relazione al tipo di fucile ed alla sua lunghezza, ad ogni modo, sapremo quasi sempre stimare la distanza di tiro utile per esperienza, tranne forse nel caso di acqua particolarmente limpida e mancanza di riferimenti, come ad esempio nella pesca dei pelagici nel blu, condizioni in cui mi è talvolta capitato di stimare prede più grandi e più lontane come prede più piccole e più vicine.
Mentre la distanza di tiro è dunque piuttosto variabile, altrettanto non si può dire della scelta del momento più adatto per effettuare il tiro, che varia solo in relazione al tipo di preda insidiata, pur sempre con le dovute eccezioni.
Una delle prede più ambite e diffidenti, che presuppone quindi tiri generalmente lunghi, è il dentice, che è un pesce di solito insidiato all’aspetto, sebbene ne sia possibile la cattura anche in caduta e addirittura, in determinate situazioni di acqua molto fredda, anche in tana.
Per questo predone il momento del tiro è determinante, perchè una frazione di secondo di ritardo nel premere il grilletto può significare una clamorosa padella o un pesce malamente strappato. Mi ricordo che moltissimi anni fa, agli inizi della mia passione per la pesca in apnea, capii dopo numerose padelle e pesci persi che il momento per sparare è esattamente quando il predone rallenta leggermente il suo avvicinamento e inizia a virare da un lato per allontanarsi.
Poichè la virata è velocissima ed in genere avviene ad alcuni metri dalla punta del fucile, se non si spara in quel momento, in cui il dentice è ancora di muso ed ha raggiunto il punto di minima distanza dal fucile, con ogni probabilità lo mancheremo o lo colpiremo male consentendogli di lacerare le fragili carni e strapparsi. Da allora in poi la cattura di dentici è divenuta per me abituale e difficilmente mi è capitato di perderne o mancarne, se non nei casi di tiri dichiaratamente sforzati.
In effetti di solito cerco di sparare a colpo sicuro e se non c’è questa sicurezza preferisco risalire con il colpo in canna e tentare un nuovo appostamento. Ma non sempre è possibile: talvolta si tratta di esemplari isolati che quasi mai tornano all’aspetto una seconda volta, al contrario dei branchi che, specialmente ad inizio stagione, possono permettere di effettuare anche più di un tiro. In quei casi, dunque, conviene tentare anche il tiro lunghissimo che comunque sarà la nostra unica chance. Spesso si sbaglia, ma talvolta mi è capitato di prendere dentici sparati di muso e trafitti nel peduncolo caudale, o addirittura “spiedati” dalla coda alla testa poiché nel tempo impiegato dall’asta ad arrivare avevano già compiuto una virata di 180 gradi.
Un discorso particolare lo meritano i grandi pelagici come lecce, ricciole e tonni poiché la scelta del momento del tiro è legata, più che alla velocità delle prede, che in realtà hanno movimenti piuttosto lenti (tranne il tonno), alla loro reazione furiosa, che mette a dura prova la resistenza delle nostre attrezzature. Quindi personalmente, non utilizzando quasi mai dei supercannoni, tendo a sparare questi pescioni non di muso, in modo da non sollecitare troppo l’asta (in ben tre occasioni l’asta mi è stata spezzata istantaneamente dalla flessione del corpo del pelagico), ma quando virano e offrono il fianco o, ancora meglio, quando sono già di coda e quindi l’asta non rischia di flettersi paurosamente durante la fuga del pesce.
Con queste prede è importante anche colpirle in punti vitali, quindi preferibilmente la spina dorsale, oppure il cervello ma solo quando si sparano in caduta. Tiri frontali con questi bestioni sono molto pericolosi, sia perchè il cranio è duro da sfondare, sia perchè, come già detto, inarcandosi con l’asta infilata longitudinalmente possono spezzarla facilmente.
Un’altra preda in cui il momento del tiro è determinante è la cernia, che può essere insidiata, oltre che in tana, in caduta: una volta che avremo individuato il serranide planando, devieremo sulla sua verticale e ci avvicineremo a foglia morta il più lentamente possibile. Il sole alto ci aiuterà perché , alle nostre spalle, ostacolerà la visione della cernia. Sia che il serranide si trovi nella classica posizione in “candela”, sia che se ne stia appoggiata ben mimetizzata sul fondale, dovremo scoccare il tiro non appena la vedremo drizzare la pinna dorsale, sperando ovviamente di essere già a tiro.
Nel primo caso il momento è scandito anche dalla improvvisa immobilità delle pinne pettorali, che invece quando la cernia è ancora tranquilla si muovono alternativamente. Quello è il momento esatto in cui la cernia schizzerà via se spaventata, o comunque si muoverà rapidamente verso il suo rifugio se avremo agito in modo corretto durante l’avvicinamento. Ove la preda non ci dia quindi l’opportunità del tiro in caduta, ma si intani abbastanza tranquillamente, potremo proseguire la planata fino all’imboccatura della tana dove, con ogni probabilità, il serranide sarà a fare capolino incuriosito.
Anche in questo secondo caso, e in genere per tutti i tiri effettuati in tana, vale lo stesso criterio: è necessario scoccare il tiro quando la preda è di muso, prima che drizzi la dorsale e si giri per guadagnare i recessi più nascosti della sua tana. Sparare una cernia in tana messa di coda, di norma, è un grosso errore che ci porterà a un faticoso lavoro di estrazione il cui esito è incerto.
Altra preda per la quale il momento del tiro assume importanza fondamentale è la corvina, famosa per i suoi incredibili e fulminei scatti da fermo che hanno provocato innumerevoli “padelle”, specialmente a danno dei neofiti. Quando giungiamo a tiro dello scenide dobbiamo aspettare che si muova almeno un po’ prima di sparare, poiché se in movimento non è in grado di scattare così velocemente. Certo che se arriviamo quasi ad infilarla sull’asta del fucile ed ancora resta immobile, non dovremo temere che la sua velocità la possa salvare da un tiro a bruciapelo. Se invece la corvina è stata individuata nascosta nella posidonia, in questo caso confiderà nella sua capacità di mimetizzarsi tra gli steli della fanerogama e potremo scoccare il tiro senza temere sorprese.
Un ultimo cenno lo dedicherei alle prede molto mobili e veloci come le palamite ed i tombarelli: si pescano prevalentemente nel blu, con aspetti a mezz’acqua ma c’è il problema della loro velocità che deve essere presa in considerazione nella scelta del momento per il tiro, generalmente abbastanza lungo. Se come spesso accade non è possibile il tiro di muso, dato che i banchi di palamite e tombarelli tendono a giraci intorno, occorre tirare con un po’ di anticipo, quindi leggermente davanti alla preda, in modo che l’asta possa intercettarla, un po’ come si fa nel tiro al piattello.
Forse ti interessa anche...
Category: Articoli, Pesca in Apnea, Pesca in apnea: Tecniche e attrezzature