Pesca Sportiva nelle Mitilicolture e Immersioni Vicino alle Gabbie da Itticoltura?
La Toscana è da sempre una delle regioni più attente alla promozione della pesca sportiva, non per nulla è stata capofila nella sottoscrizione degli accordi per l’individuazione delle aree portuali in cui permettere la pratica a tutti gli appassionati (in questo caso SOLO pescatori di superficie).
Questa volta arriva da un consigliere comunale di Piombino, una proposta di possibile interesse anche per i subacquei, che però dovrebbe essere portata a livello di discussione nazionale, magari approfittando del fatto che da tempo si parla di dover aggiornare le prescrizioni alla pesca sportivo-ricreativa dell’ormai “decrepito” dpr 1639/68.
Riccardo Gelichi propone: “Sarebbe inoltre auspicabile, in accordo con i gestori, la pratica della pesca sportiva in ambiti, dove sono presenti impianti di miticoltura, che sono costantemente aggrediti dai pesci predatori come le orate; attraverso il posizionamento di boe segnalate e autorizzazioni regolamentate dalle autorità competenti e le associazioni di pesca, si potrebbero organizzare escursioni di pesca private e di pescaturismo.
Per gli impianti d’itticoltura invece sarebbe molto interessante sviluppare ambiti dedicati, nei pressi delle gabbie, per le immersioni subacquee, vista la presenza continua dei grandi carangidi.”
In particolare la pesca subacquea autorizzata all’interno degli specchi acquei destinati alla mitilicoltura è un tema che ritorna. Qualcuno ricorderà che nei primi anni 2000, tale pesca era permessa da diverse ordinanze delle locali Capitanerie di Porto (es. La Spezia).
Si trattava però di una stortura tutta italiana poichè, per anni (poi si sono adeguati), queste ordinanze hanno di fatto contraddetto la lettera del decreto che dal 1968 vieta la pescasub (art. 129 comma b) “a distanza inferiore a 100 metri dagli impianti fissi da pesca e dalle reti da posta”.
Relativamente alla pesca con la canna, la prescrizione di cui all‘art. 139: “È vietato l’esercizio della pesca sportiva a distanza inferiore a 500 metri da unità in attività di pesca professionale”, sarebbe applicabile solo in effettiva presenza di imbarcazioni da lavoro nei pressi dell’impianto. Tuttavia, gli impianti di miticoltura sono spesso collocati in ambito portuale (in cui di solito la pesca sportiva e vietata) e sono frequentemente oggetto di protezione mediante restrizioni anche alla navigazione, ragion per cui il divieto è di fatto totale.
Assodato che nessun regolamento locale sulla pesca può contraddire la normativa nazionale vigente (con forse le sola eccezione delle Regioni a statuto speciale ma solo in casi particolari) e che quella del consigliere Gelichi è una proposta di buon senso, che potrebbe portare ad un dialogo costruttivo tra pescatori dilettanti e professionisti, non sarebbe il caso che qualche politico si facesse carico di questa proposta, e la avanzasse come emendamento ad una delle 3 pdl sul riassetto del settore ittico attualmente in discussione presso la Commissione Agricoltura della Camera?
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