Pesca Sportiva: il Limite di Prelievo Oltre le 12 Miglia (Acque Internazionali)
Convenzionalmente, anche se in realtà la distinzione non è così netta ed è da tempo oggetto di discussione, si definiscono acque territoriali quelle appartenenti alla fascia contigua alla costa di uno stato e che possono avere una estensione massima fino a 12 miglia nautiche, mentre le acque internazionali (semplificando un po’) sono invece quelle che si trovano oltre questa ipotetica linea di demarcazione.
Fino a qualche lustro fa, le mete di pesca al di fuori delle acque territoriali erano principalmente i grandi banchi del Canale di Sicilia, ma in questi ultimi anni la pesca d’altura si è molto diffusa un po’ in tutto lo stivale e con essa le discussioni su come sia lecito comportarsi in questi luoghi.
Nell’immaginario collettivo, e in questo la pesca sportiva non fa eccezione, esiste la radicata convinzione che le acque internazionali siano “regno di nessuno”, un posto in cui la legislazione nazionale è di fatto sospesa, ed è quindi possibile fare un po’ quello che si vuole. Nella pesca dilettantistica questo si tradurrebbe nella facoltà di poter prelvare senza più dover sottostare alle limitazioni di peso e specie pescabili, contenute nel dpr 1639/68.
Le cose stanno in realtà in maniera diametralmente opposta, vediamo perchè.
1- Lo Stato di Bandiera
Tutte le imbarcazioni immatricolate acquisiscono la bandiera dello stato nei cui registri vengono iscritte, e questo fa si che, tanto le barche quanto i loro equipaggi a bordo, siano soggetti alla sovranità dello stato che concede la bandiera, quindi al suo ordimento giuridico e alla sua eslcusiva giurisdizione.
Ciò chiarisce quindi che ogni imbarcazione battente bandiera italiana è come se fosse un piccolo pezzo di Italia, a bordo del quale valgono in toto le leggi nazionali, comprese tutte quelle riguardanti la pesca sportiva.
2- Imbarcazioni prive di Nazionalità
L’immatricolazione in Italia è obbligatoria per le imbarcazioni da diporto (cioè le unità con scafo di lunghezza compresa tra i 10 e i 24 mt) e per le navi da diporto (cioè le unità con scafo di lunghezza superiore ai 24 mt). Per i natanti da diporto (ovvero le unità con scafo di lunghezza fino ai 10 mt) non sussite questo obbligo, fermo restando che per la navigazione in acque internazionali è fortemente raccomandata.
Tuttavia, anche nel caso di un natante privo di bandiera, è possibile attribuirgli una nazionalità sulla base della documentazione di bordo, ad esempio il contrassegno di assicurazione obbligatorio per il motore, che è nominativo. Questo espediente è stato adottato quando ad alcuni natanti italiani venne contestata la legittimità a navigare nelle acque territoriali francesi in quanto sprovvisti di altri documenti che ne attestavano la nazionalità.
Quindi anche nel caso dei natanti privi di immatricolazione è possibile ricostruire uno stretto collegamento tra l’unità e lo stato di bandiera, da cui deriva che anche su questa tipologia di imbarcazioni deve ritenersi applicabile l’ordinamento giuridico vigente.
3- Il Rientro in Acque Territoriali
La permamenza in acque internazionali è comunque temporanea e ad oggi i controlli di pesca in quella fascia di mare sono praticamente insesistenti. Tuttavia, al ritorno in porto, sarà necessario attraversare le 12 miglia di acque territoriali, con la concreta possibilità di incappare in un controllo. E cosa succede se si viene trovati in possesso di un quantitativo di pescato che viola i limiti imposti dalla normativa italiana? Ecco, qui cominciano i problemi.
Alla luce di quanto abbiamo spiegato fino ad ora, non sarebbe in alcun possibile giustificare la presenza a bordo di un quantitativo di pescato superiore a quello consentito dalle norme nazionali. Fermo restando che, anche supponendo (per assurdo) che il prelievo extra legem sia consentito fuori dalle 12 miglia, sarebbe complesso dimostrare dove effettivamente sia stato compiuto.
Inoltre, ammesso e non concesso che la tecnologia possa venirci in aiuto, un’accettazione acritica di una situazione simile, finirebbe per rendere le norme sulla pesca sportiva facilmente eludibili a tutti coloro i quali si trovassero nella condizione di raggiungere legittimamente le zone di pesca poste al di fuori dei confini territoriali.
4- Superare i Limiti a Patto che…
Esiste tuttavia una situazione nella quale si potrebbe tentare di giustificare un quantitativo di pescato superiore al consentito; ovviamente non si tratta di un cavillo, ma di una situazione lecita che però potrebbe essere di difficile accertamento.
I limiti di prelievo imposti alla pesca sportiva dal dpr 1639/68 sono quotidiani e individuali (salvo che per il Tonno Rosso e il Pesce Spada). Questo significa che se ci si trattiene a pescare per più giorni (prassi abituale ad esempio sui banchi del Canale di Sicilia), il limite dovrebbe potersi cumulare per i giorni di effettiva permanenza. Ricordando che questo appunto deve essere necessariamente mosso PRIMA che la verifica del peso abbia inizio, e NON DOPO, poichè verrebbe quasi certamente inteso come “segno di complicità maliziosa”.
Rimane sempre però una oggettiva difficoltà nel dimostrare, oltre ogni ragionevole dubbio, quanto si dichiara. È vero che sarebbe semplice produrre i tracciati del GPS cartografico, ma tenete conto che di recente, alcuni pescatori professionisti sono stati condannati anche per aver manomesso gli impanti tecnologici di bordo, in modo che facessero risultare una posizione di comodo anzichè quella in cui si trovava effettivamente l’imbarcazione.
Questo pericoloso precedente potrebbe anche spingere le autorità a considerare le strumentazione in vostro possesso, e quindi anche i dati che essa produce, veritieri solo in presenza di una perizia che attesti il corretto funzionamento dell’apparato. Capite bene che oltre ai tempi necessari, il sequestro del pescato sarebbe comunque portato a termine e, nel caso in cui abbiate ragione, non ve lo vedrete comunque restituire vista la sua deperibilità.
5- Riassumendo
Le acque internazionali NON sono affatto il paradiso senza regole che in molti erroneamente credono, prelevare oltre i limiti consentiti dalla normativa vigente comporta sempre il grosso rischio di incappare nelle sanzioni previste dalla legge 154/2016 che, vale la pena ricordarlo, per sforamenti oltre 10 kg e fino a 50 kg variano tra 2.000 e 12.000 euro, e per sforamenti oltre 50 kg tra tra 12.000 e 50.000 euro.
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