Pesca Sportiva: FIPIA contro il Monopolio di FIPSAS nella Gestione del Mare
COMUNICATO STAMPA – Riceviamo dal presidente della FIPIA Federazione Italiana Pesca In Apnea, avv. Alessandro Fiumani, e pubblichiamo, questo comunicato con la netta presa di posizione contro il Disegno di Legge presentato da FIPSAS per la regolamentazione delle acque interne.
Le Lunghe Mani della FIPSAS sulla Gestione del Mare
Ad ottobre dello scorso anno la FIPSAS aveva annunciato, in pompa magna, la presentazione di un disegno di legge (n° 965 Campari e S.Bossi) formalmente indirizzato alla protezione e conservazione delle acque interne ma che, come vedremo, ha in realtà orizzonti ben più ambiziosi.
Fin da subito ha scatenato un fiume di critiche, sminuite dalla propaganda federale, che si è impegnata in incontri pubblici per presentare ovunque questa nuova proposta normativa, millantando di come i pescatori italiani ne siano contenti.
Qualcuno si chiederà perché FIPIA, che si occupa solo di pesca in apnea in mare, debba interessarsi ad una proposta di regolamentazione della acque interne. Lo facciamo perché, tra le righe del corposo articolato normativo, ci sono un paio di punti che pongono le basi per quello che è un indebito sconfinamento proprio nella regolamentazione della gestione del mare.
Con l’art.5 si introduce l’istituzione di un “Comitato tecnico nazionale per la promozione e la valorizzazione del turismo alieutico in acque interne e in mare”, denominato “Tavolo Blu”: “compiti consultivi in ordine all’adeguamento della legislazione nazionale alla normativa europea e alle convenzioni internazionali in materia di protezione della natura, della fauna ittica e dell’esercizio della pesca sportivo-ricreativa in acque interne e in mare”.
In una legge quadro (che per la verità non lo è affatto) scritta per superare la regolamentazione delle acque interne risalente addirittura ad un decreto regio del 1931, si infila la costituzione di un organismo che avrebbe voce in capitolo, anche se solo consultiva (ma è sempre stato il massimo cui potessero aspirare i pescatori dilettanti), ANCHE sulle regolamentazioni riguardanti la pesca sportivo-ricreativa in mare.
Per chi non avesse grande confidenza con le normative, sottolineiamo come la pesca in acque interne e quella in mare, siano regolamentate da articolati normativi distinti. Ora, istituire un organismo con le competenze descritte, in una legge che con il mare non dovrebbe avere a che fare, è già qualcosa di piuttosto sospetto.
Leggendo la composizione del tavolo, si scopre che i rappresentanti della pesca sportiva dovrebbero essere : “un rappresentante, oltre al coordinatore designato di cui al comma 4, per ognuna delle associazioni nazionali dei pescatori riconosciute ai sensi dell’art.6”.
Il ruolo di coordinatore del tavolo è sostanzialmente blindato poiché: “coordinato dal rappresentante dell’associazione nazionale di pescasportiva maggiormente rappresentativa”, anche se, in genere, questa carica è affidata a rotazione tra i partecipanti. Sono tuttavia i requisiti per poter essere iscritti all’albo nazionale delle associazioni di pesca sportiva e ricreativa (ossia quelle che avranno un rappresentante al Tavolo Blu) a far si che i sospetti di prima confermino un vero e proprio tentativo di egemonia.
Il comma 4 dell’art.6 recita infatti che “Le associazioni richiedenti devono possedere almeno i seguenti requisiti:” e, a meno che non si tratti di un errore (peraltro ripetuto identico anche nella formulazione dei requisiti necessari per potersi iscrivere all’albo regionale o della provincia autonoma), significa che i requisiti elencati di seguito devono essere tutti presenti :
a) una sede legale e amministrativa nazionale;
b) la presenza stabile di proprie sedi periferiche in almeno quattordici regioni a statuto ordinario e in almeno una delle pro-vince autonome di Trento e di Bolzano;
c) un minimo di 50.000 tesserati che siano in possesso della licenza di pesca in acque interne e che, al momento della richiesta di iscrizione, siano in regola con il pagamento annuale;
d) la pubblicazione sul proprio sito internet istituzionale dei documenti di bilancio di esercizio annuali;
e) essere dotata di un proprio servizio di guardie giurate ittiche volontarie addette alla vigilanza a tutela degli ecosistemi acquatici, con una presenza stabile in almeno quattordici regioni a statuto ordinario e in almeno una delle province autonome di Trento e di Bolzano;
f) dimostrare comprovato impegno a salvaguardia della biodiversità, tutela degli ecosistemi acquatici, contrasto al bracconaggio ittico e alla pesca illegale;
g) compiere attività formativa didattico-divulgativa ai fini della promozione della pesca sportiva e ricreativa;
h) svolgere attività di ripopolamento e recupero ittico;
i) possedere un ordinamento stabile e democratico sull’intero territorio Italia
Leggeteli bene. Non solo sono stilati per tagliare fuori qualsiasi concorrente della federazione ma, l’imposizione di un minimo di 50 mila tesserati di acque interne (punto c), esclude senza appello una qualsiasi associazione che si occupi esclusivamente di mare, e quindi con soci non necessariamente tesserati anche per la pesca in acque interne.
Sono tutti mezzucci con i quali la FIPSAS, evidentemente in generale crisi di rappresentanza, sente il bisogno di affermare la sua prelazione (o esclusività) di rappresentanza, sconfinando in un settore che con questo disegno di legge non ha nulla a che spartire. Tutto ciò è spiegabile con il bulimico appetito di potere del presidente della FIPSAS Ugo Claudio Matteoli, che dal 2001 ricopre questo incarico. Possiamo solo rimarcare che da allora abbiamo visto una costante emorragia di tesserati che ha ridotto la federazione agli attuali 200/250.000 tesserati, a partendo dall’oltre mezzo milione della precedente presidenza Colucci.
Se non basterà essere andati letteralmente a sbattere contro la conferenza delle Regioni, che ha bollato senza appello l’iniziativa federale come: “un tentativo di trasferimento dell’intero territorio nazionale delle acque interne, costituito dalle “acque dei laghi, degli stagni, dei fiumi e di ogni altro corso d’acqua dolce o salmastra compreso entro la linea congiungente i punti più foranei delle foci e degli altri sbocchi al mare, quale riserva personale di pesca ad associazioni di pescatori sportivi.”, noi come FIPIA e con l’appoggio di CPA (associazione Caccia Pesca e Ambiente), saremo in prima linea quantomeno per ottenere lo stralcio di ogni indebita ingerenza sulla gestione del mare, su cui non si può pensare di dettare legge sulla base della rappresentanza in acque interne.
Sono ambiti che il legislatore ha giustamente provveduto a tenere separati e non ha nessun senso pensare di accorparli surrettiziamente facendo esprimere sempre le stesse voci di rappresentanza. Appare poi fantasioso parlare di “ordinamento democratico sul territorio” quando tutto l’impianto normativo della proposta è costruito appositamente per ridurre la rappresentanza del settore a, forse, solo un paio di soggetti.
Ma d’altronde tutto questo atteggiamento non ci stupisce affatto, la FIPSAS non ha mai visto di buon occhio nessuna voce alternativa alla sua, si è sempre sentita minacciata da chiunque tentasse solo di portare avanti istanze da lei ormai dimenticate. Ricordiamo ad esempio l’ignobile veto con cui nel 2014 il presidente Matteoli ci impedì di entrare nell’IFSUA (INTERNATIONAL FORUM FOR SUSTAINABLE UNDERWATER ACTIVITIES), che è “un’organizzazione non-profit creata per difendere gli interessi del mare e la sua promozione, difendere e diffondere inoltre la pratica responsabile delle attività subacquee”.
La pesca sportivo-ricreativa in mare, e soprattutto quella in apnea, non può essere lasciata in balia del delirio di onnipotenza di chi pretende un monopolio a dispetto dei numeri e dei risultati. I pescatori di mare sono oltre un milione, la maggioranza dei quali non tesserati semplicemente perché, a meno che non si pratichi l’agonismo, una tessera non conferisce nessun diritto o privilegio, né offre servizi. Pensare che la moltitudine dei pescatori in mare, in quanto non organizzata, non abbia voce in capitolo, o peggio, si debba ritenere obbligatoriamente rappresentata da FIPSAS, è indice di una visione tutt’altro che democratica.
Alessandro Fiumani – Presidente FIPIA
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