Pedro Carbonell: 10 Domande ad un Mito della Pesca Sub
Non credo che esista persona legata alla pesca sub che non conosca il fuoriclasse spagnolo Pedro Carbonell (nato il 12/01/1969, altezza 172 cm e peso forma 78 kg). E comunque, qualora ci fosse, ecco una piccola scheda parziale dei suoi principali successi in campo agonistico:
3 volte Campione del Mondo Individuale
4 volte Campione Europeo-Africano individuale
8 volte Campione individuale Nazionale
Poi una serie quasi infinita di vittorie in altre gare più e meno importanti, passando dalle prove di Coppa Europa ad altri trofei sparsi qua e là nei vari continenti.
Atleta fortissimo e completo, capace di padroneggiare ogni tipo di tecnica di pesca, di adattarla ad ogni situazione, grande acume tattico, innato fiuto del pesce, intuitivo e dal grande ritmo. Tutte queste qualità, unite ad una grande professionalità, una grinta invidiabile ed una sensibile modestia, han fatto di lui il campione totemico che tutti conosciamo ed abbiamo ammirato. Si è ritirato dall’agonismo nel 2010 ed ora vive il contatto col mare in maniera differente, ma sempre affascinante. Soprattutto in una forma che comunque lo appaga e lo rende felice e sereno come in precedenza.
Ciao Pedro, francamente non saprei da dove partire per l’imbarazzo della scelta. Oltretutto se dovessi ripercorrere la tua carriera ed i tuoi successi forse non basterebbe un libro. Allora, partiamo dal ritiro del 2010: Perché?
Avevo 41 anni e mi ero tolto tante soddisfazioni. In più l’involuzione dell’agonismo e, non ultimo per importanza, il desiderio di stare di più con la mia famiglia, mi ha fatto decidere così. Io sono uno che ha dedicato gran parte della sua vita alla pesca sub, sia a livello di sportivo che per diletto. Per me era tutto.
Quando c’era un Campionato Nazionale mi prendevo 15 giorni, e per un Mondiale o un Europeo anche un mese. Poi sono uno che ha sempre creduto nella meritocrazia, e quindi ogni convocazione in Nazionale o vittoria è sempre passata per un lavoro capillare, una grande organizzazione personale ed una dimostrazione sul campo degli effettivi valori del mio bagaglio tecnico.
Tieni presente che già a fine anni ’80 ero nel Team Spagnolo, di atleti agguerriti nella mia Nazionale ne ho dovuti affrontare parecchi e spesso veri e propri campioni. Insomma, ero arrivato a capire che tutto questo non potevo più farlo. L’età avanzava, lo spirito non era più quello di una volta (ovviamente) e gli affetti personali incombevano. Comunque mi sembra un processo normale. Magari avrei voluto chiudere con la vittoria, ma il Mondiale di Lussino è stato molto difficile e vinto meritatamente dal mio amico fuoriclasse Daniel Gospic.
Che ci puoi raccontare di quel tuo ultimo Mondiale? Che ricordi hai?
La prima cosa che mi viene in mente è la mancanza di pesce. Intendo pesce classico (saraghi, corvine, cefali, orate etc.). Il fondale era bello, con molte zone pescabili all’apparenza. In più il periodo di settembre era l’ideale sia per la forma fisica che per la possibilità di trovare parecchio pesce. Invece i gronghi l’hanno fatta da padrone. E se comunque è vero che in Croazia i gronghi sono spesso importanti qui si è andato oltre: i gronghi sono stati determinanti.
Pensa che io in due giornate ho preso 3 tordi, un sarago ed uno scorfano. Il resto erano solo gronghi. Pesce di per sé all’apparenza facile, ma tutt’altro. Innanzitutto perché lo dovevi andare a catturare tra i 25 e 35 metri, in più, nonostante la staticità, è un animale difficile da fulminare con una fucilata. È un pesce molto più tecnico di ciò che sembra. Poi, se è grosso, crea problemi nell’estrazione e richiede spesso un lavoro supplementare. Io ne avevo segnati più di trenta nei due campi ma, col cambio di corrente, si spostavano con una certa facilità.
Dopo una buona prima giornata in cui sono arrivato secondo a pochi punti da Gospic, la seconda frazione pensavo di poter chiudere i 10 gronghi, ma non avevo i pesci che mi avrebbero potuto permettere di superare Daniel. Sapevo che Gospic avrebbe probabilmente preso anche lui dieci gronghi e poi si sarebbe dedicato ai pesci come mostelle, tordi, capponi e saraghi per rimpinguare il suo cavetto. Ecco: io non ne avevo.
Poi le cose non sono neppure andate come speravo ed alla fine ho preso solo 2 pesci e 5 gronghi perdendo pure alcune posizioni. Ma le gare sono queste e, che servano gronghi, che servano corvine, che servano scorfani, per vincerle ti devi adattare, trovarli e catturarli.
Pensate che anni fa, nel 1990 al Campionato Euro-Africano a Malaga in Spagna, a causa dell’acqua veramente torbida tutti impostarono la gara a gronghi e murene (pareva ci fossero solo quelli). Io la seconda manche ne presi addirittura 30… ma misi anche 5 belle cernie a paiolo e vinsi. Eppure non sembravano esistere. Il bello delle gare è anche questo.
Dall’ultimo disputato al primo vinto: che ricordi hai di Gijon 1996?
Il primo Mondiale vinto è sempre un’emozione unica, speciale. Anche se ovviamente tutti i successi importanti hanno un’aura particolare che li identifica e li cataloga nella mente. Fu una competizione durissima a causa di una mareggiata atlantica, il giorno prima della gara, che scombinò tutti i piani della preparazione. L’acqua divenne torbidissima ed il mare rimase grosso soprattutto il primo giorno. Anche Pepe Vigna, che era il favorito, rimase spiazzato.
Profondo conoscitore del posto, campione per eccellenza specie nel mare mosso, non riuscì a pescare nei posti che aveva selezionato e come avrebbe voluto. La prima frazione anch’io, ovviamente, improvvisai letteralmente perché la situazione era veramente al limite del possibile. Le zone che avevo trovato non erano visitabili e tutti i segnali erano compromessi. Ma fu così, come ho già detto, per tutti.
Bisognava cercare uno specchio di acqua relativamente chiara (e per chiara intendo 2/3 metri di visibilità come massimo) e, qualora fosse capitato, allora potevi prendere qualche pesce. Io non la trovai e terminai nono di frazione. Vinse il portoghese Silva che, invece, ebbe la bravura e la fortuna di trovarla. Ero deluso ma in cuor mio sapevo che ce l’avevo messa tutta e, pur analizzando a mente fredda la cosa, non avevo nulla da rimproverarmi.
La seconda frazione il mare calò leggermente ma rimase sempre molto torbido. Alla partenza cercai di fare qualche calcolo empirico cercando di andare dalla parte del campo giusta a cercare una zona di acqua un po’ meno “caffelatte”. Dopo pochissimi tuffi mi trovai solo in un punto della costa in 8/10 metri d’acqua dove la visibilità era migliore. Ci saranno stati giusto quei tre metri. Allora impugnando un arbalete da 75 con montatura leggera cominciai a fare tuffi a ripetizione scorrendo il fondo e sparando a tutto. Mi ricordo che tenevo apnee di circa un minuto e, dopo essere riemerso, in 15 secondi ero già pronto.
Andai avanti così per almeno tre ore prima che gli altri si accorgessero della cosa e mi marcassero. Ma ormai era troppo tardi per tutti: avevo già preso 22/23 pesci tra salpe, tordi e saraghi. Finita la gara ero contento delle pescata ma non sapevo se fossi salito sul podio. Una volta in porto mi accorsi che Vigna, March e Silva avevano fatto pescate discrete ma non irrecuperabili. Così speravo in cuor mio di agguantare almeno il terzo posto. Invece con 21 pesci validi ho rimontato tutti e mi sono piazzato al primo posto di giornata e finale. Secondo Josè con 4000 punti circa di distacco. Ricordo che non ci credevo e mi misi a piangere dalla commozione e dalla gioia.
Sempre riguardo l’agonismo e questa tendenza all’involuzione: che idea ti sei fatto?
Gli anni d’oro sono finiti. Per noi sono stati gli anni ’90, tempi in cui ti potevi confrontare con campioni del calibro di Mazzarri, Riolo, Bellani, Amengual, Salvatori, March, Vigna e tanti altri. Periodi fantastici, con campi gara che lasciavano la possibilità di vincere a chiunque, dove si poteva catturare la cernia, dove si poteva comunque vedere e prendere pesce anche se poi magari, alla fine, potevano essere sempre i più forti a primeggiare. Ma questo fa parte della logica.
Ora invece è tutto cambiato e la modifica dei regolamenti, insieme ad altri processi più o meno politici, hanno fatto sì che il nostro sport avesse una regressione, credo, irreversibile. Pensa che, tornando al Mondiale del 2010 a Lussino, a fine campionato, se non ricordo male, una quindicina di atleti in due giorni non ha preso un pesce!! Una roba pazzesca. È vero che è cambiato molto anche il mare ed il pesce è diminuito, ma sono altresì convinto che ci sia una maniera più educativa e migliorativa per far sì che le gare tornino a creare fermento, interesse e partecipazione.
Io stesso, dopo il mio ritiro, mi misi a disposizione per dare un contributo importante alla FEDAS. Studiai un regolamento selettivo ma con un filo logico che, ovviamente, venne fuori dalla mia esperienza e dall’adeguamento ai tempi moderni.
Per farla breve si trattava di premiare la chiusura delle specie pescabili con bonus aggiuntivi e crescenti. Re-introduzione della cernia (2 catture consentite sopra i 3kg): quindi punteggio del pescato, più bonus di 1000 punti per la chiusura della specie (e le specie di cernia sono bruna, bianca, dorata e dotto). Quindi ne puoi chiudere 4 di specie. Ovviamente ad ogni capo completato il bonus aumenta di 1000 punti (chiudi la bruna e prendi mille, chiudi anche la bianca e prendi duemila. Se chiudi pure la dorata prendi ben 3000, e così via). Lo stesso valeva per il sarago (faraone, pizzuto, maggiore, fasciato), il cefalo (lo stesso più specie), i labridi (idem). E via, via tutti gli altri con un limite un po’ più alto, di tre catture (quindi senza esagerare), per il bonus.
Tutto questo porta il pescatore a poter competere sia in acqua bassa che a fondo. Anzi, chi parte a fondo, alla fine deve andare anche in media e poca acqua per catturare certi pesci e completare più specie (a fondo cernia, mostella, cappone, e poco altro non danno la sicurezza di poter fare grandi punteggi). Insomma mi sembrava un ottima idea, ma…non mi hanno nemmeno ascoltato. Anzi, se lo hanno fatto lo hanno fatto più per curiosità e per dovere che per altro. Alla fine ho capito che c’era poco da fare, che tutto era stato già deciso e delineato. Ed allora ho chiuso la porta e mi sono dedicato ad altro lasciandoli ai loro progetti. Non c’è nulla di roseo all’orizzonte. Ma vedo che anche da voi è la stessa cosa se non peggio.
Peschi ancora?
Pochissimo. Una decina di volte l’anno e sempre per stare con amici e poi andare, finita la pescata, a mangiare qualcosa assieme. Cioè, quest’ultima cosa deve essere obbligatoria, sennò difficilmente mi si convince (e qui si fa una bella risata ndr). Ovviamente rispetto ad una volta è cambiato molto: ora peso una ventina di chili in più, pesco sempre entro i 15/18 metri ed il ritmo è decisamente diminuito. Ho sempre un bel feeling col mare ma non sono più il Carbonell di un tempo.
Sei sempre stato un pesca sub eclettico, ma avrai avuto il tuo tipo di pesca preferito come tutti: qual era?
La mia pesca preferita, che praticavo praticamente per tutta la bella stagione era quella in frana profonda. O meglio la profondità dipendeva da dove era il taglio freddo. Io scorrevo al limite del medesimo stando nella zona temperata. Quindi sopra. Facevo agguati molto attenti e quasi sempre catturavo belle cernie che stavano sull’ uscio della tana. Che poi non era una vera e propria tana ma un labirintico accavallamento di massoni.
Normalmente le mie apnee si aggiravano sul minuto e trenta fino ai due ed i tempi di recupero in superficie erano rapidissimi: intorno ai 35/40 secondi. Impugnavo quasi sempre un arbalete lungo 110 centimetri con mulinello perché dove pesco io, a Maiorca, l’acqua è quasi sempre limpida. Un tipo di pesca molto divertente e dispendiosa, non solo a livello fisico ma anche mentale. Perché la concentrazione ed il colpo d’occhio devono essere ai massimi livelli.
In pratica arrivi sul fondo e ti fermi per controllare attorno. Poi cominci a muoverti come una murena sfruttando ogni occultamento in maniera lenta ma decisa. Quando vedi un punto interessante o addirittura il pesce inizi ad avvicinarti ancora più piano e più rilassato col fucile puntato. Quando sei a tiro devi sparare senza indecisione sennò il pesce non lo trovi più.
Tu usi solo arbaletes, vero? Qual è la misura che non manca mai nella tua sacca?
Sin da piccolo ho adoperato sempre gli arbaletes. Già con mio padre, quando ero un bimbo, ero solito avere in mano un corto fucile ad elastico. Mi sono sempre trovato bene con quest’arma, decisamente leggera, precisa e bilanciata. Per il mio tipo di pesca non ho mai avuto problemi. Quando facevo le gare tenevo solo un piccolo oleopneumatico da 40 centimetri nella sacca, che usavo solo con la fiocina in zone particolari con fessure esigue come, per esempio, ci sono da voi nel grotto.
All’occorrenza poteva tornare utile su saraghi e corvine praticamente inarrivabili con altre armi. Ma ti ripeto, anche sui corti uso arbaletes in linea generale. Dal cinquanta in su. Il mio fucile preferito, e che non manca mai, è il novanta. Ma li uso tutti a seconda delle situazioni. Per dire ha Gijon ho vinto col 75, a Tahiti col 140, in Brasile col 100.
Però, se per assurdo dovessi scegliere una sola arma per fare una gara, allora sceglierei il novanta. Il settaggio dei miei arbaletes in generale è molto semplice: asta da 6.5 millimetri e gomme piuttosto tirate da 16 millimetri. Elastici normalmente progressivi. Non mi piacciono le gomme dure. Il tutto collegato da un filo di nylon da 160 chiuso con rivetti. Dal 90 in su monto il mulinello e fusti in carbonio. Negli ultimi dieci anni pesco anche con fucili con la testata aperta.
Pedro, ti faccio le pulci: come mai non hai mai vinto un Mondiale in Mediterraneo?
Ma dunque: io nella mia carriera di Mondiali in mediterraneo ne ho fatti solo due. Uno nel 1989 a San Teodoro in Italia ed uno nel 1992 a Porto Cristo in Spagna. Il primo non era alla mia portata per ragioni d’esperienza: ero giovanissimo ed al debutto. Il secondo non era adatto alle mie caratteristiche del momento: si pescava fondissimo.
Successivamente non ne sono stati più fatti se non ricordo male. Ci fu quello del 1998 a Zara (Adriatico meridionale) ma alla fine per protesta decisi di non parteciparvi. E stai certo che, se fosse stata una competizione corretta, avevo le carte in regola per giocarmi il titolo. Ero preparatissimo. Avevo scandagliato bene tutte le zone con paperino e scooter subacqueo ed avevo trovato posti vergini da paura. Lastre con saraghi e corvine. Tordi, orate, mostelle scorfani e gronghi in quantità. Pensa che pur passando tanti anni da allora ad oggi, poco tempo fa mi venne a trovare Gospic e gli diedi queste mire. Quando andò a pescarci rimase sbigottito. Il pesce era ancora abbondante a distanza di 23 anni! Chiedeteglielo.
Io me lo ricordo, ma tu rinfrescami la memoria: quale fu il motivo del tuo ritiro da quel Mondiale?
Sono sempre stato un giusto e pretendo che anche con me la gente si comporti correttamente. Lì non successe. In pratica cambiarono le carte in tavola il mattino della prima frazione. La sera dissero che il campo gara sarebbe stato, per dire, “B” ed invece la mattina decisero “C”. Poi, pensate l’assurdo, il giorno dopo decisero di farlo nel “B”. Una confusione totale, una approssimazione su tutto. Chiunque interpellavi diceva una cosa diversa da un’altro. E tutti personaggi legati all’organizzazione ed alla buona riuscita dell’evento.
Una vera e propria presa in giro a cui non potevo prendere parte. Ci fu molto fermento ma alla fine “tarallucci e vino” e la manifestazione prese il via. L’unico che diede un segnale forte fui io. Ma io da solo potevo far poco. Feci pesanti rimostranze anche alle Federazioni, alla CMAS , ai massimi dirigenti presenti sul posto ma nessuno mi diede retta. Anche i dirigenti Italiani non si comportarono bene. Anzi credo ne trassero vantaggio. Insomma rimasi una voce nel vento. Fu una scelta giusta e che non rimpiango affatto. Lo rifarei anche ora.
Ora cosa fai?
Il pescatore professionista dalla barca. Mi piace. Resto sempre in contatto col mare, ho la mia barca e mi diverto ancora. Guadagno meno di una volta ma va bene comunque. In inverno-primavera pesco le seppie ed i polpi, poi verso la tarda primavera mi dedico all’aragosta ed infine, in estate ed autunno, pesco con i palamiti. Mi tolgo delle soddisfazioni. È un bel lavoro, molto impegnativo ma allo stesso tempo anche rilassante. Quando facevo le gare il mio lavoro era rappresentate di attrezzature subacquee.
Capisco. Ora per gli appassionati dei pesci “over” mi dici le tue catture più pesanti delle varie specie (col fucile, ovviamente)?
Cernia – 28 kg
Ricciola – 36 kg
Dentice – 11.450 kg
Orata – 4.9 kg
Corvina – 2.7 kg
Spigola – 6.4 kg
Sarago – 1.4 kg
Cefalo – 4.5 kg
Murena – 6.7 kg
Grongo – 14 kg
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Category: Interviste, Pesca in Apnea