Paure, segreti e sensazioni: Genoni si racconta
Genoni poco prima della partenza
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D. Per prima cosa: complimenti da tutto lo staff di AM. La prima domanda è abbastanza scontata: a distanza di due anni ritocchi il tuo precedente primato, l’ottima uscita dimostra che il Geno c’è ed è ancora lontano dai suoi limiti, ci racconti come è andata?
R. Sono contento, ho fatto una bel tuffo! Non era prevista un’ immersione così lunga, 3′:20” sono tanti rispetto ai tempi registrati in allenamento, ma è anche vero che quando sei sotto non ti rendi conto di 5 o 6 secondi in più.
Il giorno del record non è mai un giorno come gli altri,: siamo usciti che pioveva, il luogo prefissato è ad oltre tre miglia al largo e risulta privo di ridossi, quindi il mare leggermente formato era la preoccupazione maggiore. A parte le oscillazioni della barca, fastidiose ma non insostenibili, in acqua c’era soprattutto una forte corrente con cui ho dovuto combattere per non finire sotto il Leudo nella delicata fase della risalita. Ciò che più mi ha dato fastidio, però, è stato il momento della partenza: ho preso il colpo d’onda sbagliato e quindi sono partito molto lentamente. Comunque sai, queste sono riflessioni a posteriori, ma alla fine, quando va tutto bene, ti dimentichi di tutto e ti godi la prestazione.
D. So che pochi giorni fa hai avuto inconvenienti con questa slitta, cosa è successo?
R. Eravamo usciti per fare alcune foto e dei filmati e abbiamo spaccato tutto il cassone della zavorra, da buttare via. Così, abbiamo dovuto rifarlo nuovo in fretta e furia per poter proseguire con gli allenamenti. Probabilmente, per problemi di leggera asimmetria, adesso la slitta scende giù continuando ad avvitarsi lungo il cavo e questo è fastidioso. Quando la slitta prende velocità, l’avvitamento ti fa perdere i tuoi soliti parametri, i riferimenti visivi.
D. Oggi questo avvitamento ti ha creato qualche problema?
R. Un pochino sì, ma il giorno del record hai stimoli completamente diversi. Quando vedi la gente attorno, gli amici, i giornalisti,i tuoi sponsor, inconsciamente trovi motivazioni molto forti, perché ti senti gratificato per quello che stai facendo, per gli allenamenti che hai fatto.. per tutto.
La discesa poteva andare meglio, comunque nonostante tutto sono uscito bene. Mi sono sentito molto sereno, molto lucido. Sono rimasto concentrato per l’intera durata del tuffo, e negli ultimi metri ho usato l’accortezza di guardare in alto per individuare la barca. Mi sono dovuto girare perché altrimenti ci sarei andato a sbattere, e allora avrei avuto un grosso problema. Sono davvero molto contento di come è andata.
La delicata fase della risalita
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D. Senti,concedimi una domanda banalissima, ma visto che è la prima volta che ci incontriamo è quasi di rito: ti senti di dedicarlo a qualcuno in particolare questo record?
R. La dedica spontanea è a Paola (risata… Paola è con noi durante l’intervista !) .
Scherzi a parte, Paola è incredibile, si dà molto da fare. Mi toglie molti problemi e le preoccupazioni che ci sono attorno all’organizzazione di un evento di questo tipo, mi lascia la serenità necessaria per fare quello che faccio. Ci vuole una persona così. Non posso però dimenticare tutti gli altri, a partire da Scipione, che mi accompagna in acqua e ci mette 100′ per risalire, e che gestisce tutta la logistica. Poi, ovviamente, ci sono tutti i subacquei dell’assistenza. Nelle ultime tre settimane siamo sempre usciti tutte le mattine alle 7:00, e questo significava alzarsi alle 6:00 e farlo con il rischio che magari il tempo era brutto e c’era mare… pesava a me, immagino quindi a loro. La mia dedica va a tutta la squadra e a tutti quelli che mi hanno seguito in questi anni. Un ringraziamento particolare, infine, va agli sponsor. Senza di loro eventi come questo non sono possibili.
D. Quali sono i pensieri di Gianluca prima di riaffiorare?
R. In questa specialità difficilmente si raggiunge la quota record in allenamento, il vero ostacolo è la compensazione, e tutti gli allenamenti sono finalizzati ad ottimizzarla… quindi non ti dico di aver fatto questa quota in allenamento, ma ho comunque fatto una discesa molto simile anche con tempi minori, e quindi ero molto tranquillo. Quando arrivi a fare il tentativo sei teso, quindi quando arrivi a 20mt e guardi in alto, vedi la barca, sei lucido e ti senti bene… pensi: “ce l’ho fatta, è andato tutto bene, ci sono riuscito
D. Visto che lo hai introdotto, affrontiamo per un momento il tema della compensazione. Con queste quote sempre più abissali, molti usano tecniche di compensazione particolari come l’allagamento delle vie aeree. Tu hai mai provato?
R. No. Ho una grossa predisposizione per la compensazione, ho una grande capacità polmonare, ho le tube pervie, per cui non faccio grossa fatica a compensare. Quando sono sceso a 150 metri ho compensato normalmente. Ho sentito dire che Pipin compenserebbe in questo modo già da tempo, se ne parlava già ai tempi di Mayol. Io non ho mai provato, non so… si può fare se scendi a testa in alto e senza maschera, questo è sicuro, perònon so che sensazioni potrebbe dare l’acqua bloccata nel naso, non deve essere semplice.
D. Nell’ evolversi dei record, e nell’apnea in generale, in questi ultimi anni ci sono stati molti cambiamenti. Non ci sono più i dualismi che c’erano prima e sono venuti fuori tanti campioni. Il tuo record potrebbe essere battuto anche nel giro di pochi giorni [ndr: cosa che poi è effettivamente avvenuta grazie a Carlos Coste]. Qual è il tuo pensiero in questa situazione? Ne vale ancora la pena?
R. Certo, se lo fai per fare il record di un metro in più, no. Se lo fai perché è la tua passione, perché ti piace, allora può avere un significato. Io sono convinto che tutti questi apneisti dell’ultima generazione siano forti. Vedo le loro misure, scendono a profondità veramente difficili. E’ vero che c’è la monopinna, però quando fai più di 100 mt in assetto costante devi essere un grande atleta. A tutti quelli che si dedicano a specialità fisiche quali l’assetto costante, il variabile, dove c’è sforzo fisico… servono un grande allenamento ed una grande preparazione. Io non conosco personalmente Nitsch, Coste o gli altri, però da quello che mi sembra di aver capito è che prendano la sfida in maniera più sfrontata, non sembra importar loro molto se hanno piccoli incidenti, questo per sentito dire. E’ cambiato molto lo spirito, in generale è cambiata l’apnea. Anche le prove in piscina… si pensi al ’98, quando ho fatto il campionato mondiale AIDA: allora con 6’08” di apnea statica fui il migliore degli italiani e la mia risultò la seconda migliore prestazione assoluta. Adesso penso che se partecipassi ai Campionati Italiani sicuramente con quel tempo mi troverei davanti 5, 6, forse 10 atleti. In piscina è più facile migliorare perché non hai bisogno di un certo tipo di assistenza, e quindi resta molto più facile allenarsi; in mare quest’evoluzione è stata un po’ più lenta, ma c’è stata ugualmente.
Il momento piu bello…l’uscita
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D. Come ci si prepara ad una prestazione di questo tipo?
R. E’ un lavoro. E’ dal 20 giugno che mi alleno tutti i giorni, e in inverno faccio tanto nuoto e palestra; è un misto tra grande concetrazione, grande rilassamento, grandi tecniche di respirazione e preparazione atletica. Quando in 1’30” fai 130mt e vai a tirarti lungo un cavo o quando arrivi a 100mt ti giri e devi risalire a pinne, puoi anche essere un santone… ma se non hai le gambe allenate non sali.
Ho fatto tanto assetto costante, ma soprattutto ho provato la compensazione. Quando fai variabile devi scendere giù il più velocemente possibile, quindi io in costante sono sceso al massimo a 75mt con l’idea di arrivare sempre sul fondo e compensare, in modo tale che quando levi la maschera e scendi a testa in alto sulla slitta tutto diventa più facile.
Non so se è un fatto psicologico, ma quest’anno ho usato un apparecchio nuovo che mi ha aiutato tanto come elasticità toracica e come sforzo minore durante la ventilazione. Questo apparecchio si chiama Spirotiger. Lo hanno testato prima sugli asmatici e adesso su vari atleti del calcio e del triathlon. Non serve ad aumentare la capacità polmonare, però aumenta l’elasticità della cassa toracica: usandolo, riesci indubbiamente ad espanderla meglio, riesci a prendere più aria. Io ho notato un beneficio. La zavorra l’ho usata tre settimane, poi sai, se arrivi tranquillamente a 75mt con la monopinna sei già a buon punto ‘ appena presa la zavorra siamo arrivati subito a 120mt. Nel costante ho usato la monopinna, ma non credo di saperla usare bene… dopo vent’anni che uso le due pinne, anche usandola per due stagioni non posso dire di aver acquisito la stessa dimestichezza. Tuttavia, nonostante la tecnica imperfetta, riesco ad apprezzare i grandi benefici della mono.
D. L’Apnea profonda e il record sono una sfida con sé stessi, con il mare o… cosa?
R. Penso che sfidare il Mare sia pericoloso. Per me è un insieme di queste cose, di sensazioni, di emozioni. Vorrei che fosse chiara una cosa, io non ho fatto questo record per un metro in più, né ho fatto tutto questo per motivi legati ai soldi. Se fai queste cose, le fai perché ti piace farle. Non esiste una ricompensa per quello che fai. Alzarti alle 6:00 di mattina, andare a 130mt ‘ non ci sono cose materiali che ti possano ripagare, ti ripagano le emozioni che hai quando scendi sott’acqua. Io sono qua dal 20 giugno, tutte le mattine sono uscito a fare apnea e… lo fai perché ti piace. Sono sensazioni che tutti gli apneisti capiscono, sanno cosa vuol dire stare soli con sé stessi, provare le emozioni del silenzio, del buio intorno ‘ tutte cose molto belle. L’anno scorso non l’ho fatto e mi è mancato. Ho fatto una bella esperienza sull’Everest, ma l’emozione di un tentativo, l’adrenalina che hai quando fai una cosa simile è difficilmente riproducibile.
D. In questi ultimi anni anche l’apnea agonistica nel vero senso del termine, quindi non record ma gare internazionalmente riconosciute, ha subito un accelerazione. Dopo molti tentennamenti, anche la CMAS ha fatto entrare l’Apnea nella Confederazione. Potremo vedere in futuro un Genoni Team Leader all’interno di un squadra agonistica?
R. Sì, sicuramente. Mi piacerebbe tantissimo avere una squadra di apneisti, tant’è che stiamo lavorando in questa direzione. Secondo me le gare fanno bene al movimento. E’ inevitabile che durante le gare ci siano piccoli incidenti, e questa è la parte brutta dell’Apnea. E’ diseducativo per la didattica. Se uno vuole avvicinarsi all’Apnea con l’idea del rilassamento, della piacevolezza delle sensazioni e poi vede in vasca uno che prende una brutta sincope’
Questa nuova disciplina del J.B. sicuramente ha dei lati positivi e avvicinerà molti appassionati. Io ho iniziato a fare apnea con un’altra generazione, quindi il fascino per me è scendere in profondità. E’ anche vero che capisco perfettamente la difficoltà di una Federazione di avallare certi tentativi, e sono d’accordo con loro: se io CMAS omologo qualcuno a scendere a 133mt e per qualche ragione succede un incidente, la federazione ne rimane coinvolta. Certo che con il JB togli parte dell’emozione, il fascino della profondità, però mi piacerebbe sentire l’opinione di chi l’ha provato. Io non l’ho mai provato, però non condivido chi lo critica senza averlo sperimentato. Prima facciamolo.
Poi, sicuramente, il fatto che l’apnea sia entrata nella confederazione è sicuramente un passo importante da sfruttare e da portare avanti, qualunque sia la specialità.
Adesso siamo a 103 mt nel costante, 133 mt nel variabile e 170 mt nel NoLimits, per cui se qualcuno ha intenzione di iniziare e si trova senza stimoli intermedi… non inizia neppure! Per questo è importante partecipare a gare quali il JB o la dinamica in piscina, più facili da organizzare e piu alla portata di un’apnea per tutti. Dobbiamo collaborare insieme affinché anche queste discipline vengano valorizzate.
Si brinda al nuovo primato
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D. Hai altre passioni oltre all’Apnea? Che so, la pesca?
R. A me piace scendere in apnea. Durante l’anno ho la fortuna di viaggiare in posti dove ci sono molti pesci, e mi piace molto stare in silenzio ad osservarli mentre si muovono. In passato ho provato a pescare, ma con scarsi risultati! Adesso non avrei più il coraggio, mi piace osservare e godermi lo spettacolo del mare. Non fraintendermi, non ho nulla contro la pesca e penso che sia talmente selettiva da non compromettere in alcun modo l’ecosistema, solo che a me piace l’apnea… diciamo di osservazione.
Io penso che alla fine i record e le gare siano solo la punta dell’iceberg, credo che il futuro dell’apnea sia rappresentato dal turismo di chi, ad esempio, andrà a Sharm El Sheik ed invece di mettersi le bombole chiederà di scendere in apnea per vedere tutto quello che c’è sott’acqua.
D. L’ultima domanda: vista la prestazione di oggi, il pensionamento di Gianluca Genoni -per quanto riguarda i tentativi di record- è ancora lontano?
R. non lo so… è pesante e stressante passare le notti che precedono un record a pensare che il tuo principale ostacolo è il tempo, senti una macchina che passa in strada e credi che sia il vento che si alza e potrebbe comprometterti tutto… ti svegli così, guardi fuori con il cuore in gola e ringrazi che sia un’auto. E’ angosciante.
Ti dico che mi piacerebbe chiudere nel 2006, dieci anni di record, 38 anni di età. Sarei molto contento, ma tanto dipende dagli incrementi dei miei avversari, dalle motivazioni e dagli stimoli che riuscirò a trovare. Di sicuro qualcosa nel 2006 la farò, ma magari ne paliamo piu avanti!
Grazie Gianluca, anche a nome di tutti i lettori di Apnea Magazine, e a presto: goditi questo meritato successo. Ti lasciamo con una speranza, quella di vederti a bordo vasca o in mare con la tua squadra agonistica, pronto ad offrire il contributo di un grande campione anche all’apnea per tutti, quella agonistica!
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