Obiettivo Mondiali 2011: intervista a Valter Mazzei (seconda parte)
Arrivano i temi più fastidiosi, le questioni politiche. E’ sotto gli occhi di tutti che il nuoto pinnato, per un motivo o per l’altro non riesce a fare il salto di qualità richiesto.
Ci sono due discorsi separati: se parliamo a livello politico le federazioni stesse, per come è strutturata la CMAS, non possono cambiare niente perché essendo la Confederazione formata da tante federazioni che valgono sempre 1 voto, indipendentemente dal loro reale peso numerico, diventa ingestibile avanzare qualsiasi istanza, tanto più se si mescolano discipline e soggetti eterogenei tra loro. Se ci fosse una CMAS per il solo nuoto pinnato, per la parte agonistica, penso che le modifiche sarebbero molto più semplici da attuare.
Ti prendi la responsabilità di dire che il nuoto pinnato dovrebbe andare per la sua strada?
No, mi prendo la responsabilità di dire che il nuoto pinnato, anche all’interno della CMAS, dovrebbe essere gestito in una maniera differente. La parte didattica, come quella subacquea con la vendita di brevetti, non è comparabile con la nostra attività. Tra l’altro non credo più alla storiella che tanto è il Bureau Executive che decide e che quindi non si può fare altro che rimettersi a loro. E’ composto per più del 50% da personalità provenienti dal nuoto pinnato! Se non si riesce a far passare determinate istanze con questa situazione, la colpa non è sicuramente della singola federazione ma di tutte quelle che hanno scelto queste persone come loro rappresentanti. Andando a memoria: Ferrero, che è il presidente, arriva dal pinnato, Xiarchos è stato il tesoriere per diversi anni, è sempre nel Bureau e arriva o comunque è strettamente legato al pinnato, l’Arzhanova è sicuramente legata al settore agonistico, la Burakova ha addirittura un figlio che è un grande campione della specialità, l’egiziano gestisce nuoto pinnato e salvamento nel suo paese… nella stessa situazione ce ne sono altri. Se tanti anni fa si poteva forse usare la scusa che il Bureau Executive prendeva decisioni diverse da quelle avanzate dalla commissione, a questo punto non comprendo una giustificazione del genere. Non conosco a fondo i meccanismi in atto, parlo per la parte agonistica, ma le voci sono queste e trovo inspiegabile che non vengano seguite le nostre esigenze.
Quali sono a tuo avviso queste esigenze?
Io mi sono fatto quest’idea: abbiamo un grosso problema di visibilità. A livello di coinvolgimento, di spettacolarità, non abbiamo niente da invidiare ad una gara di nuoto. La differenza è che tutti vedono l’una e nessuna vede l’altra. Secondo me l’investimento andrebbe fatto nella promozione della disciplina. Per 20 anni siamo rimasti immobili e nessuno ci conosce. Nelle piscine stesse molti, vedendoci, credono che le pinne ci servano di preparazione per il nuoto classico. La prima cosa, di cui credo soffrano anche gli atleti di alto livello, è il farci conoscere all’esterno. Le poche comunicazioni vengono fatte su internet da organi non ufficiali come può essere Apnea Magazine e pochi altri. Le informazioni dovrebbero utilizzare anche altri canali. Sarà colpa nostra che facciamo le gare ad agosto quando l’ufficio stampa federale va in vacanza, ma non viene mai data nessuna comunicazione al Coni che quindi non pubblica mai nulla.
Non si investe o si investe male. Avendo visto società, per esempio nel campo dell’apnea, capaci di imbastire dirette web per competizioni decisamente meno importanti, anche come numeri, rispetto a un Campionato mondiale, il dubbio mi rimane. Non ci si crede e non si spinge abbastanza. Ci manca la struttura, le risorse ma è soprattutto un problema di mentalità. Non si può certo chiedere, come fatto nel recente passato, a un tecnico che ha miliardi di cose da seguire o ancora meno ad un atleta, di mettersi lì a filmare o fare foto per mandarle ai giornali. Serve una persona preposta che raccolga tutto il materiale, che poi tra l’altro rimarrebbe a disposizione di tutti i tecnici per essere studiato e comparato. E’ un costo ma bisognerà cominciare. Nel nuoto, quando ancora non era pubblicizzato, hanno iniziato portandosi un giornalista al seguito a spese della federazione in cambio della pubblicazione di qualche articolo. Ci hanno messo 20 anni ma ora è una delle discipline più seguite, per i risultati ma non solo per quelli.
Agli ultimi campionati italiani non sono mancate le solite polemiche per vari motivi. Qual è la tua posizione?
Come settore abbiamo aperto alla partecipazione di atleti stranieri ai nostri campionati. Io personalmente sono stato il primo a sollevare la questione dato che nella mia società da anni nuota un atleta straniero, residente in Italia, che gareggia fuori gara salvo nelle staffette, così come previsto dalla normativa FIPSAS che le considera una prova di squadra e quindi aperte a tutti. Siamo però passati alla fase successiva, nel senso che quest’anno abbiamo visto la partecipazione di diversi atleti stranieri che non sono residenti in Italia e che sono stati chiamati per l’occasione. Credo che bisognerà regolare questa cosa. Se un atleta risiede in Italia, penso anche al caso della ragazza ceca che è in Erasmus a Torino, è giusto che possa nuotare regolarmente, ma se non lo è non credo dovrebbe poter essere schierato nelle staffette. Innanzitutto questo compromette la voglia di società minori di competere e limita la crescita di atleti del vivaio che si trovano gli spazi chiusi. Ho già sentito di diversi atleti di vari paesi che hanno chiesto di poter partecipare… se diventa una gara a rendere la staffetta internazionale si perde a mio avviso il senso generale. Reputo sia giusto permettere a chi risiede qui ed è affiliato di gareggiare, ma poi bisogna considerare anche un altro fattore: nessuno è andato a controllare ma all’interno della FIPSAS il certificato medico di idoneità alla pratica sportiva dev’essere fatto secondo le norme italiane. Dubito che chi è venuto direttamente dall’estero abbia avuto la possibilità di fare la visita medica con i nostri criteri. Dobbiamo crescere anche in questo senso: non è tanto importante vincere un titolo in più o in meno, dev’essere importante conoscere le regole e rispettarle.
Non si creano a volte polemiche su sciocchezze, dimenticandosi dei veri problemi come quelli di cui abbiamo parlato prima?
Il nostro è un settore abbastanza ristretto, le società sono sempre le stesse e queste cose vanno a creare malumori. Questi fatti portano ad autolimitarci a livello di movimento nazionale. Faccio un esempio banale: ci sono degli atleti che, vuoi perché le loro società non hanno investito nella ricerca di attrezzature performanti, vuoi perché non hanno le conoscenze che hanno altri, non nuotano con materiale di livello adeguato.
Già l’anno scorso avevo proposto come staff tecnico di condividere tutte queste informazioni e magari anche scambiarsi le attrezzature. Non è partito perché ci sono sempre un sacco di cose da fare, ma avevamo pensato a una specie di mercatino tra le varie società in cui organizzarsi per provare, scambiarsi, vendersi le monopinne che non si utilizzano. Questo perché la mono fa davvero la differenza. Per motivi di campanilismo ancora non funziona così e tutti si tengono ben stretto il proprio materiale, anche se magari finisce in garage senza essere utilizzato mai più! Bisogna cambiare anche questo atteggiamento. Chi ha più esperienza deve metterla a disposizione di chi non ne ha per far crescere il movimento. E non penso solo alle attrezzature, lo stesso discorso dovrebbe valere anche a livello di preparazione e tecniche di allenamento. Creare magari una volta all’anno un evento in cui proporre la metodologia di allenamento di un campione rispetto agli anni precedenti serve a tutto il movimento per progredire.
Poi bisognerà che nei prossimi anni cominciamo a separare decisamente le competenze. Già la mia posizione di tecnico di una società e CT della Nazionale a volte può essere messa in discussione, ma di certo non è normale vedere cariche istituzionali col cronometro in mano. Finché non ci sono polemiche particolari e tutti sono contenti va bene, ma basta anche una convocazione non limpidissima o una piccola discussione e vengono fuori un sacco di polemiche.
Visto che hai parlato di attrezzature, sei dell’idea che per le monopinne bisogna continuare su questa strada (totale libertà) o bisognerà arrivare ad un’uniformità come nelle pinne?
E’ un discorso quasi filosofico. Quando c’è stato il passaggio dalle monopinne tradizionali a quelle inclinate io sono stato uno di quelli che avrebbe preferito si rimanesse tutti a quelle standard; d’altra parte le motivazioni di chi asserisce che il nuoto pinnato sia uno sport con attrezzatura e che quindi il miglioramento delle stesse sia parte integrante dello sport ha le proprie ragioni. Per come la vedo io la differenza è che nelle altre discipline la ricerca, quella vera, esiste. Nel nostro settore, inteso come settore della subacquea, la ricerca è finta. Gli unici studi nel nostro ambiente sono quelli medico-fisiologici legati all’apnea, ma a livello di attrezzature mi sento di poter dire che siamo a 0. In questo momento è improponibile credo parlare di omologazione per le monopinne.
La CMAS sta già facendo delle scelte che non so se definire coraggiose o pazze nell’ambito dei costumi integrali. Se da un lato può essere corretto che, come fa anche la FINA, ci sia un contributo da pagare per poter usare un modello di costume alle manifestazioni internazionali, dall’altro questo ha senso solo se c’è un ritorno d’immagine che nel nuoto è grande, nel pinnato invece si torna al discorso di prima. La CMAS non da certo lo stesso servizio, non c’è proprio proporzione! Tra l’altro uno dei grossi problemi della CMAS è che queste decisioni non si sa mai quando, come e dove vengono prese! E’ successo per le pinne, ora accade coi costumi. Spero che le scelte siano ponderate nell’ottica di permettere un facile approvvigionamento per tutti ma soprattutto a costi compatibili con le nostre possibilità.
La richiesta è che queste informazioni ci arrivino. Non è possibile che le notizie arrivino sempre da voci di corridoio e comunque prima a noi che alle Federazioni!
Come si potrebbero avvicinare nuove realtà al nostro sport visti anche i costi?
Con i costi di oggi non porteremo mai nuove nazioni a partecipare alle manifestazioni internazionali. Tra attrezzature, tasse di iscrizione, viaggi e quant’altro non c’è interesse per paesi emergenti ed atleti non di altissimo livello a provare a competere ai mondiali o agli europei. Tra i vari discorsi fatti negli ultimi mesi io ho proposto che i vari comitati organizzatori considerino l’ipotesi di fare delle fasce di prezzo per l’iscrizione degli atleti alle gare in base al peso delle nazioni e che, se ci fossero paesi con la volontà di partecipare ma senza i mezzi per farlo (penso alla ragazzina inglese l’anno scorso a Palma di Mallorca che aveva aperto una specie di raccolta fondi per autosponsorizzarsi), vengano ospitati gratuitamente all’interno del budget della manifestazione. In questo senso l’Italia – che ospiterà gli Europei del prossimo anno – ha dato già questa disponibilità alla CMAS, di accogliere cioè gratuitamente i paesi emergenti che volessero partecipare. La CMAS stessa dovrebbe pensare a un meccanismo simile anche per il resto delle gare per farsi conoscere e far conoscere il nuoto pinnato.
Ringraziamo Valter Mazzei per la grande disponibilità e uguriamo a tutti gli azzurri un’estate ricca di successi!
Forse ti interessa anche...
Category: Articoli, Nuoto Pinnato