Nuove regole in arrivo per la pesca dilettantistica
Foto: A. Balbi
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Nella sua perenne evoluzione, l’ordinamento giuridico procede spesso a scatti, alternando periodi di calma piatta a momenti convulsi, dove si fatica a star dietro al rapido susseguirsi di fatti e normative. Attualmente stiamo vivendo un periodo di grande fermento che chiude un ciclo di calma piatta, ma non tutti sembrano rendersene bene conto.
Proviamo a ripercorrere sinteticamente l’ultimo decennio, per fare poi il punto della situazione ed un’analisi delle prospettive future a breve e medio termine. Sul finire del millennio, la situazione non era propriamente rosea: la disciplina giuridica dominata da una legge del 1965 ed un regolamento del 1968, nonostante i mille rimaneggiamenti, non poteva risultare attuale ed efficace. Modificazioni troppo radicali, sia nell’ambiente marino – devastato da inquinamento, pesca illegale ed anche da certe forme di pesca industriale perfettamente legali – sia nel tessuto sociale, sempre più sensibile alle istanze di tutela ambientale, lo impedivano. Senza contare certe mostruosità, come il fatto di sanzionare il sub per la violazione degli obblighi di segnalazione senza neanche prevedere la punibilità di chi, ponendosi alla guida di un mezzo nautico, si avvicinasse eccessivamente al segnale di uomo immerso.
Le AMP in forte espansione erano ormai divenute sinonimo di “divieto di pesca in apnea” (tutte le AMP istituite dopo il 1997 prevedono il divieto di pesca in apnea sull’intera superficie dell’AMP direttamente nel decreto istitutivo, senza lasciare all’Ente Gestore la possibilità di regolamentarla), mentre le associazioni ambientaliste prendevano di mira le competizioni, tentandone il boicottaggio.
La prima base di pescasub internauti, aggregata in quel tempo dalla Mailing List Pescasub, venne in contatto con un senatore, l’on. Cavallaro, che con il supporto di alcuni appassionati mise insieme un disegno di legge sulla pesca subacquea dilettantistica, nel quale un po’ tutta la comunità online finì per riporre le proprie speranze. Il DDL fu depositato alla commissione competente al Senato, e lì rimase, sepolto sotto un mare di carte e mai discusso. Dopo un po’ si aggiunse un altro DDL, praticamente un’evoluzione del primo, ma fece la stessa fine.
A. Balbi
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Nel gennaio 2004 il Ministero organizzò un tavolo tecnico sulla pesca marittima dilettantistica per sentire le parti interessate in vista di un nuovo regolamento. Partecipai all’incontro come esperto del mensile Pesca in Apnea, con cui mi pregio di collaborare sin dal primo numero. Sentii personalmente il Direttore Generale della Direzione Pesca di allora spiegare in camera caritatis che le indicazioni di indirizzo politico dell’esecutivo circa la necessità di introdurre un tesserino per la pratica della pesca dilettantistica in mare erano chiare e ineluttabili, e che la cosa si sarebbe fatta.
Il Dlgs 153/2004: la promessa di nuove regole
In quella occasione illustrammo un progetto di revisione del DPR 1639/68 con ampia relazione analitica. La Legge delega n° 38/2003 aveva richiesto al Governo l’emanazione di alcuni decreti legislativi per ammodernare vari settori, incluso quello della pesca. Nel maggio 2004, qualche mese dopo l’incontro al Ministero, arrivarono due dlgs per la pesca marittima, uno dei quali, il 153/2004, all’articolo 1 comma tre riportava: “Il sistema di controllo sulle attivita’ di pesca sportiva e di pesca subacquea professionale e’ disciplinato con il regolamento di cui all’articolo 10”.
L’articolo 10, da parte sua, al primo comma statuiva: “Previa intesa con le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto, con regolamento adottato al sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sulla proposta del Ministro delle politiche agricole e forestali, del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del Ministro della difesa, sono stabilite le norme tecniche relative all’attuazione del presente decreto”. Dal comma 3 dello stesso articolo si capiva che tale regolamento avrebbe sostituito il DPR 1639/68: “Fino alla data di entrata in vigore del regolamento di cui al comma 1, restano in vigore le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 2 ottobre 1968, n. 1639”.
Per completezza, chiariamo anche di cosa parlasse l’articolo 17 comma 3 della L 400/88: “Con decreto ministeriale possono essere adottati regolamenti nelle materie di competenza del ministro o di autorita’ sottordinate al ministro, quando la legge espressamente conferisca tale potere. Tali regolamenti, per materie di competenza di piu’ Ministri, possono essere adottati con decreti interministeriali, ferma restando la necessita’ di apposita autorizzazione da parte della legge. I regolamenti ministeriali ed interministeriali non possono dettare norme contrarie a quelle dei regolamenti emanati dal Governo. Essi debbono essere comunicati al Presidente del Consiglio dei Ministri prima della loro emanazione.“.
Ricapitolando: la legge (il decreto legislativo ha forza di legge) ha disposto che il Regolamento attualmente in vigore – il famigerato DPR 1639/68 – debba essere mandato in soffitta da un nuovo decreto interministeriale che il Governo avrebbe dovuto adottare entro il luglio 2005.
In realtà le elezioni regionali del 2005 misero in crisi il governo Berlusconi II, aprendo la via ad un Berlusconi III, che portò a termine la XIV legislatura senza adempiere l’obbligo di emanare il nuovo regolamento: le elezioni erano troppo vicine per andare a stuzzicare e probabilmente contrariare l’esercito di pescatori sportivi marittimi – non meno di 2 milioni di cittadini – con un nuovo balzello.
L’anno seguente ci furono le elezioni e Prodi vinse di misura, mettendo insieme un governo traballante, che tra i mille problemi non ebbe modo di affrontare quello del nuovo regolamento della pesca dilettantistica, spinoso ma non certo prioritario. Neanche due anni dopo l’insediamento, il governo Prodi cadde con un prevedibile tonfo, riaprendo la strada alle elezioni, finite con la schiacciante vittoria del centro destra guidato da Berlusconi. Questo breve riassunto degli eventi politici serve ad offrire una possibile chiave di lettura che possa spiegare il motivo per il quale il Governo abbia ripreso in mano la questione solo adesso, con una maggioranza forte in Parlamento ed un’aspettativa di vita piuttosto lunga: occupandosi adesso alla materia, i cittadini avranno tempo per sbollire e digerire un eventuale malcontento prima delle prossime elezioni. In altre parole: è il momento giusto.
Un motivo in più: il tonno rosso
Le vicende legate alla disciplina comunitaria della pesca del tonno rosso hanno agito, con ogni probabilità, da catalizzatore, ricordando all’esecutivo l’esistenza di un “problema” con la pesca dilettantistica. Dopo anni di attendismo e temporeggiamenti, l’UE ha infine capito che se voleva impedire l’estinzione del tonno rosso nel Mediterraneo avrebbe dovuto prendere seri provvedimenti. Preso atto della sostanziale inefficacia delle misure adottate negli anni passati nell’ambito di quella che appare a tutti gli effetti una politica fallimentare, l’UE si è decisa infine ad intervenire con misure più severe, chiaramente avversate dalla pesca professionale. Mentre l’UE puntava a ridurre i totali ammissibili di cattura, le associazioni della pesca professionale chiedevano a gran voce una più seria lotta alla pesca illegale e una più puntuale regolamentazione della pesca dilettantistica, dipinta come un mercato della concorrenza sleale, una sorta di porto franco totalmente deregolamentato. Nell’inseguire il compromesso, l’UE ha iniziato a dettare un primo nucleo di regole base per la pesca sportiva e ricreativa, prevedendo gli attrezzi proibiti e quelli consentiti a determinate condizioni (come il fucile subacqueo, che oggi nell’UE può essere usato solo in apnea e nelle ore diurne) nonché l’obbligo per gli stati membri di impedire la commercializzazione abusiva del frutto della pesca dilettantistica. Proprio per evitare una procedura d’infrazione, lo Stato italiano ha provveduto ad emanare un decreto “salvainfrazioni” nel giugno 2008, con il quale ha ritoccato la L. 963/65, arricchendola anche di una specifica sanzione contro la vendita abusiva del pescato da parte del pescatore dilettante.
In seguito le cose non sono migliorate: nel 2009 l’UE ha dato un ulteriore giro di vite alla disciplina della pesca del tonno rosso, richiedendo una misurazione dello sforzo di pesca e la comunicazione dei relativi dati da parte degli stati membri e inserendo significative limitazioni anche alla pesca sportiva e ricreativa di questa specie, adesso assoggettate ad autorizzazione e limitate ad un periodo di soli 4 mesi, dal 16 giugno al 14 ottobre. In Italia non esiste un sistema di licenza per la pesca sportiva, e questo ha generato non poche complicazioni nella concreta attuazione del sistema introdotto dai reg. CE 43 e 302 del 2009, oggi rimessa a circolari ministeriali di contestata legittimità e ordinanze delle CCPP. Non va poi dimenticato che l’Italia è attualmente oggetto della procedura d’infrazione 2007_2284 intitolata “Carenza nell’attuazione del piano di salvaguardia del tonno rosso e controllo della sua pesca” per la violazione dei Reg. (CEE) 2847/93, Reg. (CEE) 2371/2002 e Reg. (CEE) 643/2007.
2009 Anno della svolta?
Il 2009 è forse un anno di svolta, non solo e non tanto per i reg CE 43 e 302 sul tonno rosso (gennaio e aprile 2009), quanto per il nuovo fermento nel mondo della pesca sportiva. La FIPO, Federazione Italiana degli operatori della pesca – produttori di attrezzature per la pesca di superficie – ha commissionato la redazione di un DDL da parte di un avvocato esperto in materia di pesca e ha poi cercato convergenze nel settore inviando il progetto alle varie realtà associative, della base di appassionati come dell’industria, per avere pareri e giungere ad un testo condiviso all’interno del settore nel suo complesso. Questa iniziativa ha stimolato ed intensificato i contatti tra la FIPSAS, Confisub (l’associazione che unisce le industrie del settore subacqueo) e la stessa FIPO, per discutere le modalità di una cooperazione serrata, finalizzata alla produzione di un disegno di legge condiviso che potesse rinnovare la disciplina della pesca marittima dilettantistica, inclusa quella in apnea.
Gli eventi hanno preso una svolta alcune settimane addietro, quando il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali comunicato alla FIPSAS l’intenzione di procedere rapidamente alla realizzazione del regolamento di cui all’articolo 10 Dlgs 153/2004 che abbiamo visto poco sopra, dichiarando altresì la determinazione dell’esecutivo a inserire un sistema di licenze (e quindi controllo) della pesca dilettantistica in mare. Il Ministero ha chiarito che non c’è spazio per un DDL, ossia per una nuova legge, perché la soluzione del Decreto interministeriale è già prevista e necessita solo di pratica attuazione.
A. Balbi
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Questione Licenza
Un paio di anni fa la situazione appariva un tantino diversa, perché non si poteva prevedere una ripresa dei lavori per la realizzazione del nuovo regolamento, per questo in FIPSAS ci si era preoccupati di escogitare un sistema per cercare di migliorare la precaria situazione normativa in attesa di un nuovo intervento normativo a 360°. Un’iniziativa con il Comando Generale delle CCPP aveva ottenuto dei risultati interessanti, ma aveva anche dimostrato che senza mettere mano al regolamento, anche solo con un nuovo Decreto Ministeriale, sarebbe stato difficile riportare ordine nella materia. Dato che la nostra disciplina rappresenta una minoranza in seno alla FIPSAS, si pensò di limitare le iniziative alla sola pesca in apnea, in modo da poter agire senza il bisogno di un confronto con la maggioranza dei pescatori di superficie, che in definitiva godono di una normativa più benevola e pescano praticamente ovunque (ZTB, AMP etc etc). Si pensò allora di tentare la carta del do ut des, richiedendo l’introduzione di un permesso di pesca con precise garanzie da trasfondere prima in un decreto ministeriale e poi in un documento di istruzioni semplici e chiare da consegnare ad ogni soggetto insieme al permesso di pesca, improntato al modello francese. Vennero presi i primi contatti con il Ministero, ma i lunghi tempi ministeriali hanno fatto sì che gli eventi superassero questa fase, rendendo la proposta obsoleta. Con l’avvento della crisi finanziaria globale, si è giunti a concludere che non erano più tempi adatti all’introduzione di un adempimento burocratico, che oltretutto non offriva garanzie certe di una revisione normativa adeguata, ma tutto questo aspetto è stato superato dalla decisione del Ministero di introdurre un sistema di licenze per tutte le forme di pesca dilettantistica marittima: lo stesso proposito di cui avevo avuto notizia certa nel gennaio 2004.
Nuove regole
Il Ministero ha chiarito che le istanze della pesca dilettantistica dovranno fare i conti con le associazioni della pesca professionale e ha disposto la costituzione di un tavolo della pesca sportiva e ricreazionale, dove le varie associazioni rappresentative degli appassionati potranno concordare una linea comune. Il tavolo ha avuto la prima riunione il 10 settembre, e ne sono parte le associazioni nazionali: Fipsas, Enal Pesca, Big Game Italia e Arci Pesca.
Per la pesca in apnea, l’unica associazione interessata è la FIPSAS, che da due anni – dalla proposta della licenza per la pesca sub – ha predisposto una traccia di articolato normativo per la revisione dell’attuale regolamento. Dato che la legge punisce con una sanzione da 1000 a 3000 euro ogni violazione del regolamento senza distinzioni, si è previsto il meno possibile, per evitare che ad ogni previsione anche minima possa poi corrispondere un salasso da 1000 euro (a tanto continua ad ammontare il pagamento in misura ridotta dopo il DL 59/08 salvainfrazioni, che ha aumentato il minimo edittale da 516 a 1000 euro). Soprattutto, si è cercato di limare quelle norme che nell’applicazione pratica hanno generato problemi consistenti, in particolare: distanze da costa, obblighi di segnalazione, uso del mezzo nautico di appoggio, limitazioni del pescato. Le norme sono state formulate con l’intenzione di escludere la possibilità di interpretazioni fantasiose da parte di chicchessia, nel rispetto di una filosofia a base di poche norme chiare ed inequivocabili, adottata con successo in molti paesi.
La procedura
Ecco cosa dovrebbe accadere in concreto: gli incontri tra le associazioni della pesca dilettantistica finalizzati a concordare una linea comune sono già stati avviati e proseguiranno nelle prossime settimane. Il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali ha prodotto una bozza di modifica del regolamento che – udite udite – riporta le varie proposte relative alla pesca in apnea depositate nel 2004 da FIPSAS e Pesca in Apnea. Questa bozza è solo una base di partenza, che sarà utilizzata per elaborare una proposta unitaria sottoscritta da tutte le associazioni nazionali della pesca ricreativa/sportiva. Successivamente, le associazioni si confronteranno con il Ministero e le associazioni della pesca professionale. Sentite tutte le parti, il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali dovrà stilare lo schema di decreto, che in seguito passerà ai vari Ministeri competenti, incluso quello dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, per le varie integrazioni e modifiche. Raggiunta l’intesa con le regioni e le province autonome – non dimentichiamo che con il nuovo art. 117 della Costituzione la pesca è divenuta una materia di competenza controversa, da tempo oggetto di querelle Stato-Regioni presso la Corte Costituzionale – il decreto interministeriale sarà comunicato al Consiglio dei Ministri per le ultime valutazioni e poi emanato. Come si può intuire, i numerosi passaggi della procedura comporteranno certamente aggiustamenti e soluzioni di mediazione tra le istanze dei vari soggetti coinvolti, con la conseguenza di rendere largamente imprevedibile il risultato finale dell’operazione.
Aspettativa
In questo scenario, cosa può fare la nostra categoria per tutelare concretamente i propri diritti? Semplicemente, assicurare che i propri rappresentanti siano presenti al momento giusto nei consessi in cui è possibile interloquire per mettere sul tavolo della discussione le istanze della pesca in apnea. Questo è possibile solo per le associazioni di rilevanza nazionale, un fatto che conferma la validità della scelta di operare all’interno della FIPSAS, l’unica associazione nazionale che si occupi di pesca in apnea. Ovviamente non ci illudiamo che tutte le istanze vengano accolte, ma siamo certi di avere studiato bene la lezione e di aver acquisito una padronanza della materia pari, se non superiore, a quella di chi oggi è chiamato a regolamentarla, e siamo certi di poter offrire un contributo positivo per una migliore conoscenza dei problemi e delle difficoltà dimostrate da certe soluzioni tecniche, assolutamente da rivedere. In altre parole, credo che la FIPSAS possa offrire un importante servizio di supporto per una nuova regolamentazione della pesca dilettantistica che rispetti i diritti di tutti i cittadini, inclusi i pescatori in apnea.
Le maggiori incertezze, inutile sottolinearlo, si concentrano sul tema della licenza. In tutta onestà, credo che i timori di chi pensa che in Italia certe iniziative finiscano sempre per creare problemi ai cittadini senza offrire alcun vantaggio non siano affatto infondati, e se avessi una bacchetta magica probabilmente cancellerei l’idea stessa di un permesso per prendere un pesce nel Mare, perché credo che i permessi si debbano richiedere quando l’uso che si intende fare del Mare e dei suoi frutti travalichi la normale esigenza alimentare propria e della propria famiglia. Se permesso deve essere, però, mi auguro che possa aiutare ad inquadrare correttamente la realtà della pesca in apnea, oggi piuttosto misconosciuta, e che non presenti né un costo eccessivo né una particolare difficoltà di reperimento. Soprattutto, mi aspetto che i denari ricavati dal nuovo balzello vengano utilizzati per la promozione della pesca sportiva e non per altre finalità.
Il progetto
Di seguito, i principi ispiratori del progetto di revisione normativa della FIPSAS. Come vedete, non si fa menzione di alcuna licenza per la pratica della pesca in apnea, ma salvo sorprese dell’ultimo minuto è praticamente certo che un sistema di licenze verrà introdotto – per tutte le forme di pesca dilettantistica, non solo per la pesca in apnea. Per richieste di chiarimento o suggerimenti potete utilizzare il Forum di discussione sulla Tutela della pesca in apnea e dell’Ambiente Marino.
GLOSSARIO
– Definizione del pescatore in apnea e distinzione dal semplice raccoglitore
– Definizione del fucile subacqueo e dell’attività di pesca in apnea
– Definizione di “molluschi cefalopodi”
Disciplina
– Unicamente in apnea, con divieto di prelievo assoluto per chi si immerge con ARA
– Pesca in apnea consentita a maggiori di anni 16. Maggiori di anni 14 possono pescare con il fucile solo sotto la diretta supervisione di un maggiorenne
– Max 5Kg di prede. Dal computo dei 5 Kg si esclude la preda più grande
– Divieto raccolta di coralli, crostacei e molluschi non cefalopodi
– Massimo 1 cernia al giorno
– Obbligo di segnalarsi con bandiera dimensioni minime 30×20
– Distanza di rispetto di 100 metri dalla boa per imbarcazioni, kite surf, moto d’acqua e wind surf
– Divieto di pesca:
a) durante la stagione balneare, nell’orario di balneazione, a distanza inferiore a 200 metri da spiagge e 50 da coste a picco. In assenza di banganti in vista nel raggio di 100 metri, nessuna distanza minima dalle coste a picco
b) distanza inferiore a 100 metri da reti da posta
c) distanza inferiore a 100 metri da impianti fissi da pesca senza consenso del titolare della concessione
d) distanza inferiore a 100 metri dalle navi ancorate fuori dai porti
e) nelle zone di mare di regolare transito di navi per l’uscita e l’entrata nei porti ed ancoraggi, determinate dal capo del compartimento marittimo
f) da mezz’ora dopo il tramonto fino all’alba
g) qualora il pescatore in apnea venga spinto o trainato da un qualsiasi mezzo di locomozione di superficie o subacqueo (c.d. ‘trainetta’) il cui uso è consentito unicamente per spostamenti o attività di ispezione del fondale, che possono essere effettuati solo senza impugnare il fucile;
– divieto di tenere il fucile in posizione di armamento fuori dall’acqua
– divieto di attraversare zone con bagnanti col fucile carico
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Category: Editoriali