Normative UE: dal 2017 arriva l’Obbligo di Sbarco anche per i Pescatori Ricreativi?
Sembrava che le nuove direttive europee introdotte con il Regolamento UE 1380/2013, riguardo l’obbligo di sbarco (e conseguente divieto di rigetto) del pescato morto, dovessero riguardare soltanto la pesca professionale, mentre invece, almeno a giudicare da quanto afferma la Commissione EU, potrebbe non essere così.
Riassumendo, con l’art. 15 viene del tutto bandita la pratica del rigetto di tutto quel pescato considerato senza valore commerciale o comunque non commerciabile perché al di sotto delle taglie minime imposte dalla legge. Ma il testo sembra comunque riferirsi alla sola filiera professionale, da dove spuntano gli obblighi per la pesca ricreativa, tanto più che la stessa è stata volutamente (con voto da parte del Consiglio dei ministri della pesca d’Europa) esclusa dal regolamento?!
Ha provveduto a sciogliere i dubbi la Commissione EU, su diretta richiesta in sede Medac di APR (Alleanza Pescatori Ricreativi), affermando che:
“La lettura giuridica delle pertinenti disposizioni del regolamento 1380/2013 e la proposta della Commissione di misure tecniche implicano che l’obbligo di sbarco riguardi anche la pesca ricreativa – almeno per le specie che rientrano nell’obbligo di sbarco e con una taglia minima di riferimento stabilita.”
Fermo restando che non è dato sapere quale sia la reale portata normativa di questo chiarimento, ove tale affermazione trovasse concreta applicazione tutto il pescato che non potrà essere rimesso in acqua vivo dovrà essere obbligatoriamente sbarcato anche dalla pesca ricreativa (dal 1 gennaio 2017 l’obbligo riguarderà sogliole, merluzzo e triglia, per estendersi dal 1 gennaio 2019 a tutte le specie per cui è prevista una taglia minima).
In teoria, quindi, si dovrebbe passare da una situazione in cui il pescato del ricreativo era oggetto di saltuario controllo da parte delle autorità, ad uno in cui dovrebbe essere dichiarato ad ogni uscita; eventualità meramente teorica e di impossibile applicazione a meno di imporre ad ogni CP locale di realizzare una postazione di verifica stabile, cosa che non esiste nemmeno adesso per la verifica degli sbarchi di tonno e pesce spada. Senza pensare poi a quanto sia impraticabile pensare di controllare sul territorio tutti coloro che pescano da terra, senza avvalersi di un mezzo nautico.
Ci sarà poi da comprendere se la normativa sui 5 kg dovrà essere integrata, ed eventualmente come, ma è chiaro che l’intenzione è quella di “censire” il reale potenziale di cattura dei vari attrezzi da pesca utilizzabili dai ricreativi, puntando a vietare quelli per cui il superamento del limite giornaliero sia sistematico e comunque derivante da un normale uso dello stesso, come ad esempio per i palamiti.
Tutto chiaro? Neanche per sogno, perché si profilano all’orizzonte diversi problemi di carattere interpretativo e di conflitto con l’attuale normativa nazionale vigente.
Ad oggi la situazione è la seguente: la legge prevede che la detenzione (non la cattura) di pesce sotto taglia integri un vero reato, ossia un illecito penale. Lo sportivo che cattura accidentalmente un pesce sotto misura e che lo rigetta immediatamente (vivo o morto che sia) non commette alcun illecito e non è passibile di alcuna sanzione.
Il collegato agricoltura attualmente al Senato (già approvato al Senato e poi, con modifiche sostanziali, alla Camera) prevede una revisione dell’attuale sistema, in primo luogo con la degradazione dell’illecito penale a illecito amministrativo e, secondariamente, con la previsione di un sistema di sanzioni crescenti con l’aumentare della quantità di pescato sotto misura.
Viene da chiedersi, quindi, come si concilierà questo sistema che in buona sostanza permette allo sportivo di evitare la commissione di un illecito penale o (in futuro forse) amministrativo rigettando il pescato irregolare con una norma che, invece, lo obbligherebbe a detenere il pescato sotto misura al fine di adempiere l’obbligo di sbarco con relativi adempimenti?
A nostro giudizio, l’impropria commistione di due fenomeni come pesca professionale e pesca sportiva costituisce la madre di tutti i vizi del corpo normativo che regola la pesca sportiva. Questa situazione ne è l’ennesima riprova: quante altre situazioni assurde di questo tipo dovremo affrontare prima che le istituzioni si risolvano ad approvare un testo unico per la sola pesca sportiva, un corpo normativo che possa disciplinare il fenomeno in modo intelligente e possibilmente cercando di valorizzarne il potenziale indotto?
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