Home » Editoriali » Non è tutto oro quel che luccica

Non è tutto oro quel che luccica

| 23 Febbraio 2004 | 0 Comments

Foto: Marco Bardi

Recentemente, il settimanale Elba Oggi ha pubblicato un contributo firmato da cinque note associazioni ambientaliste (Legambiente, WWF, Mare Vivo, Lipu e CTS) intitolato Area marina protetta: 10 regole d’oro. Con questo decalogo gli ambientalisti hanno voluto chiarire cosa intendono per “buona gestione dell’area marina protetta” e, com’è facile intuire, non hanno perso l’occasione per ribadire ancora una volta la loro posizione drastica nei confronti della pesca in apnea.

Di seguito, riporto integralmente le due regole che ci riguardano:

4. Divieto alla pesca subacquea in apnea nell’area marina protetta, perché induce comportamenti elusivi nella fauna ittica (i pesci fuggono alla vista dell’uomo), è scarsamente selettiva per alcune specie ormai a rischio (cernia), e risulta difficile da controllare, per ammissione degli stessi organi preposti alla sorveglianza. Tale attività potrà comunque essere svolta nelle zone non interessate dall’area marina protetta.

9. Previsione di un’ampia zona di protezione antistrascico attorno all’area marina protetta, nella quale sia possibile esercitare tutte le rimanenti attività, compresa la pesca subacquea.

Dopo aver letto queste dichiarazioni inaccettabili, ho scritto una lettera e l’ho inviata al settimanale, che già in passato aveva dimostrato di essere equidistante (vedi qui.

Sperando che venga pubblicata, riporto il testo integrale.


Il decalogo proposto dalle associazioni ambientaliste trova la categoria dei pescatori in apnea in profondo disaccordo. Per la verità, siamo indignati e stanchi di essere considerati un pericolo per il mare contro ogni logica ed ogni dato scientifico.

Secondo le associazioni che hanno sottoscritto il decalogo, il divieto della pesca in apnea in tutta l’area marina -e quindi anche in area C, dove tutte le altre forme di pesca sportiva restano permesse- si giustificherebbe per tre motivi:

1) “induce comportamenti elusivi nella fauna ittica”

Non si capisce bene perché la docilità e confidenza della fauna ittica verso l’uomo, tanto gradita a certe forme di intrattenimento subacqueo, sia considerata un valore da proteggere in tutte le aree dell’AMP a tutte le batimetriche, anche quelle accessibili in apnea. La nostra categoria condanna attività come il feeding, che trasformano i pesci in pagliacci da circo, ma a prescindere da ciò non si capisce perché non sia sufficiente limitarsi trasformare in acquario le aree A e B.

2) “è scarsamente selettiva per alcune specie ormai a rischio (cernia)”

Si tratta di una falsità inaudita. La pesca in apnea è l’unica forma di pesca che permette una selezione preventiva della preda e che, pertanto, è suscettibile di una regolamentazione articolata. Ma è mai possibile che l’unica forma di regolamentazione concepibile da queste associazioni sia la proibizione? Ci si rende conto che un pescatore in apnea che si immerge per catturare un pesce per la cena non è un distruttore del mare, e che non ci sarebbe alcun problema a proibire la cattura delle specie obiettivo più bisognose di tutela come la cernia? La sequenza dell’azione propria della pesca in apnea è: INDIVIDUAZIONE DELLA PREDA => TENTATIVO DI CATTURA. Come si fa ad affermare che sia scarsamente selettiva? Se è vero che la cernia è una specie a rischio, poi, perchè non vietarne la pesca in modo assoluto? La legge ne consente la cattura di un esemplare al giorno a tutti i pescatori sportivi, mentre per i professionisti non esistono limitazioni. Perché per proteggerla si sente l’esigenza di proibire la pesca in apnea? Eliminata la malafede, resta solo un’incompetenza doppiamente grave: per i soggetti da cui proviene, che si suppongono non solo amanti, ma anche conoscitori della natura e dei fenomeni che la riguardano, e per il fatto che la conseguenza di questa disinformazione ricade su terzi incolpevoli, nella fattispecie i pescatori in apnea.

3) “risulta difficile da controllare, per ammissione degli stessi organi preposti alla sorveglianza”

Qui si raggiunge l’apoteosi. Senza considerare il fatto che le difficoltà non sono mai state argomenti, si arriva veramente all’assurdo: data la difficoltà di combattere i pochi bracconieri subacquei, si ostracizzano i cittadini rispettosi delle norme, con il risultato di creare delle vere riserve di pesca per i bracconieri, che continueranno a violare le norme esattamente come fanno oggi. Vergogna!

Come sempre, si continuano a confondere i pescatori in apnea con i bracconieri, e data l’incapacità di perseguire i secondi si puniscono i primi. Signori ambientalisti, se è vero come dite che è difficile controllarci, con le proibizioni insensate otterrete solo un aumento dei bracconieri, ci avete pensato? E poi, se questo principio (ciò che risulta difficile da controllare si proibisce) venisse esteso anche alle altre forme di pesca, ci dite quali sarebbero le conseguenze?

Il punto 9, in cui si auspica la previsione di un’ampia zona di protezione antistrascico attorno all’area protetta nella quale sia possibile praticare la pesca in apnea, ha il sapore di una presa in giro. Dove potremo andare a pescare, a tre miglia da costa o su batimetriche dai 50 in giù, come le strascicanti? Tra AMP istituite e in corso di istituzione, aree di reperimento e punti interrogativi sulla possibilità di nuove leggi che individuino nuove aree di reperimento, dove andremo a finire? Se si vuole proibire la pesca in apnea in questo paese -che la riconosce e regolamenta anche come SPORT tramite il CONI-, lo si dica chiaro e tondo, senza ipocrisia. Guardiamo la Toscana: Giannutri, Montecristo, Capraia, Gorgona e Pianosa off limits; Elba, Giglio e Secche della Meloria prossimamente off-limits; a seguire, toccherà poi a Monti dell’Uccelina, Bocca d’Ombrone e Formiche di Grosseto. Tutti posti interdetti, in pratica, ai soli pescatori in apnea, che tra un po’ resteranno liberi di pescare nella vasca da bagno, a casa propria.

Ai signori delle associazioni ambientaliste ricordo che in questo paese esiste una legge sulla pesca marittima (L 963/65) con relativo regolamento d’esecuzione (D.P.R. 1639/68), e che l’ordinamento giuridico classifica la pesca in apnea come una forma di pesca sportiva, assoggettandola a limitazioni più restrittive rispetto alle altre tipologie (relativamente ad orari, limiti di cattura, distanze da costa etc). I pescatori in apnea chiedono solo di essere trattati come tutti gli altri pescatori sportivi, nella convinzione di essere i pescasportivi più selettivi in assoluto e di operare un prelievo non solo compatibile, ma esemplare. Catturiamo prede che hanno completato uno o più cicli riproduttivi, una alla volta, solo nelle giornate che presentano condizioni meteo favorevoli, solo se siamo in buona condizione fisica e solo se abbiamo raggiunto un certo grado di esperienza e capacità tecnica. Queste associazioni sembrano accettare tutte le forme di prelievo operate dalla pesca sportiva eccetto la pesca in apnea, per motivi assolutamente inconsistenti ed estranei alle vere esigenze tutela dell’ambiente marino, che valgono per tutti e non solo per chi, evidentemente, sta loro antipatico.

Viene da chiedersi come mai il fronte anti-pescatori in apnea sia così compatto. Nel cercare di dare una risposta logica, si materializza uno scenario desolante: mentre il pescatore con fucile, brutto e cattivo, viene allontanato fra gli applausi della folla, tutto resta come prima: gli ambientalisti continuano a gestire denaro e tratti di mare, le industrie continuano ad inquinare, la pesca illegale continua l’opera di distruzione sistematica dei fondali, in buona compagnia di sistemi legali ma non meno micidiali, come il cianciolo.

Le vere tragedie del mare sono e resteranno storie di tutti i giorni, vissute serenamente da tutti gli attori di questa commedia, perché i veri filibustieri del mare, i cattivacci con il fucile sono stati ridotti all’impotenza, battuti, eliminati. E tutti sono più contenti.

Forti con i deboli e deboli con i forti: la storia si ripete, e con una spolverata di ipocrisia si riesce a vendere una tutela che non c’è. Eppure basterebbe guardare a ciò che già è stato fatto per capire come vanno le cose. Si prendano le Isole Tremiti, ad esempio, una fra le AMP più “antiche”. Nell’area C la pesca in apnea è sempre stata praticata, ma il mare è ricco di vita, certamente molto più che in zona A, trasformata in riserva per i bracconieri e flagellata giorno e notte con tutti i metodi di pesca. Parafrasando un noto spot pubblicitario: “La tutela è nulla senza controllo”, questa è la verità! Tutto il resto, compresa la cacciata dei pescasportivi in apnea sbandierata come “azione di tutela seria dell’ambiente marino”, è solo ipocrisia e ignoranza.

Quando si arriva a proibire ciò che potrebbe essere regolamentato adducento pretesti, come nel caso della pesca in apnea nelle aree C delle AMP, si calpestano i diritti degli onesti cittadini. Se si vuole sostenere l’incompatibilità della pesca in apnea con le esigenze di tutela perseguite in zona C, si produca un’ adeguata documentazione scientifica; se in attesa di prove scientifiche si ritiene necessario applicare il principio di precauzione e, conseguentemente, restrizioni alla possibilità di praticare la pesca in apnea, si chiariscano i criteri del giudizio e -soprattutto- si spieghi perché tale principio dovrebbe applicarsi solo alla pesca in apnea e non anche a tutte le altre forme di pesca sportiva, che -ricordiamolo ad abundantiam- da un punto di vista giuridico si collocano sullo stesso identico piano.

Category: Editoriali

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *