Minicorso di Navigazione per Pescasub: Direzione delle Onde e Ancoraggio
Nell’articolo precedente abbiamo analizzato le caratteristiche che ogni gommone per la pescasub dovrebbe avere, trattando in modo approfondito anche il primo approccio con la navigazione attraverso le procedure corrette di ingresso e uscita dal porto. A questo punto, siamo pronti ad affrontare la navigazione vera e propria con tutti i connessi al tipo di condizioni in cui verrà effettuata. Se è vero, infatti, che il pescatore subacqueo non si ferma davanti a nulla, è anche vero che non tutti sanno come comportarsi nelle varie condizioni, mettendo spesso a rischio la propria incolumità e quella dello stesso gommone. Il mare, come ben sanno i marinai, non va sottovalutato né affrontato con spavalderia. Ogni situazione ci aiuterà ad acquisire l’esperienza necessaria che, negli anni, fa la differenza fra un buon comandante e un mediocre marinaio. I nostri consigli, che servono a farvi partire con il piede giusto, sono frutto di anni di esperienza diretta; tuttavia non possono costituire il verbo per ogni situazione. Vento, mare, corrente e conoscenza dei limiti del mezzo nautico, infatti, sono variabili da valutare di volta in volta, adattandosi alla situazione e, in molti casi, solo l’esperienza potrà esserci di aiuto. Esaminiamo ora i punti più importanti della navigazione in funzione delle condizioni del mare.
Navigare con mare calmo
Sistemato in modo agevole il carico avventizio, cioé quello extra che si porta occasionalmente (attrezzatura, acqua, viveri, ecc.), e sistemato a bordo in modo tale da non costituire un pericolo, lasciamo scaldare il motore per qualche minuto e usciamo dal porto o dalla darsena dove abbiamo messo in mare il nostro gommone. Immaginiamo la giornata tipo: sole caldo e mare calmo, l’occasione migliore per navigare (un po’ meno per pescare!). Queste condizioni, però, tendono a far dimimuire l’attenzione verso la guida e ciò è pericoloso, soprattutto d’estate. Con il sole e il mare invitante, i bagnanti si spingono a nuotare verso il largo, oltre il consentito e senza segnalazione. In condizioni di luce particolari (radente o controluce), sono difficilmente individuabili se non si pone la giusta attenzione.
È d’obbligo governare il mezzo in piedi, con lo sguardo fisso a prua e, se navighiamo in specchi d’acqua dove è possibile praticare la pesca in apnea, dobbiamo moderare la velocità e aguzzare la vista. Per ottimizzare i consumi, occorre trovare la “velocità economica”, ovvero quella che consente al gommone di restare in planata con il minor numero di giri. Per questo è fondamentale la disposizione del carico e, se presente il trim, un suo utilizzo corretto (la possibilità di variare l’inclinazione del piede del motore).
La navigazione in acque calme non presenta particolari problemi: basta saper dosare il gas quando si parte e quando ci si ferma. In questo secondo momento può capitare che il gommone, uscendo bruscamente dalla planata, si sieda di poppa e si arresti ricevendo una bella ondata di riflusso che, talvolta, scavalca lo specchio di poppa e riempie il gommone. È importante, uscendo da soli, assicurare il fermo di sicurezza al polso (si tratta di un piccolo marchingegno che, se disinserito, esclude la pompa della benzina e fa spegnere il motore) anche in condizioni di mare calmo, in modo che un’accidentale caduta in acqua comporti l’arresto del gommone e si sventi così il rischio di restare a mollo in mezzo al mare mentre il canotto vaga pericolosamente senza governo.
Navigare in acque agitate
Sappiamo che il mare calmo è un’eccezione e che le migliori catture si fanno quando l’acqua ribolle, ma non sempre queste condizioni ce le andiamo a cercare: spesso, infatti, il vento “gira” e quella che sembrava un’uscita tranquilla si trasforma in un difficile rientro. Ogni pescatore deve imparare a governare la propria barca in ogni condizione di mare. Il moto ondoso “infastidisce” il gommone non solo in funzione della lunghezza e della frequenza delle onde, ma anche in funzione della lunghezza del canotto e della potenza del motore. Per un attimo torniamo all’argomento trattato la volta scorsa, quando abbiamo suggerito un rapporto di cinque metri e 40 cavalli, il minimo per affrontare condizioni avverse.
Anche tra i pescatori c’è la cattiva abitudine di sottovalutare le effettive condizioni del mare, o ancor peggio, di non saper leggere i segnali che il tempo e i venti ci mandano. Soprattutto, poco sappiamo della lettura dei bollettini meteo. Diciamo subito che i bollettini metereologici non danno mai lo stato del mare in forza numerica, ma solo la forza del vento secondo la convenzione della scala Beaufort. In base a ciò, è opportuno sapere che un vento forza 6 dà massimo un mare forza 4, ma solo dopo molte ore. Anche questi numeri, però, lasciano il tempo che trovano, perché un mare forza 3 “vivo”, cioé spinto dal vento in aumento, mette già in difficoltà, mentre un mare forza 3 “vecchio” o in scaduta, con onde morbide, è facilmente navigabile anche con piccole unità. I due fattori fondamentali, quindi, sono vento e mare, che spesso sono in conflitto tra loro creando non pochi problemi. Vediamo come.
Effetti del vento
Il vento forma le onde e imprime la loro direzione, però può rapidamente scemare e soffiare da un altro quadrante (se guardiamo la rosa dei venti, la vediamo divisa in quattro quadranti), mentre le onde, che hanno un’inerzia maggiore, rimangono invariate. Accade così, che molto spesso, le onde arrivino da un quadrante e il vento da un altro, formando un mare rotto, turbolento e incrociato, che mette a rischio l’incolumità fisica dell’equipaggio, con botte tremende sulla chiglia durante la navigazione. Ci sono tre modi in cui ci possiamo trovare a navigare con il mare agitato: con mare di poppa, con mare di prua e con mare al traverso. Tutti i casi richiedono esperienza e sangue freddo, oltre a una buona dose di abilità nel sentire le onde, fiducia nel proprio mezzo e consapevolezza nel sapere cosa fare.
Mare di prua
Andare dritti contro le onde non è mai auspicabile, né per noi, né per l’attrezzatura, né per il mezzo. Navigare dritti di prua non è da marinai, ma da incoscienti. C’è sempre una rotta possibile zig-zagando leggermente (magari allungando un po’) e mettendo il mare al mascone (la parte che collega il dritto di prua con le fiancate). La navigazione sarà in questo modo meno brusca e il mezzo meno sollecitato. Il problema principale, quando si affronta il mare di prua con vento contrario che soffia a raffiche, è costituito dal pericolo in cui incorre la barca nel momento in cui si trova ad alzare la prua per sorpassare un’onda, creando un piano inclinato che resta tale anche quando la cresta si trova al centro del gommone mentre la prua è esposta al vento. In questo caso, se il carico fosse mal disposto e una raffica improvvisa si infilasse fra una cresta e l’altra, il nostro mezzo rischierebbe di scuffiare (capovolgersi). Da qui, se proprio non possiamo fare a meno di navigare perpendicolari alle onde, l’esigenza di procedere dosando il gas in modo da rimanere bassi di prua e scongiurare il pericolo. Anche il motore soffre con il mare di prua: spesso, infatti, cavita o si trova con l’elica fuori dall’acqua, creando dei pericolosi fuorigiri e rischiando il grippaggio. Il male minore consiste nel cercare di dosare giustamente e, giocando di timone, opporre i masconi alle onde.
Mare di poppa
Sembra assurdo, ma il mare di poppa è la situazione peggiore, perché il mezzo è difficilmente governabile e si è alla mercé dei frangenti che si susseguono uno dietro l’altro. Quando si è costretti a seguire il moto ondoso, si cerca di “surfare” l’onda giocando con lo sterzo e con l’acceleratore, ma questo è possibile solo quando le onde non sono troppo alte. In quel caso, durante la cavalcata, davanti a noi si apre il cavo d’onda in cui dobbiamo scendere molto lentamente, senza piantare la prua nella schiena dell’onda che precede, altrimenti il rischio di incappellarci è seriamente fondato. Personalmente, disdegno questa tecnica se non sono più che certo di riuscire a controllare la situazione: la trovo stressante e preferisco alternarla con un’andatura con il mare al giardinetto (il giardinetto è la parte posteriore che collega il fianco allo specchio di poppa), molto meno pericolosa. Potrebbe capitare però, nella vita di un uomo di mare, che un giorno il vento e il mare siano talmente forti che l’andatura di poppa sia l’unico modo disponibile per trovare un ridosso, quindi dovremo sapere come affrontare questa situazione, in cui vi auguro di non trovarvi mai.
Mare al traverso
Offrire il fianco alle onde, se con barche di medie dimensioni è quasi impossibile, con i gommoni, proprio per la loro peculiarità costruttiva, è possibile anche se non comodissimo. Bisogna mettere il nostro mezzo in planata e cercare di togliersi dai guai il più presto possibile. Precisiamo che l’andatura al traverso assicura il bagno agli occupanti che si trovano dalla parte della murata che, inevitabilmente, verrebbe a poggiare contro l’onda. Meglio sempre cercare di assecondare il moto in planata, perché un’andatura dislocante significa doccia assicurata.
Ormeggiare con consapevolezza
Andare a pesca con il gommone significa anche lasciarlo all’ancora con la consapevolezza di trovarlo al ritorno. Ma ancorare il gommone alla secca o sul grotto richiede sempre accortezza e precisione, sia nella scelta del tipo di ancora sia in quella del suo allestimento. La Marina Militare prevede nei propri standard cinque lunghezze di catena: su un fondale di 10 metri ad esempio prescrive 50 metri di “calumo” (catena d’ancora). Se utilizzassimo solo catena per ormeggiare, rischieremmo di appesantire talmente il gommone che la prua resterebbe sott’acqua ad ogni onda, per non parlare dei compagni di pesca, che dovrebbero salparla a fine pescata e… la catena pesa! Viceversa, utilizzando solo cima, la tenuta dell’ancora non sarebbe garantita a causa di un angolo di trazione troppo verticale, quindi si dovrà cercare una via di mezzo, ad esempio, equipaggiando la nostra ancora con almeno una decina di metri di catena che contribuirà ad appesantirla e farla lavorare parallelamente al fondo, senza spaccare le braccia e la schiena a chi dovrà tirarla a bordo.
Dove dare fondo
Si devono osservare il moto ondoso e il vento, scegliendo il lato giusto dove dare fondo all’ancora e assicurandosi, con un paio di tuffi (se la profondità lo consente), che la presa sia ottimale. Spesso capita che l’ancora, alla fine della nostra battuta di pesca, non venga via perché si è incagliata in qualche asperità del fondo. In questo caso, possiamo tentare di esercitare una trazione contraria con il motore. A titolo preventivo, per evitare che ciò accada, potremmo equipaggiare la nostra ancora con una sorta di “guardiano”, pronto a rompersi in caso di necessità. Si tratta di collegare la catena principale nell’anello presente alla giunzione delle marre e disporre di uno spezzone di cima sottile, ma abbastanza resistente da collegare la catena alla cicala (l’anello posto in testa al fusto). In questo modo, esercitando una forte trazione, la cimetta si strapperà e l’ancora, capovolgendosi, verrà via. Ricordiamoci sempre di riporre l’ancora nel gavone in modo ordinato, con la cima “in chiaro”, addugliata (ben arrotolata) e libera da impedimenti.
L’ancora galleggiante
Queste norme elementari non possono tuttavia considerarsi esaustive: infatti, sull’ancoraggio si potrebbe scrivere un intero libro approfondito e ben articolato. Ricordiamo ad esempio che esiste una tecnica molto utilizzata dai pescatori laziali (ma ormai estesa a tutto il Paese) che implica l’utilizzo dell’ancora galleggiante. Si tratta di una sorta di paracadute da calare in corrente, che frena il gommone e lo limita nella velocità di deriva. In questo modo, il pescatore può razzolare in favore di corrente accompagnato dal suo mezzo nautico, che non ha vincoli, se non il freno dell’ancora galleggiante. È una situazione comoda per l’esplorazione di zone particolarmente battute dalla corrente, quando si vogliono perlustrare lunghi tratti di fondale.
Quando decidete di dare fondo all’ancora, ricordatevi di dedicare particolare attenzione alla manovra di ormeggio, per non trovarvi alla fine della giornata, con il gommone che, in balia del vento, ha arato e si trova lontano (irraggiungibile) a diverse miglia di distanza. Allestendo l’ormeggio, non fidiamoci solo della classica bitta in plastica a cui legare la cima, ma facciamo qualcosa di più: personalmente, con un moschettone assicuro la cima (prediligo il tipo intrecciato ad alta resistenza) al golfare sul dritto di prua ed effettuo una seconda legatura di sicurezza sulla bitta centrale o su una maniglia appositamente rinforzata. È bene portare a bordo un’ancora di rispetto, a ombrello, non troppo piccola, per sostituire l’ancora originale in caso di neccessità.
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Category: Pesca in Apnea, Pesca in apnea: Tecniche e attrezzature