Maxfox: Pesca, la mia passione
Ho sempre amato la pesca, fin da bambino.
Ricordo che mio padre, dopo numerose “fughe” pomeridiane durante le quali mi recavo a pescare con una canna improvvisata al vicino fiume Ombrone, in sella alla mia bicicletta, fu costretto a richiedere, sia per me che per sé, la regolare licenza di pesca e ad accompagnarmi, la domenica, a pescare.
Fu anche costretto, ovviamente, ad acquistare la necessaria attrezzatura: una canna fissa di 5 mt, cassetta con ami, fili e accessori del caso, nonché retino metallico per la conservazione del pescato.
Avevo appena 8 anni ma la mia passione, nella quale coinvolsi, oltre che mio padre, anche mio fratello Giorgio, era grande. Per molti anni continuai a praticare tutti i tipi di pesca con lenza, sia in acqua dolce che in mare.
Fu durante l’ultimo anno di liceo che fui introdotto all’ambiente sottomarino, grazie ad un compagno di classe che l’anno precedente aveva seguito un corso di immersione subacquea, uno dei primi tenuti nella mia città.
Quell’autunno, in compagnia del mio amico, mi recai diverse volte presso una scogliera vicino a Castiglione della Pescaia, dove mi immergevo con il solo costume da bagno e, armato di fiocina a mano, insidiavo polpi, seppie, scorfani e triglie.
Di lì a poco mi iscrissi a mia volta ad un corso di immersione, desideroso di apprendere le tecniche necessarie sia per la mia sicurezza che per la tranquillità di mia madre.
All’epoca, era il 1985, gran parte del corso, della durata di circa 6 mesi e strutturato secondo la didattica FIPSAS, era incentrato sull’apnea, così ebbi modo di sviluppare le mie capacità e di appassionarmi a questa affascinante disciplina.
La prima vera esperienza di pesca subacquea l’ho vissuta nel marzo del 1986, durante la frequentazione del corso, quando mi recai presso la familiare scogliera, in cui mi ero immerso l’autunno precedente in costume da bagno, questa volta attrezzato di tutto punto, o almeno così credevo. Indossavo una vecchia muta zigrinata con cappuccio staccabile e cerniera sternale, dello spessore di soli 3 mm., prestatami dal mio compagno di classe ed anfitrione Aldo. Impugnavo un oleopneumatico da 50 cm. armato con fiocina, preso in prestito da un altro mio amico.
Le uniche attrezzature che possedevo erano la maschera, le pinne corte e la cintura di zavorra che utilizzavo nelle sedute in piscina del corso di immersione.
Nonostante il freddo allucinante che fui costretto a soffrire durante la pur breve permanenza in acqua (tra l’altro non indossavo né calzari né guanti!), il ricordo di quell’esperienza è ancora vivo in me e, a distanza di tanti anni ripenso con piacere a quella memorabile pescata di polpi, triglie e scorfani, anche se all’uscita dall’acqua ero letteralmente viola dal freddo.
L’estate del 1986, conseguito il brevetto di 2° grado CMAS, la trascorsi alternando immersioni con ARA a pescate in apnea. Ma già all’epoca prediligevo la pesca, tanto che, in modo del tutto incosciente sicuramente a causa dell’esuberanza dei miei 18 anni, spesso dopo l’immersione con ARA risalivo in barca e, sostituite le bombole con il medisten, mi rigettavo in acqua, comportamento questo molto pericoloso perché, dopo un’immersione, abbiamo ancora in circolo delle microbolle di azoto.
Avendo sempre praticato sport fin da bambino, avevo già buone doti atletiche ed una discreta acquaticità, ma la tecnica di pesca lasciava molto a desiderare, da autodidatta quale ero.
Fu l’anno seguente che iniziai ad apprendere i primi rudimenti dell’aspetto, grazie all’amicizia, che mi lega tutt’ora, stretta con uno degli istruttori, Mauro, grande appassionato di pesca subacquea, che mi avevano seguito durante il corso di immersione.
Fui così costretto ad acquistare un per me costosissimo oleopneumatico da 115 cm., da affiancare al medisten, primo fucile da me utilizzato, per la pesca all’aspetto, iniziata ad apprezzare a suon di clamorose “padelle”.
Sempre nel 1987, proprio grazie a Mauro, fui contattato da un giovane e promettente agonista del mio circolo subacqueo il quale, qualificatosi per gli assoluti di Marzamemi, in Sicilia, era alla ricerca di un barcaiolo che lo accompagnasse in quella lunga trasferta. Il suo nome era Marco Bardi.
Nei successivi 5 anni divenni il suo barcaiolo e compagno di pesca ed ebbi così modo di apprendere da lui tecniche ed astuzie di questa difficile disciplina.
E’ insieme con Marco, e con Carlo Chiozzi, veterano dell’agonismo grossetano, che nel 1993 ho vinto il mio primo titolo italiano a squadre, ma in questi ultimi 15 anni sono tantissime le competizioni in cui ho gareggiato al suo fianco. Ed è sempre a Marco che devo la mia passione per la pesca del dentice, in cui lui è sicuramente un maestro.
Oggi, grazie ad un lavoro che me lo consente, riesco ad immergermi mediamente un paio di volte a settimana, tutto l’anno, e la passione è sempre quella di un tempo. Anzi, forse è addirittura aumentata, forse perché ho scoperto nella pesca subacquea un insostituibile alleato contro lo stress da lavoro, che nel mio caso di libero professionista, spesso è veramente insostenibile. Solo immergendomi nel liquido elemento riesco a “staccare la spina” e a vivere ogni volta emozioni diverse e appaganti, dimenticando finalmente tutti i problemi che la nostra vita frenetica ci causa.
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