Leggi e pesca in apnea: l’istanza di FIPIA alle CCPP
Recentemente FIPIA (Federazione Italiana Pesca in Apnea) ha presentato a 55 uffici periferici delle CCPP l’istanza che riportiamo in calce. Prima di proporvi le nostre riflessioni sull’iniziativa, vi invitiamo a leggere il testo del documento . Se lo avete già letto, potete saltare direttamente alle riflessioni.
La scrivente Federazione Italiana Pesca In Apnea (FIPIA) è un’Associazione di promozione sociale riconosciuta dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali che si occupa della promozione delle attività ricreative legate alla pesca in apnea e, in tale ambito, si impegna nel divulgare la conoscenza e il rispetto delle normative presso i suoi associati e tra i pescatori in apnea ricreativi tutti, attraverso il proprio sito internet.
Purtroppo nel nostro ruolo ci troviamo spesso a ricevere le lamentele dei nostri associati in merito a situazioni in cui le norme trovano letture e applicazioni differenti in funzione dei differenti Comandi che emettono le varie Ordinanze. Questa situazione ci mette in difficoltà nel suggerire comportamenti certi e rispettosi delle leggi.
Nell’attesa che il legislatore metta mano alla riscrittura del DPR 1639/68 e s.m.i. e nella speranza che nell’occasione vengano superate quelle definizioni che nel corso degli anni hanno mostrato la necessità di ripetute interpretazioni e chiarimenti, ci permettiamo di sottoporre al Vostro parere le indicazioni che siamo usi fornire ai nostri soci in merito ad alcune delle più discusse norme in vigore. Indicazioni che traggono spunto dalle leggi stesse e dalle Circolari Ministeriali o del Comando Generale delle Capitanerie di Porto – Guardia Costiera.
1) Sulla questione del barcaiolo a bordo di imbarcazione/natante utilizzato per una battuta di pesca in apnea:
L’articolo 3 del DM 249/87, prevede che “Ai fini della sicurezza e della salvaguardia dei pescatori subacquei, sia professionali che sportivi, è consentito trasportare sullo stesso mezzo nautico fucili per la pesca subacquea o mezzi simili ed apparecchi ausiliari di respirazione dotati, esclusivamente e per ogni singolo mezzo nautico, di una bombola di capacità non superiore ai 10 litri, fermo restando il divieto di servirsene per l’esercizio della pesca subacquea“.
Nello stesso articolo 3, al comma 2, si prevede che “Durante l’attività di pesca subacquea il pescatore deve essere costantemente seguito da bordo del mezzo nautico da almeno una persona pronta ad intervenire in casi di emergenza …[omissis]“.
Considerato che secondo l’interpretazione esplicativa dello stesso Ministro della Marina Mercantile, On. Degan, che ha firmato il DM in esame, contenuta nella circolare n. 6227201 del 23 luglio 1987 e poi ribadita nella circolare del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali n. 62203825 del 4 agosto 1995, la disciplina dell’articolo 3, comma 2, del DM 249/87 si riferisce unicamente all’ipotesi di cui al primo comma della stessa disposizione;
Considerato che, in seguito a diverse discussioni, il Comando Generale delle Capitanerie di Porto ha emesso la circolare Prot. n. 020451/55215 del 9 giugno 2008, la quale, in merito alla questione dell’ambito di applicazione dell’articolo 3, comma 2, del DM249/87, ha chiarito come detto Comando Generale faccia espresso rinvio al contenuto delle succitate circolari interpretative.
Stante la documentazione esaminata, il comportamento suggerito dalla F.I.P.I.A. ai suoi affiliati è:
se non si ha la bombola da 10 litri a bordo, non occorre farsi assistere da un barcaiolo, né detenere una cima di lunghezza sufficiente al recupero del subacqueo; questa posizione è ulteriormente confortata dal fatto che non esiste alcuna norma che proibisca di immergersi muovendo direttamente da terra senza barca appoggio e senza assistenza.
2) Sulla questione della segnalazione di persona in immersione (bandiera rossa con banda diagonale bianca (Art. 130 DPR 1639/68)
Ci sono stati segnalati contenziosi legati a questo argomento: in alcuni casi è stata richiesta dalle Autorità preposte ai controlli, l’esposizione della bandiera di segnalazione sul mezzo nautico, anche se il pescatore in apnea si era allontanato oltre i 50 metri dall’imbarcazione portando con se una bandiera issata sulla boa di segnalazione. Di converso, in altro compartimento, è stata contestata la bandiera issata sul mezzo nautico alla fonda con pescatore in apnea allontanatosi con boa al seguito, contestando la doppia segnalazione.
Vista la citata circolare Prot. n. 020451/55215 del 9 giugno 2008 del Comando Generale delle Capitanerie di Porto che al punto siglato con lettera c) ha chiarito il comportamento ammissibile, ci permettiamo di concludere:
Stante la documentazione esaminata, il comportamento suggerito dalla F.I.P.I.A. ai suoi affiliati è sintetizzabile nei seguenti punti:
a) il segnale è la bandiera rossa con striscia diagonale bianca, pertanto la boa senza bandiera non assolve l’obbligo di segnalazione (informazione utile per chi ha una boa con bandiera smontabile, che può essere facilmente persa durante la battuta di pesca);
b) la bandiera può essere posta su un galleggiante, che può essere una boa come una plancetta o altra tipologia di oggetto galleggiante;
c) una bandiera può segnalare più di un subacqueo a patto che tutti si mantengano entro 50 metri di distanza;
d) la bandiera deve risultare visibile a non meno di 300 metri di distanza, ma prestare attenzione poiché la sua visibilità può variare in funzione delle condizioni del tempo e del mare (nebbia, mare increspato etc..);
e) con riferimento alla citata Circolare Prot. 020451/55215, non si ha violazione nel caso in cui il pescatore o i pescatori in apnea:
1) ancorato il mezzo con la bandiera issata, si immergono senza boa e si mantengono entro 50 metri dalla verticale del mezzo;
2) ancorato il mezzo senza bandiera issata, si immergono con boa al seguito;
3) ancorato il mezzo con bandiera issata, si allontanano di oltre 50 metri dalla verticale del mezzo con boa al seguito (in questo caso è fatta salva la facoltà dell’ufficio locale di vietare questa soluzione qualora vada a creare intralcio alla navigazione delle altre unità).
3) Applicazione dell’art. 129 del D.P.R. 1639/68 – distanze dalla costa per l’esercizio della pesca subacquea.
Anche in merito a questa norma ci vengono segnalate applicazioni da parte delle Autorità marittime titolate ad emettere ordinanze, non sempre omogenee, in relazione all’elemento della presenza dei bagnanti sul tratto di costa interessato. In particolare sono state offerte le seguenti diverse applicazioni:
a) la pesca subacquea è vietata solo in caso di “effettiva” presenza di bagnanti, indipendentemente dalla stagione o dall’orario;
b) il divieto è imposto solo su tratti di costa “solitamente” frequentati da bagnanti;
c) il divieto di pesca subacquea è fissato per tratti di costa “astrattamente” frequentabili dai bagnanti;
d) la pesca in apnea è ammessa senza limiti di distanza dalla costa, anche in stagione balneare, purché praticata fuori dagli orari di apertura degli stabilimenti.
Il suggerimento dato ai nostri affiliati e frequentatori del nostro sito internet, è quello di consultare le Ordinanze locali ed attenersi alle loro prescrizioni. Attraversando il tratto di mare compreso nei 500 metri dalle spiagge balneabili, portare il fucile scarico (non in sicura) preferibilmente appeso alla boa segnasub.
In merito a quest’ultimo argomento vogliamo inoltre portare alla Vostra attenzione alcune considerazioni:
a) il proliferare di aree marine sottoposte a tutela limitano di molto gli spazi per la pratica della pesca in apnea. L’interazione delle aree protette con quelle interdette in ragione delle ordinanze di sicurezza balneare finisce per ridurre eccessivamente l’areale fruibile dai pescatori in apnea;
b) il fucile subacqueo, a dispetto del nome, ha una gittata che anche fuori dall’acqua è di poche decine di metri (in acqua è di 4-5 metri nei modelli più potenti). Posto che il dardo resta collegato all’attrezzo con una robusta sagola lunga non più di 5-6 metri, non si capisce con quale criterio si sia fissata la distanza in 500 metri. Confrontando la regolamentazione con quella prevista per la caccia terrestre, è facile rendersi conto dell’assenza di ogni criterio di proporzionalità nella determinazione della distanza di sicurezza;
c) il limite di 500 metri da spiagge frequentate stride con il limite di 300 metri spesso imposto alla navigazione, come se la pericolosità del pescatore in apnea per i bagnanti possa essere superiore a quella di un’imbarcazione. Mentre non si ha notizia di bagnanti fiocinati per errore da un pescatore in apnea, sono notoriamente numerosi i casi di incidenti da elica che hanno procurato gravi lesioni e spesso la morte sia di bagnanti che di apneisti e pescatori in apnea;
d) le sanzioni per il pescatore in apnea che contravviene alle disposizioni sulle distanze dalla costa vanno da 1000 a 3000 euro, mentre per il navigante che le contravviene sono comprese tra 207 e 1033 euro (sanzione che può essere dimezzata per i diportisti);
e) per chi non possiede imbarcazione – quasi tutti gli appassionati più giovani – nuotare fino alla distanza prevista può esporre al rischio di investimento; inoltre, spesso, alla distanza minima la profondità impedisce la pratica della pesca in apnea;
f) alcuni uffici periferici delle Capitanerie di Porto particolarmente sensibili al problema hanno adottato regolamenti che realizzano un equo contemperamento degli interessi di bagnanti e pescatori in apnea, prevedendo l’assenza di distanza minima in orari diversi da quelli di balneazione.
Concludiamo, nella speranza che la nostra lettura delle normative possa essere da voi condivisa, auspicando che con l’avvicinarsi della nuova stagione balneare le Ordinanze da Voi emanate accolgano le nostre riflessioni.
In particolare, per quanto concerne le Ordinanze sulla distanza oltre la quale è consentita la pesca in apnea, pur nel rispetto dei vostri poteri di normazione, delle situazioni locali, nonché della morfologia delle coste sottoposte al vostro controllo, auspichiamo che vogliate considerare la possibilità di applicazione del divieto solo in “effettiva” presenza di bagnanti e, laddove non fosse possibile, limitarla agli orari di apertura degli stabilimenti balneari.
RingraziandoVi per l’attenzione concessa, porgiamo i nostri più Distinti Saluti.
Fulvio Calvenzi
Presidente
Come si vede, il documento concentra l’attenzione su tre questioni principali: quella famigerata del “barcaiolo obbligatorio” posta dal malaugurato articolo 3 DM 249/87, quella sugli obblighi di segnalazione di cui all’art 130 DPR 1639/68 e, infine, quella delle distanze minime da costa previste dall’articolo 129 dello stesso DPR del ’68, così come integrato dalle disposizioni delle ordinanze locali. A ben vedere, si tratta degli aspetti della normativa più frequentemente alla base di sanzioni per i pescatori in apnea. Vorrei provare a snocciolare alcune considerazioni prima di metodo e poi di merito su questa importante iniziativa: per facilitare la vostra lettura, sempre difficile quando si affrontano temi di carattere giuridico, proverò a formulare una serie di domande con relativa risposta.
PERCHE’ FIPIA HA SCELTO DI FARE UN’ISTANZA E DI INVIARLA A 55 UFFICI PERIFERICI? NON ERA MEGLIO RIVOLGERSI AL COMANDO GENERALE O AL MINISTERO?
Mi pare che FIPIA sia perfettamente consapevole del fatto che una soluzione definitiva a tutti i problemi interpretativi e sostanziali non possa prescindere da una revisione del regolamento DPR 1639/68. Il problema è che di questo nuovo regolamento si parla ormai da quasi un decennio (la legge prevedeva la sua emanazione entro luglio 2005… e ancora non se n’è fatto nulla!) e che l’attuale situazione economica e politica non prospetta un’accelerazione dell’iter che prima o poi dovrà sfociare nell’atteso parto di nuove regole, si spera più chiare ed eque per la categoria. Se anche nel 2012 si è rimediato al problema procedurale che ha di fatto bloccato il processo di approvazione del regolamento, è evidente che in questo particolare momento i problemi legati alla disciplina della pesca amatoriale e sportiva marittima non risultino prioritari. Dato che l’istanza FIPIA si limita a chiedere chiarimenti suggerendo soluzioni equilibrate ai vari problemi interpretativi, viene da chiedersi perché sia indirizzata agli uffici periferici delle CCPP e non al comando generale o al Ministero. La risposta è semplice: l’attuale regolamento nazionale prevede espressamente che le Capitanerie di Porto possano derogare alle norme previste dal DPR con semplice ordinanza, assegnando loro un potere regolamentare secondario molto ampio. Né il Ministero né il Comando Generale delle CCPP possono forzare la mano agli uffici periferici depositari di questo potere, basti pensare all’impatto sviluppato negli anni passati dalle varie circolari esplicative ministeriali e del CGCCPP, davvero limitato. Il Comando Generale delle CCPP ha una funzione di armonizzazione dell’attività degli uffici periferici, ma le sue indicazioni non sono direttive ineludibili, risultando paragonabili a “inviti”. Ecco perché FIPIA – ben conoscendo l’esito di iniziative simili portate avanti negli anni passati – ha opportunamente scelto di rivolgersi direttamente ai depositari di questo potere, illustrando i problemi che possono essere positivamente risolti da un suo saggio utilizzo e rafforzando le proprie posizioni con atti e chiarimenti dei “superiori”, vale a dire Ministero competente (prima quello della Marina Mercantile, poi quello delle Politiche Agricole, alimentari e forestali) e Comando Generale CCPP.
LEGGENDO l’ISTANZA, PARE CHE IL PROBLEMA POSTO DA FIPIA SIA DI ORDINE DIDATTICO…
Di fatto lo è, almeno in parte, e non solo per FIPIA o per la FIPSAS e le altre associazioni che si occupano di didattica nel settore della pesca in apnea. I tre aspetti della normativa presi in considerazione presentano due profili di criticità ben distinti. Da una parte, c’è la mancanza di chiarezza generata dalla cattiva tecnica legislativa, che genera incertezza tanto in chi è chiamato a rispettare le norme quanto in chi è tenuto ad assicurarne il rispetto attraverso le attività di controllo e repressione degli illeciti. Dall’altra c’è un problema legato alla congruità delle previsioni meno equivocabili, come ad esempio la quantificazione della distanza dalle spiagge frequentate da bagnanti o la disparità di sanzioni previste per il subacqueo e il diportista con riferimento agli obblighi di segnalazione. FIPIA ha scelto un approccio molto intelligente: dato che il nostro Stato non si preoccupa della formazione dei pescasub amatoriali e si limita a fingere che tutti siano perfettamente informati sulle regole del gioco, FIPIA sente giustamente il dovere di svolgere attività didattica per assicurare un maggiore grado di consapevolezza della base dei praticanti in merito alle questioni legate a sicurezza, rispetto dell’ambiente e legalità. Dovendo spiegare ai propri affiliati cosa si può o deve fare e cosa no durante una battuta di pesca si ritrova di fronte ai limiti di una normativa nebulosa ed iniqua, e non ha idea di come risolvere i legittimi dubbi di chi, senza avere necessariamente una preparazione giuridica, vuole andarsene a pesca senza rischiare salati verbali – generalmente di 1000 euro! Di fronte a norme confuse, FIPIA non sa bene cosa dire… quindi scrive alle CCPP che integrano le norme a livello locale e le applicano durante i controlli e chiede conferma della corretta interpretazione di alcuni punti poco chiari. Nel chiedere conferma della correttezza della propria ricostruzione del quadro normativo, FIPIA propone indirettamente soluzioni equilibrate, senza mancare un opportuno richiamo ad atti dei superiori dell’ufficio cui si rivolge (Ministero e Comando Generale) o ad atti di altri uffici (che attestano la concreta possibilità di adozione di determinate soluzioni).
SI TRATTA DI UN’INIZIATIVA ORIGINALE E INNOVATIVA O DI UNA STRADA GIA’ TENTATA?
In passato si sono tentati vari approcci. Parallelamente ai tavoli ministeriali, dove si è depositata ampia documentazione con proposte di articolato normativo, relazioni e quant’altro, si è utilizzato lo stesso identico approccio del “chiarimento per ragioni didattiche” con il Comando Generale. Quell’iniziativa portata avanti dalla FIPSAS mi vide personalmente in prima linea, e avendola vissuta in prima persona non posso giudicarla, ma posso affermare con certezza che il documento finale, pur non risolvendo tutti i problemi, ha avuto una sua utilità. Chiarendo, ad esempio, alcune questioni sull’obbligo di barcaiolo o su quelli di segnalazione, non ha impedito l’irrogazione di sanzioni, ma ha permesso di abbatterle agevolmente con scritti difensivi e ricorsi al Giudice di Pace. In seguito – nel 2010 – la FIPSAS si è rivolta direttamente a singoli uffici periferici (es: Cagliari e Oristano) con istanze mirate alla modifica di specifiche disposizioni ed in quel caso la risposta dell’autorità marittima è stata ineccepibile: mostrando sensibilità e disponibilità, le due capitanerie interpellate hanno accolto le richieste federali, modificando le norme con l’ordinanza dell’anno seguente. In questo caso, l’istanza non ha ad oggetto specifiche norme dell’ufficio periferico cui è indirizzata, ma problemi specifici che possono essere ridimensionati, se non risolti, con una maggiore attenzione da parte della locale autorità marittima. In questo senso l’iniziativa presenta elementi di originalità, e sarà interessante verificare se produrrà effetti e di che tipo alla prossima tornata di ordinanze di sicurezza balneare.
L’ANALISI DEI PROBLEMI E LE SOLUZIONI PROPOSTE SONO CORRETTE?
Assolutamente sì dal mio punto di vista: FIPIA si è sempre distinta per la serietà delle proprie iniziative. Il suo presidente Fulvio Calvenzi non è solo un sincero appassionato, ma una persona seria che vanta esperienza nei rapporti con le istituzioni e sa bene che la tutela dei diritti di categoria si gioca nel campo delle norme. Per quanto mi riguarda, tanto l’illustrazione delle questioni quanto, soprattutto, gli argomenti spesi a supporto delle proprie posizioni sono perfettamente congrue.
COSA POSSIAMO ATTENDERCI DA QUESTA INIZIATIVA?
In primo luogo, questa istanza ricorda alle CCPP che esistiamo e che ci sono dei problemi che ci riguardano, problemi che possono costare ben più di pesante quanto iniqua sanzione. Un sistema giuridico che si preoccupa della nostra saluta infliggendoci 1000 euro di multa se ci allontaniamo troppo dalla boa ma poi non sanziona in modo altrettanto severo chi rischia di ucciderci con la propria imprudenza (diportisti che non rispettano la distanza minima di navigazione dalla boa, pari a 100 mt) o ci spedisce senza ragione a distanze siderali dalla costa, dove l’incontro con l’elica di un’imbarcazione è più probabile, è un sistema malato che non fa piacere a nessuno. Ricordare a chi si occupa della sicurezza della navigazione che esiste un problema serio di tutela della vita e dell’incolumità dei cittadini è senz’altro cosa buona e giusta, a prescindere da ogni altra considerazione, incluse quelle in merito ai possibili “risultati” dell’iniziativa. In ogni caso, a mio giudizio è possibile che qualche ufficiale sensibile – e ce ne sono! – possa fare tesoro delle indicazioni fornite da FIPIA e magari approfondire le questioni e prevedere qualche piccola ma importante modifica nell’ordinanza di sicurezza balneare mirata ad introdurre elementi migliorativi nella disciplina giuridica della pesca in apnea… almeno nel proprio ambito di giurisdizione.
COSA OCCORRE PER UNA SOLUZIONE DEFINITIVA DEI PROBLEMI SEGNALATI?
Lo dicevo in apertura… e lo ripeto in chiusura: per risolvere i problemi in modo definitivo occorre un nuovo regolamento nazionale che accolga le proposte di modifica avanzate dalla categoria nel corso dell’ultimo decennio. Non basta un nuovo regolamento, insomma, occorre una modifica delle norme che vada ad eliminare alla radice i numerosi problemi generati dal vecchio apparato…. il rischio, invece, è che si arrivi ad un nuovo set di norme ugualmente imperfetto o persino peggiore di quello attuale…. che si manchi un’occasione importante per riportare un po’ di chiarezza e giustizia nella disciplina della pesca amatoriale e sportiva in apnea. L’augurio è che soggetti come FIPIA possano unirsi alle rappresentanze già presenti nelle stanze ministeriali ed offrire un contributo positivo alla soluzione dei problemi che attanagliano la nostra categoria: in bocca al lupo, FIPIA, ne abbiamo tutti bisogno.
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