Le Stagioni del Mare: la Primavera
Giovanni Mangano, catanese, è un biologo marino e si è laureato con una tesi sull’allevamento degli scienidi; da diversi anni collabora con i laboratori della Rete Biolab. Come pescatore in apnea ha alle spalle numerosi campionati di prima e seconda categoria.
Tutti noi appassionati pescatori che ci immergiamo con costanza durante l’intero arco dell’anno, sia cambiando spesso le zone di pesca sia frequentando sempre gli stessi luoghi, ci accorgiamo che tante cose variano durante l’alternarsi delle quattro stagioni. Chi poi mostra più attenzione all’ambiente che gli sta attorno e non si limita a convogliare tutte le proprie energie nell’azione di caccia, si rende certamente conto che molti organismi viventi, che popolano sia i fondali ma anche gli strati d’acqua che dal fondo arrivano alla superficie del mare, non sono sempre presenti e a volte luoghi che per lungo tempo sembrano deserti all’improvviso diventano piccoli paradisi carichi di vita .
Cerchiamo allora, in questo articolo, di capire cosa avviene sott’acqua durante lo scorrere dei dodici mesi e soprattutto cerchiamo di mettere in relazione fattori fisici e climatici con i comportamenti delle creature marine.
Come sulla terra ferma, anche sott’acqua la natura si risveglia in primavera (foto A. Balbi)
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La primavera è il periodo dell’anno più prolifico e corrisponde, cosi come nell’ambiente terrestre, ad una vera esplosione di forme di vita e di colori.
Questa stagione condiziona enormemente tutte le altre; infatti è proprio in questo periodo che si verificano i processi biochimici fondamentali per l’istaurarsi della catena alimentare e si formano le biomasse, che stabiliranno nei mesi successivi quanto cibo ci sarà a disposizione.
La temperatura dell’acqua è molto bassa, la più bassa di tutto l’anno; il calore accumulato durante l’estate è stato lentamente ceduto dal mare durante tutto l’autunno e l’inverno, inoltre le piogge invernali e il disgelo delle nevi che si verifica con l’innalzamento delle temperature nelle tiepide giornate primaverili contribuiscono ad un ulteriore raffreddamento di qualche grado.
Le acque dolci però apportano nuove sostanze nutrienti e la percentuale di ossigeno disciolto nell’acqua aumenta grazie ad alcuni fattori quali le basse temperature, il rimescolamento dovuto alle mareggiate invernali, che ne favoriscono l’assorbimento grazie all’aumento della superficie di contatto tra aria e mare, la produzione delle alghe che con i processi fotosintetici rinnovano le loro riserve di glucosio approfittando dell’allungamento delle giornate e quindi delle maggiori ore di luce.
Tutto questo scatena una corsa alla riproduzione di moltissimi organismi, primi fra tutti le alghe ma anche piccoli crostacei, molluschi e larve di pesci.
Le alghe sono tra i primi organismi che a svilupparsi (foto A. Balbi)
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Vi faccio un esempio tipico delle nostre coste catanesi costituite da agglomerati di roccia lavica sotto forma di enormi franate, di pareti e costoni; ebbene le ultime mareggiate autunnali strappano quasi tutto il substrato di alghe che ricopre il fondo così, per tutto l’inverno e buona parte, della primavera chi si immerge trova un paesaggio quasi lunare, in apparenza spoglio; basta però che si instaurino quei fenomeni tipici dell’ inizio primavera appena descritti che, nel corso di due settimane, quello che era spoglio diventa una piccola foresta in miniatura formata nei primi 15 metri da agglomerati di diverse specie di alghe brune.
Se poi ci si mette anche il vulcano con le sue esplosive scariche di cenere, ricche di composti azotati, che ricoprono la superficie degli scogli, la velocità di crescita aumenta notevolmente. Il ciclo vitale delle alghe prevede infatti che nel corso di pochi giorni, in primavera, si passi da una struttura costituita da poche cellule, quasi invisibile ad occhio nudo, che permette in inverno di resistere alle più forti mareggiate ad avere un tallo (corpo dell’alga) di diversi svariati centimetri grazie ad una veloce divisione di tipo mitotico.
La crescita delle alghe condiziona altre forme di vita, in primo luogo gli erbivori e poi i carnivori; ecco che la corsa per accaparrarsi il cibo condiziona anche la riproduzione delle specie.
Anche qui può essere utile un esempio pratico: alcune specie di cefalo si riproducono in inverno in questo modo gli avannotti potranno nutrirsi delle alghe appena formatesi in primavera; allo stesso tempo le spigole già cresciute potranno cacciare i piccoli cefali ben nutriti; a sua volta il barracuda, che si è riprodotto prima del cefalo e della spigola, può cacciare entrambe le specie aumentando così le sue possibilità di sopravvivere. In natura tutto è collegato, ogni specie dipende da altre, si forma così un equilibrio fragile dove la lotta per la sopravvivenza è la regola fondamentale.
Ci si chiede spesso se esistano dei periodi riproduttivi stabili per le nostre prede e se andiamo a cercare nei testi specializzati troveremo descritto con precisione quando si riproducono i saraghi, le corvine o altre specie; poi ci rechiamo in mare a pescare e ci capita di catturare dei pesci che, pur non essendo nel loro periodo riproduttivo ufficiale, sono carichi di uova o di sperma e allora rimaniamo perplessi.
Le salpe trovano nelle alghe il loro nutrimento (foto A. Balbi)
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Dopo averne discusso con ricercatori e pescatori professionisti e soprattutto dopo aver passato quasi trent’anni sott’acqua, ad osservare che cosa succede a questo nostro magico elemento, posso dire che sono tanti i fattori sulla base dei quali si fissano le regole che riguardano le creature viventi; molti di questi fattori rimangono ancora sconosciuti ma possono essere profondamente modificati anche dall’aumento della presenza dell’uomo che, con i suoi comportamenti, incide notevolmente sull’ambiente.
Una specie si riproduce quando si verificano una serie di eventi favorevoli durante la stagione riproduttiva quali le condizioni climatiche, fisiche, biologiche che, soprattutto in questi anni, sono state veramente diverse e mai prevedibili; ci devono essere un numero sufficiente di individui nel territorio, cosa non sempre possibile che soprattutto può variare da regione a regione, tenendo conto della grande estensione delle nostre coste e delle tante forme di prelievo moderno.
Anche il comportamento delle nostre prede può variare da stagione a stagione, tutti sanno che un pesce sorpreso durante l’atteggiamento riproduttivo o in frenesia alimentare sia più facile da avvicinare e catturare. Questo si verifica in primavera ad esempio per la corvina; in questo periodo è possibile scovare grandi branchi di corvine che veleggiano attorno alle franate, alle distese di posidonia o in vaste zone di grotto intente a riprodursi oppure, soprattutto ad inizio primavera, osservare tane con l’imboccatura stretta ma abbastanza ampie dentro e con un fondo di ghiaia, piene di grossi e corpulenti saraghi.
I carnivori cacciano gli avannotti delle specie che si sono appena riprodotte (foto A. Balbi)
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In entrambe le occasioni si tratterà di facili catture e solo la nostra coscienza e il nostro amore per il mare ci tratterrà dal fare vere e proprie stragi.
A metà primavera, invece, i saraghi che si sono da poco riprodotti inizieranno ad alimentarsi freneticamente in modo da recuperare le energie sprecate durante l’accoppiamento dei giorni precedenti; sarà così possibile ritrovarli, magari con un po’ di mare formato, ad alimentarsi su qualunque tipo di substrato intenti a sgranocchiare ricci, piccoli crostacei o molluschi.
In questo caso chi pratica la pesca all’agguato può divertirsi e nello stesso tempo avere la coscienza pulita perché la cattura fatta in questo periodo non avrà danneggiato la specie.
Il tardo inverno e l’inizio primavera sono i periodi peggiori per cercare di incontrare un altro pesce che tutti amiamo: la cernia. In questo periodo il serranide riduce il suo metabolismo e consuma le riserve di grasso che ha accumulato dopo la fine della sua stagione riproduttiva, che va da maggio a settembre; allora sarà difficile incontrarla in movimento o nella sua classica posizione in candela ma potremmo invece trovarla nascosta in tana anche in pochi metri d’acqua, sarà meno attenta e guardinga ma sempre difficile da catturare.
In primavera troveremo i saraghi intenti ad alimentarsi freneticamente (foto A. Balbi)
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Per i pelagici il discorso è un po’ diverso, considerato che si tratta di pesci che compiono grandi migrazioni nel corso dell’anno, che possono spostarsi su e giù per tutto il mediterraneo ma anche cambiare la batimetria di stazionamento a seconda della temperatura dell’acqua e delle prede di cui si cibano.
Sicuramente la tarda primavera ci farà incontrare tutte le specie di piccoli tonni quali palamite o alletterati, sgombri ma anche qualche enorme esemplare solitario di tonno rosso che verrà a turbare i nostri sogni durante i freddi ‘aspetti’ di questi periodi, magari mentre siamo nascosti in pochi metri d’acqua con un settantacinque con un asta da sei millimetri intenti a cacciare saraghi.
I tunnidi si riavvicinano al basso fondo perché in questo periodo vi è una forte presenza di mangianza, sia sui sommi delle secche che in tutti quei fondali dove le repentine risalite del fondale, complice anche una forte corrente, concentrano il nutrimento di cui la mangianza si ciba. Per le ricciole dovremo invece aspettare il riscaldamento dell’acqua di fine primavera inizio estate e molto dipende dalla regione in cui abitiamo.
La forte presenza di mangianza attira i pelagici verso il bassofondo (foto A. Balbi)
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Sembra infatti che esse passino l’inverno verso le coste africane e che poi risalgano il Mediterraneo, ripopolando tutte le regioni italiane con i primi tepori estivi; tuttavia, negli anni in cui l’inverno risulta essere molto mite (come accaduto in Sicilia nel 2006) le ricciole possono rimanere nel sottocosta e, per tutto l’inverno e la primavera successiva, possono essere avvistate e catturate.
Per il dentice si ritiene che la migrazione avvenga in maniera verticale, cioè che esso risalga in estate per nutrirsi e popolare i sommi delle secche per poi scendere in inverno a profondità più impegnative. Ci sono però anche delle belle eccezioni, sotto forma di grossi esemplari solitari, che possono essere avvistati in pochi metri d’acqua o anche piccoli branchi formati da esemplari di media taglia (3/4, chilogrammi) che continuano a cacciare anche in inverno e in primavera.
Essi si riproducono a metà primavera (anche se e nei mesi tra gennaio e febbraio in Sicilia non è raro catturare grossi esemplari con le uova) e, purtroppo, chi pesca di frodo con le bombole in questo periodo trova grandi branchi di grossi esemplari accovacciati di notte intorno ai 40 metri e ne fa strage.
In conclusione, se per noi pescatori subacquei che ci immergiamo nel periodo primaverile le condizioni atmosferiche non sono le migliori (acqua fredda e torbida) e ci costringono ad indossare mute di spessore indicibile per proteggerci dal freddo, consoliamoci pensando che in questo periodo nel mare si accende la vita e che, se ci mettiamo ad osservare quello che ci accade intorno, magari i nostri carnieri non saranno corposi ma nei nostri ricordi rimarranno sicuramente immagini meravigliose di piccoli organismi che in questo periodo popolano tutti gli spazi vitali che il mare può offrire e lottano per avere un posto nella stagione breve della loro vita.
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Category: Medicina e biologia, Pesca in Apnea