Le schede dei campioni: Nicola Riolo e i labridi
Le schede dei Campioni, raccolte e curate da Simone Belloni, affrontano il tema della cattura delle varie prede da una prospettiva del tutto particolare, quella delle gare. Pur fornendo indicazioni utili anche ai pescatori in apnea amatoriali, le schede sono dirette in particolare verso coloro che si dedicano all’agonismo o che, comunque, vogliono approfondire la loro conoscenza delle gare e delle tecniche vincenti adottate dai protagonisti del nostro sport. Diamo il via alla pubblicazione di questa serie di contributi iniziando dal cinque volte campione italiano Nicola Riolo, un atleta il cui palmares è davvero impressionante. Tema del suo contributo: il tordo, preda spesso snobbata dal pescatore amatoriale ma che può risultare determinante in gara, e la cui cattura è tutt’altro che scontata.
Dove cercarlo
Nicola Riolo con un carniere in cui figurano alcuni tordi
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Con il nuovo regolamento delle competizioni, anche i labridi hanno acquisito un’importante valenza tecnica, e spesso risultano fondamentali ai fini della classifica finale.
I tordi, spesso disprezzati (a torto) pure a tavola, in gara possono fare la differenza tra chi sa preparare e chi sa anche pescare. In realtà, per maggiore precisione, bisogna dire che il tordo è uno di quei pesci che si può anche “segnare” sul taccuino delle mire, ma soltanto in alcune zone ben precise.
Negli ultimi anni, da quando il regolamento ha subito modifiche, i carnieri miei e di molti altri compagni di gara nei Campionati Italiani ne sono stati pieni. Personalmente, ad esempio, ne ho totalizzati otto nell’ultimo assoluto di Siracusa e più o meno altrettanti in quello precedente di Calasetta. Credo che sia per questo che mi è stata richiesta la scheda sulla cattura dei Labridi.
I labridi importanti per l’agonista sono, sostanzialmente, il Tordo Verde (o Verdone), il Marvizzo (o Ciliegia) ed il Tordo Nero, tutti in grado, in media, di raggiungere e superare tranquillamente il chilogrammo di peso. C’è poi un quarto tipo di tordo, il Pavone (volgarmente Lappara o Laggione) che, però, supera raramente i 500 grammi.
Per arrivare alla cattura dei tordi è fondamentale individuare il loro habitat.
In questo particolare caso, per habitat deve intendersi tanto il tipo di fondale, quanto la sua batimetrica.
Nei mesi di Settembre e Ottobre, i piccoli labridi nati in Maggio pesano già 300/400 gr. e stazionano in poca acqua, solitamente nella batimetrica compresa fra i tre ed i dieci metri. Ottimi ai fini di un buon piazzamento in una gara selettiva, vanno cercati in quelle zone di roccia isolata tra alghe e sabbia che presentino dei piccoli fori (spesso passanti).
Inoltre, va ricordato che i tordi di dimensioni più consistenti (nella Sicilia occidentale ne ho pescati anche di 2,5 kg) vivono più in profondità, in zone prevalentemente coperte da posidonia, ma con la presenza di roccette forate piuttosto isolate tra loro, dove uno o più grossi labridi possono condividere lo stesso territorio.
Come insidiarli
I labridi possono risultare decisivi in una competizione
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La mattina presto, sia per il gioco di luce, sia per le loro abitudini e per il loro particolare mimetismo, i tordi risultano piuttosto difficili da individuare, e le catture sono decisamente rare. Incontri e catture si fanno più frequenti dopo le dieci o le undici di mattina, quando il sole è più alto. Inoltre, spesso appaiono dopo che abbiamo effettuato un primo tuffo sulla zona, soprattutto se abbiamo alzato un po’ di sospensione con le nostre pinne in movimento sul fondo. Per questo motivo, è necessario prestare sempre la massima attenzione al tuffo successivo, nel quale avremo la possibilità di individuare i tordi incuriositi dalla nostra presenza e “venuti allo scoperto” dopo la prima sommozzata.
Un altro accorgimento particolare per avvicinare a tiro utile un bel tordo, è quello di guadagnare terreno nei suoi confronti senza che se ne renda conto, se non quando ormai è troppo tardi. Ciò significa che non dovremmo puntarlo in maniera diretta e decisa, ma cercare di intuire o indovinare la sua probabile traiettoria di nuoto, la direzione che seguirà, per tagliargli dolcemente la strada ed anticiparlo nelle mosse prima che allunghi definitivamente il passo.
E’ un pesce che può apparire stupido… ma non lo è affatto, anzi: se gli facciamo intuire la pericolosità della nostra azione nei suoi confronti, diventa una cattura irrimediabilmente fallita! E’ un pesce sornione, ma questo non ci deve ingannare sulle sue reali capacità intellettive, di nuoto e di mimetismo. Una volta infilatosi nell’alga o dileguatosi in un anfratto, le nostre capacità di successo saranno veramente minime.
Attrezzatura
Senza voler sembrare di parte, credo che “a furor di popolo” l’attrezzatura simbolo per la pesca ai labridi (e non solo) sia la “fiocinetta”, cioè la famosa k4 Sdive brevettata, montata sulla sua apposita asta.
Mi ricordo che nei primi tempi in cui provavo tale soluzione, diventata in seguito un bel progetto, proprio i grossi labridi finivano per soccombere in buona quantità.
E’ efficacissima contro quei pesci che rimangono sempre sul tiro medio lungo, con la schiena rivolta al sub e con un nuoto ondeggiante (vedi appunto il tordo) perché si ha la gittata e la precisione di una tahitiana, ma con la superficie maggiore della fiocina.
Insomma, non lascia scampo alla preda!
L’arbalete adatto per la pesca dei labridi in gara è di misura compresa tra i 60 ed i 75 centimetri, con elastici morbidi da 16mm, progressivi e in puro lattice, nylon tra il 160 e i 200mm ed una buona asta da 6mm. A proposito dell’asta da 6mm: ora che la cernia non è più una preda valida, credo che l’asta da 6,5 mm in competizione non serva più; inoltre, con l’asta leggera, il pesce colpito che si dibatte riesce a fare meno leva, e si strappa con minor facilità.
Per maggior precisione, in collaborazione con la Demka e sotto la mia personale supervisione, la Sdive ha messo a punto un’eccezionale arma da razzolo specifica da 68cm, chiamata “68 extreme series”: leggera, proporzionata e dotata di un’asta k6 mm e fiocinetta k4 extreme di serie.
Una volta colpito, il tordo non ha una reazione molto violenta, ma se preso in pancia ha carni piuttosto molli, che si lacerano facilmente portando a strappare il pesce. Un tordo strappato, però, non è perso definitivamente ma, al contrario, è facile che cercando attorno lo si ritrovi morto sotto qualche pietra. Il mio consiglio è quello di mirare alla schiena se si inquadra dall’alto, oppure nei pressi delle branchie quando si inquadra di lato.
Aneddoti di gara
Raccontare quante gare sono state decise dai labridi è veramente impossibile. Una tra le più famose, importanti ed abbastanza recenti è l’Assoluto del 1992 di Cecina vinto da Zito, con una seconda frazione dominata a suon di grossi labridi (7 per la precisione). Ancora più a ritroso nel tempo, famoso fu il tordo strappato da Ripa durante un Mondiale, che gli costò il titolo per pochissimi punti. Lo colpì a fine gara, ma vedendo che un fotografo si avvicinava pronto ad immortalarlo, peccò bonariamente di vanità e non se la sentì di recuperarlo immediatamente. Pensando “Ma come, mi faccio fotografare con un tordo?”… lo lasciò sul fondo a sbattere. Quando il reporter s’allontanò, Ripa si immerse di nuovo per recuperare la preda, ma trovò la freccia desolatamente vuota e così… il suo titolo mondiale svanì!
Venendo alla mia personale esperienza, voglio raccontare un episodio che chiarisce quanto nella pesca dei labridi sia importante conoscere habitat e abitudini, e che fa comprendere l’importanza di queste prede in una competizione. Durante l’Assoluto 2002, precisamente nella 3° giornata a Calasetta, avevo trovato una zonetta in 27 metri d’acqua dove avevo individuato un punto interessante, in cui la presenza di labridi mi appariva probabile.
Per la verità, in preparazione avevo avvistato solo un paio di saraghi nella zona, ma ero sicuro che ci avrei potuto trovare dei tordi con il sole alto e determinate condizioni. In gara decisi di fare la partenza su un’altra zona, ma più tardi intuii che le condizioni di giornata potevano essere favorevoli per i tordi, e così mi spostai sulla zona, dove incontrai Antonini e Micalizzi che stavano abbandonando il posto.
Avevano visto poco movimento, e le poche catture riguardavano saraghi; a loro dire la zona era priva di vita. Io non mi demoralizzai, anzi, preparai il tuffo con calma impugnando un arbalete da 60 con fiocinetta e con lo scopo di far uscire i tordi.
Al primo tuffo feci un breve aspetto tra l’alga e la roccia, ed avvistai il primo labride, fiocinandolo senza problemi. Il secondo tordo lo presi in caduta, pressappoco nella zona dove avevo catturato il precedente (come dicevo prima… massima attenzione al secondo tuffo!). Successivamente, ne presi altri 3 tutt’attorno questa piccola porzione di fondale, ed in più fiocinai pure 2 saraghi da chilo ed uno da sei etti. Questo per rammentarvi che per catturare i labridi è molto importante capire il loro habitat e conoscere le loro abitudini. Un po’ come per tutti i pesci, bisogna studiarli per riuscire ad avere successo. Per concludere, possiamo dire che il tordo non laurea un sub, ma al giorno d’oggi, specie se è di buone dimensioni, è una preda di sicuro valore didattico, ed aiuta ad affinare certe tecniche indispensabili per avere successo in gara!
Nicola Riolo
P.S. Avete mai provato una brace di Tordi neri o un carpaccio di Marvizzo crudo? Buon appetito!
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