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Le perplessità sull’agonismo espresse dall’Arco Muto Anzio

Riceviamo e pubblichiamo questa lettera aperta diretta dal Presidente dell’Arco Muto di Anzio alla FIPSAS e, per conoscenza, a riviste e siti del settore.

Spett.le F.I.P.S.A.S
Presidente’ Matteoli
Presidente di Settore’ Azzali
Spett.le Rivista Pesca in Apnea
Spett.le Rivista Pesca Sub & Apnea
Spett.le Apnea Magazine
Spett. Bluworld
Spett. Società sportive

OGGETTO: Perplessità sull’agonismo.

Questa lettera, ha uno scopo costruttivo e propositivo e vuole portare a conoscenza di tutti gli interessati del settore agonistico Nazionale a partire dalle Società sportive fino ai responsabili Nazionali, le forti perplessità della Arco Muto Sub di Anzio a proposito di alcune normative che regolano l’attività agonistica. Aggiungiamo che ci sembra che il malumore non riguardi solo la nostra società ma sia generalizzato a molti altri sodalizi.

LE GARE A NUOTO

Queste competizioni che potrebbero rappresentare una interessante innovazione, vengono spesso organizzate in zone non idonee. Per raggiungere i luoghi di pesca necessari ad un ottimale svolgimento agonistico, bisogna percorrere molta distanza, affaticando così i concorrenti tanto da comprometterne anche la sicurezza. Immaginiamo un campo di gara consueto dove si pesca distante mezzo miglio dalla costa. Quanto possono arrivare affaticati i concorrenti?. È evidente che non si è portati ad allontanarsi di più se la zona non si considera valida. Come si può accettare di pinneggiare lentamente per gestire le energie, se non si trova il fondale adeguato? Ed allora non diventa stancante, poco stimolante ed anche pericoloso? Probabilmente si guadagna in semplicità organizzativa, si riducono le spese pro capite ma in realtà si rischia il declino dell’agonismo o perlomeno la trasformazione del nostro sport in gare di nuoto pinnato.
Il principio di gara è valido ma è tutto il contorno che lascia a desiderare e secondo noi si dovrebbe rivedere l’intera situazione.

LE PREDE

Non è così valido come è stato descritto il sistema di limitare le prede. Facciamo alcuni esempi:un atleta ha raggiunto il limite di saraghi pescabili, tutti pesci di circa 400 grammi l’uno e ad un tratto ha l’opportunità di prenderne uno da un chilo. Secondo il regolamento non dovrebbe spararlo. Bene (a parte le enunciazioni etiche che non costano fatica a nessuno), sfidiamo qualunque pescatore, per quanto onesto sia, a lasciarsi sfuggire l’occasione e conseguentemente tutto sfuma.
Ci sono campi di gara poi, dove è presente in massa solo una specie di preda. La differenza tra due atleti la può fare solo la capacità di sfruttare adeguatamente la zona, ma se è quasi impossibile trovare altre prede, probabilmente molti concorrenti raggiungeranno lo stesso punteggio e solo il più fortunato potrà superare tutti grazie ad una casuale preda diversa. Questo caso si ricollega alla validità del campo di gara che dovrebbe prevedere la presenza di specie diverse.

LA CERNIA

Questo pesce ha fatto sognare tutti fin dalle prime competizioni. All’improvviso non si può più prendere. Perché non limitarne peso e catture invece di cambiare radicalmente? Perché da tanto fastidio il solo parlare della cernia? Ci siamo fatti aggirare in tutti i modi ed oggi concediamo anche quel poco che ci resta?

LIMITE MASSIMO DI PARTECIPANTI AD OGNI SELETTIVA

È stato introdotto un limite massimo di partecipanti per ogni singola Società.Ai tanti ragazzi che fanno parte del nostro Circolo siamo costretti a dire che, quando saranno tra i cinque più bravi, potranno finalmente partecipare a qualche gara, ma intanto dovranno continuare a pagare il tesserino agonistico ed avere pazienza. I giovani li vediamo arrivare ed andare via mentre prima si fermavano con le loro poche speranze.
Quella speranza che può alleviare la fatica di ogni agonista, quella speranza che ti fa raggiungere la fine di una gara perché confidi nell’occasione di catturare una bella preda o di trovare una bella tana. Quella speranza di gareggiare a fianco dei migliori e proprio quell’occasione ti lascia la speranza che il sogno si avveri.

REGOLAMENTI

Non è un caso a nostro avviso che proprio in questo ultimo periodo si siano verificati episodi inquietanti come imbrogli agonistici. Cambiamenti sostanziali con scarsa gestione, hanno stimolato la confusione e chi ne subisce le conseguenze è sempre l’atleta serio e preparato che si aspetta competizioni di alto livello che in realtà invece scadono sempre più spesso in una pericolosa perdita di fiducia. Quando ci sono troppe forzature il settore si ribella in diverse direzioni e ne pagano le conseguenze tutti gli agonisti.

LA VOGLIA DI GAREGGIARE

La conseguenza di una serie di operazioni non hanno quasi mai tenuto conto degli stimoli agonistici, hanno messo in forse la volontà dell’agonista e hanno prodotto una certa debacle da parte di tanti fedelissimi. Fatto grave a nostro avviso perché i fedelissimi sono sempre stati coloro che hanno lavorato nell’ombra in questa categoria. Senza di loro l’agonismo ha vita breve e poca credibilità. Lamentiamo una scarsa considerazione a partire dalle gare minori poco seguite, fino alle gare maggiori dove spesso ci si riduce in luoghi sempre più nascosti con organizzazioni e premiazioni inesistenti. È importante investire anche in questi termini per ottenere una crescita di livello che porti maggiori stimoli a chi lavora, spende soldi e tempo nell’agonismo.

UN SOLO FUCILE

La nuova regola di gareggiare a coppie o a squadre con un solo fucile segue dei principi rispettabili ma che vanno contro l’istinto di un pescatore che si differenzia dall’altro proprio per la capacità di seguire un suo percorso intuitivo, di guardare anche una tana diversa da quella che sceglie il compagno. In realtà non ci sembra nemmeno così rivoluzionaria a livello di sicurezza e pertanto ci chiediamo se non sia meglio rinunciare a qualcosa di concreto che ostacola lo spirito agonistico in cambio di un presunto miglioramento. Forse una distanza minima tra i concorrenti, da rispettare con una sola boa, avrebbe salvaguardato entrambi gli obiettivi: sicurezza e possibilità di esprimersi ad ogni concorrente.

Tutte queste scelte che non condividiamo, secondo noi fanno male a quello che è il nostro sport, la nostra prima passione. Siamo consapevoli degli obiettivi che hanno suggerito le modifiche, ma bisogna prendere atto che questa non è la strada migliore anche se probabilmente ci sarà qualcuno che dirà il contrario.
Tante Società affiliate, tra cui anche la mostra, fanno enormi sacrifici, spesso poco considerati, diventando oggetto di critiche quando disertano gli appuntamenti importanti, come ad esempio il Campionato Italiano a Squadre 2003. Un Campionato con solo circa 15 società partecipanti, delle quali la maggior parte locali contro le 70 abituali degli anni precedenti. Questo, dovrebbe essere un campanello d’allarme da non sottovalutare.
Come si spiega che per anni il Campionato per Società ha visto sempre una media di 70 squadre partecipanti e solo con le innovazioni si è ristretto ad un numero così limitato?
Ogni volta che abbiamo provato ad esporre le nostre considerazioni, qualcuno ci ha fermato con insistenza tirando fuori pareri contrari alquanto discutibili non sempre condivisi anche tra gli stessi responsabili di settore. Ed allora ci viene da credere che forse non ci sia una volontà omogenea a livello nazionale. Non ci basta sentirci rispondere che noi agonisti siamo sempre polemici e creiamo solo problemi. Di contro altre volte veniamo accusati addirittura di scarso interesse. Allora siamo utili o negativi? Bisogna esprimersi o stare solo zitti?
Ad esempio saremmo curiosi di sapere con esattezza come è stato gestito il questionario (circolare n.89 del 2001 in merito alla valutazione dell’agonismo) di cui spesso si fa riferimento quando si cita la volontà degli agonisti.
Parlando con decine e decine di agonisti non abbiamo ancora conosciuto qualcuno che lo abbia compilato ed allora viene spontaneo chiedersi: ma era rivolto agli agonisti oppure a chi? Chi lo ha compilato? E poi come è stato gestito?
Dopo anni spesi a gareggiare in tutta Italia sottraendo tempo al lavoro ed alla famiglia, maturando esperienze, ci possiamo ritenere agonisti importanti? Oppure dobbiamo farci da parte?
Abbiamo deciso di scrivere questa lettera aperta perché siamo stufi di sentire lamentele dietro ogni angolo, ad ogni competizione, ad ogni ritrovo, di piangerci addosso perché nessuno ha il coraggio di esprimersi pubblicamente. Con questo sfogo vogliamo dimostrare il nostro attaccamento anche se rischiamo di essere criticati.
Vorremmo che le Società fossero prese di più in considerazione anche nell’ambito delle valutazioni.
Nella speranza che quanto sopra venga interpretato costruttivamente, porgiamo distinti saluti.

Il Presidente
Enrico Volpicelli

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