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Le nuove regole: qualcosa sta cambiando

| 27 Febbraio 2004 | 0 Comments

Nel numero 13 di Pesca in Apnea si trova questo articolo, che pubblichiamo in contemporanea grazie alla gentile concessione de La Cuba Edizioni. Si tratta di un articolo importante, che rende conto del lavoro svolto da un gruppo di lavoro di cui anche Apnea Magazine si onora di far parte.
Fedele alla tradizione dell’operoso silenzio mirato all’ottenimento di vantaggi concreti per la categoria, AM è lieta di poter dare un contributo concreto alla battaglia per una maggiore tutela del pescatore in apnea.


L’aria di diffidenza che da sempre circonda i pescatori in apnea si sta lentamente smorzando. Non del tutto, pero’. Facciamo un piccolo esempio? Sul sito ufficiale di un grande organismo ambientalista, parlando della pesca sportiva e dei danni che procura, si legge testualmente: “… In Italia ci sono circa due milioni di pescatori sportivi, soprattutto pescatori subacquei,
e i controlli sono insufficienti…”. In altre parole, si dichiara che i pescatori in apnea sarebbero nel nostro paese almeno piu’ di un milione. Basta una notizia del genere, assolutamente falsa, per sollevare passioni ambientaliste e condannare i supposti responsabili, anche se tutti sappiamo che il numero dei praticanti quest’attivita’ non raggiunge neppure un decimo di quello dichiarato. Si parte da queste inesattezze per arrivare ai pregiudizi e agli ostracismi. Per fortuna, non e’ tutto qui. Quando si entra nell’area della ricerca vera, le cose tendono a prendere un aspetto piu’ serio e credibile.
Le sofferenze del mare, come si sa negli ambienti qualificati, sono da attribuire in primo luogo al cambiamento climatico e all’inquinamento chimico e subito dopo ad alcuni sistemi di pesca industriale che con quella in apnea non hanno nulla a che fare.
Dicevamo che comunque, lentamente, le cose vanno cambiando. E’ vero. Allo scopo di dare maggiore attualita’ alla normativa che regola la pesca sportiva (e, dunque, anche la pesca in apnea, che di quella sportiva fa parte), per una conseguente modifica del regolamento di esecuzione, la Direzione Generale della Pesca (una delle direzioni del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali) ha convocato un gruppo di lavoro composto da esperti del Ministero e da esterni. In questa sede abbiamo presentato un documento che di seguito pubblichiamo per sintesi.
Il documento vuole essere una traccia perche’ non si continuino a commettere errori di valutazione e a procurare, dunque, disagi operativi.
La sintesi che proponiamo e’ esaustiva, ma sarebbe insufficiente se non fosse completata dalle dichiarazioni del professor Alberto Azzali, presidente del settore subacqueo della Fipsas, che e’ stato uno dei partecipanti al gruppo di lavoro, di Marco Bardi, ex atleta nazionale e team manager, del professor Francesco Cinelli, ordinario di Ecologia all’Universita’ di Pisa, di GiorgioVolpe, responsabile della rivista elettronica Apnea Magazine, e del comandante PietroVerna, del Comando Generale delle Capitanerie di Porto. Ma l’intervista che piu’ ci preme sottoporre all’attenzione dei nostri lettori e di tutti coloro che sono interessati all’argomento e’ quella al dottor Attilio Tripodi, che e’ il direttore generale per la Pesca e Acquacoltura, nella sostanza il nostro piu’ diretto interlocutore.
Ecco dunque, di seguito, i passi piu’ importanti del nostro documento e le interviste raccolte sugli argomenti trattati.

PREMESSA

Una revisione della normativa vigente non puo’ prescindere da un chiarimento di fondo: il “cacciatore subacqueo”, razziatore dei fondali marini di giorno come di notte, con o senza apparecchi ausiliari di respirazione, ossia il soggetto che ha ispirato la disciplina contenuta nella Legge 963/65 e nel relativo Regolamento d’esecuzione approvato con Dpr 1639/68, non esiste piu’. Non solo e non tanto le modificazioni e integrazioni del corpus normativo, ma soprattutto un mutamento delle coscienze, hanno determinato la scomparsa di questo personaggio, rimpiazzato, nel tempo, dal pescatore sportivo in apnea.
Alla nuova cultura ambientalista aderiscono la gran parte degli appassionati e segnatamente tutti i giovani, mentre quei pochi che non hanno assimilato questo concetto sono isolati e considerati fuorilegge, come veri bracconieri.

IL PESCATORE IN APNEA E’ UN PESCATORE SPORTIVO?

E’ importante sottolineare come la pesca in apnea sia una delle tante forme di pesca sportiva, con le sue peculiarita’, ma con le medesime finalita’ e strutture culturali. Solo cosi’ si puo’ evitare l’equivoco che la vorrebbe un pericolo per l’ambiente e che e’ alla base delle discriminazioni fra i vari sistemi di pesca non professionale.
Tale principio, gia’ contenuto nel Regolamento, deve essere espresso in modo ancora piu’ chiaro, per evitare che diventi oggetto di interpretazioni errate, come accade ormai con regolarita’ nei decreti istitutivi delle Amp, in cui la pesca subacquea risulta contrapposta a quella sportiva e, per tale motivo, pesantemente penalizzata.

CENSIMENTO

Un approfondimento del tema “censimento” (da prendere in considerazione, ove una misura del genere fosse prevista per tutta la pesca sportiva e, dunque, anche per quella di superficie) ci fa riflettere su molti punti, che rendono comunque complesso il portare avanti questa materia. Ecco gli elementi piu’ delicati e, a seguire, le soluzioni possibili:
1) esiste un rischio “burocratizzazione” che in un’attivita’ ludico-ricreativa porterebbe a una disaffezione dell’utenza.
2) Il costo del documento dovra’ essere bassissimo. La pesca in apnea ha bisogno di un’urgente trasfusione di sangue giovane, perche’ il turnover, in questi ultimi anni, si e’ rallentato. La difficile situazione dei consumi in generale e di quelli per il tempo libero in particolare influiscono soprattutto sui giovani, che hanno difficolta’ nel destinare risorse alla attivita’ sportiva.
3) Ovviamente, per consentire il controllo, il pescatore in apnea, durante la sua attivita’ (questo vale in particolare quando la partenza avviene da terra), dovra’ portare con se’ il documento di appartenenza. Questo certamente creera’ problemi pratici forse non irrisolvibili, ma che renderanno piuttosto macchinose le procedure.
4) Ci sono delle oggettive difficolta’ per porre in opera la distribuzione del materiale necessario per il censimento (modulistica da riempire, spedizione della stessa agli organismi centrali, catalogazione ecc.), che ovviamente dovra’ essere supportata da Capitanerie di Porto, Uffici e Circoli Fipsas, negozi di attrezzature subacquee e nautiche, riviste di settore, siti on-line ecc.
5) Il controllo da parte delle forze dell’ordine sara’ un aggravio della loro attivita’ e rischia di ottenere un risultato talmente modesto da vanificare l’operazione.
6) Sara’ fondamentale, per dare credibilita’ all’operazione, fornire la garanzia che i fondi raccolti, per quanto si possa trattare di piccole cifre, siano destinati a qualcosa di positivo che interessi la categoria dei pescatori in apnea.
Per ovviare a questi pericoli, la nuova normativa dovra’ essere:

SEMPLICE

Documento rilasciato a vista da un ente, da un esercizio commerciale o da altri (vedi il punto 4), su autocertificazione dell’avvenuto pagamento presso un ufficio postale. La ricevuta dell’avvenuto pagamento dovra’ essere allegata al documento frutto dell’autocertificazione ed esibita a richiesta dell’autorita’ di controllo.

ECONOMICO

A evitare “fughe”, il costo non deve superare i 2 euro per anno, per i primi tre anni, con un pagamento unico di 6 euro presso l’ufficio postale o attraverso altre formulazioni, e dunque con validita’ triennale.

FLESSIBILE

Per il primo anno le forze dell’ordine, in presenza di inadempienze, non erogheranno sanzioni, ma trascriveranno soltanto le generalita’ degli inadempienti per un rilievo statistico.

AREE MARINE PROTETTE

In queste aree vengono identificate zone caratterizzate da un diverso grado di tutela: la A, la B e la C.
Di fatto, le Amp stanno occupando tutta la costa dove e’ possibile praticare la pesca in apnea. Anche se anomala (in Francia, ad esempio, segnatamente in Corsica, le aree protette sono limitate e di ampiezza molto ridotta rispetto a quelle italiane), questa realta’ potrebbe essere accettata se la pesca in apnea venisse equiparata alla pesca sportiva in genere o se, comunque, fosse regolamentata e non semplicemente proibita, come accade oggi. Anche nella zona di riserva generale, la pesca in apnea e’ spesso l’unica forma di pesca proibita, una situazione incomprensibile alla luce dell’attuale normativa e delle acquisizioni scientifiche di cui si dispone. In linea di massima, dove e’ consentita la pesca di superficie deve essere permessa anche la pesca in apnea, che, a differenza di tutte le altre forme di pesca, permette una selezione preventiva delle prede e che, quindi, si presta a una regolamentazione anche molto articolata.

LA BOA

Appare necessario rivedere la normativa relativa agli obblighi di segnalazione del subacqueo, allo scopo di migliorare la sua sicurezza. In particolare, sarebbe indispensabile fra l’altro:

– individuare le caratteristiche tecniche della boa regolamentare (dimensione bandiera, altezza dell’asticella che la sorregge) e svincolare la sua regolarita’ dal parametro della visibilita’ in concreto (art. 130 del Dpr 1639/68);

– prevedere una congrua distanza di rispetto per le imbarcazioni a motore o a vela attraverso una norma che:
a) imponga al conducente di tenersi ad almeno 100 metri di distanza dal galleggiante o dal mezzo nautico sul quale si trova la bandiera segnasub;
b) imponga al conducente di arrestare il mezzo e – in caso di imbarcazione a motore – di disinserire la marcia nel caso si accorga di trovarsi a meno di 100 metri dal segnale, per ripartire solo dopo aver individuato il sub;
c) imponga l’affissione di richiami alle norma di condotta presso tutti i punti di noleggio di natanti e imbarcazioni;
d) preveda sanzioni adeguate per i conducenti di imbarcazioni che non rispettano la distanza minima dal segnale.

LE DISTANZE

Tutte le distanze vanno rivisitate, perche’ alcune sono palesemente esagerate o errate: la distanza da riva, quantificata in 500 metri, e’ assolutamente incongrua, ne basterebbero al massimo 200; la portata del fucile subacqueo e’ inferiore a 10 metri in immersione e di circa 30-40 metri in superficie, anche se si deve considerare che la freccia resta collegata al fucile da una sagola/nylon, in grado di arrestarne la corsa molto prima.

LE MISURE

Appare opportuno ridefinire le misure minime delle prede (per tutti i pescatori, non solo per quelli in apnea) e valutare l’introduzione di eventuali fermi biologici per particolari aree, specie e condizioni. Un buon esempio, per le misure minime, e’ quello della Regione Sardegna.

LE SANZIONI

Appare necessario modulare le sanzioni amministrative pecuniarie, commisurandone l’entita’ al reale danno apportato e alla gravita’ dell’inadempienza. Punire chi non si segnala adeguatamente, mettendo a repentaglio la propria incolumita’, o chi si allontana eccessivamente dalla bandiera di segnalazione al pari di chi pesca di notte con le bombole e’ sbagliato.

IL PESCATORE IN APNEA DIFENDE L’AMBIENTE

Proprio in virtu’ del nuovo profilo del pescatore in apnea, c’e’ una reale disponibilita’ di questo soggetto a collaborare con le istituzioni per difendere l’ambiente mare e rendersi utile con entusiasmo volontaristico. Ecco i campi dove questo prezioso apporto potrebbe essere esercitato: prelievo campionature per istituti scientifici, monitoraggio biologico, salvataggio animali da proteggere, denuncia di azioni di pesca non consentita, denuncia di scarichi abusivi, denuncia di irregolarita’ commesse da natanti ecc.

INTERVISTE

PROF. FRANCESCO CINELLI
ORDINARIO DI ECOLOGIA ALL’UNIVERSITA’ DI PISA

Professor Cinelli, in veste di subacqueo e di biologo marino, ritiene che l’attuale normativa che regola la pesca in apnea sia in linea con le esigenze di protezione ambientale?

Direi di no, ne’ dal punto di vista del subacqueo ne’ da quello del biologo. Ci sono delle incongruenze che dovrebbero e potrebbero essere modificate. Personalmente sono sempre stato convinto, anche da ricerche fatte in passato, che la pesca in apnea, che e’ una forma di prelievo molto selezionante, non arrechi nessun particolare danno agli stock ittici, se non per particolari specie che possono comunque essere regolamentate. Sul tema della sicurezza, da subacqueo, potrei anche fare una riflessione sulla distanza dalla costa imposta dalla normativa, perche’ i 500 m oggi previsti espongono il pescatore in apnea a dei gravi rischi senza nessun particolare vantaggio in ritorno.

Come giudica il limite del pescato (5 kg, salvo un esemplare singolo di peso superiore) imposto dalla legge?

Non mi sembra molto adeguato. Credo che, nel rispetto delle taglie minime, quelle che assicurano al pesce la possibilita’ di riprodursi almeno una volta o eventuali specie temporaneamente soggette a misure di protezione, non ci dovrebbe essere un limite di peso. Eventualmente, mi sembrerebbe piu’ logico porre un limite al numero degli esemplari catturati.

DOTT. ATTILIO TRIPODI
DIRETTORE GENERALE PER LA PESCA E L’ACQUACOLTURA

Approfittando della cortesia del dottor Tripodi, direttore generale per la Pesca e l’Acquacoltura, abbiamo voluto approfondire, nel corso di un’intervista, l’atteggiamento di disponibilita’ con cui il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali si pone nei confronti della pesca in apnea limitatamente all’area amatoriale.

Dottor Tripodi, nel corso delle varie riunioni del gruppo di lavoro sulla pesca sportiva cui abbiamo partecipato, sono state proposte alcune modifiche all’attuale normativa: ci puo’ dire se sono state accolte?

Tutte le proposte elaborate dal gruppo di lavoro sono state attentamente vagliate, e abbiamo preso positivamente atto dei punti di maggiori rilevanza. Questa Direzione si trova d’accordo, ad esempio, sui limiti di distanza dalla costa e sulla richiesta di portare questo limite dagli attuali 500 m ai 200, che vige nella maggior parte dei paesi comunitari.
Anche per quanto riguarda l’accessibilita’ a zone attualmente interdette alla pratica della pesca in apnea, sono in linea di massima d’accordo su una possibile compatibilita’, sia per quanto riguarda le aree marine protette che per le zone di allevamento dei mitili, ma bisogna tener conto che, in questo caso, le competenze sono diverse e diversificate. Per quanto riguarda le aree, al di la’ delle linee di tutela ambientale tracciate dal Ministero competente, appunto quello dell’Ambiente, ogni singola area protetta ha poi una sua autonomia di gestione, in forza della quale puo’ ammettere o negare queste attivita’.
In tema di autorizzazioni e normative locali, un altro problema spinoso e’ quello delle ordinanze locali, spesso difficilmente percepite dall’utenza sportiva.
Tutte le attivita’ che si svolgono lungo la costa, e quindi in aree demaniali, sono affidate alla gestione delle Capitanerie di Porto, le cui ordinanze rispecchiano l’indirizzo dell’autorita’ centrale. La pubblicizzazione delle ordinanze dovrebbe consentire in linea di massima un’informazione accessibile e completa da parte dell’utenza, anche se in qualche localita’, soprattutto nel periodo estivo, puo’ accadere che qualcosa sfugga alla pubblica attenzione. Credo tuttavia che chi si appresta a praticare attivita’ in mare, come ad esempio la pesca in apnea, dovrebbe preventivamente informarsi su eventuali normative locali. Volendo dare un suggerimento, spingerei la ricerca d’informazione attraverso quell’eccezionale strumento di comunicazione che e’ internet.
La funzionalita’ di internet e’ purtroppo valida solo in parte, poiche’ in casi come questo l’attendibilita’ della rete e’ legata all’attualita’ del sito, e non sempre i siti riportano le date di aggiornamento di quanto scrivono. In questi casi l’utente potrebbe addirittura essere fuorviato.
Sottolineando ancora una volta che la Direzione per la Pesca non ha competenze nel campo delle ordinanze di cui parliamo, posso pero’ dire che il nostro sito e’ comunque un’ottima fonte d’informazione, cosi’ come quello del Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture, da cui dipendono funzionalmente le capitanerie di Porto. Le sinergie fra i due ministeri sono molto attive, in quanto le Capitanerie sono comunque chiamate a svolgere un ruolo di controllo sulle attivita’ della pesca, sia professionale che sportiva.

Al fine di evitare all’utenza fastidi e difficolta’, e’ stata piu’ volte chiesta, ma senza molti risultati, la possibilita’ che il controllo in mare fosse affidato unicamente alle Capitanerie di Porto. C’e’ qualche novita’ in merito?

La Capitaneria di Porto, o Guardia Costiera che dir si voglia, e’ la principale istituzione delegata dall’Amministrazione Centrale ai controlli di cui parliamo. Questo pero’ non vuol dire che altri corpi di polizia marittima non possano effettuare dei controlli casuali, anche se sappiamo che piu’ volte si e’ cercato di risolvere questo problema per evitare a chi va in mare situazioni spiacevoli e inutili sovrapposizioni.

Fra le proposte suggerite dal gruppo di lavoro, c’era anche quella di riequilibrare le sanzioni attualmente vigenti, che, per quanto riguarda il pescatore in apnea, raggiungono spesso cifre iperboliche. Un classico sono le multe salatissime, magari per un pallone privo della richiesta bandierina di segnalazione. A questo proposito, un’altra nostra richiesta riguardava proprio le boe di segnalazione del pescatore in apnea, che sarebbe il caso di omologare secondo i piu’ logici criteri di funzionalita’ e avvistabilita’. Possiamo ritenere che questo suggerimento sia stato recepito?

Non solo e’ stato positivamente recepito, ma la Direzione per la Pesca e l’Acquacoltura ritiene che debba essere proprio la parte interessata, e i suoi rappresentanti, ovvero i pescatori in apnea, a proporre i parametri di omologazione delle boe, in modo da arrivare a un risultato sicuramente soddisfacente per entrambe le parti.

Cosa dobbiamo aspettarci per quanto riguarda l’istituzione di un censimento e di un documento di appartenenza, naturalmente per tutti i pescatori sportivi e non solo per quelli in apnea, di cui si e’ parlato per anni nei vari piani triennali?

Per questa Direzione la licenza, che possiamo piu’ realisticamente chiamare tesserino, nonostante quanto sia stato detto in merito, ha unicamente scopo statistico, ovvero quello di arrivare a poter quantizzare, almeno in modo approssimativo, l’impatto ambientale della pesca sportiva e dunque della pesca in apnea, che di quella sportiva fa parte.
Non vogliamo, in altre parole, togliere alcuna liberta’ al pescatore in apnea, ne’ sottoporlo ad alcuna vessazione economica, ma crediamo opportuno richiamarlo al rispetto di certe regole e di quell’etica che dovrebbe appartenergli per lo spirito stesso del suo sport.
Vorrei far notare che, prendendo spunto da quanto suggerito dal gruppo di lavoro, l’acquisizione del tesserino sara’ improntata alla massima semplicita’ burocratica e a un impegno economico assolutamente minimo. Stiamo studiando l’ipotesi di consentirne l’acquisto senza alcuna formalita’ anche dal tabaccaio o nel negozio di attrezzature per la pesca.

Dottor Tripodi, lei sta parlando di quella che per anni e’ stata solo un’ipotesi come fosse un fatto acquisito: dobbiamo intendere che il tesserino, termine che mi sembra oggi piu’ appropriato, sia stato definitivamente approvato e quindi di prossima istituzione?

Sappiamo perfettamente che questo censimento risponde a precise richieste comunitarie. Pur essendo quindi un provvedimento rimasto in sospeso per tanti anni, e’ oggi opportuno renderlo operativo. Poiche’ personalmente amo fare le cose, e non solo parlarne, possiamo allora considerare l’istituzione del tesserino un provvedimento certo e di prossima attuazione.
Verra’ quindi inserito nel prossimo piano triennale in fase di elaborazione?
Il piano triennale, che per il 2004 sara’ semplicemente un piano annuale, prevedera’ la normazione della pesca sportiva. I risultati dell’impegno del gruppo di lavoro Pesca Sportiva sono stati eccellenti e consentono di procedere rapidamente nei termini e nelle modalita’ concordate. Il sottosegretario on. Paolo Scarpa Bonazza, che ha la delega per la pesca, ha seguito con particolare attenzione i lavori della commissione, allo scopo di consentire che i problemi posti fossero risolti con gli strumenti piu’ idonei a raggiungere gli obiettivi.

Crediamo doveroso fare una riflessione su quello che chiamerei il possibile “effetto boomerang” del tesserino. Nel senso che per un certo tipico atteggiamento “made in Italy”, e per la scarsita’ dei controlli, c’e’ il rischio che il previsto censimento resti fortemente incompleto. A quel punto avremmo fatto un’operazione inutile dal punto di vista finalizzato a determinare l’impatto ambientale della pesca sportiva, e non avremmo aiutato il settore a dimostrare la sua forza numerica. Non crede che per l’attuazione del provvedimento sarebbe utile disporre di un tempo-cuscinetto durante cui preparare con la dovuta informazione l’utenza, facendo comprendere l’utilita’ di un simile provvedimento?

Sono d’accordo, ma questa e’ un’altra situazione in cui la collaborazione fra istituzioni e utenza puo’ essere determinante. Tengo ancora una volta a sottolineare che questa Direzione non vuole assolutamente fare nulla che non sia espressamente condiviso dai diretti interessati, perche’ lo scopo dev’essere comune, e dev’essere quello di tornare ad avere un mare in cui sia possibile pescare con soddisfazione.

Siamo sicuramente d’accordo sulla necessita’ di frenare l’attivita’ illegale della pesca di frodo, qualunque sia la tecnica con cui viene effettuata, ma come si puo’ fare?

Questo e’ un problema su cui ancora una volta la sinergia fra istituzioni e utenza puo’ dare ottimi risultati, e saremmo quindi ben lieti di accogliere suggerimenti su eventuali iniziative che possano essere portate avanti insieme e nel reciproco interesse.
Una delle prime iniziative potrebbe essere la definizione di un documento che, in base a una ricerca seria e attendibile, possa definire il vero impatto ambientale della pesca sportiva. Si tratterebbe di un’iniziativa in cui il contributo della stessa utenza, se ben motivato, potrebbe portare un forte contributo.
Sarei piu’ che favorevole a iniziative del genere, perche’ credo sia importante che il pescatore sportivo comprenda come la definizione di certi aspetti della sua attivita’ sia solo e unicamente in suo favore. E’ insieme che dobbiamo muoverci per difendere il mare, nel rispetto di quei principi sulla pesca responsabile gia’ tracciati dalla Fao per la pesca professionale, di cui a maggior ragione dovrebbero farsi interpreti i pescatori sportivi.

Bene, appronteremo con l’equipe di esperti che ha finora con noi collaborato un progetto che suggerisca comportamenti positivi a tutta la fascia dei pescatori in apnea dell’area amatoriale. Questo progetto servira’ come base di confronto con la Direzione Generale per la Pesca e con tutti gli organismi che vorranno partecipare a questo programma. Poi, ma con la massima rapidita’, passeremo alla messa in opera e speriamo che la sua Direzione voglia darci una mano. Possiamo contarci?

Certamente. Buon lavoro.

COM.TE PIETRO VERNA
COMANDO GENERALE DELLE CAPITANERIE DI PORTO

Come autorita’ delegate ai controlli sulle attivita’ in mare, fra cui la pesca in apnea, ritiene che le Capitanerie di Porto siano soddisfatte dell’attuale normativa?

Non e’ certo nostro compito intervenire su questo argomento, ma qualcosa mi sento di dire. Ad esempio, sulla sensibilizzazione da parte dei pescatori sportivi a osservare certe norme etiche, in primis il rispetto sulle specie protette e sottomisura. Non tutti sanno, ad esempio, che pescare un esemplare sottomisura, faccio il caso di una cernia al di sotto dei 45 cm di lunghezza previsti dalla legge, puo’ portare a una denuncia penale.

In questo caso la legislazione e’ unica per pescatori professionisti e sportivi, e forse si potrebbe intervenire per operare un distinguo.
A questo proposito, non trova che ci sia una certa disparita’ di sanzioni fra il pescatore il cui pallone e’ privo di bandierina e, diciamo, il diportista che sfreccia a pochi metri dalla sua testa?

La circolare emanata da questo comando lo scorso luglio prevede un sanzionamento comune a qualunque trasgressione delle norme riguardanti la pesca sportiva, sanzione diversa in proporzione alla gravita’ dell’infrazione e la recidivita’ del soggetto. Vorrei pero’ aggiungere, nel caso del diportista che crei una situazione di pericolo per il subacqueo, che il suo comportamento potrebbe uscire dal codice della navigazione o dalla legge sulla pesca sportiva ed essere soggetto a denuncia penale.

MARCO BARDI
EX ATLETA NAZIONALE, TEAM MANAGER

Quali punti dell’attuale normativa ritieni piu’ urgente modificare, ed eventualmente come?

Un punto molto importante e’ sicuramente quello della boa. Apprezzo gli sforzi del Comando Generale delle Capitanerie che hanno portato il limite di rispetto a 100 m, ma di fatto non si e’ ottenuto granche’. Secondo me, bisognerebbe prima di tutto porre rimedio alla fonte, ad esempio inserendo come argomento, nell’esame per la patente nautica, il rispetto di certe distanze: dalla boa di un sub, dal segnale di una rete, dalle coste e cosi’ via.

Ritieni che un tesserino di appartenenza, qualora fosse attuato, possa portare qualcosa di utile al pescatore in apnea, o sei negativo sull’argomento?

Sono favorevole come principio, ma ho forti perplessita’ che si trasformi in uno strumento peggiorativo. Tutto dipende da come verra’ gestito. Se sara’ necessario fare il tesserino non mi opporro’, ma spero che sia istituito specialmente per maturare le persone e non per complicare la gia’ ingarbugliata situazione. In pratica, spero sia strategico e non un ulteriore fardello.

Marco, tu che sei un cultore dell’etica sportiva, cosa suggeriresti per sviluppare una “cultura” della pesca in apnea che possa portare a una pratica esente da critiche?

Fondamentalmente, credo che occorra una cultura educativa di base. Oggi io, domani un altro, piu’ predichiamo l’etica e piu’ si accresce la sensibilita’.

GIORGIO VOLPE
RESPONSABILE DELLA RIVISTA ELETTROICA APNEA MAGAZINE

Cosa pensi dell’attuale normativa che regola la pesca in apnea?

E’ inutile sottolineare la necessita’ di un riordino delle norme in materia di pesca in apnea, perche’ negli ultimi trent’anni tutta la categoria ha pagato lo scotto della loro nebulosita’ e dello scarso coordinamento fra le singole disposizioni. Il nostro lavoro poggia su un’attenta analisi delle norme vigenti in Italia e in altri paesi dell’Unione Europea, e le modifiche proposte mirano a ottenere disposizioni caratterizzate da maggiore chiarezza ed equita’, che possano garantire al contempo piu’ sicurezza e serenita’ a tutti gli appassionati. L’intervento su norme di carattere regolamentare puo’ risultare molto efficace, perche’ si evitano i lunghi tempi necessari all’approvazione di una legge.

E qual e’ la tua opinione sull’eventuale istituzione di un documento che consenta la pesca in apnea?

Con l’introduzione del tesserino, il Ministero vuole censire gli appassionati di pesca sportiva in mare, il cui numero e’ attualmente sconosciuto. L’idea che mi sono fatto e’ che da parte delle istituzioni ci sia piena consapevolezza della necessita’ di non scoraggiare gli appassionati con l’introduzione di procedure complesse o balzelli esagerati e che, per evitare sorprese, non possiamo fare altro che partecipare all’istituzione del tesserino con proposte concrete, al fine di rendere l’operazione il piu’ indolore possibile per tutti gli appassionati.

PROF. ALBERTO AZZALI
PRESIDENTE DEL SETTORE SUBACQUEO FIPSAS

Quali sono le proposte prioritarie che la Fipsas ha evidenziato nel quadro di una nuova normativa?

Uno dei punti che richiede maggiore chiarezza e’ sicuramente quello della distanza dalle spiagge imposta per l’attivita’ della pesca in apnea, che, oltre a essere ridotta a 200 m, come in molti paesi mediterranei, soprattutto per la sicurezza del pescatore, va valutata in relazione alla presenza oraria e stagionale di bagnanti. Un altro punto che abbiamo ritenuto importante specificare riguarda le problematiche di segnalazione del pescatore in apnea, con tutto quel che riguarda le distanze dal pallone segnasub sia per il pescatore che per le barche in transito. Ci e’ poi sembrato giusto chiarire, con richiesta di modifica, il limite di pescato giornalmente ammesso: secondo la Federazione, si dovrebbe infatti parlare di un massimo di 5 kg piu’ un pesce singolo di peso superiore.

Qual e’ la posizione della Federazione sul tema licenza di pesca?

Direi intanto di utilizzare un termine diverso da quello un po’ inquietante di “licenza”. Potremmo invece parlare di un documento o tesserino, il cui unico scopo sia quello di consentire un censimento delle forze per determinare non solo l’eventuale impatto ambientale, ma anche il nostro peso politico. Un secondo passaggio potrebbe essere quello di una vera e propria licenza che, lontana dall’idea di un semplice balzello, consenta da un lato di uniformarci ad altri paesi europei e dall’altro possa dare, insieme ai doveri, anche dei diritti. Un esempio potrebbe essere quello dell’accesso alle zone C delle riserve, che dovremmo pero’ garantire con una licenza che certifichi la qualificazione del pescatore attraverso un brevetto formativo.

L’IMPATTO DELLA PESCA SUBACQUEA SULLA FAUNA E SULL’AMBIENTE MARINO

Per quanto non si tratti di uno studio scientifico (non ne sono mai stati realizzati) e a scopo solo indicativo per una valutazione sommaria ma certo assai vicina a quella reale, riportiamo i dati raccolti su un campione di 48 subacquei che hanno svolto la loro attivita’ di pesca, nel periodo compreso tra maggio e ottobre del 2003, nel tratto di costa laziale tra Tarquinia e Anzio/Nettuno.
Caratteristiche del campione di subacquei intervistati: probabilmente non puo’ considerarsi pienamente rappresentativo, perche’, per brevita’ d’indagine, i dati sono stati raccolti prevalentemente tra iscritti a circoli subacquei e frequentatori di rimessaggi.
La percentuale dei pescatori “amatoriali frequenti” in questo ambiente e’ certamente maggiore rispetto alla media generale e quindi risulta certamente sovrastimata la quantita’ finale del pescato.

Campione subacquei intervistati
% N. Tipo di attivita’ di pesca
47,9 23 Amatoriale sporadica
41,7 20 Amatoriale frequente
10,4 5 Agonistica
100,0 48 Totale

Periodo analizzato: il periodo maggio-ottobre del 2003 puo’ considerarsi mediamente rappresentativo di un anno tipo. Le cattive condizioni del mare dei mesi di settembre e ottobre possono considerarsi compensate dalle buone condizioni avute in luglio e agosto.
Caratteristiche della costa e dell’ambiente marino: in quasi tutto il tratto di costa analizzato si possono considerare omogenee le caratteristiche del fondale e la distribuzione delle specie cacciate.
Modalita’ di raccolta dei dati: si e’ proceduto a interviste dirette o alla proposizione di un questionario tipo.
Una piccola nota (che segnaliamo allo scopo di dare a tutta la materia il sapore iperbolico che merita) va riservata alle valutazioni di confronto fra il prelievo effettuato da ciascun pescatore in apnea in un anno e i dati controllati, questi si’, della Irepa Onlus sul prelievo dei pescatori professionisti nel IV trimestre 2002 (tonn. 79.855). Facendo le opportune proiezioni, si appura che un pescatore professionista, in un anno di attivita’ (sono stati calcolati 44.000 addetti), preleva mediamente 7271 kg di pesce, mentre un pescatore in apnea ne preleva 13.

Tipo di attività di pesca Maggio Giugno Luglio Agosto Settembre Ottobre Uscite
x anno
x pescatore
Amatoriale sporadica (23) 0.5 2.1 2.2 3.6 1.8 0.3 10.8
Amatoriale frequente (20) 1.3 4.4 4.6 4.8 3.8 1.1 20
Agonistica (5) 5.1 8.2 11.1 12.3 6.9 2.3 45.9
Media quantità del pescato (Kg)
Tipo di attività di pesca Maggio Giugno Luglio Agosto Settembre Ottobre Totale pescato
x anno
x pescatore
Amatoriale sporadica (23) 5.75 15.65 16.95 22.10 17.30 6.05 83.80
Amatoriale frequente (20) 27.65 74.30 69.75 77.10 55.85 20.60 325.25
Agonistica (5) 27.25 45.75 50.90 47.20 33.20 15.80 220.10
Totale 629.15
Media x soggetto x anno Kg 13.10

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