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Le Misure Minime dei Pesci nella Pesca Sportiva e Ricreativa in Mare

| 13 Settembre 2019

La normativa vigente prescrive che i pesci pescati in mare, rispettino una misura minima che, nella maggior parte dei casi, è espressa in centimetri (e riferita alla lunghezza) e solo raramente in termini di peso.

Come si Misura

La misurazione si effettua: “dall’apice del muso, a bocca chiusa, fino all’estremità del lobo più lungo della pinna caudale, oppure all’estremità della pinna caudale quando questa non presenta i due lobi.” Fanno eccezione tunnidi e pesce spada, per i quali il limite verso la coda si misura alla base della forca caudale. Nel caso in cui non raggiungano la misura prescritta, i pesci devono essere rilasciati, se vivi, e dovrebbero essere sempre sbarcati, se morti. 

Perchè una Taglia Minina e chi Deve Rispettarla

La ragione, teorica, dell’imposizione di una taglia minima è quella di permettere ai pesci di poter completare almeno un ciclo riproduttivo. Solo teorica perché purtroppo, molte delle taglie minime previste, sono ben lontane da quelle che prescriverebbe la biologia marina.

Contrariamente a quanto molti credono, le taglie minime rientrano nella parte di regole comuni a cui sono assoggettati tanto i pescatori dilettanti quanto quelli professionisti. E sono costante materia di discussione tra pescatori amatoriali perché le tabelle che circolano sul web sono a volte poco aggiornate, e altre riguardano tutt’altra materia.

Le Leggi di Riferimento

Fino al 2006, l’unica legge a cui si faceva riferimento per conoscere le misure minime da rispettare, era il dpr 1639/1968 (tutt’ora vigente per molte sue parti). Nel 2006 arrivò una direttiva europea (regolamento CE n°1967/2006 del Consiglio del 21 dicembre 2006) che confermò quasi in toto quanto previsto dalla precedente normativa nazionale, ma aggiunse delle taglie riferite a specie che nel precedente articolato normativo non erano prese in considerazione.

A complicare l’analisi del quadro normativo si aggiungono le disposizioni speciali introdotte da alcune regioni a Statuto Speciale. Se la Sicilia impone misure differenti solo per alcune specie quali la ricciola, di cui abbiamo specificamente parlato qui, la Sardegna si è dotato fin dal 1995 di un documento più strutturato (Decreto Assessore Difesa Ambiente 412 del 10-05-1995) e che prescrive taglie minime molto superiori per praticamente tutte le specie menzionate del dpr 1639/1968.

Negli anni poi si sono anche aggiunte particolari disposizioni riguardo stock ittici in particolare sofferenza, come quelli di Tonno Rosso e Pesce Spada.

Tolleranza e Taglia Minima per i Pesci NON Compresi nelle Tabelle

Il dpr 1639/1968, prevedeva correttamente una tolleranza del 10% entro la quale la sanzione non veniva comminata. Vale a dire che su una taglia minima prevista di 50 cm, si poteva non essere sanzionati a condizione che il pesce catturato non fosse più corto di 45 cm.

Purtroppo questa tolleranza è stata cancellata (forse per dimenticanza) dalla normativa europea, con l’effetto che può essere ritenuta applicabile solo alle poche specie ittiche la cui taglia minima risulta ancora imposta dal dpr nazionale e non dal regolamento europeo.

Per tutte le specie che non sono ricomprese né nella tabella del dpr, né in quella del regolamento europeo, la taglia minima è fissata in 7 centimetri.

Nasce così l’assurdo paradosso per cui l’acciuga ha una taglia minima (ndr 9 cm) superiore a quella prevista per la ricciola o la leccia che, non essendo contemplate negli elenchi (eccetto in Sardegna e Sicilia) possono essere pescate raggiunti i 7 (SETTE!) centimetri.

Quando e Perché si fa Confusione

Capita spesso che venga erroneamente citata la tabella delle misure minime imposte dalla FIPSAS nelle sue competizioni. Bisogna precisare che quelle misure minime valgono solo nelle gare e che, peraltro, non sono vigenti nemmeno per tutte le discipline in seno alla federazione stessa. Ci sono tabelle più complete in cui viene anche riportata il confronto tra la taglia minima di legge e quella di gara, ma un po’ per distrazione e un po’ perché queste tabelle non risultano di immediata comprensione, si finisce per trarre delle conclusioni sbagliate.

Le misure di legge corrette sulle quali fare affidamento sono quelle riportate nella tabella ministeriale che potete trovare qui.

Sanzioni

Fino all’agosto del 2016, il trattenimento di un pesce al di sotto della taglia minima prevista dalla legge costituiva fattispecie di rilevo penale, punibile con l’arresto da 2 mesi a 2 anni o con l’ammenda da 2.000 a 12.000 euro.

Nel 2016, con la revisione delle sanzioni introdotte con la legge 154/2016, quasi tutti i reati penali in materia di pesca sono stati depenalizzati a semplici illeciti amministrativi, quindi puniti solo con una semplice multa.

Il pescatore sportivo/ricreativo che trattiene (la cattura in se non è un comportamento punibile in quanto evento potenzialmente accidentale) un pesce che non rispetta la taglia minima di legge, può incorrere in una sanzione amministrativa da 1000 a 3000 euro (ndr 1000 euro di pagamento in misura ridotta).

L’obbligo di sbarco del pescato sottotaglia, anch’esso introdotto con il recepimento di una direttiva europea e diventato esecutivo, in ritardo, nel 2019, riguarda esclusivamente i pescatori professionisti. Per quanto nel 2016 la Commissione Europea avesse chiarito che questo obbligo era da ritenersi riguardare anche la pesca ricreativa (e noi avessimo sostenuto la sua totale inapplicabilità), ad oggi nulla è stato predisposto a questo scopo (il pesce andrebbe teoricamente conferito per la realizzazione di farine per allevamento).

Il Caso Particolare della Cernia

Erronemanete si riferisce che la misura minima per la cernia (in genere riferendosi a quella bruna) sarebbe di 3 o 5 kg. In realtà questo è il peso minimo che si è sempre adottato (e ancora si adotta) nelle competizioni di pesca subacquea.

La legge impone una taglia minima (indipendentemente dalla specie) di 45 cm, che corrisponde ad un peso variabile dal kg e mezzo a poco più di 2 kg, e quindi ben lontano da quello previsto per le gare che, tradizionalmente, impongono pesi minimi molto superiori alle prescrizioni di legge.

In tema di cernia è necessario far notare che (in generale) le regioni a statuto speciale hanno facoltà di imporre misure più stringenti di quelle nazionali, ma non meno.

Per questo motivo, la taglia minima di 30 cm stabilita nel ’95 dalla Regione Sardegna, deve essere considerata inapplicabile e sostituita da quella nazionale di 45 cm.

Il Caso Particolare del Polpo

Quanto al polpo, al pari della cernia, capita che si riferisca di una presunta taglia minima vigente di 500 grammi. A questo proposito è necessario specificare che nelle tabelle ministeriali è effettivamente indicata una taglia minima per il polpo pari a 450 grammi (eviscerato), pari quindi ad un mollusco intero di circa mezzo chilo.

Ma tale taglia, è specificato riferirsi esclusivamente al pescato proveniente dalla zona di pesca FAO 34, ossia “Atlantico Centro Orientale – Mauritania, Senegal, Gambia, Guinea Conakry, Sierra Leone, Marocco e Liberia”. Quindi, in Italia, per il polpo attualmente non vige nessuna taglia minima di prelievo.

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