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La Pesca Sub in Area Marina Protetta è SEMPRE Illecito Penale

| 5 Dicembre 2019

Dopo un periodo in cui gli enti gestori delle AMP avevano potuto regolamentare la pesca subacquea, al pari delle altre tipologie di pesca permesse al loro interno, sono ormai diversi anni che qualsiasi prelievo con il fucile è categoricamente vietato in tutte le zone di qualsiasi riserva marina italiana (fanno eccezione alcuni Parchi Marini).

Benchè la pesca in apnea sia sempre vietata, anni di controlli avevano cristallizzato una consuetudine di sanzionamento che puniva in via amministrativa (multa) lo sconfinamento nelle zone a tutela parziale B e C, mentre ricorreva al segnalamento all’autorità giudiziaria (con annesso processo penale ed eventuale ammenda) per l’ingresso illecito nelle zone A di tutela integrale.

Quello che appariva un principio di buon senso, è però stato completamente sovvertito dal pronunciamento di vari tribunali, che hanno rivisto la questione in maniera molto meno indulgente.

La Pesca Sub in Zona C è Questione Penale

La prima sentenza in questo senso è stata del Tribunale di Trapani che, nel 2017, aveva inflitto una condanna penale a carico di un pescatore subacqueo che, durante l’estate del 2016, era stato sorpreso in flagranza all’interno della zona C dell’AMP della Isole Egadi.

Questa sentenza ha rappresentato un radicale cambiamento di orientamento, tanto da essere oggetto di un’informativa interna indirizzata ai vari organi di controllo sul territorio italiano, segnalando il fatto che fosse stato “finalmente messo ordine sull’annosa interpretazione normativa per quanto attiene al regime sanzionatorio per lo svolgimento di attività di pesca subacquea all’interno delle zone C delle aree marine protette.”

Senza Pesce non Cambia Nulla

Si potrebbe pensare che non avere nessuna preda in carniere, al momento del controllo, possa rappresentare una scappatoia. Sulla questione si è espressa la terza sezione penale della Corte di Cassazione (sentenza 12 febbraio 2018, n. 6726), chiarendo che: “In ragione del rango costituzionale ricoperto dal bene giuridico protetto (ndr. l’AMP), è stata predisposta una tutela anticipata, che arretra la soglia di punibilità a condotte anche solo prodromiche al danno ambientale, potenzialmente capaci di cagionarlo e, pertanto, vietate a prescindere dal verificarsi di questo.”

Ai fini della punibilità, non è quindi necessario che la condotta produca un danno, in questo caso inteso come la cattura, ma è sufficiente che punti a quel risultato. A ben guardare non si tratta di nulla di nuovo perchè, la Cassazione Civile (in merito alla “pesca in zone e tempi vietati da regolamenti, decreti e ordini legittimamente emanati dall’autorità amministrativa”), aveva già sentenziato che nella condotta vietata deve ricomprendersi non solo l’azione materiale “attraverso la quale si compie la cattura degli esemplari marini”, ma anche quella chiaramente preordinata a questo risultato.

Esclusione della Punibilità per Particolare Tenuità del Fatto

Per quanto il bracconaggio in Area Marina Protetta possa essere considerato grave dai pescatori, bisogna constatare che non sembra altrettanto agli occhi di chi poi giudica questi comportamenti. Anzitutto si può notare come, al netto delle conseguenze che una condanna penale può avere sulla posizione lavorativa di un soggetto e sulla sua possibilità di partecipare ad alcuni concorsi pubblici, le ammende sono mediamente inferiori (700 euro contro 1000) ad una qualunque sanzione amministrativa per violazioni in materia di pesca sportiva/ricreativa.

Oltretutto, a meno che non si sia in presenza di soggetto recidivo, le violazioni delle legge quadro sulle Aree Marine Protette (legge n. 394 del 1991) rientrano nella lista dei reati per i quali è possibile chiedere e ottenere l’ “esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto” ai sensi dell’art. 131 bis del codice penale. Si tratta di una eventualità che può avere due diversi risvolti a seconda del momento in cui interviene:

1- Se riconosciuta in sede processuale, annulla solo gli effetti della condanna ma non la condanna stessa, che quindi rimane nella fedina penale del soggetto.

2- Se invece eccepita già in fase investigativa, potrebbe portare ad una richiesta di archiviazione della posizione dell’indagato che, se accolta, potrebbe non affrontare il processo e sarà come se il fatto non fosse mai successo (d’altronde potrebbe non ravvisarsi grande interesse nel processare qualcuno che comunque poi non verrà punito).

Riassumendo

Praticare la pesca subacquea all’interno del perimetro di una qualsiasi area marina protetta italiana, è sempre una violazione di carattere penale (e non semplicemente amministrativo) a prescindere dalla zona nella quale essa venga praticata (A, B o C) e dal fatto che si sia o meno effettivamente catturato qualcosa.

È quindi necessario accertarsi bene delle eventuali limitazioni presenti sul sito di immersione, anche perchè a nulla potrà servire dichiarare di non essere a conoscenza dell’interdizione, neppure in assenza di cartelli o delle boe di segnalazione prescritte, argomento che però tratteremo in futuro.

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