Video Pescasub: La pesca nella Posidonia, la Corvina
Dopo il gradito esordio dell’articolo inaugurale della serie “videofishing” sulla pesca nella posidonia dedicata al Sarago Maggiore, vi proponiamo la seconda parte dedicata alla Corvina che conclude la trattazione di questo difficile quanto ricco habitat di pesca. Le raccomandazioni rimangono sempre le stesse: non assunti infallibili ma più semplicemente situazioni in cui i comportamenti dei pesci possono apparire atipici. Una serie di “casi particolari” per ampliare un po’ la conoscenza del mare e dei sui abitanti, soprattutto nel neofita.
Come quando pensando alle spigole viene subito in mente la ribollente risacca costiera, allo stesso modo, la Corvina (Sciaena Umbra) e le praterie di posidonia formano un binomio inscindibile nella mente del pescatore subacqueo. Tra tutti gli abitanti e frequentatori della distesa verde, lo scienide è senza dubbio quello che è capace di sfruttarlo in maniera esemplare, scomparendo spesso senza possibilità di ritrovarlo, senza far muovere uno stelo e in un battito di ciglia.
Per quanto la corvina sia un pesce che ama percorrere tratti anche lunghi alla ricerca di cibo, è un pesce tipicamente bentonico, molto più legato del sarago al fondo e in particolare alla tana. Il tipo di posidonieto su cui localizzarne la presenza sarà quindi molto simile a quello già descritto per i saraghi, ma dovrà necessariamente includere nelle vicinanze, pur non immediate, se non vere e proprie tane, almeno ripari rocciosi, tettoie o cunicoli passanti che permettano al pesce di eclissarsi. La corvina, grazie alla sua bronzea livrea, è di una mimeticità assoluta all’interno della vegetazione, ciò non toglie che però questa sia una strategia difensiva di ripiego quando distante dal suo rifugio abituale nel quale trascorre gran parte della giornata. Con il tempo quindi ci si accorgerà che talvolta i fondali da saraghi e da corvine, pur simili, sono sostanzialmente molto diversi, e la tipologia di catture non farà che confermarvelo.
L’incontro con grossi esemplari o con “pigne” di numerosi componenti è molto meno casuale di quanto si possa pensare. Al contrario degli sparidi, le corvine tendono a frequentare con assiduità sempre le stesse zone della distesa, possono prediligerle a seconda della stagione e delle annate, ma le porzioni buone restano tali per molto tempo. Ovviamente sta al pescatore individuarle e capire perché siano così magnetiche per i pesci; in funzione di questo poi potrà scegliere la tecnica più proficua per catturarle. Al giorno d’oggi è improbabile pensare di trovare zone vergini a quote “umane”, c’è però la concreta possibilità di scoprire angoli neanche troppi sperduti che, con particolarissime condizioni meteomarine, tornano ad essere degli acquari, anche se i pesci non stanno certo immobili ad attendere le fucilate, ma venderanno care le squame!
Capire dal comportamento della corvina quale sia il suo livello di agitazione non è semplice. Le fughe precipitose tipiche del pesce terrorizzato non sono così frequenti, anche perché, a meno che non si concludano a breve distanza sotto un sasso o nella tana di dimora, non danno grandi possibilità anche solo di avvistare nuovamente il fuggiasco. Tuttavia capita quasi sempre di notare un comportamento sornione, indolente, caratterizzato da movimenti lenti, che però talvolta portano il pesce a sparire quando noi non abbiamo nemmeno iniziato la capovolta e, una volta sul fondo, ci troveremo ad osservare sconsolati l’ interminabile monotonia cromatica della vegetazione. A questo si aggiunge il fatto che i corvi hanno la capacità di mantenersi in equilibrio idrostatico usando solo la vescica natatoria e quindi il mulinare delle pinne laterali può risultare assente o molto attenuato e non ci aiuterà molto nella loro individuazione. Quindi partiamo dall’assunto che, a meno di mantenere un costante e chiaro contatto visivo, il ritrovamento del pesce avvistato è spesso un’incognita da lancio della monetina.
I cicli stagionali di vegetazione della posidonia costituiscono, per il subacqueo, un indubbio vantaggio nel periodo invernale e una ulteriore complicazione in quello estivo. D’inverno le grosse corvine fanno la loro flemmatica comparsa nei bassi fondali e, nonostante la copiosa defogliazione della loro pianta rifugio, continuano ad usarla come nascondiglio, essendo però più facilmente individuabili e talvolta trovandosi parzialmente o totalmente scoperte nella convinzione invece di essere al sicuro. Questo piccolo vantaggio finisce per essere pesantemente scontato in estate quando le quote di esercizio aumentano notevolmente e il picco di rigogliosità delle foglie rende quasi impossibile l’individuazione dei pesci, anche se non addentrati profondamente nei tassoni.
Come fantasmi sopra la distesa verde
Avvistare un esemplare isolato, o uno sparuto volo, sollevato dalla posidonia e in atteggiamento di nuoto sinuoso è forse la situazione che si verifica con maggiore facilità. Dovremo cercare di osservare il comportamento della nostra preda per cercare di capire se stia cercando di puntare una zona rocciosa che nasconda una tana, o se invece voglia cercare di ripararsi all’interno degli steli verdi. Spesso, anche con visibilità ottima, sarà impossibile mantenere un contatto visivo sia a causa del colore scuro della livrea e sia per la sua capacità di restare in equilibrio senza necessità di muovere un muscolo. Memorizzato il punto in cui il pinnuto si è eclissato, scenderemo con una lenta caduta cercando di scoprirci solo quando saremo già a distanza utile di tiro, nel tentativo di scorgerla sotto di noi. Vale la pena ricordare che, quando il pesce è tranquillo, giace o sosta sul bordo della vegetazione, spesso al confine con roccia o sabbia, e che il bianco delle pinne ventrali e delle grosse labbra può aiutarci ad allineare il bersaglio. Il tiro in genere è su un pesce fermo, talvolta dall’alto in basso e altre in orizzontale se si sarà leggermente spostato da dove pensavamo di trovarlo.
Descrizione clip: una corvina avvistata in movimento sopra la posidonia e sparitavi dentro viene catturata con una lenta caduta in copertura (D. Serra)
In contrasto sulla sabbia
Meno difficoltoso sarà seguire la corvina, e tenerla d’occhio, se avvistata in una zona mista di alga e ampie strisciate di sabbia. Il candore del fondo ci permetterà di contrastare maggiormente la figura del pesce, anche quando avrà trovato riparo all’ombra di un risvolto del fogliame. Potremmo così riuscire ad allineare con cura il bersaglio sapendo già con esattezza dove questo si trova.
Se invece la sabbia formerà solo delle piccole pozze, dovremo cercare il pesce come già descritto precedentemente, con il piccolo vantaggio di poter più facilmente identificare il punto in cui presumibilmente si sarà fermata, circoscrivendone il perimetro di spostamento.
Descrizione clip: Due catture a confronto, differenze tra un fondale con ampie strisciate di sabbia ed uno caratterizzato da piccole pozze sabbiose (D. Serra)
La risacca come alleato
Incalzare una corvina, anche lentamente, può produrre l’unico risultato di vederla partire a cannone o comunque di infilarsi nella posidonia molto più profondamente di quanto farebbe normalmente. Con mare calmo abbiamo poche possibilità di ritrovarla, ma se c’è un po’ di risacca che fa ondeggiare gli steli, possiamo avere un asso da giocare. A patto di poter contare su un assetto perfetto, dovremo sostare appena sopra il cespuglio, con la tahitiana spianata a scrutare ogni minimo indizio che possa segnalarci la presenza del pesce. Solitamente sarà un bersaglio immobile ma pronto a scattare non appena si accorgerà di essere stato scoperto. Il tiro sarà molto difficile sia per la sagoma esigua del pesce disposto di taglio, sia per il movimento ondoso che farà ondeggiare la posidonia coprendoci talvolta il bersaglio oltrechè spostare noi e complicandoci seriamente il prendere la mira.
Descrizione clip: Una corvina incalzata con un lento agguato sfruttando la risacca che smuove il fondo (D. Serra)
Le maggiori soddisfazioni vengono dal freddo…
Le situazioni di cattura che si presentano dal tardo autunno all’inverno inoltrato sono spesso più favorevoli a causa della defogliazione, delle quote più contenute e dalla taglia mediamente superiore dei pesci. Solo in inverno è facile imbattersi in esemplari di grossa taglia immobili, completamente scoperti, sia appena sollevati dal fondo intenti a muovere impercettibilmente le pinne, sia appoggiati sul terreno in apparente catalessi. Sono pesci ben svegli e che conoscono il subacqueo, vanno avvicinati nel silenzio più totale pronti a scoccare il tiro in caduta al primo segno di nervosismo.
Descrizione clip:Una grossa corvina completamente scoperta sulla brulla prateria invernale (D. Serra)
L’inverno è un ottimo periodo per verificare se quelle zone di medio fondo, scovate durante le lunghe pinneggiate estive, nelle quali abbiamo avvistato grossi esemplari dileguarsi apparentemente nel nulla, non siano in realtà delle zone che nascondono spacchi bassi e invisibili che, proprio con il freddo, richiamano i grossi esemplari. La facilità di cattura in certi frangenti potrebbe talvolta essere riequilibrata dalla torbidità dell’acqua anche se, pescando a segnale, potrebbe essere un handicap limitato a patto di conoscere la zona e di saper impostare l’azione di caccia anche senza poter vedere distintamente il fondo dalla superficie.
Potremmo infatti trovarci a dover interpretare il movimento di un’ombra, o a scendere in un punto per dedicarci ad un percorso all’agguato rasente il fondo alla ricerca del punto in cui il pesce potrebbe essersi spostato o di un altro bersaglio se sappiamo la zona essere frequentata da numerosi esemplari.
Descrizione clip:Una grossa corvina si è allontanata dal punto in cui è stata vista eclissarsi, un breve agguato rasente il fondo la ritrova poco distante (D. Serra)
Corvina e attrezzature
La pesca della corvina come presentata in questo articolo è una pesca che si effettua a stretto contatto con il fondo e che per la scarsa eventualità di tiri a lunga gittata e al libero, non richiede armi potenti, che anzi, potrebbero rivelarsi controproducenti. Soprattutto nel periodo di caduta della posidonia, è più facile piantare l’asta con un tiro maldestro, fino ad arrivare alle radici della posidonia. Nella migliore delle ipotesi perderemo una buona mezz’ora per recuperare la nostra preziosa freccia, nella peggiore non ci sarà verso e la nostra pescata rischierà di essere compromessa. Un arbalete da 75 centimetri, al massimo da 90 quando la visibilità lo permette, armato con asta da 6,5 mm e una buona gomma non troppo esasperata, rappresentano l’optimum che ci permetterà numerose e appaganti catture. Completerà la dotazione un cinquantino, ad aria o a elastico, sempre pronto a fare da tappabuchi e che eresterà d’obbligo anche per l’agguatista più incallito.
Descrizione clip:Una grossa corvina viene solo strisciata sulla guancia sinistra con un tiro maldestro. Mezz’ora di lavoro da minatore tra le pietre della frana adiacente ma il pesce è a pagliolo (D. Serra)
Ancora più che con il sarago maggiore, la pesca della corvina nella sua pianta simbionte, richiede tanta esperienza non solo per riuscire a vederla e catturarla, ma prima ancora per riuscire ad identificare le zone in cui andarla a scovare quasi a colpo sicuro durante le varie stagioni dell’anno. La fama di “schivatrice di aste” che la accomuna a pochi altri predoni, aumenterà ancora di più la soddisfazione davanti a qualche cattura importante e difficile.
Forse ti interessa anche...
Category: Articoli, Pesca in Apnea, Pesca in apnea: Tecniche e attrezzature