La compensazione – I° parte
Un sub compensa durante la discesa. Si noti la posizione della mano sinistra
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Questa volta affrontiamo un argomento tra i più importanti e tra i più complessi che possiamo trovare nel nostro sport: la compensazione. In particolare, ci riferiremo alla compensazione forzata dell’orecchio medio, dato che esistono altri tipi di compensazione che ora non tratteremo.
PREMESSA
Darò per scontata la conoscenza l’anatomia dell’orecchio, perciò se qualcuno trovasse difficoltà sui termini usati, potrà scrivermi per avere chiarimenti o, più semplicemente, cercare su un qualunque libro di subacquea.
PERCHE’ SI DEVE COMPENSARE?
Ricordiamo che l’orecchio medio è contenuto in una cavità ossea, quindi indeformabile (il suo volume non può variare), e piena d’aria.
Inoltre, l’unica via di accesso dell’aria all’orecchio medio, rappresentata dalla Tromba (o Tuba) di Eustachio, rimane solitamente chiusa e “isola” completamente l’orecchio medio dall’ambiente esterno. Spiegato in poche parole, accade che quando ci immergiamo la pressione esterna aumenta (un’atmosfera ogni 10 metri di profondità circa), mentre quella dell’orecchio medio rimane costante, essendo quest’ultimo indeformabile ed isolato. Tale differenza di pressione spinge il timpano ad introflettersi verso l’orecchio medio e, se non si ristabilisce l’equilibrio, con una differenza di pressione di 0,4 – 0,5 atm il timpano si rompe. Lo scopo della compensazione è quindi quello di riportare il timpano in equilibrio immettendo aria nell’orecchio medio attraverso la Tromba di Eustachio.
QUANDO SI DEVE COMPENSARE?
La compensazione va effettuata ogniqualvolta se ne sente la necessità. Non bisogna arrivare a sentire dolore, perché sarebbe troppo tardi, ma appena si avverte un leggerissimo fastidio è bene compensare. Oltretutto, più è bassa la differenza di pressione da riequilibrare, più è facile compensare.
MANOVRE DI COMPENSAZIONE
Esistono sostanzialmente tre diverse maniere di compensare, anche se apneisti ad altissimo livello stanno cominciando ad utilizzare anche nuovi metodi, soprattutto per i record No Limits. I metodi sono: Valsalva, Marcante-Odaglia (meglio noto all’estero come Frenzel), manovre di contrazione e movimento.
IL VALSALVA
Prende il nome da chi cominciò per primo ad utilizzare questa tecnica, anche se non per scendere sott’acqua. Consiste nel chiudere le narici con le mani e, tenendo chiusa anche la bocca, nel far aumentare la pressione polmonare, come se volessimo espirare.
L’aumento della pressione dell’aria in tutte le vie aeree, ed in particolare nella zona rino-faringea, fa si che le Trombe di Eustachio si aprano e consentano all’aria di raggiungere l’orecchio medio, ristabilendo l’equilibrio. Questa è la manovra più semplice da effettuare e, per i meno esperti, è anche la più efficace.
I difetti sono che essa costringe ad un grande impegno muscolare, che in apnea vorremmo evitare, e che, soprattutto, causa sbalzi di pressione ripetuti all’apparato cardio-circolatorio; questo, col passare degli anni, potrebbe causare qualche inconveniente.
IL MARCANTE-ODAGLIA (O FRENZEL)
Anche questo nome e derivato da chi per primo codificò questa manovra, sulla quale molti fanno confusione.
Si effettua anche questa con le narici chiuse e consiste nell’utilizzare la lingua come una pompetta per comprimere l’aria solo nelle vie aeree superiori. Non è facile descrivere questo manovra solo a parole. Dobbiamo chiudere le vie aeree inferiori (ed è proprio quello che facciamo stando in apnea) e muovere la lingua come quando deglutiamo; poggiamo la lingua sull’interno degli incisivi superiori, cercando però di tenerla staccata dal palato, in modo da contenere quanta più aria possibile in quella zona della bocca.
Un sub compensa durante la discesa. Si noti la posizione della mano sinistra
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Poi avviciniamo la lingua al palato, finché non rimane più aria tra di essi, sempre senza staccare la punta della lingua dagli incisivi.
Tutta l’aria che prima era contenuta nella bocca si sposterà verso l’alto, ovvero verso il naso e, se le narici sono chiuse, ciò farà aumentare la pressione nel rino-faringe e spingerà aria nell’orecchio medio.
Fate attenzione che l’aria possa muoversi verso l’alto evitando di chiudere il palato molle (che ostruisce il passaggio dell’aria tra bocca e naso), come spesso avviene mentre siamo in apnea.
I pregi di questa manovra sono molti. Il primo è che l’impegno muscolare è minimo. Inoltre, si effettua molto rapidamente e, se si è pratici, si ottengono pressioni paragonabili al Valsalva. Ancora, il vantaggio di questa manovra si avverte quando si va profondi: il Valsalva, dovendo comprimere l’aria nei polmoni, diventa impossibile da effettuare quando questi sono già molto compressi dalla pressione idrostatica. Per questo in profondità si può utilizzare solo il Marcante-Odaglia.
Quando si prova questa manovra a secco può capitare di effettuare un Valsalva senza accorgersene; per essere sicuri che si sta effettuando il Marcante-Odaglia, invece del Valsalva, provate a compensare in completa espirazione. Se riuscite a compensare, sicuramente state effettuando la manovra di Marcante-Odaglia.
Per alcuni può accadere che la leggera pressione della machera sul naso sia sufficiente a creare quel contrasto minimo in grado di consentire di compensare senza usare le mani. In questo caso, comunque, la manovra è sempre la stessa ed il passagio dell’aria nell’orecchio medio è dovuto all’innalzamento della pressione del rino-faringe.
ALTRE MANOVRE
Alcuni hanno una particolare sensibilità nei muscoli che intervengono nella compensazione e riescono ad aprire le Trombe di Eustachio senza far aumentare la pressione nelle vie aeree.
Ciò può avvenire muovendo leggermente la testa o la lingua oppure contraendo alcuni piccoli muscoli del retro-bocca.
Se le Trombe di Eustachio si aprono anche solo per un secondo, questo basta per compensare, visto che comunque la pressione dell’aria nei polmoni e nelle vie aeree superiori è in equilibrio con l’esterno.
Queste sono le manovre che tutti vorremmo utilizzare, essendo poco traumatiche per l’orecchio, veloci ed economiche da effettuare e soprattutto perché non impegnano le mani. Nessuno può immergersi senza compensare, perciò se vedete qualcuno che scende senza portare le mani al naso, probabilmente compensa così.
Anche queste persone più fortunate, in ogni caso, è bene che si allenino a compensare con altri metodi, perché in particolari situazioni, o per discese più profonde, può accadere che senza mani non si riesca a compensare.
Un sub compensa durante la discesa. Si noti la posizione della mano sinistra
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ALLENARE LA COMPENSAZIONE
Ebbene sì, anche la compensazione si può allenare e migliorare. Non solo, si può anche imparare a compensare senza usare le mani! Non è vero che o si sa fare per natura o non si imparerà mai. Certo, non è così rapido ed immediato, ma conosco molte persone che hanno imparato.
Come tutti i movimenti che possiamo effettuare, dalla corsa, al nuoto, al suonare il pianoforte, al pinneggiare, anche la compensazione si può allenare e migliorare.
La Ginnastica Tubarica (ginnastica per le Tube di Eustachio), introdotta da Apnea Academy nei corsi di apnea da alcuni anni, è senz’altro utilissima e consente, se effettuata con costanza, notevoli miglioramenti. Provare per credere!
COMPENSARE IN RISALITA?
E’ ovvio che in risalita il fenomeno dell’aumento della pressione esterna che ci costringe a compensare si inverte.
La pressione idrostatica diminuisce ed il timpano tenderebbe ad estroflettersi.
Per riportare l’equilibrio……non bisogna fare niente! La differenza di pressione tra l’orecchio medio (“alta” pressione) e l’esterno (“bassa” pressione) fa sì che l’aria defluisca da sé.
Non bisogna tenere le mani sul naso e non bisogna fare nessuna manovra.
EVENTUALI PROBLEMI?
Ribadiamo che quando non si riesce a compensare in discesa e si insiste a scendere, il timpano si rompe. Non si può scendere forzando. Se si avverte che il fastidio all’orecchio aumenta troppo, si risale; non si deve mai arrivare a sentire dolore.
Se il timpano si dovesse rompere, si avvertirebbe ovviamente un forte dolore, ma soprattutto avremmo fortissimi vertigini e totale perdita dell’orientamento. Questo si verifica perché le strutture presenti nell’orecchio interno sono molto sensibili agli sbalzi di temperatura. Tra gli organi che vi si trovano, abbiamo appunto quelli che presiedono all’analisi dell’equilibrio e dell’orientamento.
Per chi va con le bombole è sufficiente fermarsi ed aspettare un po’: quando l’orecchio interno si abitua alla nuova temperatura le vertigini si attenuano. E’ evidente che in apnea una situazione del genere diventa molto problematica; dobbiamo risalire e il tempo a nostra disposizione non è poi tanto. Consideriamo anche il fatto che in questa eventuale situazione la nostra apnea si ridurrà drasticamente. Le manovre da eseguire sono lo sgancio della zavorra e la risalita seguendo il cavo, magari usando le braccia. Comunque, ripeto, basta non sforzare il timpano per evitare l’insorgere di questi problemi, che potrebbero avere anche conseguenze tragiche.
Se abbiamo difficoltà a compensare, perché siamo per esempio un po’ raffreddati, può accadere che sforzandoci molto, riusciamo alla fine a far passare aria dalle tube.
Un sub compensa durante la discesa. Si noti la posizione della mano sinistra
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Così facendo, però, corriamo il rischio di mandare, insieme all’aria, del muco nell’orecchio. Questo, in fase di risalita, rischia di ostruire il defluire dell’aria dalla cavità ossea e, potenzialmente, può portare alla rottura del timpano per estroflessione.
Vale, anche in questo caso, il consiglio di prima: non sforzate la compensazione. Se un giorno avete qualche difficoltà, prima di provare nuovamente, lavate bene le narici con acqua di mare, sempre che sia pulita (non fatelo in Bocca d’Arno!), così siete sicuri che non manderete muco nell’orecchio medio. Dopodiché provate nuovamente a scendere, senza forzare. Se non ci riuscite, credo che sia bene rinunciare all’immersione.
A volte può capitare che in discesa o in risalita si avverta una breve vertigine, che dura solo un secondo o poco più. Se è solo un fenomeno sporadico (e comunque momentaneo) si tratta di quella che viene definita Vertigine Alternobarica.
In pratica, si tratta di una momentanea differenza di pressione tra i due orecchi medi e questo, stimolando i centri dell’equilibrio in maniera falsata, provoca questo piccolo disturbo.
SE SI ROMPE IL TIMPANO?
Il timpano, fortunatamente, tende a rimarginarsi spontaneamente. Questo anche perché in genere esso non si sfonda completamente, ma piuttosto si stacca in qualche punto dalla parete o si lacera leggermente.
Naturalmente, in questi casi la visita dall’otorino è d’obbligo; egli ci prescriverà quasi certamente anche degli antibiotici, a causa dei microrganismi che sono penetrati nell’orecchio medio. In 15 giorni circa il timpano è rimarginato ed in un paio di mesi possiamo tornare un acqua. Può darsi comunque che rimanga una piccola cicatrice sul timpano, abbassando di qualche decibel il nostro udito relativamente a determinate frequenze.
LA MASCHERA
Come tutti saprete…già, anche la maschera va compensata. Non ve lo scordate!
Il palato molle, di solito, tende e chiudersi quando siamo in apnea e, isolando la zona del naso e della maschera, fa sì che essa inizi a diminuire di volume all’aumentare della pressione. Se si insiste e se la “depressione” nella maschera diventa elevata, a parte la possibile rottura di qualche capillare dell’occhio (colpo di ventosa), si ha l’impossibilità a compensare l’orecchio, rimanendo anch’esso isolato e quindi a pressione minore rispetto all’esterno e alle vie aeree inferiori.
I SENI
Le altre cavità ossee presenti all’interno del naso, ovvero i seni, di solito si compensano da sé; sono collegati con canali abbastanza grossi e quasi sempre aperti. Dico quasi sempre, perché in caso di raffreddore, rinite o sinusite, tendono a chiudersi. Se l’aria non entra nei seni mentre state scendendo, il dolore sarà così forte da farvi capire che non è il caso di andare oltre. Basta anche un metro per provare fitte terribili. Non confondete questo con qualche dolore ad un dente, causato magari da un’otturazione mal fatta. Nella maggior parte dei casi il dolore dei seni mascellari si propaga fino ai denti. L’ostruzione di un seno, comunque, è molto più probabile di un’otturazione fatta male.
SANGUE DAL NASO
Se forzate la compensazione, soprattutto per i seni, può capitare di rompere qualche capillare e di notare una perdita di sangue dal naso. Non allarmatevi. Se è solo dovuto a questo, non ci dovrebbero essere molti problemi. Comunque interrompete l’immersione e tenete sotto controllo il fenomeno. Nel caso sia alquanto consistente, fatevi visitare da un otorino.
Leggi la seconda parte dell’articolo
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Category: Altre discipline, Apnea
salve vorrei capire una cs, io e da 7 anni che faccio pesca sub,
quando scendo su 5 – 10 metri cerco di compensare e nn risesco da cs puo dipendere che nn faccio la manovra bene oppure che dovrei andarci piano piano
spero che lei mi puoi dare qualche cosiglio aspetto una sua risp cordiali saluti
Salve, pesco spesso in apnea durante il periodo estivo. Credo di raggiungere i 10 mt circa avvertendo comunque fastidi dovuti alla pressione e alla mia scarsa capacità di compensare che non mi permettono di superare questo limite. Non sono mai riuscito a compensare bene e a non avere problemi dopo, credo, i 7-8 metri circa. A quella profondità comincio ad avvertire fastidi alle orecchie e, a volte, agli occhi. Una cosa che mi succede spesso è infatti anche un dolore ai bulbi oculari quando scendo in profondità. Addirittura a volte mi succede che dopo una giornata passata a scendere in apnea, l’indomani, se provo a immergermi di nuovo i bulbi oculari mi fanno male appena sceso a soli 2 metri e mi costringono a non immergermi. A cosa è dovuto? E’ possibile che vi siano persone che non riescono, anzi che non possono compensare per motivi fisici naturali e ve ne siano altre invece più portate per questo? Praticamente mi immergo da quando avevo 9 anni e sono quindi 28 anni (ne ho 37) che mi immergo al massimo, sempre secondo calcoli non precisi) a 10mt circa. Grazie
Ciao, hai mai frequentato un corso di apnea o pesca in apnea? Per non avere problemi è essenziale applicare correttamente la compensazione. Certamente esistono delle condizioni soggettive (es: stenosi) che possono ostacolare o compromettere l’efficacia della manovra, così come esistono soggetti che compensano spontaneamente, senza fare assolutamente nulla (beati loro!), ma è difficile dare risposte precise senza averti mai visto in azione e senza il parere di un otorino, meglio se abituato ad avere a che fare con i subacquei.
molto interessante, io ho un problema sempre allo stesso orecchio , dopo un paio di immersioni devo andare dall’otorino e mi diagnosticano otite esterna come posso combatterla?
Se sei sicuro di effettuare correttamente la manovra di compensazione, dovresti farti vedere da un otorino “navigato” in fatto di disturbi legati all’immersione.
Salve, argomento ben descritto, ma non ho trovato risposta alla mia domanda/problema, quando compenso, utilizzando la manovra valsava, riesco a compensare solo un orecchio, e per quando mi sforzi l’altro non si compensa. Cosa può essere??
Dovresti farti visitare da un otorino, se non si tratta di un fenomeno transitorio potrebbe trattarsi di una stenosi tubarica che rende difficoltosa la compensazione.