La Cattura di un Pesce Sotto Taglia è Reato?
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Negli ultimi giorni ci sono giunte molte richieste di chiarimento sulle sanzioni previste per la cattura di pesce di dimensioni inferiori a quelle minime stabilite dalla normativa comunitaria e nazionale. Alcuni lettori hanno riportato le allarmanti dichiarazioni rilasciate in un’intervista pubblicata in rete da un ufficiale della Guardia Costiera impiegato presso l’ufficio contenzioso di un comando periferico, quindi una persona altamente qualificata.
Rispondendo alla domanda “Cosa succede se pesco pesce di misura inferiore al consentito?” l’ufficiale ha risposto in modo laconico, inquadrando la fattispecie come un reato contravvenzionale sanzionato con l’arresto da 2 mesi a 2 anni o con l’ammenda da 2.000 a 12.000 euro.
Ci duole rilevare come, tecnicamente, la risposta non appaia affatto completa e, quindi, corretta.
L’articolo 7 del D.Lgs 4/2012 dedicato alle contravvenzioni, ossia ai fatti di rilevanza penale, alle lettere a), b) e c) stabilisce i seguenti divieti:
a) detenere, sbarcare e trasbordare esemplari di specie ittiche di taglia inferiore alla taglia minima in violazione della normativa in vigore;
b) trasportare e commercializzare esemplari di specie ittiche di taglia inferiore alla taglia minima in violazione della normativa in vigore;
c) detenere, sbarcare, trasportare e commercializzare le specie di cui sia vietata la cattura in qualunque stadio di crescita, in violazione della normativa in vigore;
Si presti attenzione ai verbi che identificano le condotte vietate: manca il verbo “catturare”, ed il motivo è spiegato dalle norme seguenti dello stesso D.Lgs 4/2012, che al comma 2 dello stesso articolo 7 dispone:
2. In caso di cattura accessoria o accidentale di esemplari di dimensioni inferiori alla taglia minima, questi devono essere rigettati in mare.
Quindi abbiamo una norma che non vieta la cattura in sé, disponendo il rigetto delle catture accessorie o accidentali di esemplari sotto taglia, ma vieta invece la detenzione, lo sbarco, il trasbordo, il trasporto e la commercializzazione (quest’ultimo divieto è diretto alla sola pesca professionale, dato che per quella amatoriale e sportiva vige il divieto generale di commercializzazione di cui all’articolo 6 comma 3 dello stesso D.Lgs, che recita: “Sono vietati, sotto qualsiasi forma, la vendita ed il commercio dei prodotti della pesca non professionale”).
C’è poi l’articolo 8 comma 3 che merita attenzione:
3. Fermi restando i divieti di detenzione, sbarco, trasporto, trasbordo e commercializzazione di esemplari di specie ittiche al di sotto della taglia minima prevista dai regolamenti comunitari e dalle norme nazionali applicabili, nei casi di cui al comma 2 dell’articolo 7 non è applicata sanzione se la cattura è stata realizzata con attrezzi conformi alle norme comunitarie e nazionali, autorizzati dalla licenza di pesca.
L’articolo conferma che in caso di rigetto (il richiamo all’articolo 7 comma 2) le catture accidentali di esemplari sotto misura non sono sanzionate qualora siano state effettuate con attrezzi conformi alle norme comunitarie e nazionali. Il fucile subacqueo è rientra tra gli attrezzi consentiti per la pesca sportiva e amatoriale (art 138 lett e) DPR 1639/68), pertanto anche sotto questo profilo non ci sono problemi.
Riassumendo: la cattura di esemplari sotto taglia con attrezzi da pesca consentiti dalle legge non integra alcun reato qualora il frutto di tale cattura venga prontamente rigettato (vivo o morto). La risposta corretta alla domanda “Cosa succede se pesco pesce di misura inferiore al consentito?” è: “Niente se il pesce sotto misura viene immediatamente rigettato in mare. In mancanza di rigetto immediato, invece, si rischia l’arresto da 2 mesi a 2 anni o l’ammenda da 2.000 a 12.000 euro”.
Si deve aggiungere, per completezza, che anche in caso di condotta penalmente rilevante è possibile essere ammessi ad oblazione ex art. 162 bis del Codice Penale, che degrada l’illecito penale in amministrativo a fronte del pagamento di una somma pari alla metà del massimo, in questo caso ben 6.000 euro.
Del resto, sappiamo bene che la dinamica tipica della pesca sub lascia spazio a catture accidentali, basti pensare ai casi in cui si spara ad una sagoma nel torbido o ad un’ombra che si sta defilando nei meandri di un anfratto. Se anche la cattura fosse proibita in sé – cosa che non è – appare chiaro che in simili circostanze verrebbe a mancare una volontà cosciente di violare un precetto penale, pertanto ci sembra che il reato risulterebbe difficilmente configurabile per mancanza dell’elemento soggettivo.
Non staremo ad annoiarvi con un tentativo di ricostruzione della genesi di questa norma del D.Lgs 4/2012, che si proponeva di ottemperare all’obbligo di allineamento della normativa nazionale con le disposizioni comunitarie, in particolare il Reg CE 1005/2008 avente ad oggetto la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata.
Siamo però costretti a farlo con riferimento alle modalità bislacche con cui le nostre istituzioni hanno dato attuazione alle norme comunitarie, limitandoci a segnalare che l’articolo 44 del citato reg. 1005/2008 suggeriva agli Stati Membri di provvedere affinché “ le persone fisiche che hanno commesso un’infrazione grave o le persone giuridiche ritenute responsabili di un’infrazione grave siano passibili di sanzioni amministrative effettive, proporzionate e dissuasive” aggiungendo poi che avrebbero dovuto imporre “una sanzione massima almeno pari a cinque volte il valore dei prodotti della pesca ottenuti commettendo l’infrazione grave”.
L’articolo 44 aggiungeva (comma 2) che “nell’applicare tali sanzioni gli Stati membri tengono conto anche del valore del danno arrecato alle risorse della pesca e all’ambiente marino interessati” e chiudeva chiarendo che “Gli Stati membri possono imporre, in aggiunta, o in alternativa, sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive”.
In Italia, quello che è accaduto è che la violazione del precetto da parte di un peschereccio che detiene a bordo un quintale di pesce sotto taglia e quella del pescatore sportivo che ha un sarago di 15 cm di lunghezza…. integrano la medesima fattispecie penale, passibile della stessa ammenda da 2.000 a 12.000 euro…. senza tenere conto né dei criteri di proporzionalità caldeggiati dall’Unione Europea né, tanto meno, del valore del danno arrecato dalle infrazioni alle risorse della pesca e all’ambiente marino. Se un sarago di 15 cm vale 2.000 euro di ammenda, quanto dovrebbe valere un quintale di cefali sotto misura rinvenuti a bordo di un peschereccio secondo un criterio di proporzionalità?
Concludendo: sarebbe l’ora che la pesca sportiva e amatoriale avessero un proprio corpus normativo decisamente separato da quella della pesca professionale, che resta un fenomeno distinto e totalmente diverso. Il risultato dell’impropria commissione e della pessima tecnica legislativa utilizzata è una confusione generale alla quale, a quanto pare, non si sottraggono neanche gli addetti ai controlli più qualificati.
A ulteriore riprova, abbiamo analizzato le risposte fornite anche su altri quesiti, ravvisando altre apparenti imprecisioni:
Cosa succede se non rispetto i limiti di distanza dalla costa?
Qui l’ufficiale risponde dicendo che le distanze sono determinate dalle locali ordinanze delle CCPP e che la loro violazione è sanzionata ai sensi dell’art. 1164 comma 1 Cod. Nav. che prevede un importo da 1032 a 3098 euro. La risposta ci appare non corretta per le seguenti ragioni:
a) tutte le ipotesi di violazioni delle distanze da costa espressamente previste all’articolo 129 del DPR 1639/68 sono sanzionate ai sensi dell’articolo 11 comma 4 del D.Lgs 4/2012, con importo da 1.000 a 3.000 euro;
b) al di fuori di tali ipotesi, la violazioni dei divieti imposti con ordinanza in relazione all’uso del demanio marittimo per finalità turistiche ricreative dalle quali esuli lo scopo di lucro ci risultano disciplinate dal comma 2 dell’articolo 1164 Cod. Nav. introdotto con la legge 172/2003, che prevede la sanzione da 100 a 1.000 euro, vale a dire 200 euro con il pagamento in misura ridotta ex L. 689/81.
AGGIORNAMENTO Agosto 2016
Ad Agosto 2016, con la revisione delle sanzioni introdotte con la legge 154/2016, quasi tutti i reati penali in materia di pesca sono stati depenalizzati a semplici illeciti amministrativi, quindi puniti solo con una semplice multa.
Da quel momento, il pescatore sportivo/ricreativo che trattiene (la cattura in se non è un comportamento punibile in quanto evento potenzialmente accidentale) un pesce che non rispetta la taglia minima di legge, può incorrere solo in una sanzione amministrativa da 1000 a 3000 euro (ndr 1000 euro di pagamento in misura ridotta), e non più in contestazioni di natura penale.
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