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La Baia di Pisenze (Parte 1)

| 26 Febbraio 2008 | 0 Comments

 

Solo, sono rimasto solo! Sono bastati pochi minuti perché la spiaggia si svuotasse. All’orizzonte il cielo s’è fatto cupo e le prime gocce di pioggia stanno già da tempo segnando qua e la i sassi. Ancora, però, non s’è alzato il vento e la superficie del lago è tranquilla, si possono quindi notare i giochi circolari che le gocce muovono cadendo nell’acqua.
Semisdraiato sulla rena, la schiena poggiata ad un grosso masso, riparato dalle fitte fronde della boscaglia che, in questo punto, si spinge fin quasi sulla riva del lago, a differenza degli altri io rimango sulla spiaggia ad ammirare l’avanzare del temporale.

Mi piace sentire il ticchettio della pioggia, mi piace ascoltare il fruscio del vento tra le fronde degli alberi, mi piace osservare il lento progredire delle onde che man mano diventano sempre più insistenti e presuntuose, mi piace sentirmi circondare dai profumi della burrasca, mi piace l’intrigo del buio che sale, mi piace gustare il continuo mutare delle forme delle nuvole.
La, ecco il viso di una strega: il lungo naso aquilino, il grosso brufolo peloso, la fronte alta e spaziosa, i capelli disordinati. Più a fianco un grosso cane si trasforma rapidamente in un drago sputa fuoco. Poi ecco il viso di un bambino, un serpente arrotolato, un albero dalle larghe fronde, Eolo che soffia il vento, una piccola barca in balia dei marosi, una torta ricoperta di panna, un batuffolo di cotone.

Senza che me ne accorga passa più di un’ora e solo il rumore d’una macchina mi distrae dalle mie osservazioni, mi accorgo che il temporale sta passando al largo, le onde si sono acquietate diventando più rade e leggere, il vento è calato. Pioviggina ancora ma la temperatura è gradevole e l’acqua sembra ancora limpida, andiamo a pescare.

Scivolo nell’acqua, il fondale di chiara sabbia, l’acqua limpida e il sole che filtra tra le nuvole temporalesche creano un ambiente fantastico: sul fondo giochi di luce e di ombre che si rincorrono tra le pieghe della sabbia e i rilievi dei sassi, mentre in superficie le grosse e rade gocce di pioggia cadendo nell’acqua non si dissolvono subito ma vi penetrano come entità distinte e sprofondano per alcuni centimetri, poi si fermano e lentamente tentano di tornare a galla, mentre piccole onde circolari concentriche si allargano. Per pescare dovrei spostarmi a destra o portarmi decisamente più al largo, invece m’incanto ad osservare la scena e mi metto a giocare con i riflessi.
La pioggia pian piano s’interrompe e le nuvole si diradano riportando il sole sul lago, e con esso la mia attenzione torna alla pesca. Velocemente mi allargo sull’esterno della baia in direzione delle boe che delimitano la zona interdetta alla navigazione segnando, casualmente, una zona di grossi massi ricchi di tane. Ecco l’ombra del primo grosso masso, dalla forma tozza e arrotondata, arriva fin poco sotto la superficie, la base è leggermente sollevata dal fondo quasi per l’intera circonferenza e merita sempre un’accurata visita.

Rallento sia per arrivare silenzioso nei pressi del masso, sia per recuperare lo sforzo della lunga pinneggiata, sfilo dalla cintura il piombo mobile collegato alla sagola della boa e lentamente lo faccio scendere sul fondo, ancora un paio di respiri e’ via! Una bella capovolta e mi lascio cadere verso la sabbia del fondale, non serve pinneggiare basta un lieve movimento di caviglie per smuovere appena le punte delle pale e sono quasi arrivato. Mi raddrizzo e, con un altro lievissimo colpo di pinne, mi appresso al masso nella zona che risulta a contatto con il fondo.

Mi fermo un attimo per verificare l’assetto del corpo ed evitare di sfregare sulla sabbia, poi sempre molto lentamente mi sposto verso la mia sinistra per affacciarmi alla crepa. E’ buio li sotto, ci vogliono alcuni secondi prima che i miei occhi inizino a distinguere le cose, forse c’è qualcosa che si muove. Tirandomi con una mano mi avvicino ulteriormente infilando la maschera all’interno della crepa, ora inizio a vederci meglio, si c’è proprio qualcosa che si muove, è chiaro, è tondo, è ‘. un persico sole! E’sempre un bell’incontro però non è una preda d’interesse: sebbene dicano che le sue carni siano gustose, le moltissime lische lo rendono poco prelibato e poi è come sparare ad un sasso. Lo guardo ammirato per alcuni istanti e mi spingo lontano dal masso per risalire.

Riprendo fiato e mi rituffo sullo steso punto di prima, stavolta, però, invece di affacciarmi alla crepa, giro intorno al masso per raggiungere l’altro estremo della stessa. Sto per girare l’ultimo angolo e all’improvviso un’ombra nera mi si para davanti, è appoggiata alla roccia e mi guarda dritta in viso, le pinne iniziano a fremere e sta per girarsi, senza pensarci un attimo sparo al volo fermando il pesce proprio mentre sta per scattare via veloce. E’ una bottatrice, la prima che mi riesce di catturare. Ne avevo sempre sentito parlare ma mai ne avevo incontrate, se si fa eccezione per una piccolina vista lo scorso anno tra i sassi più avanti a questo. Iniziamo bene: due tuffi, due pesci e una bella cattura.
Esaltato dal fruttuoso avvio, setaccio tutti i sassi nel raggio di cento metri ma nulla, a parte qualche persico sole non si vede nient’altro. Cambiamo zona.

Mi sposto di circa 300 metri portandomi leggermente sotto costa, con l’intenzione d’ispezionare un posto che già mi ha dato qualche soddisfazione. Prima d’arrivare alla zona prevista, mi trovo a passare sopra un fondale interessante e che mai avevo notato, sembra un cerchio magico, quello che creavano le streghe nelle loro feste sabbatiche: una decina di sassi che circondano una spianata di fine e chiara ghiaia, l’ideale per lo stazionamento di cavedani e barbi, ma non siamo nel periodo giusto, sembra deserto, ma forse sotto qualche sasso c’è ancora qualcosa. Spinto dal mio animo d’esploratore, decido di fermarmi e dedicarci una certa attenzione.

Dalla superficie osservo attentamente il fondo per cercare di rilevare segni che possano indicarmi sotto quale sasso andare a guardare, ecco quello mi sembra il sasso giusto, si vede uno spacco e sotto dovrebbe esserci una discreta tana. Una silenziosa e precisa capovolta e raggiungo il fondo proprio sulla verticale del masso, lentamente mi sporgo dallo stesso e mi affaccio allo spacco, è vuoto, no, no aspetta, cosa c’è la in fondo? Si vede una grossa macchia bianca, un corpo rotondo e grosso, un’anguillaaaaa ed è anche bella grossa.
In silenzio mi ritraggo, sgancio il piombo della boa e lo appoggio delicatamente sul fondo, poi ritorno in superficie, conosco ormai le anguille e so che se non disturbate non abbandonano la loro tana quindi opero con lentezza per non affaticarmi: lo spacco è piccolo e ci si affaccia a fatica, l’anguilla si presenta di muso, mi serviranno più tuffi e lunghe apnee per poterla colpire bene, devo partire con le giuste energie.

Sono pronto, ho sostituito l’arpione con la fiocina e mi sono riportato sulla verticale del masso. Capovolta e giù. Come preventivato l’anguilla è ancora al suo posto, però lo spacco è ancora più piccolo di quello che sembrava: quando ci infilo la fiocina non vedo più nulla, se mi affaccio con la maschera non riesco ad infilare la fiocina. Ok, studiamo la situazione, l’anguilla è infilata in uno spacco rotondo e profondo, riesco a vederne solo la testa e le pinnette subito dietro ad essa. Con una serie di tuffi, esamino tutto attorno al masso, ma ai lati il masso è chiuso e sulla parte opposta, dove l’apertura sarebbe decisamente più grande, non si vede proprio nulla; bisogna lavorare ancora dallo spacco iniziale e tirare alla cieca, sperando d’indovinare l’inclinazione della fiocina affinché non sbatta contro le pareti della tana prima di arrivare a segno.

Scendo discosto dal masso e mi avvicino rasente il fondo per osservare bene la conformazione dello spacco e la posizione dell’anguilla, con una mano fermo la mia corsa in prossimità dello spacco e vi inserisco la fiocina. Sparo! La vibrazione dell’asta e il suo immediato risucchio verso l’interno mi fanno intuire che il colpo è andato a segno, ora la parte più delicata: il recupero. Non posso tirare direttamente l’asta, è quasi certo che l’anguilla si è abbarbicata nella tana e otterrei solo di estrarre l’asta vuota. Ritorno a galla, prendo fiato e giù di nuovo, stavolta rapidamente per non dar tempo al pesce di lavorarsi sulla fiocina e strapparsi. Impugno l’asta e delicatamente tiro verso l’esterno cercando di dare all’asta un movimento rotatorio. Viene, viene, eccola è presa abbastanza bene, la fiocina ha passato da parte a parte la testa entrando dalla bocca e uscendo, sul lato opposto, dietro gli opercoli branchiali. Appena possibile passo una mano dietro la fiocina e spingo l’anguilla sulla base della stessa, dove mi è possibile fare una bella presa attorno alla sua testa impedendogli di liberarsi.

Ancora un poco di fatica per infilarla nell’anello porta pesce: il suo corpo tondo e viscido certamente non favorisce l’operazione e l’anguilla continua ad agitarsi, contorcendosi attorno al mio braccio e stringendo con una forza impensabile in un animale apparentemente così esile.

È fatta, questa seconda cattura m’è costata quasi tre quarti d’ora e il sole inizia a calare sull’orizzonte: è ora d’uscire. Recupero il piombo del pallone, verifico che il porta pesce sia chiuso per bene e prendo la strada del rientro a terra. Nel riattraversare tutto il lato destro dell’ampia baia provo a dare ancora qualche occhiata sotto le tane che numerose sono in questa zona, ma non incontro più nulla. Va beh, posso essere soddisfatto.
Mi distendo sulla rena della spiaggia e osservo gli ultimi raggi di sole che colorano di rosso la superficie del lago, un’altra bellissima giornata di pesca, ma non solo, altre stupende soddisfazioni mi sono state date dai giochi e dai colori del primo pomeriggio.
Ciao lago, ciao Pisenze, a presto.

Descrizione

La Baia di Pisenze è una piccola ansa interdetta alla navigazione, sia essa a motore che a vela, delimitata a nordovest dalla Punta di Belvedere, dalla quale è separata da una lunga spiaggia di fine rena, e a sudest dalla Rocca di Manerba, verso la quale si estendono bassi scogli sovrastati dalle pendici boschive della Rocca.
A fronte della baia la parte settentrionale del lago e sullo sfondo di questo, a sinistra il Monte Ario, Monte Pizzoccolo, il Monte Castello di Gaino, le pareti di Gargnano, a destra il possente massiccio del Monte Baldo.

Comodo l’accesso, vicinissimo il parcheggio ed è pure servita da un ottimo ristorante con bar.
Attrattive turistiche

Sicuramente la Baia di Pisenze è di per se stessa un’attrattiva turistica, infatti il suo spiaggione è piuttosto frequentato sebbene mai affollatissimo, in ogni caso dalla stessa è possibile raggiungere con 20 minuti di cammino il bellissimo Parco della Rocca di Manerba e, da questo, la sommità stessa della Rocca, punto d’interesse archeologico. Ambedue sono stati già ampiamente descritti in un precedente articolo, al quale si rimanda per maggiori informazioni in merito.

Altrettanto interessante e meno faticosa la passeggiata all’Isola di San Biagio, a cui si perviene percorrendo dapprima lo spiaggione di Pisenze, poi la Punta di Belvedere, tenendosi sugli scogli lato Pisenze, in quanto l’ìntera punta è sede del Campeggio San Biagio. Dal 2007 l’accesso all’isola, che è pure di proprietà del Camping San Biagio, è a pagamento (gratuito per i clienti del campeggio).Come arrivare?

Per raggiungere la località di Pisenze bisogna innanzitutto portarsi a Manerba del Garda seguendo le indicazioni stradali già riportate nell’articolo sulla Rocca di Manerba, di cui riprendiamo la sola parte interna al comune di Manerba.

Manerba – Pisenze

Giunti alla rotonda del Crociale di Manerba, svoltare a destra per Manerba (via Valtenesi) e oltrepassare un’altra rotonda più piccola, ignorando la stradina chiusa sulla destra (edicola). Si arriva, così, ad una ampia curva a sinistra, in uscita da questa tenere a destra direzione Montinelle-Moniga-Gardoncino-Parco Naturale (via 4 Novembre). Arrivati in fino a detta strada, girare a sinistra (via Gabriele d’Annunzio) direzione Montinelle-Porto Dusano-Rocca e oltrepassare una rotonda procedendo dritti fino ad uno stop.

Ora due possibilitàa) Più diretto ma per stretti vicoli

Dallo stop proseguire dritti per via del Melograno ignorando le due stradine laterali, la prima (vicolo del Colle) a destra e la seconda (via Leutelmonte) che arriva da sinistra. Poco oltre quest’ultima s’incontra un breve slargo, poi, in prossimità del cancello di un alberghetto, la strada si restringe nuovamente per arrivare in breve a una diramazione a Y. Girare a sinistra (Via Pisenze) e seguire la strada, inizialmente in ripida discesa, fino a incontrare sulla sinistra un piazzale sterrato (se si arriva dopo le 10 è meglio parcheggiare qui, più avanti è probabile non trovare posto). Poco oltre il piazzale, superato il muro di una casa, svoltare a destra (via Duca d’Aosta, evidente l’indicazione del Ristorante Pisenze) e procedere fino al termine della strada (200m ca), dove sulla destra è possibile parcheggiare (30 vetture al massimo).

b) Meno diretto ma per strade più larghe e agevoli

Dallo stop prendere a sinistra per via G. B. Marchesini, arrivati in piazza San Bernardo procedere dritti per una strada in discesa (viale degli Alpini). Alla prima curva prendere a destra la prima strada (via G. Orlando) e seguirla fino al suo termine. A sinistra per la ripida discesa di cui sopra (via Pisenze) si perviene al parcheggio.

Dal parcheggio si raggiunge la spiaggia in tre minuti di cammino lungo una comoda stradina asfaltata, a destra il Ristorante Pisenze, a sinistra il muro di cinta di una delle tante villette che sorgono in zona, e un ripidissimo scivolo in cemento con scalette al centro.

Salvo diversa indicazione le illustrazioni (foto e disegni) sono di Emanuele Cinelli

‘ continua ‘

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Category: Pesca in Apnea

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