Intervista a Fulvio Calvenzi, Presidente FIPIA
Fulvio Calvenzi, sessantaduenne milanese, è un consulente in campo ambientale nonché esperto di “due diligence ambientale”. Appassionato di pesca in apnea sin dalla maggiore età, ricopre oggi l’incarico di Presidente della FIPIA, la Federazione Italiana Pesca in Apnea che si è costituita lo scorso febbraio con il fine di promuovere la disciplina ed offrire voce e rappresentanza ai tanti pescasub amatoriali che non si sentono adeguatamente tutelati dalle altre realtà associative, FIPSAS in testa. Per capire meglio i programmi della neonata associazione, lo abbiamo intervistato.
Come nasce la FIPIA? Quali sono le ragioni per cui si è ritenuto necessario creare un nuovo organismo associativo e come si sono messe insieme le forze necessarie per concretizzare un’aspirazione certamente non nuova, che però è rimasta priva di riscontri fattuali per lunghi anni? Perché si è scelto di usare il termine “federazione”? Non c’è il rischio che questo nome possa dare luogo a dispute con la FIPSAS?
FIPIA nasce principalmente sulla e nella “rete”. In tale ambito ha coagulato le richieste che nel mondo dei forum i pescatori in apnea presentavano con insistenza: avere voce, essere rappresentati. Non entro nel merito del lavoro fatto da altri per coprire questo ruolo, però è certo che una grossa parte degli appassionati non si sentiva sufficientemente tutelata o rappresentata. Ci siamo così costituiti, tra gente della rete, chiamandoci Federazione in quanto il nostro intendimento è quello di federare quelle realtà associative che lo riterranno utile per fare “massa critica”. Lo strumento federativo permette infatti alle associazioni federate di continuare ad avere totale autonomia al loro interno ma, contemporaneamente, di entrare con pieni diritti anche nella FIPIA. Siamo organizzati affinché ogni associato abbia diritto ad un voto in tutte le istanze interne che si presenteranno.
Infine, non riteniamo possano sorgere dispute con FIPSAS, anzi pensiamo che la nostra azione possa essere sinergica a quest’ultima: ci occupiamo di pesca in apnea ricreativa, abbiamo una posizione “possibilista” rispetto all’agonismo ma non ce ne occupiamo, stiamo raccogliendo consensi presso chi non si sarebbe mai iscritto alla FIPSAS aumentando così il numero complessivo dei pescatori in apnea rappresentati; insomma, siamo comunque una voce in più a favore della nostra passione.
Ci pare di capire che l’obiettivo principale della FIPIA sia quello di acquisire peso e riconoscimenti necessari per poter interloquire con le istituzioni nelle sedi ufficiale e dare voce, così, alla massa di pescasub amatoriali che oggi non si sentono rappresentati dalle associazioni già presenti sul territorio. Quali sono i passaggi che avete in mente per raggiungere questo obiettivo?
Su questo fronte niente di innovativo se non il nostro impegno. Stiamo promuovendo azioni di sensibilizzazione per una pesca etica, responsabile e sostenibile, stiamo formulando richieste per la revisione di leggi troppo penalizzanti per la pesca in apnea, stiamo partecipando ad attività scientifiche finalizzate allo studio ed alla tutela del mare, abbiamo promosso, con il patrocinio del Corpo delle Capitanerie di Porto-Guardia Costiera, una campagna per il rispetto delle distanze di sicurezza dal pallone di segnalazione del subacqueo. Tutte queste attività sono prima di tutto la risposta ai compiti che ci siamo dati per statuto ed in seguito, riteniamo possano divenire il nostro “biglietto da visita” da presentare alle istituzioni.
Se la FIPIA dovesse indicare i tre principali problemi della pesca in apnea, quali sarebbero in ordine di importanza?
L’ignoranza sui valori di questa disciplina e sulla sua reale sostenibilità ambientale. Una legislazione eccessivamente ed ingiustificatamente penalizzante. Il bracconaggio, ovvero la presenza in mare di sedicenti pescatori in apnea (o addirittura con le bombole, ma spesso accomunati alla nostra categoria) che pescano per trarne profitto economico, ponendosi in sleale concorrenza con la pesca professionale e danneggiando la nostra immagine.
Nella mia personale esperienza, la battaglia per la tutela dei pescatori in apnea si rivela un compito più difficile di quanto possa sembrare a prima vista, nonostante il peso schiacciante dei nostri argomenti. Nelle stanze dei bottoni si ha talvolta l’impressione di fronteggiare un muro di gomma, ed è decisamente frustrante veder liquidare argomentazioni decisive con formule di stile o affermazioni apodittiche. Siete consapevoli del fatto che il mancato ottenimento dei risultati desiderati da parte delle associazioni già attive non è sempre dovuto all’incapacità o alla scarsa operosità di chi agisce per loro conto?
Proprio perchè le tesi con cui sono state “rimbalzate” le istanze poste dalla pesca in apnea hanno poco di apodittico, ovvero mancano del requisito di “dimostrabilità” [ndr: si gioca sulla valenza del termine apodittico, che letteralmente significa “dimostrabile” ma che nella domanda è utilizzato nella sua accezione di sinonimo di “dogmatico”, meno rigorosa sotto il profilo etimologico ma propria di una retorica diffusa] , riteniamo che si possa continuare la battaglia. Vogliamo continuare a portare le nostre tesi, aggiungendo il “peso” di molti pescatori in apnea fino ad oggi rimasti in silenzio.
La nostra categoria è piccola e certamente ha un ridotto peso politico. La notevole frammentazione delle sue rappresentanze, spesso in polemica e quasi mai in rapporto di cooperazione leale, non rischia di diventare un ostacolo insormontabile per il raggiungimento degli obiettivi comuni? La FIPIA come pensa di fronteggiare questo rischio?
La risposta è quasi contenuta nella domanda: continuando a “martellare”. E poi non siamo così pochi. Al 2 di maggio su 440.000 cittadini che hanno già sottoscritto il “censimento”, 20.000 hanno indicato la pesca in apnea tra le forme di pesca praticate. Il nostro sforzo è indirizzato a raggiungerli , farli emergere (e che altro… siamo subacquei, ma dobbiamo emergere) e a dargli voce. Chiunque operi in tal senso ci vedrà come compagni di avventura. Siamo totalmente aperti a sostenere o collaborare con qualsiasi Associazione o Federazione su obiettivi di tutela della pesca in apnea.
Se dovessi spiegare ad un appassionato perché dovrebbe iscriversi alla FIPIA, cosa gli diresti?
Innanzitutto direi ad un appassionato di iscriversi a una qualsiasi forma associativa che difenda la categoria. Poi gli direi di considerare anche la nostra Federazione, costituita da “non professionisti” della politica o dell’associazionismo, e dove ogni testa ha un voto.
Come vedete il futuro del Mediterraneo?
Nero, se non si invertirà la tendenza attuale e non si intraprenderanno e vinceranno importanti battaglie contro l’inquinamento diffuso e contro un prelievo insostenibile. Rispetto a quest’ ultimo punto la CEE indica già due vie: la conversione verso tecniche di pesca più selettive e la contingentazione del prelievo delle specie più a rischio. Anche queste sono battaglie che è indispensabile vincere. Ne va del futuro del mare e con lui del futuro delle prossime generazioni.
Grazie mille e buon lavoro! Per maggiori informazioni sulla FIPIA, potete consultare il sito della FIPIA.
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