Intervista a Renzo Mazzarri: “Un mostro al Tinetto” (5/5)
1984: prova autunnale di Coppa Europa. Teatro dell’importante manifestazione gli splendidi scenari liguri di La Spezia, più precisamente le piccole isole di Palmaria, Tino e Tinetto. Durante la preparazione io ed i miei compagni di squadra Paolo Cappucciati e Daniele Bacci ci rendiamo conto della povertà di pesce della zona. Si incontrano perlopiù cefali al libero (abbondanti) ed in tana pochissimi saraghi e qualche grongo. Peraltro il pesce bianco in tana è molto mobile e quindi imprevedibile. L’acqua torbida non facilita le cose ed il giorno della gara i dubbi sull’esito sono pressanti. Comunque ognuno di noi ha il suo piano: Cappucciati imposterà la gara su alcuni gronghi scovati nella parete del Tino in circa 24/25 metri di fondo, Bacci si dedicherà alla ricerca dei cefali ed io controllerò alcune tane e, sul tardi, mi porterò in una zona dove ad un orario ben preciso confido di poter incontrare grossi cefali da catturare all’aspetto.
La gara ha inizio ed io comincio a fare i primi tuffi su alcune tane nelle quali avevo segnato qualche sparuto sarago e qualche corvina al limite del peso. Non trovo nemmeno un pesce di quelli marcati sul taccuino e, dopo un paio di ore, la vedo nera. Allora mi sposto al Tinetto, per la precisione nella parte interna, dove in fondo alla parete c’erano diversi grossi sassi accatastati che formavano dei veri e propri cunicoli. In preparazione non avevo visto nulla di interessante, ma il posto poteva anche regalare sorprese. Comincio a fare le mie discese armato di un SL 80 (che mi ero fatto fare apposta) e ad infilarmi dentro questi tortuosi anfratti munito di torcia. Ispeziono le parti più buie e nascoste ma non trovo nulla. All’ennesima discesa entro in uno spacco un po’ più stretto degli altri e che si allunga per alcuni metri. Percorro un tratto di questo buco al buio poi, quando noto che comincia a stringersi, mi fermo ed illumino davanti a me.
Vengo preso da un sussulto quando mi trovo a pochi palmi dalla maschera da un mastodontico grongo che mi guarda col suo fare curioso e minaccioso. In vita mia ne avevo incontrati molti e grossi ma questo li doppia tutti abbondantemente. Ha un occhio che pare quello di un bue. Dopo un attimo di titubanza alzo il fucile fortunatamente armato di arpione per le grosse cernie, con grandi alette contrapposte, gli miro proprio nel suo grande occhio e sparo: succede il finimondo. L’enorme pesce si dibatte come una furia e vedo passare più volte il codolo dell’asta, sbattuta a destra e sinistra, a pochi centimetri dalla mia faccia. In più il pavimento a fango non facilita le cose ed in breve non vedo più nulla. Afferro la robusta sagola da tre millimetri e comincio a tirare arretrando. Niente, non si muove di un centimetro. Anzi un paio di volte mi trovo costretto a puntellarmi con la mano libera alla roccia per non essere portato ancor più all’interno. Il colpo è piazzato benissimo, sono sicuro, ma la bestia pare non aver accusato. Tiro ancora facendo leva anche sui gomiti e sento che un po’ viene.
E’ il momento giusto per tirare forte verso l’uscita. Il fucile non lo posso mollare sennò non lo avrei perso per sempre. Tiro, tiro ed il pesce, seppur ancora combattivo, pare cedere pian piano. Sento le pinne che escono dal buco, poi il bacino, poi le spalle. Sono quasi del tutto fuori. Faccio uscire il fucile e con due giri di sagola intorno alla mano destra chiusa a pugno do l’ultimo strappo. Succede qualcosa. Mi ritrovo l’asta vuota e riemergo in superficie. Prendo in mano l’asta da 8 e mi accorgo che oltre a essere leggermente piegata è pure priva di arpione. “Noooo!” penso, “si è svitato!”. Guardo meglio e m’accorgo che l’arpione è ancora lì ma le alette sono state radicalmente strappate. Sono incredulo. Cernie di 20/25 chili non erano riusciti nemmeno a scalfirle ed un grongo le ha divelte? Sono sbigottito. Proverò a tornare un paio di volte sulla tana nel tentativo di ritrovarlo, ma inutilmente. Un’altra esperienza incredibile. P.S. più tardi andai all’appuntamento coi cefali ed in un’ora circa ne presi 9 all’aspetto vincendo la prova individuale e quella a squadre. Dimenticavo: quel grongo, occhio e croce, sarà pesato una trentina di chili. E non lo dico perché, come spesso accade, il pesce perso è sempre il più grosso di tutti. Mai visti di più grandi in vita mia.
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Category: Interviste, Pesca in Apnea