Intervista a Bernard Salvatorì: il Mare nel Profondo
Il francese Bernard Salvatorì è stato un grande Campione della decade metà anni ’80, metà anni ’90. Vincitore dell’Assoluto di Francia nel 1987 in Corsica, vice Campione individuale al Mondiale di Porto Cristo nel 1992 e tanti altri prestigiosi piazzamenti nelle competizioni più importanti del mondo; era famoso per le sue picchiate nel blu alla ricerca delle grosse cernie. Indimenticabile la sua cattura record a 45 metri di una cernia di 21 chili in tana al medesimo Mondiale.
Ottimo stratega, grande professionista ed atleta preparato, ha fatto della forza mentale, della tecnica e della tranquillità le sue armi migliori per eccellere in una pesca riservata a pochi a quei tempi. Figlio d’arte, classe ’52 è alto 180 centimetri ed, in piena forma, pesa 75 kg. Ha una capacità vitale di 5 litri. Usa solo arbaletes ed, a differenza di molti, usa da sempre una cintura sganciabile per i tuffi estremi. Ama la pesca profonda nelle limpide acque della Corsica dove risiede nel periodo estivo. Essendo in Francia la cernia vietata da anni, si dedica spesso alla pesca di dentici e ricciole. Per catturare i serranidi ogni tanto si sposta in Sardegna. Persona molto disponibile e simpatica.
Allora Bernard, Come hai Iniziato ad Avvicinarti alla Pescasub?
Nasco figlio d’arte. Mio padre Tony è stato tre volte campione Assoluto di Francia e campione a squadre a Rio de Janeiro nel 1963. Lui mi ha portato con sé e mi ha trasmesso la passione per la pesca sub. Era fantastico entrare in un modo sconosciuto e apprendere le malizie e le tecniche per farne parte sempre e comunque da ospite. E questa è una regola fondamentale per aver successo e non rischiare. Piano, piano i miglioramenti arrivarono e con essi le prime importanti catture. Ricordo ancora con grande entusiasmo i primi pesci catturati: saraghi, corvine, spigole. Con gli arbaletes riuscivo a fare tiri precisi e silenziosi. Un’arma che ho usato con successo e che uso tutt’ora.
Poi, in seguito, cominciai a frequentare i limpidi e profondi fondali della Corsica affiancato dal grande Jean Denis Caumer. Era un profondista che fu Campione di Francia nel 1978 a Cannes, andando a pescare tre grosse cernie a più di 30 metri di fondo. Mi volle insegnare le tecniche della pesca profonda perché vide in me le potenzialità per un probabile successo futuro. Con pazienza e sempre a piccoli passi la profondità prese il sopravvento. Un tipo di pesca affascinante, selettivo, ricco di grandi soddisfazioni e necessario per insidiare la regina delle tane fonde: la cernia. Devo ringraziare profondamente Jean Denis per tutti gli insegnamenti e le malizie che mi ha trasmesso. Non solo tecniche ma anche mentali. Anzi queste ultime decisamente più importanti. Per fare un tuffo a 35/40 metri serve un approccio psicologico ben delineato e consapevole. I rischi, sennò, sono tanti. Troppi.
Quando hai Fatto il Salto di Qualità che poi ti ha Portato in Nazionale?
Tutto avvenne dopo il mio secondo posto ai Campionati Nazionali Assoluti del 1985 a Marsiglia. Ricevetti la chiamata per una convocazione in Nazionale col team francese in vista di un appuntamento di Coppa Europa nelle Isole Baleari e più precisamente a Minorca. Fu un debutto decisamente fortunato ed eccitante. Si sarebbe pescato a cernie e con acqua limpida e profonda. Poi c’erano tutti i migliori dell’epoca, passando da Amengual e Toschi, per arrivare ad Esclapez, Ramon Reus e molti altri. Gli spagnoli erano i favoriti d’obbligo. Cacciavano nel loro territorio e conoscevano a menadito il campo gara. Io ero piuttosto teso ricordo, ma feci una bella preparazione e, in due o tre giorni (non rammento con precisione), trovai alcune cernie e diverso pesce bianco.
Ovviamente sapevo che in gara sarebbe stato tutto più complicato ma, comunque, ero abbastanza contento. Il giorno della competizione (una giornata secca di 5 ore), trovai alcune difficoltà perché si era alzata una fastidiosa corrente ed io avevo segnali molto fondi. Almeno per quanto riguardava le cernie che erano tutte tra i 31 ed i 35 metri. Comunque feci la mia gara e seguii la mia strategia. Alla fine, nonostante anche una buona dose di stress dovuta al debutto ed ad alcuni segnali sicuri trovati desolatamente vuoti, avevo in carniere tre belle cernie (una di ben 25 chili) ed un pesante cavetto di saraghi e corvine.
Certamente mi resi subito conto di aver fatto un’ottima pescata ma, nello stesso momento, pensavo che gli altri (soprattutto i locali) avessero potuto fare decisamente meglio. Alla pesatura, con un po’ di stupore, conquistai un secondo posto finale a pochi punti dal grande spagnolo Juan Ramon Reus. Ecco devo dire che questa gara, questo debutto fortunato, mi diede la scossa per credere ancor più fermamente nelle mie capacità. Per entrare nel mondo affascinante dell’agonismo in maniera più sicura. Più consapevole. Insomma Salvatorì aveva le armi per poter combattere alla pari anche con gli altri anche se, consapevolmente ed ovviamente, sapevo che la strada sarebbe stata comunque lunga e faticosa. Per stare nell’élite servivano conferme e costanza.
Ci Racconti la Vittoria al Campionato Assoluto Francese nel 1987? Che Tipo di Gara Fu?
Lo ricordo ancora benissimo e con un filo di emozione. In quei periodi ero in gran forma e affascinato dall’ambiente agonistico. Quell’anno l’assoluto si sarebbe disputato in Corsica, più precisamente a sud di Solenzara. Se da un lato le limpide acque corse mi stimolavano, dall’altra il divieto di cattura della cernia mi limitava. Feci una discreta preparazione e decisi di partire al largo, su una secca ben conosciuta e presente in evidenza sulla carta nautica. Siccome era un campionato di due giornate e solo a pinne, pensavo che avrei dovuto condividere la zona con altri concorrenti. Infatti il posto era ricco di saraghi e corvine e veramente allettante e acqua limpidissima.
Dopo il via mi diressi a tutta velocità, attaccato alla mia plancetta, sulla zona in questione e, con stupore, mi resi subito conto che ero solo. A quel punto mi preparai per fare tuffi mirati e tranquilli su zone ricche di pesci smaliziati, ma che avrebbero potuto consentirmi di fare un buon bottino utilizzando la tecnica della pesca in tana. Il problema principale fu spaventare le tante cernie presenti e farle scappare o intanare. Ci riuscii con un po’ di fortuna e di bravura, ed alla fine tornai a terra con un pesante carniere di grossi saraghi e corvi. Vinsi così la prima frazione.
La seconda manche era in una zona più povera e più a terra e, nonostante la consapevolezza di dover dividere i posti migliori con molti, feci una gara di contenimento cercando di pescare in tana ed al razzolo. In effetti tutti i posti migliori erano conosciuti, e molte volte ti trovavi in un punto gomito a gomito con altri 4-5 atleti. Fu una gran lotta e rincorsa per 5 ore. Fu molto faticoso ma, di buona lena, realizzai una buona pescata di grossi tordi, i soliti saraghi e qualche corvina. Nonostante non vinsi la giornata feci un bel piazzamento e questo mi permise, alla fine, di centrare l’obbiettivo: divenni Campione Francese Assoluto con buon margine.
Fu una gran gioia. Il coronamento di un sogno. Un altro Salvatorì, dopo mio padre, nell’albo d’oro della pesca sub nazionale agonistica. Davvero indimenticabile. Sono molto legato a questo successo, che comunque rimane anche l’unico. Molti dei campionati nazionali francesi venivano (e vengono) disputati in zone torbide, poco profonde o povere di prede, ed a me non piace. Non mi stimola. Andare a sparare salpe o cefali, in due metri d’acqua, non mi arricchisce né mi esalta. Può essere anche un limite, lo so bene, ma sono molto cosciente di cosa voglio e di chi sono. So cosa mi dà soddisfazione e cosa valgo. Non è supponenza, è proprio un fatto mentale: non ho stimoli per certi tipi di pesca o certi fondali.
Allora Parliamo del Mondiale del 1992 a Porto Cristo. Gli Stimoli lì non ti Saranno Certo Mancati. Ci Racconti la Prima Giornata?
Il Mondiale di Porto Cristo a Maiorca è stata una competizione straordinaria. Un luogo di pesca ricco di cernie profonde e che mi ha dato la possibilità di esprimere al meglio tutte le mie potenzialità, di coinvolgermi completamente e di stancarmi tanto. Unico inconveniente, purtroppo, il maltempo che ha imperversato per tutte e due le giornate, ed in modo particolare nell’ultima. Con una situazione meteo migliore sarebbe uscito molto più pesce. Comunque rimarrà una gara unica, fantastica, credo la più bella a cui ho partecipato.
L’inizio della prima frazione di gara il tempo era clemente e mi sono diretto su una zona in circa 33 metri dove c’erano alcune pietre con un paio di cernie sicure e, al lato della secca, sui 35/36 metri, una zona ricca di corvine e saraghi. Dopo alcuni tuffi iniziali sui serranidi senza peraltro ritrovarli (ne catturerà una poco più tardi il mio amico Bellani) ho deciso di iniziare a pescare il pesce bianco. Avevo fatto dei calcoli in base alle sei ore di gara: facendo le cose con tranquillità, attenzione e passando un paio d’ore sul posto, avrei potuto catturare una ventina di pezzi, rompere il fiato, prendere ritmo e, successivamente, avrei potuto visitare i segnali profondi (tra i 40 e 45 metri) di cernie che avevo abbastanza vicino alla stessa zona, seguendo un preciso itinerario studiato a tavolino.
Quindi ho cominciato a catturare saraghi e corvine di buon ritmo, facendo inizialmente piccoli aspetti davanti agli spacchi per poi passare direttamente alla pesca in tana. In un’ora e mezzo, facendo 21 tuffi, ho messo a paiolo ben 19 bei pesci. Intanto è cominciato a cambiare il tempo ed il mare ha iniziato ad ingrossarsi. Secondo la tattica sono andato a visitare i segnali delle grosse cernie. Si trattava di piccoli sassi immersi nella sabbia. Pesci grossi e relativamente facili se non fosse per la profondità a cui si trovavano. Nonostante i molti segnali visitati sono riuscito a catturare solo una cernia di circa 6 chili in due ore. Davvero poca roba. Ero un po’ sconfortato. A quel punto avevo ancora qualche altra cernia, ma tutte oltre i 41 metri e con quel mare e quella corrente era veramente difficile. Ma non avevo altra scelta.
Complicato per complicato, ho deciso di partire sulla più profonda. Un grosso serranide in più di 45 metri di fondo. Mi dava una certa sicurezza perché l’avevo vista sempre intanarsi in una pietra piuttosto semplice, anche se lunga. Mi sono preparato bene e sono sceso tranquillissimo, con l’intenzione di marcare bene il punto e fare un secondo tuffo molto più preciso. Infatti il grosso pesce si è intanato ed io ho sganciato la cintura perfettamente accanto al sasso. A quel punto sono sceso un’altra volta per spararla. Sono scivolato sotto la pietra e l’ho vista in fondo nell’angolo. Ho sparato in maniera molto precisa e sono riuscito a fulminarla. L’apnea è durata due minuti e 20 secondi. In superficie l’ho messa in trazione ed è subito uscita. Recuperata è risultato un pesce di quasi 21 kg. A questo punto ero rinfrancato e molto carico.
Avevo due altri grossi pesci nei pressi ma, sfortunatamente, non erano in casa. Altro spostamento su un serranide in 43 metri, di almeno 27 chili, ma nulla anche lì. Il mare era diventato decisamente grosso e le mire a terra non si vedevano più bene. Mancava una mezz’ora circa alla fine e non potevo permettermi un lungo spostamento. Allora mi sono diretto su un pescione che avevo visto solo un paio di volte durante la preparazione. Viveva in 40/41 metri d’acqua. Vedevo solo un segnale a terra. Ci dovevo provare. Non c’era altra soluzione. La cattura sarebbe stata importantissima.
Ho fatto la solita planata di ricognizione e, fortunatamente, ho intravvisto il cernione che ha fatto uno scatto di una decina di metri e si andato ad intanare. A quel punto ho marcato il sasso e sono tornato a galla. Altro tuffo ed attenta ispezione del buco. Sembrava non esserci fino a quando in un angolino la torcia non ha fatto risaltare l’occhio. Il tiro non ha avuto storia. L’ho estratto e portato su nella solita immersione. Era poco più di 24 kg. Fantastico. La manche è terminata con 19 pesci, tre cernie e un secondo posto dietro un eccezionale Renzo Mazzarri. Nulla da recriminare e pronto per una seconda giornata ricca di mire: avevo circa una trentina di posti da visitare con altrettanti serranidi.
Dai Raccontaci anche la Seconda Frazione. Chissà che Lotta?
Effettivamente! La seconda giornata è iniziata con mare mosso, corrente sostenuta e, ad un certo punto, pure pioggia e grandine. Condizioni davvero al limite, tenuto conto che anche in quella giornata si sarebbe dovuto pescare intorno ai 40 metri. È stata durissima. Parto a razzo su una grossa cernia in 42 metri d’acqua, un pesce facile, il più facile che avevo tra i miei segnali. Infatti viveva sotto un sasso piuttosto piccolo e poco profondo. Purtroppo dopo averla sparata bene ed averla estratta la sagola del mio mulinello si è rotta ed il pesce, ancora vivo, è tornato nella sua tana alzando un gran polverone. A quel punto ho dovuto buttare via più di un’ora di lavoro per riuscire ad individuarla, spararla nuovamente ed estrarla. Mi sono un po’ innervosito e tutto ha cominciato a complicarsi.
Mi sposto su un’altra bella zona e ci trovo Renzo ed un altro concorrente. Mazzarri è lì da un po’ e sta tirando su una cernia dopo l’altra, a gran ritmo, in 40 metri d’acqua. C’è pure una intensa corrente da sud e ritrovare i pesci segnati non è facile. L’acqua sporca non aiuta e le mire a terra si vedono a malapena. Ogni volta mi devo ventilare in barca e fare il tuffo 100 metri a monte del segnale: una faticaccia. Sparo a 41 metri un cernione ed anche questo mi si “pianta” in tana. Si tratta di pesci di oltre 20 chili e dotati di una forza pazzesca, non è facile piazzare un colpo risolutore. L’acqua ricca di sospensione non permette di vedere bene e perdo un’altra ora e mezzo prima di averne ragione; peserà 22 kg.
Sempre nei pressi, in circa 40 metri di fondo, ritrovo un pesce di circa 23 chili che sparo in caduta con la speranza di fulminarlo. Purtroppo il tiro non risulta letale ed anche questo mi si intana. Serviranno due boette di trazione più un gran lavoro di raffio ed un secondo colpo per averne ragione. Sono veramente stanco, e vedo che anche Renzo lo è. Ha avuto un piccolo malore e sta riposando tra le braccia di Ramacciotti. Mi sposto di una cinquantina di metri più a sud. Ci sono poco più di 42 metri di fondo ed un altro grosso serranide. Scendo sul punto ma non vedo il pesce che, normalmente vive in un paio di pietre poco distanti l’una dall’altra.
Metto il pedagno e decido di visitare il rifugio più stretto. Entro dentro, accendo la torcia e scorro la pietra. Vedo il pescione ma è messo male. Scorgo la grossa coda muoversi. Non sparo e risalgo. Farò ancora qualche discesa per studiare la situazione. Manca poco a fine gara. Decido di spararlo dalla coda alla testa sperando di spiedinarlo e di non farlo muovere per poterlo lavorare velocemente. Lascio partire la fucilata. Tutto fermo. Afferro l’asta e la tiro a me. Il pesce è stato fulminato ed esce come un grosso scorfano. Sbiancata. Pazzesco! Il tiro più complicato della gara risulterà il più facile. Un pesce che supererà i 22 kg. Il tempo di giungere in superficie e dopo 5 minuti chiudono le ostilità. Avevo ancora oltre 20 segnali da visitare. Terminerò con 4 enormi cernie, terzo di giornata dietro Amengual e Mazzarri e secondo finale. Una grande emozione. Una gara epica. Un ricordo indelebile. La competizione più dura della mia vita. Che fortuna averla vissuta.
Che Fucili hai Usato per questo Mondiale? I mitici Viper, Suppongo?
Si. Ho usato quasi sempre un Viper su misura tagliato a 95 centimetri. Andava bene in tana ed in caduta. Asta da 7 millimetri lunga 130. Elastici da 16 millimetri i famosi Dessault nella misura di 22 centimetri. Elastici durissimi, tosti da caricare, che io rendevo ancora più performanti facendoli stagionare. Erano potentissimi ed in grado di sparare senza problemi aste pesanti e su pesci di mole a buona distanza. Poi ho usato anche un 100 ed un 90. Il primo giorno sui pesci bianchi ho alternato il 90 con un 75. Questi ultimi due con asta da 6.5 mm.
Quando sei in Piena Forma Quanto Durano le tue Apnee?
Più di 3 minuti. Ma qui bisogna fare una distinzione molto importante: la durata dell’apnea dipende dal tipo di pesca che pratico. Nella pesca in basso o alto fondale, all’aspetto, i tre minuti li faccio senza grossi problemi e in totale relax. Mente sgombra, acqua pulita e concentrazione. Il discorso cambia quando peschi in tana ad elevate profondità. Lì il tempo va ottimizzato e serve meno apnea cercando di lavorare di fino e realizzare il massimo risultato col minimo dispendio. Faccio un esempio: se devo scendere a sparare una cernia in tana a 40 metri mi regolo in maniera differente.
Calcolo che ci vorranno circa una quarantina di secondi per scendere e più o meno altrettanti per risalire. Poi ne dedico 30/35 sul fondo cercando di fare meno sforzi possibili, o quantomeno molto controllati per avere un buon margine di sicurezza per eventuali imprevisti (possono sempre capitare): quindi in totale 2 minuti circa. E credetemi a certe quote non si scherza. Il fattore mentale ed una gran conoscenza di te stesso e delle tue capacità è imprescindibile. Devi essere più preciso di un computer. Concreto. Perfetto. Quindi molta attenzione. Io non uso mai il piombo mobile ad esempio. Sempre una cintura marsigliese sganciabile in tutta sicurezza. Poi ho una seconda cintura con un altro mulinello sempre con me.
Hai mai Avuto Imprevisti o Situazioni Potenzialmente Pericolose in Profondità?
Fortunatamente solo una volta e mi è andata bene. Era una prova di Coppa Europa a Minorca e avevo segnato una grossa cernia in 33 metri di acqua. Un pesce di oltre 25 chilogrammi, ma che viveva in una pietra molto facile. Mi ero già fatto il film sulla cattura: avrei fatto una planata a mezz’acqua con una cintura semplice e, una volta individuato il pesce, sarei risalito per preparare bene il tuffo successivo e spararlo. Durante la discesa esplorativa con acqua cristallo vedo il cernione andare ad appoggiarsi accanto ad una pietra nel tentativo di non farsi vedere; una preda già morta. E qui il patatrac..
Ingolosito dalla situazione favorevole, convinto di poterlo fulminare e catturarlo con facilità, proseguii la discesa nel tentativo di colpirlo in caduta. Non mi ero nemmeno ventilato bene. Una volta scoccato il tiro però non filò tutto liscio: infatti non lo fulminai ed in più mi si bloccò il mulinello del fucile. A quel punto capii che tornare in superficie sarebbe stato quasi impossibile perché, nel tentativo di sbloccare il mulinello, persi anche del tempo prezioso. Così mollai il fucile con il pesce attaccato e la cintura. E arrivai a galla appena, appena in tempo. Mi andò veramente bene. Mi calmai presi una seconda cintura e recuperai il tutto nel tuffo successivo pesce compreso. Morale: mai immaginare la scena che accadrà prima di ogni tuffo profondo, mente sempre sgombra e, soprattutto, non cambiare mai il piano in corsa e cintura sganciabile sempre a portata di mano (cosa che in quel tuffo lì non avevo).
Quale è stato il Pesce più Profondo che hai mai Catturato?
In gara, la cernia presa ad oltre 45 metri al Mondiale che ti ho raccontato prima. Per conto mio invece un pagro preso a 50 metri in tana. Ero in compagnia dell’amico Umberto Pellizzari e stavamo cacciando a Cap Corse. Lui mi ha aiutato tanto mentalmente ad avere fiducia in me stesso e confidenza con la profondità. Molto di ciò che sono lo devo anche a lui. Comunque ho preso diverse cernie per conto mio tra i 45 e 48 metri (ovviamente non in Corsica perché vietate). Ma ripeto io ero sempre allenatissimo e ben cosciente di ciò che facevo. Ora sembra che tutti vadano a 40 metri ed è una brutta cosa. Perché anche 30 metri sono un’infinità e possono diventare una condanna. Non dimenticate: nel nostro sport l’umiltà è una modalità di sopravvivenza.
Peschi Ancora? Qual è la tua Arma Preferita?
Si, certamente. Pesco quasi sempre coi miei compagni Bruno Noguerra e Patrick Poggi, quasi sempre in Corsica. Acqua limpida ed ancora tanto pesce nei punti giusti. Mi dedico spesso all’aspetto a dentici e ricciole con buone soddisfazioni. Sono pesci bellissimi. Poi abbiamo ancora zone ricche di pesce bianco ed ogni tanto mi piace pescarlo in profondità. Pesco sempre tra i 30 e 40 metri. Sempre sganciando. Per quanto riguarda le cernie invece in Francia sono vietate da tempo quindi, quando voglio pescarne una, devo andare in Sardegna.
Smetterò di andare a mare solo quando non avrò più la possibilità fisica o mentale di farlo. Per me il mare è tutto. Per quanto riguarda l’arma, ormai è un paio di stagioni che uso quasi sempre un cento in carbonio con testata roller con un solo elastico da 14mm. La freccia, a seconda del tipo di pesca, è da 7/7 millimetri e mezzo, lunga 140 cm. È un’arma molto precisa, con poco rinculo e capace di trafiggere pesci molto grossi (vedi ricciola di 42 chili nella foto) anche a fine corsa. Me l’ha consigliata proprio Noguerra. Eccezionale!
Bernard, mi Racconti qualche Episodio Curioso che ti è Capitato Durante una Pescata?
Si, volentieri. Ero in Nuova Caledonia per una vacanza di pesca. Iniziamo col dire che, essendo essenzialmente pescatori mediterranei, non siamo sufficientemente abituati alle condizioni dell’Oceano Pacifico. Dunque durante una pescata e, nello specifico, in questa immersione riesco a sparare un bellissimo Cobia. Il tempo di constatare di averlo arpionato e vedo due squali avventarsi sulla preda. Due grossi squali. Allora, immediatamente, libero la frizione del tutto e risalgo. Ero in superficie a guardare lo spettacolo e ho notato che sono passati solo un paio di volte per fare a pezzi il pesce ed ingoiarlo. Hanno anche fatto sparire la mia tahitiana che probabilmente è finita spezzata sul fondo.
Ma una volta divorato il Cobia ho visto i due squali venirmi incontro verso la superficie. Rimasto perplesso per una frazione di secondo e con solo il fucile disarmato in mano ho deciso di andargli incontro in maniera aggressiva. Una volta giunto a contatto con loro li ho visti un po’ “perplessi” ed gli ho assestato due colpi sul muso con la testata del fucile. Neanche il tempo di realizzare ciò che era successo che io ero già in barca. Loro? Non so.
Terminando una Curiosità: Qualio sono i tuoi Pesci più Grossi?
Il più grosso in assoluto una cernia tropicale presa durante una gara a Panama: un pesce di 98 kg.
Sarago 1.6 kg
Corvina 2.6 kg
Ricciola 42 kg
Spigola 8 kg
Orata 3.5 kg
Dentice 10 kg
Grongo 15 kg
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Category: Interviste, Pesca in Apnea