Ilaria Bonin: un respiro lungo 210 metri!
Un record dopo l’altro Ilaria Bonin è diventata protagonista assoluta dell’apnea femminile.
Abbiamo pensato di farle un’intervista diversa che ci aiutasse a conoscerla meglio dentro e fuori dalla piscina; un intervista alla cui preparazione ha dato un contributo fondamentale anche Dario Puglia di Acquatica Palermo.
Ecco il risultato.
Partiamo da lontano.
Prima di diventare una protagonista assoluta nell’apnea hai giocato per tanti anni a pallanuoto: quando e perché hai cominciato a giocare?
Ho iniziato del 94 quasi per obbligo: mi avevano diagnosticato una forma leggera di scogliosi e il medico mi aveva prescritto di nuotare. A quell’età sapevo già nuotare e ritenevo l’andare avanti e indietro piuttosto noioso, così su suggerimento di un cugino, ho iniziato a giocare a pallanuoto. Nel giro di poche settimane mi ha coinvolto totalmente, tanto che nel 1995 sono stata scelta per rappresentare la Lombardia al campionato “Nuoto per tutti” a Cosenza. Lo ricordo ancora con grande emozione.
Guardando adesso l’eleganza del tuo gesto tecnico viene difficile immaginarti impegnata in uno sport molto fisico come la pallanuoto: come te la cavavi in vasca nei contrasti? Sono più le botte che hai preso o quelle chi hai dato?
Se si guarda una partita di pallanuoto in superficie e poi con le riprese subacquee sembra di vedere due sport diversi: sotto è una vera e propria lotta greco romana! Ma non si limita a questo: servono resistenza e velocità, saper scattare e cambiare direzione e un’ottima elevazione.
Rispettto ai contrasti… Preferivo risolvere i contrasti con il gioco e l’astuzia, ma quando l’avversario non mi dava possibilità, usavo la forza. Non mi piace la violenza per prima, ma se sono gli altri ad iniziare la considero legittima difesa!
Qual è il ricordo più bello che hai della tua carriera di pallanuotista?
Un torneo giocato a Mestre con la squadra del Nuoto Club Milano. È stato un anno molto impegnativo a livello fisico e mentale: frequentavo il primo anno di università e avevo cambiato squadra, il che presupponeva un cambio nelle modalità di allenamento: 2,5/3 ore al giorno!
L’allenatore e la squadra hanno giocato un ruolo fondamentale: eravamo la squadra più giovane della serie C ma ci allenavamo più di tutte e puntavamo a salire in B. Ennio, il nostro allenatore, ci organizzava quante più amichevoli riusciva e per Pasqua abbiamo partecipato a questo torneo di Mestre con 2 squadre di serie B e una di A2! Ovviamente siamo arrivate quarte, ma la cosa che più contava per me era lo spirito di squadra: non solo in acqua, ma anche fuori. Eravamo un gruppo molto affiatato e determinato.
Quali altri sport hai praticato o pratichi ed in che misura (agonista, dilettante, pura appassionata)?
Da piccola ho provato un po’ di tutto: Tae Kwon Do, pallavolo, tennis… ma alla fine l’attrazione per l’acqua ha prevalso. Ora per ovvi motivi di allenamento tengo il nuoto come parte fondamentale, ma senza partecipare a gare, e nel tempo libero mi piace stare all’aria aperta: trekking, sci (quando il team mi da l’ok!), bicicletta, rigorosamente tutto in relax.
Quando e come è scattata la passione per l’apnea?
Mio papà mi ha insegnato le prime basi e sin da piccola uscivo in mare con lui, con la mia maschera e pinne minuscole. Poi con l’inizio della pallanuoto ho conosciuto i record e le imprese di Umberto Pelizzari, dato che giocavo in squadra con sua sorella Stefania.
Il vero inizio però è stato nel 2008, per sfida con me stessa. La pallanuoto mi aveva dato tanto, ma il ritorno nella squadra di Busto mi aveva fatto perdere l’entusiasmo: poca voglia di fare fatica e poco impegno da parte delle compagne non era ciò che desideravo trovare in una squadra. Così, un po’ per provare a vivere l’acqua in maniera diversa, un po’ per cercare di superare la mia paura del blu (al mare mi allontanavo da riva solo con mio papà di fianco) mi sono iscritta ad un corso Apnea Discovery con didattica Apnea Academy. Il corso mi è piaciuto molto e così mi sono iscritta ai successivi livelli.
Credo che l’inizio sia dovuto ad un insieme di situazioni: i primi insegnamenti di mio papà, il piacere di stare in acqua, la conoscenza di Umberto e gli insegnamenti di Gaspare Battaglia e del gruppo di Pianeta acqua sono state le basi.
La scintilla dell’agonismo invece è scattata a febbraio 2009, nella piscina di Varedo: ero andata a vedere Gaspare gareggiare e in quella occasione vidi anche Mike Maric in azione con la monopinna e molti altri atleti di cui ancora non sapevo il nome..
Da quel giorno in poi, l’idea di provare a sfidare me stessa ha iniziato a crescere.
I tuoi primi successi da apneista li hai ottenuti nella rana subacquea; quanto ti è stato utile l’aver giocato a pallanuoto?
Un anno fa ti avrei risposto molto, oggi ti direi solo in parte. Ero convinta che la gambata a rana e bicicletta che tanto avevo utilizzato a pallanuoto fossero perfette e rappresentassero il mio punto di forza. Ma da settembre, con l’inserimento nel team che mi segue di un tecnico di nuoto, Stefano Tamiazzo, ho scoperto che la mia gambata era potente ma scorretta. Con lui e con il preparatore atletico Luca Marazzina ho inserito degli ulteriori allenamenti di tecnica per correggere i difetti che non sapevo nemmeno di avere!
Molto spesso dedichi una parte rilevante delle tue dichiarazioni post gara per ringraziare i tuoi allenatori e preparatori: Maric, Marazzina, Vergendo, Mazzei e traspare la tua assoluta fiducia nei loro confronti e nel loro operato. Quanto e come può incidere un tecnico sulla prestazione e crescita di un atleta?
Al 100%. O almeno lo è per me.
La mia apnea è drasticamente cambiata quando sono passata sotto la guida di Mike Maric: grazie alla sua esperienza accanto ad Umberto Pelizzari e a Valter Mazzei, è riuscito a costruirmi degli allenamenti mirati e precisi, che mi hanno permesso di fare il salto di qualità: in pochi mesi sono passata da 130 m a superare il muro dei 200, cosa che non avrei mai immaginato.
A Mike dico sempre: “O con te o con nessun altro”. Per me è fondamentale la fiducia e il feeling con l’allenatore, questo sin da quando giocavo a pallanuoto. Devo sentire che qualsiasi cosa lui mi dica di fare è quella giusta e non nutro il minimo dubbio, so che lo fa per me, per il mio interesse, per farmi crescere. Per me Mike è così: sa cosa dirmi e se modificare l’allenamento pianificato solo guardandomi, conosce i miei punti forti e soprattutto quelli deboli e cerca di farmi migliorare nel modo più divertente possibile.
Solo io e Mike sappiamo quanto siamo apneisticamente legati, tanto che se c’è qualche incomprensione tra di noi, la mia apnea ne risente in modo drastico.
Questa fiducia vale anche per il resto del team: ogni componente porta la sua grande professionalità e la mette a disposizione per gli altri, siamo sempre in contatto e diretti verso un unico obiettivo.
Detto questo, mi ritengo molto fortunata ad avere un team così meticoloso e professionale che mi segue e si occupa di me.
Io in questo momento credo non sarei in grado di fare apnea senza Mike e il resto del team. Per me lo spirito di squadra è sempre stato la motivazione e la carica con cui andare avanti e sono gli elementi che ritrovo nel nostro fantastico team.
Ora che le competizioni in assetto costante hanno ripreso a svolgersi sia in Italia che all’estero pensi di cimentarti anche in questa specialità con e senza attrezzi?
Credo che il sogno di ogni apneista sia quello di emulare i grandi della storia: Mayol, Maiorca, Pelizzari… e che in qualche modo l’attrazione verso il blu prima o poi arriva.
In questo periodo post-italiani mi prenderò un piccolo break dall’acqua e cloro per poterci tornare con entusiasmo più avanti e mi divertirò un po’ al mare. Per ora non faccio progetti: devo ancora capire e verificare se l’intervento che ho subito a marzo ai seni frontali funziona e mi permetterà di scendere senza tutti i problemi che avevo prima.
Qual è la specialità dell’apnea che ami meno o che comunque consideri più difficile rispetto alle altre?
La statica, decisamente. Ho bisogno di lunghi periodi di allenamento per allenarla e mi servono costanza, motivazione e testa libera. Requisiti che quest’inverno non ho avuto.
Ai tempi di Enzo Maiorca l’apnea era solo fisico, poi Majol ha introdotto l’aspetto mentale e il rilassamento, infine con l’avvento della monopinna è arrivata anche la tecnica: in percentuale quanto conta per te ciascuno di questi aspetti?
Personalmente credo serva un equilibrio tra le parti: la testa fa moltissimo, ma senza un adeguato supporto fisico e tecnico non può dare il massimo. Io mi sento pronta per affrontare il mio obiettivo quando so di aver allenato nel giusto modo “gambe, testa e cuore” (e ogni parte è collegata ad uno dei miei tre preparatori). Quando sento che una parte è in deficit, ragiono e cerco di capire se posso compensare con le altre due. Se questo avviene sono tranquilla e procedo, in caso contrario devo rivedere alcuni passaggi negli allenamenti.
Una nota particolare sulla tecnica: stando al fianco di Mike, che a sua volta è stato allenato da Valter Mazzei, ho sperimentato su me stessa quanto sia importante sentire il proprio corpo in acqua e farlo diventare un tutt’uno con la monopinna. Nello scorso anno gli allenamenti effettuati hanno dimostrato che le sessioni di tecnica hanno occupato più del doppio del tempo rispetto a quelle di apnea!
Tuttavia, non si può dare un valore assoluto: Herbert Nitsch non ha una tecnica perfetta eppure è il più profondo di tutti!
In quale di questi tre aspetti pensi di avere maggiori margini di miglioramento, tecnica (assetto in acqua, ampiezza ed uniformità del gesto, ecc), aspetto mentale e di concentrazione (centratura degli obbiettivi), preparazione fisica generale (respirazione, capacità articolare, miglioramento muscolare)?
Credo nello studio e nel miglioramento continuo: se un atleta pensa di non aver più aspetti da migliorare, possa dire conclusa la sua carriera. Quindi mi definisco sempre in apprendimento e miglioramento sotto tutti i punti di vista.
Tuttavia, sono consapevole di alcuni limiti fisici e di mobilità che possiedo e con il lavoro svolto lo scorso anno li ho visti migliorare. Senza dubbio, l’aspetto in cui ho ancora molto da imparare è quello tecnico.
Mi credi se ti dico che il record con la monopinna non era programmato?! A marzo ho avuto un mese e mezzo di stop forzato in cui non ho potuto entrare in acqua, in seguito all’operazione al setto nasale. Quando ho ripreso mancavano 8 settimane ai campionati italiani e tutte energie del team erano puntate sulla rana. Il record inaspettato credo sia dovuto al mio team che non mi ha fatto sprecare tempo e motivazione: nelle prime due settimane durante le quali non potevo nemmeno fare palestra, ho lavorato molto con Alessandro Vergendo sulla parte mentale, poi è subentrato anche Luca Marazzina che mi ha scosso e risvegliato sotto l’aspetto della preparazione atletica e infine Mike che mi ha riportato in acqua facendomi riprendere voglia, fiducia ed energia in ogni singolo metro. In tutto questo la respirazione è sempre stata una presenza costante: da buon allievo di Umberto Mike ha sempre insistito perché mi esercitassi quotidianamente sul respiro.
Facendo un riassunto la mia “giornata lavorativa” è composta da: una o due sessioni di acqua da 1,30/2 h, una sessione di palestra da 1h, 1 sessione di esercizi di respirazione e una di esercizi mentali.
Il giorno della gara come ti prepari alla prestazione agonistica? Come ti riscaldi, come prepari “l’attivazione ottimale”?
Prima di tutto mi isolo e resto sola con il mio team. Tutto il resto del mondo non esiste. Ho una sequenza di gesti e orari ormai collaudata: indosso il costume da gara, mi sdraio e mi rilasso con una sequenza di canzoni, visualizzo la gara con una apnea a secco. Tutto questo si svolge con un ritmo molto lento e rilassato, in cui io non penso a niente, Mike mi resta vicino e mi chiama quando è ora, in modo che io possa concentrarmi solo su me stessa senza dover pensare ad altro. Poi cambio musica: letteralmente mi accendo! Prendo l’attrezzatura e mi dirigo verso il campo gara, dove faccio una piccola attivazione a secco e una in acqua. E poi basta: respiro fino all’official top.
Vista la fortuna di questo accordo non vedo perché non sfruttarlo! Penso che in futuro mi piacerebbe confrontarmi anche con il mondo AIDA.
In gara utilizzi un costume tecnico di ultima generazione che influisce sullo scivolamento e la pretensione muscolare. In una prestazione come quella del tuo ultimo record quanto incide, in termini di metri, questa componente dell’attrezzatura?
Si, abbastanza: il costumone da gara ha uno scivolamento e una penetrazione dell’acqua completamente diversa da un costume normale. Questo mi fa guadagnare in velocità e affaticamento, soprattutto nella dinamica senza attrezzi, dove il costume è l’unica attrezzatura che può fare la differenza a parità di livello tecnico.
Come passi il tuo tempo libero? E il sabato sera (quando non è vigilia di gara)?
Nel tempo libero spesso torno a casa dei miei genitori, sto con loro e mi faccio coccolare e viziare un po’, esco a fare passeggiate con i cani e vedo gli amici che non ho più possibilità di frequentare quotidianamente. Il sabato sera mi piace stare in compagnia dei miei amici, si mangia una pizza, si va al cinema o si beve qualcosa insieme, non importa molto cosa si fa, ma stare insieme.
Precisamente!! Fiato ne ho è tutto il resto che manca!! Con la pesca in apnea ho avuto pochissime occasioni di sperimentarmi, diciamo che la scusa è pescare, in realtà il vero scopo è andare al mare con gli amici!
Tra le tue avversarie in piscina anche Monica Barbero si diverte con la pesca in apnea; potreste partecipare insieme ad una gara a coppie…
Si, però io faccio la boa segnasub!!!
Per finire torniamo all’apnea: quanto è lontano il muro della quinta vasca?
Il muro è molto lontano, 250 mt per ora sono ancora tra i sogni impossibili… Se però mi costruisci un muretto a metà ci posso pensare!
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