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Le Amp Fanno Schifo


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notizia Ansa dell'altro giorno, che ha trovato poco spazio sui giornali: è un bilancio - praticamente fallimentare - delle Aree Marine Protette "all'italiana". Buona lettura.

AMBIENTE: MAREVIVO, A RISCHIO 55% AREE MARINE PROTETTE/ANSA PECORARO SCANIO, SU DIFESA DEL MARE VA CAMBIATA ROTTA (ANSA) -

ROMA, 13 giu - Il 55% delle aree marine a protezione integrale è a rischio, percentuale che sale al 62% tenendo conto anche delle zone protette nelle

quali è ammessa la presenza dell’ uomo: è l’ allarme lanciato dalle stesse Aree marine protette che, partecipando a un’ indagine promossa dal ministero

dell’ ambiente e dall’ associazione Marevivo, hanno denunciato il dilagare dei fattori inquinanti che - secondo il rapporto - minacciano ormai anche le

zone più incontaminate della penisola.

I primi dati del rapporto, realizzato dalla società Retecologica e che sarà completato e presentato al ministero entro il prossimo ottobre, sono stati

presentati in occasione di un incontro con il ministro dell’ Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio promosso da Marevivo, che dal 22 al 26 giugno organizza a

Roma la manifestazione ’Stelle di mare lungo il fiumè, dedicata proprio alle aree marine protette.

Ne è emerso un quadro di progressivo degrado delle porzioni di mare sottoposte a tutela, di fronte al quale il ministro ha sottolineato la necessità che

l’ Italia «cambi rotta», a cominciare dal nome del dicastero, che diventerà «dell’ambiente, della tutela del territorio e del mare», per proseguire con una

attenta ricognizione delle risorse disponibili, soprattutto a livello europeo. Da un primo questionario inviato agli enti gestori delle aree marine protette è

emerso che, su un totale di 21 aree marine protette, solo due, quella di Miramare a Trieste e quella di Tavolara in Sardegna, hanno ottenuto la

certificazione Emas, e solo altre 4 ne hanno fatto richiesta. Delle aree con zone a tutela integrale, solo il 30 per cento ha realizzato progetti di protezione

e conservazione delle specificità naturali, anche se l’ 85% ha previsto progetti di ricerca. Nelle aree aperte al pubblico, gran parte dei centri visita e dei

punti informativi risultano carenti e sono poche le strutture e le attività realmente accessibili. Solo il 38% delle aree è dotato di Gis, un sistema

cartografico informatizzato. In qualche caso, perfino le reti idriche, elettriche e di raccolta rifiuti risultano inadeguate, anche se il 30-40% degli

interpellati non ha risposto a questo quesito. Solo il 28,6% effettua una valutazione dei flussi turistici mentre il 33% ha previsto interventi di

quantificazione e valutazione dell’ impatto dei flussi di visitatori. Per quanto riguarda la fruibilità, l’ 85% delle aree marine protette è dotata di centri

immersione, il 76% di percorsi terrestri, il 67% di percorsi sommersi, il 48% di porti turistici. Il 52% offre al pubblico attività di pescaturismo, e appena il

14% attività di ittiturismo. Il centro visite è presente nel 67% delle strutture, il 43% è dotato di un laboratorio didattico, mentre solo il 38% ha un museo

e appena il 19% ha un acquario.

Scarso, infine, anche lo sviluppo e la valorizzazione delle produzioni locali; nelle zone a ridosso delle riserve marine, infatti, risultano quasi assenti i

marchi di qualità.

«Creare le aree marine protette è stato un passo avanti - ha osservato il presidente di Marevivo, Rosalba Giugni - ma occorre ora farle funzionare e

non sempre gli enti gestori sono dotati di strumenti e risorse adeguate». Da qui la proposta avanzata da Marevivo al governo di creare una ’task forcè di

professionisti in grado di aiutarli a fare le scelte giuste e a mettere appunto progetti concreti sui quali convogliare risorse europee, rimaste in passato in

gran parte inutilizzate per mancanza di progetti.

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un commento ai dati riportati: l'unica cosa presente in abbondanza sono i centri immersione (leggi diving per gruppi di bombolari) presenti nell'85 per cento delle aree sottoposte a questa forma di "tutela". Per il resto: inquinamento, organizzazione da terzo mondo, scarsissima attenzione al turismo e alle attività didattiche e culturali. Questo lo dicono le cifre sopra riportate.

E soprattutto: attività di PESCATURISMO presenti nel 52% delle aree. Si tratta di portare i turisti a pesca con i pescherecci, usando metodi di prelievo poco o per nulla selettivi. Più che una relazione, è l'ammissione di un fallimento, dell'ennesimo pasticcio all'italiana. Voi che ne dite?

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Che i politici sono bravissimi nel trasformare sconfitte in vittorie, fallimenti in risultati eccezionali, pasticci in correttezze. Di quale rischio si parla? Temo s'intenda più quello del mancato ritorno economico/turistico che quello ambientale.

 

Ovviamente spero di sbagliarmi: vedremo :eek:

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Ospite reggiano

A mio parere il parco marino di Portofino funziona a meraviglia,mentre non si può dire altrettanto per le 5 terre dove c'è un diportismo sfrenato e incontrollato.Per quanto riguarda i Diving sono troppi ( specialmente in estate )e gestiti da personaggi a cui poco importa del FUTURO DEL MARE ma molto preoccupa di buttare idioti in acqua a 30 euro per idiota .Sono bombolaro anch'io ma schifato dalle didattiche americane e soprattutto dalla TOTALE INCOMPETENZA di alcuni gestori che vedono il mare solo come un bussines.Mi auguro che il nuovo ministro APRA gli occhi e LAVI molte teste ,tenendo presente che quelle dei pescaapneiste a forza di lavate sono senza capelli ormai !SIAMO GLI UNICI AMANTI DEL MARE e gli unici che lo godono in qualsiasi stagione e condizione e questa VERITà non ce la può negare nessuno :boxing::boxing:

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