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I Profili di Apnea Magazine: Davide Petrini


Petrini durante la pausa al Campionato Italiano (Foto A. Balbi)

Davide Petrini è nato il 29 marzo 1968 a Varazze, dove vive e lavora in un’impresa di turismo ittico che, oltre all’imbarcazione da pesca, gestisce anche un ristorante dove viene cucinato il pesce pescato.
Malgrado la sua attività lavorativa si svolga in prevalenza con le reti, la componente subacquea è una costante per almeno 5 giorni alla settimana.

Ci racconti un po’ il tuo curriculum agonistico?

L’agonismo è stato un gioco, dovuto alla conoscenza con Paolo Cappucciati avvenuta, peraltro, in maniera un po’ romanzesca.
Una sera, infatti, stavo uscendo dall’acqua dopo una pescata sulla spiaggia proprio nei pressi della sua baracca e avevo un discreto carniere di pesce; mi ha fermato e abbiamo iniziato a parlare, poi si è presentato: “Sono Paolo Cappucciati”.
Io avevo letto sulle riviste di questo personaggio epico, gli ho fatto i miei complimenti per quello che poteva essere il suo curriculum sportivo e poi da li abbiamo cominciato a frequentarci; mi ha proposto di partecipare alle prime selettive, ma i primi anni sono stati sicuramente discontinui; malgrado diversi successi nelle selettive non ho mai terminato il numero minimo di gare per poter partecipare al campionato, anche perché avevo altri impegni.
Mi sono qualificato per il campionato nel 1996, poi ho smesso fino al 2000, partecipando esclusivamente a gare a coppie con Cappucciati, sia in Mediterraneo che in Oceano Atlantico; insieme abbiamo ottenuto risultati importanti, arrivando secondi ad una Coppa di Francia e vincendo il Trofeo Mares di Tolone.
Nel 2002 ho ricominciato il circuito delle selettive facendo un ciclo secco di quattro gare con tre primi posti, così mi sono qualificato per il campionato di seconda categoria che ho vinto all’Isola d’Elba (2003 n.d.r. ); da lì è iniziata anche l’avventura con la Nazionale e adesso sono tre anni che sono in prima categoria.
In questi anni ho vinto anche altri trofei, tra i quali, a livello internazionale, quello del Montenegro con Del Bene, tre titoli regionali individuali, quattro a squadre; insomma un po’ di cose, un po’ di “zuppa mista”…

Stanco ma sorridente al termine di una gara (Foto A. Balbi)

Quindi è un po’ che vivi l’agonismo; ti vediamo sempre impegnato nelle discussioni sui regolamenti, ci dici cosa ne pensi?

Premetto che questo regolamento a me non dispiace affatto, anzi mi piace molto e più si andrà verso il gesto atletico, quindi gare a pinne, gare a nuoto, gare con partenza da riva e più mi convincerà questo discorso, perché comunque se vogliamo chiamarci atleti ci vuole anche una componente atletica più forte di quella che attuale.
Spesso e volentieri mi ritrovo a fare da portavoce di tutto il movimento, perché quello della pesca in apnea è un movimento particolare; tutti mugugnano ma poi, quando ci si trova a prendere delle decisioni sull’assegnazione di un campo gara rispetto ad un altro o su una scelta rispetto ad un’altra, buona parte degli atleti delega sempre a me la parola, forse per una forma di timidezza, dato che io magari sono un po’ meno timido degli altri; a me non dispiace questo ruolo, sicuramente è giusto avere un dialogo con chi organizza e con la dirigenza, anche perché sono tutte persone con le quali si può dialogare.

Potresti descriverti come pescatore?

Innanzi tutto dobbiamo distinguere tra agonismo e pesca normale.
La pesca normale, quella che faccio quotidinamente, è dettata solo dall’istintività e dalla conoscenza massima del mio territorio; conosco molto bene tutta la zona che va da Ventimiglia fino quasi a La Spezia e quindi, in base alle condizioni meteo marine, non ho bisogno di pianificare nulla, so più o meno che tipo di comportamento ha il pesce e imposto in maniera molto naturale la battuta di pesca.
Per quanto riguarda l’agonismo è tutto un altro paio di maniche; non sono particolarmente amante delle lunghe preparazioni, ma neanche di quelle corte; anche in queste occasioni mi piace molto di più buttare in campo tutta la parte istintiva.
Questo mi ha premiato più di una volta, come al Trofeo delle Nazioni a Palma di Majorca, dove sono arrivato ad un palmo dal successo con davanti due personaggi come March e Carbonell; ci siamo battuti sul filo dei quindici pesci e in definitiva loro avevano solo un pesce più di me; è stato il mio esordio in azzurro, senza la minima preparazione, avevo impostato la gara alternando tre tipi diversi di pesca.
Avevo iniziato la prima mezz’ora con l’agguato per poi passare alla pesca in tana e finire addirittura con l’attesa, quindi avevo veramente fatto un ventaglio di cose. A me piace interpretare le gare in questo modo; fortunatamente ho un barcaiolo che mi sopporta, perché spesso e volentieri stiamo a fare piani e strategie prima della gara; poi, come è successo al campionato italiano di seconda categoria che ho vinto, nel momento in cui ho visto che la zona in cui volevo andare io era troppo popolata, ho deciso di optare per una zona che non avevo minimamente visistato però ero da solo e stavo più tranquillo e la scelta mi ha dato ragione.
Non ho mai fatto gare basandomi sulle preparazioni degli altri personaggi oppure sui locali; mi piace fare gare molto istintive e soprattutto voglio che il successo, o l’insuccesso, sia tutta farina del mio sacco, niente di rubato agli altri; mi piace che sia così.

Le spigole sono tra le prede preferite di Petrini (Foto A. Balbi)

Da questi racconti sembra che tu non abbia una tecnica di pesca preferita.

C’è e come, sicuramente agguato e attesa sono le due tecniche di pesca che mi danno più soddisfazione; senza dubbio l’attesa è quella che preferisco di più e l’ultima è sicuramente la pesca in tana perché non è una pesca che mi entusiasma particolarmente; la faccio tranquillamente, riesco a farla, però difficilmente quando sono per i fatti miei vado a pescare in tana.
E poi mi piacciono molto le condizioni meteo marine dove fare attesa e agguato: Tsunami e acqua cioccolato, questo per me è proprio il massimo.
Per esempio a Bosa, quest’anno, la prima giornata è stata rinviata per ragioni di sicurezza ma, ti dico la verità , anche in una mattinata come quella mi sarebbe piaciuto prendere il mare, anche perché io personalmente lo faccio.

Qual è la tua preda preferita?

In inverno sicuramente la spigola, è una pesca che mi piace molto; in estate non mi dispiacciono dentici e ricciole, nella mia regione ci sono alcune zone valide e quindi le sfrutto abbastanza.

Che tipo di attrezzatura utilizzi?

Faccio parte del team Cressi e utilizzo tutta l’attrezzatura Cressi, che ritengo eccezionale, pluritestata; nel mio caso inoltre c’è stata una grossa novita per quello che riguarda le mute: ho sempre utilizzato mute su misura e adesso mi trovo benissimo anche con le mute di taglia.
Per quello che dà come supporto morale e per le attrezzature che produce, ritengo veramente Cressi sia un’azienda leader.

Quali sono i fucili che utilizzi di solito?

Uso fucili Comanche in tutte le misure dal 60 fino ad arrivare al 110, tutti sostanzialmente di serie, assolutamente non modificati.
Per quanto riguarda le aste, utilizzo quasi esclusivamente diametro da 6,3 mm.

Petrini è spesso impegnato a portare avanti le proposte degli agonisti (Foto A. Balbi)

Ci racconti un episodio particolare che ti è capitato andando a pesca?

Ci sono più episodi che uno ricorda sempre con piacere. Sicuramente mi viene in mente un montone di spigole su Cap d’Antibes; dopo aver sparato una spigola sui due chili, mentre la stavo mettendo nel portapesce, è iniziato questo fiume di pesce, dentro una baia; veramente un fiume di pesce, per me è stato uno spettacolo vederle.
Altri pesci particolari ce ne sono sicuramente molti; da fantastiche catture su dentici in caduta anche su fondali importanti, ad agguati; ad esempio, proprio a Varazze mi è successo di fare un agguato sul fondo in una zona dove solitamente si prendono saraghi, diciamo intorno al mezzo chilo, e trovarmi di fronta l’orata di 5 chili e, dalla sorpresa, rimanere anche un attimo a guardarla.
Ce ne sono veramente tantissimi.

Nel 2005 sei anche stato protagonista di una cattura finita sui giornali.

Si, era una ricciola di 44 kg; però la curiosità di quelle cattura non sta tanto nel peso del pesce ma quanto l’aver fatto coppiola; è stata davvero una cattura atipica.
Avevo visto questo pesce che mi stava venendo incontro ed era in compagnia di un altro molto più piccolo, intorno ai 3,5 kg, che gli stava sotto la pancia proprio come un pesce pilota.
Il caso ha voluto che nella zona ci fossero dei blocchi a delimitazione del un tubo di una rete fognaria, il pesce ha fatto un tipo di carosello e si è buttato al di sotto di questo blocco.
A quel punto, visto che il pesce, probabilmente in frega, era del tutto insensibile a qualsiasi richiamo, ho deciso proprio di optare per un agguato anche perché eravamo sul filo dei 20 metri e l’apnea iniziava a diventare importante, così l’ho colpita dalla parte superiore, sulla schiena, alla parte inferiore, e nel tiro sono riuscito a centrare anche l’altro pesce più piccolo; quindi in un colpo solo ho preso due ricciole, una di 44 chili e l’altra di tre chili e mezzo, una cosa che non succederà mai più nella vita. E’ stata un’esperienza molto ma molto curiosa.
Nella fase di recupero sono stato aiutato anche dal gommone della Polizia di Alassio; il pesce infatti non era molto d’accordo a venire a casa con me ed io ero in netta difficoltà perché tenevo l’asta con questi due pesci contro il ventre per tenerli fermi e, logicamente, il pesce grande mi dava dei colpi non indifferenti, delle testate da stendermi; nel frattempo i signori della polizia facevano le foto con il telefonino invece di aiutarmi in quel momento, così ad un certo punto ho chiesto “Senta, se dopo le faccio fare una bella foto col pesce, mi da una mano? E magari mi chiama il mio collega che è poco distante con il gommone?”
E’ stato un episodio anche decisamente goliardico, simpatico.

Una delle orate catturate al Campionato Italiano 2005 (Foto A. Balbi)

Ci puoi dire quali sono state le catture più grosse per specie?

Un dentice di 8 kg, che per la Liguria è un pesca decisamente importante; la ricciola quella di 44 kg di cui vi ho appena raccontato, anche se ho la fortuna di abitare in una zona in cui tutti gli anni ci sono veramente ricciole importanti; il branzino 9 kg; per quanto riguarda saraghi e altri pesci non si sono catture eclatanti, il massimo saranno stati tra 1,3 e 1,4 kg, pesci importanti ma non fuori norma.

Cosa ne pensi del fenomeno dei siti di pesca su Internet?

Il fenomeno è sicuramente positivo perché da modo a tantissimi appassionati di pesca subacquea di leggere e di potersi confrontare, anche attraerso interviste come questa, di vivere le emozioni di altri pescatori che poi non sono ne campioni né altro ma sono altri pescatori che vivono l’esperienza del mare.
Proprio facendo una delle ultime fiere, l’Eudi Show, mi sono accorto che che anche un grandissimo pubblico di persone che sono veramente appassionate di pesca subacquea pur non essendo pescatori; vivono la pesca subacuea come un tifoso di calcio vive il calcio, quindi guardando e stando a guardare che cosa fa una persona rispetto ad un altra.
Magari sono persone di una età che non gli consente più di andare in acqua con regolarità , oppure sono persone che non hanno un interesse diretto però comunque c’è un pubblico di tifosi anche in questo sport.
Una cosa sicuramente gratificante che, soprattutto per chi fa attività agonistica come me, è sicuramente positiva.

Leggi Apnea Magazine, che ne pensi?

Apnea Magazine mi piace! Innanzi tutto è stata la prima in assoluto a parlare di pesca, a parlarne a 360°. Apprezzo la pluralità che sta avendo anche sugli argomenti più delicati come i regolamenti; ho visto che adesso stanno uscendo parecchi giudizi, pareri, comunque opinioni di personaggi con cui si può essere d’accordo o in disaccordo.
Ritengo però che il dialogo sia sempre costruttivo anche quando le posizioni su certi argomenti possono sembrare in prima battuta diametralmente diverse, poi dialogando le posizioni si avvivinano molto; inoltre io ritengo sempre che la posizione talebana non porti mai a nessun tipo di risultato.
Quindi lo stile che sta adottando la rivista mi piache perché è simile al mio.

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