Gli “Indispensabili”: il pedagno
Potrebbe apparire banale dedicare un intero articolo ad un accessorio apparentemente così semplice e forse per tanti nemmeno essenziale, ma sappiamo bene che nella pesca nulla può essere lasciato al caso se vogliamo sfruttare al meglio tutte le occasioni che ci si presentano.
Se vi chiedessero cosa è un pedagno o, se non sapendolo, cercaste di farvi un’idea sfogliando i cataloghi delle aziende produttrici di attrezzature, rispondereste che è un piccolo elemento di zavorra da legare al terminale della sagola della boa segnasub e da usare all’occorrenza per “parcheggiarla” temporaneamente.
In realtà il pedagno nasce come sistema di segnalazione della proiezione in superficie di un punto sommerso, e si compone di tre parti: un galleggiante rigido attorno al quale si avvolgono diversi metri di una sottile cima, solitamente bianca, che viene poi legata ad un piccolo piombo. Concepito inizialmente per la pesca da natante, poiché permette di localizzare il punto di immersione ancorando successivamente il mezzo a distanza tale da minimizzare il disturbo, si è evoluto in varie declinazioni fino a diventare un componente essenziale dell’attrezzatura, anche per il subacqueo che solitamente parte da terra.
Tecniche diverse, diversi vantaggi
Iniziamo ad analizzare pregi, difetti e utilizzi del pedagno proprio dalla sua versione più semplice, quella che, come descritto in apertura, è un po’ l’immagine mentale più diffusa di questo oggetto: il piccolo piombo legato alla sagola del nostro pallone segnasub.
Molti ricorderanno come dieci o quindici anni fa l’abitudine più diffusa fosse quella di legare la cima della boa direttamente alla cintura dei piombi, mediante un robusto anello di corda e un moschettone a sgancio rapido, oppure di assicurarla all’asola presente alla base del calcio di molti fucili. L’evoluzione delle tecniche di pesca e, soprattutto, la progressiva diffusione dell’aspetto prima e dell’agguato poi, hanno portato ad eliminare la connessione “fissa” con la cintura per trasformarla in “mobile” introducendo così indiscutibili vantaggi.
Si possono infatti scegliere diversi approcci nell’utilizzo del pedagno, specie in funzione della tecnica che andremo ad impiegare. Nell’aspetto diventa importante ridurre al minimo il disturbo dovuto alle vibrazioni della sagola, così come segnare un punto di riferimento rispetto al quale impostare le discese e i percorsi subacquei ci permette di battere con metodo uno spot. Nell’agguato e nella pesca in poca acqua con mare formato, essere liberi da una cima che potrebbe potenzialmente impigliarsi nelle asperità del fondo diventa una regola base per la nostra sicurezza, ed evita che la risacca trascini la nostra boa, o peggio la plancetta, sugli scogli. Allo stesso modo quando si scorrono ampie porzioni di fondale o si compiono numerose planate, magari a causa del torbido, potersi sfilare il pedagno dalla cintura per lasciarlo esattamente sopra lo spacco interessante che abbiamo notato al termine della nostra apnea, ci permetterà di ritrovarlo con facilità al tuffo seguente senza dover forzare il recupero per la paura di perderne i riferimenti.
Tante forme per un unico obiettivo
Sul mercato esistono ne vari modelli, ma è anche estremamente facile fabbricarsene uno da soli, basta fare attenzione ad alcune piccole caratteristiche fondamentali. Un pedagno deve essere il più leggero possibile da non sbilanciare la pesata, dato che verrà portato in cintura, ma anche abbastanza pesante da rimanere sul fondo anche con un po’ di corrente o mare leggermente mosso; in genere una pesata dai 400 ai 600 g si dimostra un ottimo compromesso. Per la forma ci si può veramente sbizzarrire, partendo dalla classica piastra da infilare tra la cintura e la muta, per arrivare a forme più sagomate, ma senza mai dimenticare che l’estrazione deve essere immediata. E’ preferibile che sia rivestito di gomma o nastro autoagglomerante sia per aumentare l’attrito con la gomma della cintura, soprattutto nel caso della piastra liscia, in modo da non essere costretti a stringere troppo per tenerlo in posizione pregiudicando così il confort e la ventilazione; sia per insonorizzarlo limitando il rumore negli urti contro gli scogli. Spesso infatti non si potrà avere l’accortezza di posarlo delicatamente su un sasso, così come calandolo dalla superficie potrebbe essere difficile valutarne la velocità di impatto. Il suono nella roccia e nell’acqua si propaga molto più velocemente che nell’aria, quindi un piombo che precipita su una roccia, produce un effetto “rintocco di campana” nella tana sottostante, che verrebbe per giunta amplificato, e che potrebbe allarmare i pinnuti, in particolare in zone molto conosciute.
Una soluzione fai da te molto utilizzata e che integra i pregi della connessione “mobile” alla cintura con quelli della soluzione “fissa”, è rappresentata dall’utilizzo di moschettoni inox molto grandi e robusti, si parla di una lunghezza di 140/160 mm, quindi di facilissima apertura anche con i guanti spessi e pesanti il giusto da sostituire quasi totalmente il tradizionale piombo. Solitamente si fa ricorso a moschettoni da arrampicata o da ormeggio nautico ma che, per dimensioni e materiale, hanno un prezzo più elevato.
Quale sagola ci metto?
A questo punto vale la pena fare un piccolo excursus riguardo quale tipo di sagola sia più opportuno utilizzare come collegamento tra il nostro pedagno e la boa di segnalazione, il mercato infatti offre numerose alternative, non sempre valide allo stesso modo, che sarebbe buona norma conoscere.
La soluzione tradizionale è rappresentata dai trecciati che vengono forniti insieme alla boa. Solitamente di colori sgargianti, giallo o arancio, variano molto per consistenza, resistenza e durata. Hanno una elasticità piuttosto ridotta, sono sia galleggianti che no, e con il tempo si arricciano diventando facili ai nodi, tuttavia anche in queste condizioni i trecciati di qualità non dimostrano cedimenti nemmeno sotto forti trazioni. Questo tipo di sagola è ottimo, particolarmente indicato in condizioni di mare formato o quando il substrato roccioso renda difficile l’utilizzo di terminali sottili o deboli che facilmente si taglierebbero allo sfregamento.
Da alcuni anni, nel tentativo di ovviare agli attorcigliamenti e di avere una sagola realmente galleggiante e poco visibile, ha preso piede l’impiego dei tubicini in PVC trasparente normalmente impiegati in acquariofilia. Sono cavi internamente e quindi galleggianti se si ha l’accortezza di annodare le teste ed evitare che si allaghino in mare, discretamente elastici, non si arricciano né annodano praticamente mai; in pratica riducono i difetti del trecciato mantenendo livelli di resistenza discreti per quanto non confrontabili.
L’ultima alternativa disponibile riguarda le sagole elastiche, sia rivestite che nude. Le prime altro non sono che i cordini elastici da merceria costituiti da un numero crescente di fili elastici attorcigliati a seconda del diametro e protetti da una camicia in tessuto di poliestere; le seconde sono tubicini cavi o pieni (Bellani è stato uno dei primi ad utilizzare gli elastici da roubasienne), privi di protezione, realizzati in silicone o lattice naturale. La sagola elastica ha il grande pregio di ridurre notevolmente i metri di cima in bando, permettendoci di avere il pallone di segnalazione molto più vicino a noi se non direttamente sulla nostra verticale, è galleggiante e tende poco ad annodarsi, almeno quando è nuova. Di contro può limitare fortemente l’uso del pedagno poiché, se la profondità di esercizio costringe la sagola ad un allungamento superiore ad 1,5 volte (qualcosa in più per il cordino da merceria che è maggiormente cedevole), occorrono pesate decisamente più consistenti dei 400/600 grammi indicati all’inizio come misura ottimale. Questo costringerà il pescatore ad avere una zavorra sbilanciata (un chilo in più o in meno sull’assetto ottimale non è poco), o a dover aumentare la lunghezza della cima riducendo il vantaggio della vicinanza del pallone, o ancora, a dover incastrare il piombo sul fondo prima di risalire, pena il perdere il tanto agognato spacco delle meraviglie.
Le sagole elastiche soffrono molto l’aggressione del salino e della luce diretta del sole; specialmente quelle nude. Esattamente come gli elastici dei nostri arbalete, rilasciano col tempo gli oli di sintesi della miscela di cui sono fatte, diventando appiccicose; inoltre sono soggette a lesionarsi facilmente se sfiorano lame di roccia taglienti, soprattutto quando sono sottoposte ad allungamenti consistenti, non bisogna infatti tralasciare che quelle cave sono studiate per allungarsi fino a tre volte, mentre quelle piene fino addirittura a sei. L’ultima avvertenza riguarda la facilità con cui si sfibrano perdendo elasticità e resistenza se non ritirate con cura. A chi non è capitato di risalire in gommone e riavvolgere la cima sull’avvolgisagola lasciando il pedagno sul fondo e recuperandolo per ultimo?! Questa pratica con le sagole elastiche è deleteria per il fatto che andremo ad avvolgere sul rocchetto una sagola stirata e non a riposo, e maggiore sarà il peso del pedagno, maggiore sarà l’allungamento. Il rocchetto rigovernato non verrà svolto fino alla pescata seguente, ciò significa che la nostra sagola elastica rimarrà, di fatto, sotto tensione continua per giorni quando non settimane o mesi. Il continuo ripetersi di questa operazione porta in breve l’elastomero a schiacciarsi, attorcigliarsi, perdere elasticità, allungarsi e infine a cedere di schianto.
Ultimamente nei cataloghi di attrezzature sono apparse anche le denominazioni in inglese dei prodotti, talvolta ingenerando confusione. Le sagole elastiche “mediterranee” denominate bungee, sono radicalmente diverse dagli omonimi impiegati nella pesca in oceano. Sia come materiali (i secondi sono infatti realizzati con un involucro esterno in vinile ultra resistente e hanno un’anima interna in dyneema) sia come funzione poichè nascono come tramite di collegamento tra il pelagico arpionato e i galleggianti utilizzati per sfiancarlo intralciandogli la fuga. Nonostante lo stesso nome hanno resitenza, utilizzo e prezzi non paragonabili.
Tutte le sagole hanno pregi e difetti, sta a noi trovare quella che meglio si adatta alle nostre esigenze. Quelle specialistiche non ci permetteranno di arrangiarci in situazioni impreviste, o ci costringeranno a ripiegare diversamente. Ad esempio nello stanare una cernia arroccata sparata con un solo fucile, il robusto sagolone trecciato potrebbe rivelarsi il jolly che fa volgere la cattura a nostro favore.
Una variante per la corrente
Il pedagno fino ad ora descritto è stato indicato come soluzione valida in condizioni di mare calmo, al più leggermente mosso e assente o leggera corrente. Ma è facile accorgersi che ci sono frangenti in cui ci si può trovare ugualmente spesso e nei quali servono caratteristiche differenti. In condizioni corrente sostenuta spesso non è sufficiente incrementare il peso del piombo ed ecco che fanno la loro comparsa i pedagni ad ancorotto. Sono dei pesi leggeri che integrano nella loro struttura dei rostri abbastanza piccoli da non dare fastidio in cintura ma molto efficaci nell’ aggrapparsi alle asperità del terreno, permettendo perfino di appoggiarsi al pallone per ventilarsi in corrente.
Ovviamente la sagola da accoppiare in questo caso sarà necessariamente robusta e in grado di sopportare trazioni consistenti senza cedere o allungarsi eccessivamente.
Una funzione particolare: il pedagno da cintura
Esiste infine un’ultima versione di pedagno, sicuramente meno conosciuta e diffusa, soprattutto a causa del suo utilizzo leggermente differente: il pedagno da cintura.
Costituito sempre da un galleggiante rigido e vari metri di cima avvolta intorno, differisce solo per terminare con un piccolo moschettone inox a molla e per essere fasciato da un nastro di velcro con il quale viene anche assicurato in cintura. Per l’assenza di piombo e l’esiguo peso del suo moschettone non serve come marcatore vero e proprio, può diventarlo ad esempio collegato al calcio del fucile lungo lasciato davanti ad uno spacco in attesa di chiamare il barcaiolo e cambiare arma. Tuttavia la sua funzione principale è quella di sostituto del mulinello da cintura o di aiuto nel caso in cui ci trovassimo a pescare con un’arma sprovvista di adeguata scorta di sagola.
Il pedagno da cintura si collega rapidamente al fucile, meglio se direttamente alla sagola che risulta più immediato, e lo si lascia libero di risalire verso galla dove, una volta ripreso fiato, potremo pianificare la gestione della situazione. Se al giorno d’oggi può risultare improbabile non avere un mulinello al seguito, non è altrettanto improbabile dover far fronte ad un suo blocco improvviso. Per ovviare a questo inconveniente il mercato ha proposto i mulinelli da cintura che però presentano l’inconveniente di legare il subacqueo alla preda, con tutti i rischi che ne possono seguire.
Raccomandazioni
Il pedagno è uno strumento utile per il pescatore in apnea, aumenta la sua sicurezza se usato con criterio, ma adoperato con superficialità può esporre a rischi sicuramente evitabili. Non deve mai diventare la scusa per liberarsi del fastidioso pallone segnasub, per allontanarsi troppo o troppo a lungo facendo allarmare qualche passante, ingolosire qualche ladruncolo o complicando le cose nello sfortunato caso in cui abbiate bisogno di soccorso in mare.
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