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Gli Effetti della Marijuana (o Cannabis) su Pesca Sub, Apnea e Immersione Subacquea

| 28 Marzo 2019

La marijuana, o cannabis, è una delle droghe “ricreative” più comunemente usate al mondo. Nel 2015, uno studio del Pew Research Center, aveva rilevato che quasi la metà degli americani aveva usato marijuana in qualche momento della loro vita. Nel 2011, uno studio realizzato nel Regno Unito, e destinato esclusivamente ai subacquei (sia apneisti che bombolari), aveva evidenziato che, su 479 intervistati, 105 (il 22% del campione) riferiva di aver fatto uso di droghe, 99 di questi avevano assunto proprio cannabis.

La spinta verso una regolamentazione del consumo a fini ricreativi, in varie parte del mondo, sta facendo si che anche tra i subacquei stia aumentando il consumo, senza che però esistano sufficienti dati sull’interazione tra marijuana e immersioni, e quindi senza che esistano delle linee guida mediche sulla questione.

Effetti Psicotropi

Il medico Tom Neuman (medico californiano di medicina d’urgenza, pneumologo e molto noto per le sue pubblicazioni scintifiche in materia di medicina subacquea e iperbarica), afferma che l’uso della marijuana riduce sensibilmente le abilità motorie e cognitive, rendendone problematico l’uso prima dell’immersione.

Anche il professor Paul Auerbach (Scuola di Medicina dell’Università di Stanford), è convinto che la marijuana possa avere effetti acuti e cronici sul subacqueo. È assodato che la sostanza può influenzare lo stato mentale, il giudizio, i riflessi fisici e le fisiologia neurologica di un subacqueo. E a meno che la ricerca non dimostri che i benefici superano gli effetti negativi, la cannabis dovrebbe essere del tutto bandita da chi effettua attività subacquee.

Effetti su Polmoni e Sistema Vascolare

Il dott. Ernest Campbell (chirurgo polmonare al Brookwood Medical Center di Birmingham), spiega che il fumo di marijuana contiene il 50% in più di catrame, oltre a corpi estranei e sostanze cancerogene nocive, rispetto al fumo di sigaretta.

Questa combinazione può causare un ingrossamento dei bronchi terminali, aumento della tosse, infiammazione dei polmoni e contribuire alla perdita di cellule bronchiali ciliate, deputate a combattere le infezioni.

Questo processo aumenta il rischio della formazione di tappi di muco, intrappolamento aereo ed embolia gassosa. L’assunzione intensiva di marijuana può anche portare, esattamente come il fumo peraltro, a malattia polmonare ostruttiva cronica.

Neanche il sistema cardiovascolare di un subacqueo sembrerebbe essere immune al danno. Il semplice consumo occasionale di cannabis può aumentare la frequenza cardiaca fino a 30-50 battiti al minuto, aumentare la pressione sanguigna e aumentare il rischio di attacco cardiaco, tutti effetti che si amplificano ulteriormente con l’aumento della pressione idrostatica.

Si aggiungono poi un aumento sia del monossido (CO) che del biossido di carbonio (CO2) con incremento del rischio di infarto e sincope. Concentrazioni ematiche che, in ambiente normobarico, possono essere sopportabili, in ambiente iperbarico, con l’aumento di profondità e pressione, possono portare a soglie prossime all’avvelenamento, oltrechè a rischiare l’ipossia durante la risalita.

Poche e Difficili Ricerche sui Subacquei

Nonostante tutto però, si è ancora nel regno delle ipotesi perchè, ad oggi, praticamente nessuna ricerca è stata condotta per testare concretamente gli effetti dell’uso di marijuana nei subacquei. E questo si deve a importanti difficoltà nello stabilire una relazione tra test di laboratorio e prestazioni alterate in una situazione particolare come i vari tipi di immersione.

Innazitutto è estremamente difficile trovare un gruppo di controllo adeguato per una ricerca simile, inoltre il numero di incidenti su cui è realmente possibile testare gli effetti della marijuana nei sub è ridotto.

Bisogna poi aggiungere che il principio attivo dello stupefacente, solitamente, non è rilevabile nel sangue già poche a ore dal momento dell’inalazione. Quindi, quando una persona arriva in una camera iperbarica, la probabilità che informazioni utili possano essere ottenute con un’analisi del sangue è estremamente ridotta.

Le Differenze tra un Indivuo e un Altro

Il principale problema nel cercare di stimare gli effetti del consumo di marijuana in un subacqueo, sta nella enorme differenza di comportamento di un organismo rispetto ad un altro. I metaboliti del THC si accumulano, e hanno tempi di permanenza nell’organismo, che sono profondamente influenzati dalla costituzione, dal metabolismo, dallo stile di vita, oltre che ovviamente dalla frequenza di assunzione. Ad esempio, poichè i metaboliti si accumulano preferibilmente nel grasso corporeo, un soggetto di corporatura esile li smaltirà prima.

Basti pensare che il tempo di rilevabilità nelle urine (dall’ultima assunzione) può variare dalle 20 ore fino a più di una settimana, nel caso di consumo sporadico; mentre in quello di assunzione regolare, da 7 fino a 85/90 giorni (dipende dalle soglie di tolleranza del test). Oltretutto la curva di smaltimento non è lineare, ma presenta delle consistenti oscillazioni nel tempo, tanto che un soggetto potrebbe risultare negativo in un dato momento, e positivo due ore dopo.

In questa situazione di incertezza, sono diverse le domande rimaste senza una risposta definitiva, anche se alcuni dati ormai confermati, fanno propendere per uno sbilanciamento verso gli effetti negativi della sostanza.

Gli Effetti sulla Narcosi da Azoto

Il professor Richard Moon (ordinario di medicina e anestesiologia alla Duke University, nonchè direttore del Centro di Medicina Iperbarica), conferma che non ci sono dati attualmente disponibili che suggeriscano se l’uso della marijuana potrebbe migliorare o peggiorare gli effetti della narcosi da azoto.

Tuttavia è noto che l’alcol e la marijuana agiscono in modo additivo, e quindi non sarebbe una sorpresa, anzi è facilmente prevedibile, che gli effetti della cannabis si vadano a sommare a quelli della narcosi da azoto.

In un ambiente di laboratorio sarebbe relativamente semplice trovare una conferma, tuttavia, la convalida dei risultati dei test di laboratorio in un ambiente di immersione reale richiederebbe prove separate molto complesse.

Il primo passo potrebbe essere quello di simulare delle immersioni in camera iperbarica, a profondità alle quali sappiamo già che la narcosi di azoto produce effetti misurabili.

Quanto Aspettare per Immergersi in Sicurezza?

Assodato che almeno gli affetti di alterazione evidente devono essere completamente assenti, quindi assolutamente da evitare l’assunzione pre-tuffo come più di qualcuno invece continua a fare con le sigarette, è praticamente impossibile fornire delle linee guida definitive.

Secondo il dott. Steve Gillon (gastroenterologo del New Jersey che prescrive da anni la marijuana terapeutica), per principio di precauzione, ci si dovrebbe immergere solo quando i metaboliti del THC non sono più rilevabili nelle urine. Questo, al netto della variabilità soggettiva cui si è fatto cenno prima, significa attendere (dall’ultima assunzione) non meno di 7gg in caso di consumo sporadico, 18/20gg se saltuario e 40/45gg se quotidiano.

Un Nesso Causale attualmente solo Ipotizzato

Allo stato attuale non è possibile confermare un ruolo diretto del consumo di marijuana negli incidenti subacquei, troppo esigui come numero e troppo alta la probabilità di non riuscire a ricavare dati dirimenti neppure da soggetti consumatori. Ad esempio, a causa del modo in cui la sostanza viene metabolizzata ed eliminata dal corpo, da un test di laboratorio può essere difficile stabilire se il soggetto abbia effettivamente consumato cannabis o sia stato semplicemente esposto al fumo passivo nelle ultime ore o giorni.

Il dott. Tom Neuman, ha provato ad analizzare un parallelo, per quanto improprio, proposto da qualcuno, con gli incidenti automobilistici. Contrariamente a quanto ci si aspetterebbe però, nemmeno in questi studi i risultati sono stati così netti come invece suggerivano le prove di laboratorio. Gli effetti avversi della marijuana non sono stati dimostrati in modo inequivocabile in esperimenti di guida simulata e, negli studi epidemiologici sugli incidenti automobilistici, ha dimostrato di non essere un problema grave, meno dell’alcol per intenderci.

Ancora Tanta Strada da Fare…

Tuttavia questa evidenza, lungi dall’essere un’assoluzione scientifica, è più la constatazione oggettiva che tutti gli studi effettuati ad oggi sugli effetti dell’assuzione di marijuana, hanno sofferto di tare metodologiche piuttosto importanti, a cominciare dalla difficoltà di selezionare un gruppo di controllo realmente affidabile perchè, ad esempio, nella maggior parte dei casi non si era realmente certi che i soggetti del campione si stessero realmente astenendo dall’assunzione.

Non si può poi trascurare il fatto che attorno alla regolamentazione/depenalizzazione dell’uso delle cosiddette droghe “ricreative” gravitino degli interessi importanti. La ricerca finanziata dalle aziende farmaceutiche, secondo molti addetti ai lavori, può essere influenzata dai potenziali profitti associati alla rapida immissione sul mercato di farmaci, così come anche da una notevole pressione dell’opinione pubblica e della classe politica.

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