Gabriele Delbene, l’uomo della schiuma
Conosco Gabriele Delbene (Gabri per gli amici) da molto tempo e da un po’ pensavo di fargli un’intervista nella quale si potessero mettere in risalto le sue caratteristiche, che la maggior parte dell’ambiente disconosce. La collaborazione con Apnea Magazine mi ha dato questa possibilità e Delbene ha accettato con entusiasmo, per la mia e vostra soddisfazione. Nato a La Spezia nel 1966, Gabriele Delbene è alto 1,95 circa per un peso di 90 kg e possiede una capacità vitale prossima ai 9 litri. E’ un istruttore di pesca in apnea ed un altleta del Team Mares.
Gabriele è un uomo dal viso di eterno ragazzone, simpatico, disponibile… ma soprattutto è un subacqueo accanito ed un grande atleta. Cerchiamo di conoscerlo meglio…
Apnea Magazine: Torniamo un po’ indietro Gabri: il 2001 è stato un anno difficile caratterizzato da problemi di salute ed un Campionato Assoluto da dimenticare. Come ti senti adesso?
Gabriele Delbene: Adesso sono guarito e sto bene. Quell’anno ho avuto un problema di intossicazione alimentare, un’indisposizione non grave ma molto fastidiosa. I primi disturbi cominciai ad accusarli durante il Campionato di prima Categoria di Palermo del 2001, sotto forma di crampi continui. Una decina di giorni dopo ero in ospedale con le flebo e la successiva convalescenza -a casa- si è protratta per oltre 3 mesi. Questo è uno dei motivi che mi hanno tenuto a lungo fuori dal giro.
Il 2002 invece è finito alla grande con due importanti successi in competizioni internazionali. In Montenegro e all’Elba hai sfoderato prestazioni d’altissimo livello, oltretutto senza sfruttare la tua capacità di pescare nell’abisso.
Sì, è vero. Queste due gare mi hanno dato grande soddisfazione, soprattutto per due motivi. In primo luogo, di quattro gare internazionali disputate quest’anno, due le ho vinte proprio in quest’ultimo periodo; in secondo luogo, ho avuto finalmente la soddisfazione di vincere senza alcuna preparazione, improvvisando la gara coi miei compagni, e sopratutto pescando all’agguato ed aspetto in acqua bassa e torbida, in particolar modo in Montenegro.
Mi sono trovato a cacciare salpe, occhiate, cefali in 2 metri d’acqua… dove ho preso anche un barracuda di 3,5 kg. Mi sono anche ritrovato in 12-15 metri a fare l’agguato a palamite e limoni con planate lentissime, circondato da fiitta mangianza. Forse pochi pensavano che fossi competitivo anche entro i 15 metri, ma a ben pensarci è logico che sia così: in Liguria, dove pesco di solito, per fare carniere bisogna immergersi con mare molto mosso e torbido. Le situazioni sono spesso al limite, ma innescano la catena alimentare rendendo il pesce (da noi solitamente… nevrotico) meno diffidente e più facilmente insidiabile.
Alcuni si domandano come mai non riesci ad ottenere risultati altrettanto lusinghieri nei Campionati italiani Assoluti…
C’è da considerare una cosa: in Italia, per molteplici ragioni, le gare si fanno (e si faranno) sempre più spesso su lunghe distese di grotto. Ecco, io su questi fondali non potrò mai avere i risultati di un Bardi o di un Antonini. Potrò fare dei buoni piazzamenti, ma difficilmente avrò la possibilità di vincere, e questo per una ragione di fondo: questo particolare tipo di fondale non esiste dalle mie parti, per cui non potrò mai essere un eccellente interprete della pesca nel grotto, di sicuro non al pari di quanti lo hanno sotto casa. Se ci fosse una gara internazionale da combattere unicamente nel grotto, di sicuro molti altri atleti risulterebbero più adatti di me, ma in ogni caso penso di poter dire la mia in molte altre circostanze: in condizioni difficili con corrente o acqua torbida, nella schiuma così come in tutti i casi in cui ci sia necessità di impostare la gara a grande profondità.
Nuovi regolamenti. La principale novità di quest’anno sarà un vero e proprio circuito interamente a nuoto. Visto che la seconda giornata dei Campionati di Seconda Cat. di quest’anno -cui tu hai preso parte- è stata disputata con questa formula, puoi dirci cosa ne pensi?
Devo dire che in un primo tempo ero piuttosto scettico rispetto alla FAN (formula a nuoto). Dopo aver disputato il Campionato di Seconda in Puglia, però, ho capito lo spirito evolutivo di questa innovazione. Anche se questo nuovo regolamento limiterà in qualche modo le prestazioni dei profondisti, credo che sia certamente più giusto sacrificare l’exploit di pochi al fine di rendere le cose più accessibili, meno esasperate e sostanzialmente più eque per una base sempre più ampia di concorrenti. Per questo, mi prenoto da subito per partecipare a queste gare a coppie, che mi piacciono particolarmente
Pesca profonda, agguato e tana: metteresti queste tecniche in ordine di preferenza?
Agguato in schiuma, pesca profonda all’aspetto sui relitti e tana. Sono nato e cresciuto tecnicamente sulle pareti delle isole di Palmaria e Tino, dove per fare carniere si pesca con mare mosso, possibilmente in levata, e quindi sono uno specialista della pesca nella risacca. Questa tecnica mi diverte moltissimo ed appena posso mi faccio belle pescate tra le onde e nel torbido.
Analizziamo l’aspetto profondo secondo Gabriele Delbene.
Premetto che i fondali dello Spezzino non sono adatti per questo tipo di pesca, in quanto muoiono quasi tutti nel fango sui 30 metri. Per praticare l’aspetto profondo mi reco in posti come la Sardegna o la Corsica, dove riesco a trovare batimeriche e condizioni favorevoli. Ho una spiccata attitudine per la profondità e per questo riesco a scendere molto tranquillo e rilassato; dato che ho la fortuna di riuscire a compensare con la semplice deglutizione, scendo piuttosto velocemente. L’aspetto della compensazione potrebbe apparire di poco conto, ma in realtà rappresenta un grosso vantaggio in temini di rilassamento.
Fino al 1996 pescavo in profondità con la classica cintura di zavorra, che spesso non sganciavo se non oltre i 40m. Poi, quell’anno mi accostai al profondismo puro cominciando ad allenarmi per battere i record di immersione in assetto costante e No Limits. Durante gli allenamenti, scendevo su relitti a 60m con un sistema di zavorra ad assetto variabile ed effettuavo delle buone apnee statiche sul fondo. Ebbene, proprio durante questi allenamenti notai una costante presenza di dentici su questi “vascelli fantasma”, e così mi venne l’idea di unire l’utile al dilettevole e di cercare di insidiarli con la tecnica dell’aspetto profondo. Spiego meglio.
Parlando di prestazioni di questo tipo, assolutamente da non imitare, credo di dover fornire delle spiegazioni. Ci sono due regole a cui non mi sottraggo mai quando pesco profondo: la prima è quella di avere un compagno preparato che mi assiste costantemente; la seconda è una zavorra a forma di siluro molto idrodinamica di circa 15 kg, che mi trascina velocemente nell’abisso.
Il fatto di poter compensare in modo praticamente spontaneo mi permette di utilizzare una zavorra così consistente e di raggiungere il fondo a sessanta metri in appena 35 secondi. In queste occasioni utilizzo mute piuttosto pesanti, perchè a tale quota d’esercizio le temperature sono sempre piuttosto basse ed anche perchè una muta molto positiva mi trascina in superficie con più facilità, risparmiandomi fatiche eccessive e permettendomi di guadagnare nuovamente la superficie in circa 40-50 secondi. Inoltre, il fatto di tornare positivo molto presto aumenta il margine di sicurezza: tenuto conto che la sincope sopraggiunge negli ultimi dieci metri di risalita, nel malaugurato caso di incidente si arriva comunque in superficie, facilitando le operazioni di soccorso (a questo punto Gabri chiarisce di non aver mai subito un incidente sincopale… e mentre lo dice fa un eloquente gesto scaramantico). Sono gesti estremi, che faccio solo con la convinzione di essere preparato e tranquillo, ma personalmente li eviterei se non fossi al massimo e con la consapevolezza di essere quasi unico. In ogni caso, sconsiglio vivamente di provare ad imitare performance del genere, ricordando che le migliori pescate le ho fatte in acqua bassa e che, comunque, stiamo parlando di quote da recordman….dell’abisso!
Per l’aspetto nell’abisso che attrezzature utilizzi?
La maschera è a volume interno ridotto e comoda, il boccaglio morbido lo sfilo sempre e lo metto in cintura (è un’abitudine), la muta liscia/spaccata morbida e calda da 6,5mm o 7mm ed il fucile è un arbalete in alluminio da 28mm lungo115cm, elastici da 16mm lunghi 26cm, asta da 160 cm da 6,3mm di spessore con doppia aletta e mulinello dotato di 90 metri di sagolino. Non amo i fucili in carbonio perchè a mio modesto parere non si è ancora raggiunto un giusto assetto sia in superficie che in profondità, come non amo gomme più grosse del 16mm per questioni di brandeggio. In superficie ed in profondità si sente palesemente la differenza tra un 16mm ed un 18/20mm!! E poi le gomme da 16mm sono ottimi propulsori per aste da 6/6,3mm, tenuto conto di calibrare bene le lunghezze (es: sul 90 monto le 22cm).
Ultimamente gli amici del Forum di AM dibattevano su quale apnea potessi avere a 60m. Potresti dissolvere i nostri dubbi?
A -60m ho fatto aspetti da 1 minuto sul fondo. Complessivamente, tra discesa, aspetto e risalita, effettuo tuffi da 2’40”/2’50”.
Ma in profondità il comportamento del pesce cambia notevolmente o è più o meno lo stesso di quelli che stazionano a quote inferiori?
Il pesce in profondità non cambia molto il comportamento rispetto a quello che si trova a batimetriche più accessibili, sostanzialmente per una ragione: se il pesce non ha mai visto il sub ed è tranquillo, lo è tanto a 10 come a 60 metri.
Ho notato che sui diversi relitti Sardi posti tra i 50 ed i 60 metri il pesce è più nervoso che su una secca isolata in mezzo al mare a 25/30m. Questo è legato ad una ragione semplicissima, vale a dire la costante presenza di bombolari che visitano i relitti con regolarità e, soprattutto, dei bracconieri che s’immergono di notte armati di bombole e fucile in questi punti molto conosciuti. Insomma, il pesce ormai conosce l’uomo pure nell’abisso. Non ti nego che di dentici ne ho visti a centinaia (perfino pesci da 15kg), ma ne ho presi solo due proprio per la loro ritrosia nell’avvicinamento, che denunciava chiaramente insicurezza e nevrastenia. Insomma, il vantaggio della profondità per me risiede solo nel fatto che trovi il pesce più concentrato e numeroso.
Gabriele, parlaci della pesca all’agguato in schiuma, nella quale sei davvero un asso.
La pesca in tana ed all’aspetto delle mie parti ormai non regala più grosse soddisfazioni. Ricordo che fino ad una decina di anni fa il pizzuto o il maggiore cadevano spesso nella trappola di un buon aspetto, ma ora è difficilissimo. Per cui, giocoforza si deve cacciare nella schiuma e nel torbido per insidiarli. Fin dagli anni’70 (avevo 14 anni circa) mi sono dedicato all’agguato, quando ancora questa specialità era pressochè sconosciuta, rendendomi conto istintivamente che produceva degli ottimi risultati. Quando dalle mie parti c’è lo scirocco ed il mare formato, pratico questa affascinante tecnica che mi ha sempre regalato grosse soddisfazioni.
Pesco da zero a sette metri in controluce, muovendomi con cautela tra le asperità della parete e sparando a pesci che, nonostante tutte le cose fatte nel migliore dei modi, ti concedono pochi attimi per un tiro quasi sempre al limite. Le condizioni ideali sono i 3-4 metri di visibilità in controluce e 2-3m in orizzontale, ed io opto per una zona a dispetto di un’ altra valutando la corrente e…seguedo l’istinto.
Ad esempio quando esco per le bocche di Portovenere osservo l’acqua ed il flusso, e solo dopo decido. Con le condizioni giuste, non ti nego che in certe zone ad ogni tuffo si può sparare… ma di lì a catturare ce ne passa!! Ho girato tanti mari, e posso assicurare a tutti che da noi ed in Toscana i pinnuti sono tra i più difficili e nervosi. Nell’acqua bassa e nella schiuma ho fatto le mie migliori pescate, sicuramente le più divertenti….posso dire di esserci nato tra le onde!
Quali sono le prede più comunemente insidiabili con questa tecnica?
In Liguria, il sarago maggiore e la spigola. In altri posti anche il dentice o il barracuda. Poi salpe e cefali – ottimi in carpaccio- e ogni tanto l’orata, preda sempre gradita. Insomma, è la tecnica di pesca che consiglio, perchè divertente e soprattutto molto utile allo sviluppo di una buona acquaticità.
Come consigli di affrontare il mare mosso evitando situazioni pericolose?
In primis, è sempre bene immergersi con un compagno fidato, possibilmente col mare in scaduta, vale a dire quando il mare comincia a perdere la sua forza. L’ideale è la pesca in parete verticale perché, nonostante la forza del mare, c’è sempre un’onda di riflusso che allontana il sub dagli scogli evitandogli qualsiasi impatto con le rocce. Sconsiglio i fondali dolcemente digradanti, perché la forza del mare può trascinarci verso terra e metterci in situazioni molto pericolose; i fondali a pendenza intermedia sono da valutare con attenzione per capire se e quali pericoli possono nascondere.
Nell’agguato, la presenza della minutaglia è importante come nell’aspetto?
Il movimento di minutaglia è sempre un buon segno, ma non è fondamentale come per l’aspetto. Insomma, non è decisivo.
Che fucili utilizzi per all’agguato?
Uso quasi sempre un arbalete da 90 centimetri, con elastici piuttosto tirati da 16mm, asta da 6mm, nylon del 160 e mulinello di piccole dimensioni. In alcune occasioni, faccio anche uso di un modello da 82cm. Il 75 lo uso più in tana, oppure quando la visibilità orizzontale è prossima ai due metri, soprattutto in pieno inverno quando mi dedico all’aspetto alle spigole. In generale, però, il 90 è in assoluto l’arma che preferisco. Non uso mai la fiocina.
Parliamo ancora di tecnica. Ci diresti qualcosa sulla pesca in tana?
La pesca in tana non mi entusiasma particolarmente, ma dato che si tratta di una tecnica remunerativa in gara, ogni tanto mi ci dedico, spoprattutto in determinate condizioni del mare.
Per quanto riguarda i fondali, se mi trovo sul grotto cerco le zone più alte e spaccate, mentre sul granito cerco i massi più isolati, specie quelli al limite delle secche. Faccio planate di ricognizione ed attraverso alcuni segnali come pescetti e rocce più chiare e levigate di altre, cerco di capire dove possono trovare rifugio i pesci. La scelta dell’arma è determinata dal tipo di prede che cerco di insidiare, ma comunque si tratta sempre di fucili tra i 50 ed i 70 centimetri. Se prevedo l’incontro con una cernia, impugno un arbalete da 70 cm con mulinello, se invece pesco in zone di pesce bianco allora opto per uno Spark Mares 55 con fiocina a 5 punte che blocca il pesce e ti permette tiri anche su pinnuti appoggiati alla parete.
Per la verità, con la fiocina ho catturato anche grosse cernie, ma si tratta di catture estreme e del tutto occasionali.
C’è qualche cattura mancata che non riesci a dimenticare?
Almeno un paio. La prima è un’orata di circa 7kg sul Banco della Scala. Mentre ero all’aspetto e mi vidi venire incontro un branco di questi splendidi pesci, tutti tra i tre ed i cinque chilogrammi, e la capobranco mi arrivò lentissima ad un metro dalla punta del fucile. Sparai a colpo sicuro, ma centrai lo sparide nella placca ossea, e l’asta penetrò solo per pochi centimetri: la “reginetta” si liberò dopo pochi secondi. La seconda è un dentice stimato sui 12 Kg, colpito a centro corpo: purtroppo, la monoaletta che dotava l’asta non tenne ed il pesce si dileguò…me lo sono continuato a sognare per un mese!
Una cattura inaspettata che ricordi con piacere?
Ero al Trofeo Isola d’Elba nel 1998 e dovevo difendere il titolo conquistato nell’edizione precedente.
Avevo già a pagliolo 10 corvine ed una cernia di oltre 5kg. Sapevo che nonostante la buona pescata non avrei potuto difendere il titolo con tranquillità, così mi spostai su una zona di pesce bianco in frana tra i 35/40m. Alla prima discesa, al limite della frana, notai una cernia infilarsi in una sorta di caverna posta a circa 40m. Riemrsi, mi ventilai nuovamente e ridiscesi col 110 in pugno per visonare la grotta. Entrato nell’anfratto, illuminai da destra verso sinistra con la torcia – mezza scarica, per la verità. ed intravidi il bestione, messo di muso. Sparai da vicino colpendolo in testa e fulminandolo: i suoi circa 18 kg mi consentirono di aggiudicarmi il titolo per la seconda volta.
Hai mai avuto paura sott’acqua?
Una volta, con Francesco Catapano mi trovavo al largo di Marsala, su di un Banco famoso, dove nei giorni precedenti era stato avvistato per diverse volte uno squalo bianco. Pescavamo dotti all’aspetto in profondità e all’ennesimo tuffo, complice la corrente, finii fuori dal ciglio su una zona di fango prossima ai 50m. D’un tratto dal torbido vidi una sagoma scura di 6/7 metri e pensai: “ci siamo, è arrivato il mio momento”. Ero letteralmente imbalsamato! Poi mi accorsi che era un branco di Aquile di mare…ma che paura!
Per concludere, ci racconti la cattura del famoso “Dentice degli abissi” di quest’estate?
Ero nella baia di Cagliari di fronte a Torre delle Stelle, su un famoso relitto con base a 59 metri di profondità. Con l’attrezzatura che ho descritto prima, sono sceso a 52 metri ed al primo aspetto sono arrivati a tiro dei bei dentici. Ho sparato il pesce di 7,5 kg in pieno fianco e questo si è andato a rifugiare tra le lamiere più in basso, a 57,5m. Ci sono volute 4 discese per portare il pescione in superficie. Le apnee, rilevate col computer Apneist della Mares, sono state tra 1’40” e 2’22”, quindi relativamente brevi. Successivamente, ho fatto altri tuffi per cercare di portare a tiro un paio di esemplari che avevo soprannominato “il gobbo e lo spanciato”, tanto grossi quanto deformi e smaliziati. Saranno stati pesci da almeno 15kg e lo spanciato pareva avere una cicatrice dovuta ad una fucilata. E’ stata una grande emozione, come sempre quando mi dedico alla pesca sui relitti.
Allora Gabri, vuoi dare un saluto ed un consiglio agli amici di AM?
Per quanto riguarda il saluto lo faccio con un augurio a questa splendida iniziativa che è Apnea Magazine: buon proseguimento e grazie per l’occasione. Spero di poter aiutare qualche lettore coi miei suggerimenti. In bocca al lupo!. Come consiglio, dico ai più giovani di non strafare, ma sopratutto consiglio loro di affiliarsi ad un circolo e fare un corso di primo grado. Si tratta di un passo fondamentale per conoscere i propri limiti e, seguendo i consigli degli istruttori, imparare le regole base! Ricordatevi di non avvicinarvi mai ai vostri limiti e di pescare in poca acqua, dove veramente si cresce tecnicamente e psicologicamente e dove ogni cattura è sempre impegnativa. La profondità viene per gradi e sempre dopo l’ottima palestra del sottocosta!
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