Fermo pesca in Sicilia: la farsa continua
Ci risiamo: in Regione Sicilia è ormai divenuto un vero e proprio vizio emanare atti che non hanno alcun senso e che ripercorrono gli errori già commessi in passato, come nel triste copione di una tragicommedia all’italiana, dove trionfano solo il paradosso e l’ingiustizia più bieca. Facciamo un passo indietro per capire a cosa ci riferiamo esattamente, con l’augurio che qualcuno finalmente si indigni e si attivi per far sottoporre all’attenzione del TAR siciliano questi decreti assessoriali palesemente illogici e privi di motivazioni degne di tale norme.
L’argomento è sempre quello del fermo pesca della pesca professionale, una misura che mira a compensare economicamente i pescatori professionisti che decidono di interrompere l’attività nei periodi previsti. Nel 2006 avvenne un bel patatrac: il DA 103 dell’aprile 2006 all’articolo 6 prevedeva l’interdizione della pesca sportiva nei periodi dal 1 aprile al 15 maggio e dal 15 ottobre al 30 novembre, ad eccezione di quella effettuata dalla terraferma o da natante con lenza a mano o bolentino. Questa severa disposizione veniva aggravata in modo inaccettabile per la sola pesca sportiva nel mese di agosto 2006, quando veniva emanato il decreto assessoriale 149/Gab, che moltiplicava i periodi di fermo per diverse tipologie di pesca professionale senza rendersi conto che in tal modo finiva per moltiplicare i periodi di divieto -questo non facoltativo!- per la pesca sportiva fino a coprire tutto il periodo dal 1 agosto al 31 dicembre. Tale periodo andava poi esteso ulteriormente per via del Decreto Assessoriale del 26.01.1991, con il quale si vietava la pesca sportiva da natante e la pesca subacquea per un periodo di 45 giorni consegutivi a partire dal 10 gennaio di ogni anno. Insomma: per la sola pesca sportiva, si prevedevano 200 giorni complessivi di fermo pesca, una vera e propria follia!
La protesta della categoria non tardò a farsi sentire, in buona compagnia di quella degli operatori della pesca da natante e di superficie: conserviamo ancora una copia della lettera accorata spedita all’assessorato dall’UCINA in difesa della pesca da natante. Fatto sta che di fronte alle proteste ed alle giuste rimostranze dei rappresentanti federali locali (Giacomo Gravina e Franco Orlando, su tutti) l’allora assessore Beninati si scusò per le conseguenze negative sulla pesca in apnea, garantendo che non erano volute, e in seguito procedette all’abrogazione del DA del 1991 che disponeva il fermo annuale per 45 giorni a partire dal 10 gennaio.
Nel 2007 tutto è filato liscio, ma il 26 novembre del 2008 ecco che un nuovo decreto si riaffaccia nel sito dell’Assessorato Cooperazione, Commercio, Artigianato e Pesca: con DA n° 48 il nuovo assessore Di Mauro ha nuovamente regolamentato il fermo pesca di fine anno, stabilendo che durante tutto il periodo (dal 26 novembre al 31 dicembre) “è interdetta la pesca sportiva esercitata con l’ausilio di natante”. La previsione resta incomprensibile, perché il fermo pesca facoltativo è una misura di sostegno alla pesca professionale, e non si capisce cosa c’azzecchi quella sportiva, che oltretutto vede coinvolte altre categorie professionali (a partire dai negozi di attrezzature ed esche) che non vengono affatto compensate per l’interruzione dell’attività con misure di sostegno analoghe a quelle concesse alla pesca professionale. La pesca sportiva ha dei limiti di prelievo stringenti (max 5 Kg a testa) validi tutto l’anno, mentre la pesca professionale non ha per definizione alcun limite di prelievo, e se per ipotesi un peschereccio riuscisse a fare la strage del secolo, una vera mattanza-disastro, sarebbe comunque in perfetta regola. In ogni caso, i pescatori in apnea potevano tirare un mezzo sospiro di sollievo, perché pur dovendo rinunciare al mezzo nautico potevano sempre immergersi liberamente da terra. Ma la festa è durata davvero poco, neanche 10 giorni: il 5 dicembre l’assessore De Mauro ha visto bene di proseguire la tradizione di decreti e modifiche in corsa inaugurata anni addietro dal suo assessorato et voilà ha estratto dal cilindro magico il Decreto Assessoriale n° 48 del 5 dicembre, con il quale si dispone che “Nel periodo previsto per l’interruzione temporanea, e quindi dalla data di emanazione del presente decreto e fino al 31 dicembre 2008, è interdetta la pesca sportiva ad esclusione di quella effettuata dalla terra ferma o da natante con lenze fisse, anche se legate a canne, a non più di tre ami e/o bolentini”. La nuova formulazione cambia notevolmente le carte in tavola, perché se da una parte consente la pesca con lenze da natante dall’altra ottiene di cambiare la struttura del divieto: mentre prima tutta la pesca sportiva era consentita, risultando vietata solo quella da natante, adesso tutta la pesca sportiva è proibita “ad esclusione di quella effettuata dalla terra ferma o da natante con lenze fisse, anche se legate a canne, a non più di tre ami e/o bolentini”. Mentre con la prima formulazione non v’era alcun dubbio sulla possibilità di praticare la pesca in apnea con immersione da terra, con questa seconda formulazione si ha l’impressione – che l’interpretazione dei locali uffici delle CCPP potrà confermare o smentire – che la pesca in apnea risulti sempre proibita.
Discriminare tra i vari sistemi di pesca sulla base della loro diversa capacità di “incidere sul prelievo” – citiamo l’ultimo decreto assessoriale – quando la legge nazionale prevede che tutti gli sportivi siano tenuti al rispetto dello stesso limite massimo di catture giornaliero, che il decreto assessoriale in oggetto non cambia, è un nonsense, una vera barzelletta. Se il problema è il prelievo e tutte le forme di pesca sportiva hanno lo stesso limite, delle due l’una: o si ammette tutto riducendo il limite giornaliero per tutte le diverse forme di pesca sportiva o si escludono tutti i pescasportivi, senza distinzioni di attrezzo.
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