“E’ successo in gara” Coppa Europa 1991, Stromboli: a colpi di cernie nel blu
Fine maggio 1991, quella che andrete a leggere è la cronaca di una straordinaria prova di Coppa Europa. L’incantevole scenario delle Isole Eolie, i più forti ed affermati atleti del panorama europeo, la presenza di fondali impegnativi e ricchi di cernie ed un finale intriso di suspance renderanno questa giornata una delle più belle e memorabili della storia recente della pesca in apnea. Uno scatenato Lachica, un grintoso Mazzarri ed un indomito Riolo saranno i protagonisti indiscussi di questa gara che si risolverà sul filo dei 35 metri e in un acqua ancora ghiacciata a causa della stagione decisamente in ritardo. La perfetta macchina organizzativa dell’evento sarà un’altra perla che si andrà ad aggiungere a questa manifestazione che, scopriremo in quell’anno, rivoluzionerà il panorama delle gare di Coppa Europa, conferendole quella serietà sportiva che l’anno precedente era stata messa in seria discussione.
Buona lettura
Una giornata meravigliosa quella di fine maggio alle Isole Eolie e più precisamente a Stromboli. Tutto è ormai pronto per l’importante manifestazione. Dopo gli eventi dell’anno precedente, in cui le prove di Coppa Europa erano state condizionate dalle polemiche a causa di campi gara e di regole che parevano atte più a mettere fuori gioco l’avversario piuttosto che a favorirne le doti tecniche ed atletiche, l’Italia propone un campo gara molto selettivo, con acqua limpida, pesce per tutti e fattore campo quasi ininfluente o quantomeno molto meno decisivo. E’ chiaro che chi gioca in casa parte sempre favorito, ma la scelta delle acque di Stromboli è un segnale veramente importante che la nostra nazione dà per l’apertura di una nuova stagione di Coppa Europa. Sei le squadre partecipanti, formate da tre atleti ed una riserva. Ci sono i nomi più importanti dell’agonismo europeo come Salvatori, Carbonell, Lachica, Zanki, mentre l’Italia schiera tre fuoriclasse del calibro di Mazzarri, Molteni e Riolo. Pur presente Amengual deve rinunciare a scendere in acqua per motivi fisici e lasciare il posto a Obrador. Il peso minimo è fissato in cinquecento grammi per il pesce bianco, due chili per gonghi e murene e cinque per la cernia. Dopo i primi giorni di preparazione agli atleti è chiaro subito tutto: il posto è bellissimo: frana, acqua limpida e discreta corrente, abbondanti le cernie, decisamente più scarso il pesce bianco. Unico neo è che il pesce vive nell’abisso, si sposta in continuazione e l’acqua è gelida a causa di una stagione in forte ritardo complica ulteriormente le cose.
Il giorno della gara, alle 7.00, sul molo, fervono i preparativi e gli atleti sono di buon umore. Si scherza e si respira un clima rilassato, probabilmente anche per via del tempo che presenta condizioni di alta pressione e del mare liscio come l’olio e cristallino. Ciccio Mellina, infaticabile organizzatore, ha trovato diversi gommoni da mettere a disposizione degli atleti; il motore dei battelli non è però uguale per tutti e si procede ad un sorteggio. Al nostro Molteni capita il meno potente: solo otto cavalli. Da grande sportivo Riccardo fa un sorriso e inizia a caricarvi l’attrezzatura. Alle 8.00 i battelli si dirigeranno al centro del campo gara per la riunione e l’appello, alle 8.30 sarà dato il via. I diciotto atleti partecipanti sono tutti pronti e i gommoni scaldano i motori. Mazzarri ha una bella pietra segnata nel canale tra Strombolicchio e terra che ospita tre cernie e sta controllando bene il quaderno delle mire. Si ritarda a causa di un inconveniente al motore della barca di Riolo. Elvio Bortolin, direttore di gara, attende che l’atleta palermitano sia in condizione di poter partire. Alle 9.00 finalmente viene dato il via ufficiale.
La partenza al solito è spettacolare, quasi tutti i gommoni puntano su Strombolicchio, un affascinante scoglio vulcanico in mezzo al mare, dove, nell’abisso dei dintorni, sono stati segnati numerosi serranidi. Dopo poco sono tutti in acqua e si capisce subito che Mazzarri e Molteni avevano in comune la stessa “magica” pietra. Ma il gommone di Molteni è troppo lento, Renzo arriva prima e pedagna il punto. C’è la regola della distanza dei trenta metri dal pedagno dell’avversario, quindi Riccardo si dirige su altre mire. Nel frattempo Riolo è in panne, molla il gommone fermo nel punto di partenza riuscendo a farselo sostituire al volo dall’organizzazione. Dopo un quarto d’ora è sulla prima mira: una tana a 29 metri in cui l’atleta aveva marcato una bella cernia di circa 7 kg. Nicola si ventila con calma e scende nel blu impugnando un arbalete da 96; il buco è profondo e il serranide se ne sta sempre in fondo al cunicolo. Raggiunto il fondo entra con il corpo nella cavità ed accende la torcia: il pesce non riesce neanche a reagire perché trafitto e fulminato da un colpo chirurgico. L’estrazione è immediata e il recupero avviene con l’aiuto del mulinello direttamente dalla superficie. Vicino a lui sta pescando anche il grande profondista francese Bernard Salvatori; anch’egli è su una bella cernia e sta effettuando dei tuffi di studio per cercare di assestare un colpo risolutivo. Pochi istanti e spara, poi risale facendo filare il mulinello. Una volta in superficie mette il pesce in trazione e chiede il raffio. Tre soli tuffi e una bellissima cernia di oltre 12 kg finisce a paiolo. E’ trascorsa appena un’ora e per i nostri portacolori la strada sembra tutt’altro che in discesa. Gli avversari più temuti (spagnoli e francesi) hanno tutti un serranide valido, Lachica addirittura due ed è al lavoro per stanarne un terzo. Gli siamo vicini e notiamo che è su un fondale di 35 metri, una profondità da brividi con quest’acqua gelida e questa corrente! Il pesce ha due aste sul groppone ma è ancora vitale e costringe l’iberico ad un paziente ed attento lavoro con il raffio. Uno strattone più vigoroso e la cernia è vinta. L’atleta è felicissimo, la passa al barcaiolo e si sposta di circa duecento metri, su un altro segnale, alla ricerca della quarta.
Intanto Molteni è riuscito a catturare un bel pesce di circa 8 kg su un massone a circa 30 metri di fondo. Non gli ha dato problemi ma maledice il fatto di non aver trovato altri due grossi esemplari marcati nelle vicinanze. Ora è pronto per l’ennesimo tuffo oltre i 30 metri, sul fondo una frana difficile dove in preparazione aveva visto qualche cernia. Uno, due, tre tuffi e poi spara dentro un sifone. Risale con calma, si fa passare una boetta e mette il pesce in tensione, afferra rapidamente un medisten e ridiscende poco dopo. Secondo colpo ed il pesce viene estratto. E’ un cerniotto al limite del peso, Riccardo lo guarda un po’ prima di passarlo al barcaiolo, scuote la testa e si allontana. Mazzarri è ancora sulla tana della pertenza: ha già messo in gommone un serranide di circa 8 kg e, sempre nello stesso buco, sta lavorando un altro pesce. L’elbano è in forma discreta e nonostante la profondità tiene un buon ritmo. Non ha messo il pesce in trazione e dal buco esce un fucile privo di mulinello segno che, probabilmente, il colpo è stato letale o quasi. L’atleta lascia il raffio sul fondo, agganciato alla cernia, per scendere con più libertà impugnando solo la torcia con la sinistra. Renzo è nuovamente sul fondo, deciso a chiudere i conti: entra con mezzo busto dentro lo spacco e strattona energicamente una, due, tre volte. Niente, risale e si fa passare un SL 70 con la fiocina. Scende ancora e spara, poi arretra il braccio, posa il raffio sull’imboccatura della tana e vi penetra ancora più all’interno. Si scorgono solo le pinne. Passano una decina di secondi e lo vediamo uscire con la cernia con il cinque punte piantato in fronte. Renzo quasi lancia pesce e raffio al suo secondo, sale a bordo e si sposta di un centinaio di metri verso est.
Ci giungono notizie degli altri concorrenti: Carbonell ha optato per una pesca all’aspetto in poca acqua e ha un carniere misto di saraghi, cefali e salpe; Obrador ha una cernia, il francese Corselis un cernione ed un sarago, Salvatori ha catturato un’altra cernia ma al limite del peso e Riolo, che si è spostato verso Punta Labronzo, ha preso un’altro serranide di circa 10 kg. Lachica continua a spostarsi da un punto all’altro nel canale, ha numerosi segnali vicini tra loro e sembra stia facendo una gara eccellente. Effettua l’ennesimo tuffo sul filo dei 35 metri, i secondi sembrano interminabili, l’atleta risale con calma in superficie e recupera il pesce col mulinello. Giannini, capitano della Nazionale, lo segue preoccupatissimo, tutti si aspettano l’ennesima cernia ma stavolta lo spagnolo ha arpionato “solo” un tordo anche se di quasi 2 kg.
Sono passate tre ore di gara ed ormai è una lotta a viso aperto, senza esclusione di colpi e nell’abisso. Riolo è alle prese con una cernia, davanti a Sciara del fuoco, ma si è arroccata malamente e non ne vuole sapere di uscire. L’atleta palermitano le prova tutte ma alla fine dovrà tagliare la sagola per non perdere tempo prezioso. Più tardi verrà recuperata da un atleta turco, peccato! Molteni sta visitando i suoi segnali ma li trova tutti desolatamente vuoti, per fortuna Mazzarri ci restituisce il sorriso arpionando una bella cernia di 6 kg in mezzo ad una vera bolgia. Ora chiede un arbalete da 75 per cercare di scovare qualche altro pesce nella stessa zona che sembra promettere bene. Giannini è in continuo movimento, è nervoso, sa che le cose sono tutt’altro che facili per i nostri ed è in cerca d’informazioni. Nicola Riolo si è spostato al largo del piccolo ed ameno paese di Ginostra, su un relitto di sua conoscenza. Al primo tuffo sorprende un grosso grongo tra le lamiere contorte e arruginite della caldaia. Successivamente si sposta su uno spot, sempre lì vicino, dove ha marcato una bella cernia. Le mire devono essere molto precise perché è una lastrina difficile da trovare. L’atleta fa due planate esplorative e poi pedagna il sasso. Nuovo tuffo ma del pesce nessuna traccia. Non convinto però insiste e alla fine arpiona una mostella. Giunto in superficie sale sul gommone e ritorna sul relitto.
Ormai la lotta per l’alloro è questione per pochi eletti: Lachica, Mazzarri e Riolo hanno indubbiamente una marcia in più; gli altri invece perdono colpi, vuoi perché non ritrovano il pesce segnato e vuoi perché l’abisso di Stromboli alla lunga seleziona. Siamo nuovamente sull’elbano che è impegnato in lunghe planate a circa 4/5 metri dal fondo per cercare indizi che possano permettergli di scovare qualche altra cernia. La fortuna non gli arride, non trova nessun serranide di peso anche se, prima di spostarsi nuovamente verso il centro del canale, riesce a fiocinare un marvizzo di proporzioni preistoriche. Lachica fa paura: si sposta ancora più al largo su un fondale vertiginoso di 37/38 metri nei pressi della Secca di Scirocco. Trafigge l’ennesima cernia e la mette subito in trazione. Il nostro capitano lo osserva col viso stravolto dall’ansia, il pesce è laggiù nell’abisso che non ne vuole sapere e tira con tutte le sue forza ma, un secondo preciso colpo in mezzo agli occhi, pone fine alla lotta e lo spagnolo torna in superficie apprestandosi al recupero. Riolo ha messo a paiolo un’altra bella mostella e ha raggiunto un segnale sui 32 metri dove giorni prima aveva marcato due bei serranidi nello stesso cunicolo. Prepara il tuffo con calma, è solo in mezzo al mare e si prende tutto il tempo necessario. Le pinne si alzano al cielo e sprofonda inghiottito dal blu. Riesce a sparare una cernia di circa 10 kg, in caduta, al limite del tiro ma non riesce a fulminarla e s’intana. Gli serviranno una mezz’ora di saliscendi e un’altra fucilata per averne ragione, con anche il brivido finale di una delle due aste che si strappa, senza conseguenze, dalle carni del pesce. In lontananza la cornice di un’infinità di ginestre paglierine e spiagge nere come la pece che fanno da contrasto a piccole case bianche; un paesaggio che lascia letteralmente sospesi. I pochi atleti a terra catturano cefali, rari saraghi e qualche tordo. Jugoslavi e maltesi sono definitivamente estromessi dalla lotta per il titolo: Zanki ha solo una murena così come Borg Cardona. Manca poco più di un’ora alla fine ed i francesi Salvatori e Corselis sono in crisi: il primo è fermo a due cernie di cui una proprio al limite, mentre il secondo che era partito forte non trova più un pesce ed è sconsolato. Gli italiani si spostano di continuo sui tanti segnali ma con poca fortuna: Molteni li trova tutti vuoti o già visitati, Mazzarri non ha più zone franche e s’è buttatto a terra di Strombolicchio sui 30/35 metri, prima alla ricerca dei dentici che aveva visto durante il sopralluogo per poi ripiegare sulla ricerca di qualche cernia anche se finora senza risultati. Riolo è quello messo meglio ma è sparito.
Chi invece non fa mancare notizie di sé è il solito Manuel Lachica che, come da copione, arpiona cernie a ripetizione: ora ne sta lavorando una di circa 15 kg in una tana articolata dentro la frana. L’atleta impugna un arbalete da 90 e si appresta ad assestare un altro colpo al pesce che è già in trazione ed ha già un paio di aste addosso. Scende, s’affaccia, spara e recupera l’asta. Sta usando lo spaccaossa per cercare di uccidere il serranide prima di estrarlo. Ha apnee molto lunghe, spesso oltre i due minuti, mentre i recuperi sono piuttosto rapidi. Ci sono 37 metri, il cernione non è collaborativo ed i problemi per lo spagnolo cominciano a diventare seri visto che ormai mancano solo trenta minuti alla fine. Il carniere dell’iberico è comunque consistente e sembra metterlo al riparo da eventuali colpi di scena. Ritroviamo Riolo che da circa quaranta minuti ha sparato una grossa cernia dentro la frana fuori Punta Labronzo e la sta lavorando. Ci sono “solo” 23 metri di fondo ma in compenso una forte corrente da ovest. Il pesce ha un’asta lunga sulla schiena ed una, più corta, nei pressi della testa. Quest’ultima, sfortunatmente per Nicola, si è andata ad incastrare tra le rocce del fondo puntellando il pesce che non si sposta di un millimetro. L’atleta palermitano è stanco e comincia a dare segni d’impazienza. La cernia è viva, malamente incastrata e Nicola sta disperatamente cercando un pertugio dal quale poter assestare il colpo di grazia. Numerosi tuffi dopo, individua un piccolo sifone dalcui si vede una piccola porzione della testa del serranide, in corrispondenza dell’occhio. Si fa passare il 46 con elastici da venti milimetri armato di spaccaossa e s’accinge a chiudere i conti. Ormai s’assite a due gare nella gara stessa: la giuria è su Lachica che sta cercando con tutto il mestiere e la forza che possiede di aver ragione di un cernione nell’abisso e, dalla parte opposta del campo, Giannini e la direzione gara seguono Riolo, anch’egli strenuamente impegnato con un serranide. Un finale davvero mozzafiato. Nicola scende e s’affaccia al buco illuminandolo: la cernia è ancora lì e il colpo preciso fa sussultare il pesce che sbianca. “Ora è morto!”, urla riemergendo. Intanto capitan Giannini cerca d’incoraggiarlo mentre il tempo passa inesorabile. Anche con il raffio il pesce non si muove. Decide di tagliare la sagola della prima asta (quella sulla schiena) e cercare di afferrare quella più piccola per liberarla. La cernia è vicina ma è messa di coda e anche se la può perfino toccare non sembra esserci niente da fare. Impreca, si fa passare il raffio e sotto gli incitamenti e i consigli di Giannini, sparisce per l’ennesima volta nel blu. Aggancia l’asta e tira a più non posso: qualcosa sembra muoversi: l’asta scorre lungo uno scoglio ma dopo due spanne si blocca ancora. Mancano dieci minuti alla sirena quando è nuovamente a tu per tu col grosso pesce. Raffia nuovamente l’asta e tira ma senza risultati. Cambia spacco e agganciando l’altra porzione della freccia strattona con violenza: l’asta si muove e la cernia arretra fin quasi a far uscire la coda dall’antro. Non può mollare ma ormai rimangono due o tre tuffi al massimo. Ancora giù e, nonostante riesca ad afferrare l’asta, nulla si smuove. La corta tahitiana sembra cementata, Giannini urla di tirarla fuori ad un Riolo stravolto dalla fatica. Penultimo tuffo e sempre con il raffio. Avvinghia l’asta in corrispondenza della tacca e comincia a tirare dando anche qualche strattone, poi molla e risale in superficie. Il silenzio tutt’attorno è irreale: perfino il capitano tace e guardando il suo atleta negli occhi, sa bene che è l’ultima chance. Nicola si immerge quando manca meno di un minuto alla fine; è determinato ma anche stanco e demoralizzato. L’asta da sette millimetri sembra un palo d’acciaio…ma alle volte anche quelli si spezzano. Infatti afferra l’asta a due mani e tira a più non posso puntellandosi con le pinne. A un tratto si ritrova il codolo in mano ed il pesce finalmente libero. Con prontezza lo afferra per la coda, poi lo agguanta per le cavità orbitali e la porta a galla. Appena emerso esplode la gioia sua e del nostro capitano. La cernia è di circa 15 kg, la gara è finita e si rientra.
Lachica è già a terra e nel suo carniere ci sono cinque cernie ed un tordo. Riolo non è da meno: anche per lui cinque cernie più due mostelle ed un grongo. Mazzarri ha tre cernie ed un labride, Molteni due cernie così come Salvatori. E’ una lotta a due e sarà una pesatura al cardiopalmo. Viene pesato prima Lachica: una cernia non raggiunge i cinque chili del peso minimo per appena duecento grammi e la folla scalpita. Quattro i serranidi validi ( di 7, 9, 10 e 11 Kg) più un tordo che gli garantiscono 35.200 punti.
Tocca a Nicola: anche a lui si vede scartare una cernia per pochi grammi ma le restanti quattro ( 6,8,11 e 14 kg) più due mostelle ed un grongo gli regalano 37.415 e la vittoria finale. Terzo, più staccato, Mazzarri con 23.500 punti. Molteni, con un solo serranide valido scivola al nono posto. L’Italia si impone anche nella classifica a squadre di un’emozionante prova di Coppa Europa come da un po’ di tempo non se ne vedevano.
Per la cronaca questa manifestazione è stato seguita dalla troupe di Telemontecarlo che ha trasmesso le immagini dell’evento in una puntata speciale cui, ospite d’onore, ha presenziato Riccardo Molteni.
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