ENPA Savona: la Pesca Sportiva va ridimensionata, o meglio, Abolita!
I veementi proclami contro la pesca sportiva e ricreativa di associazioni animaliste come l’ENPA, non stupiscono e non meriterebbero nemmeno risalto, ma l’ultima sparata della sezione savonese merita qualche minuto di attenzione per chiudere il cerchio di una polemica iniziata qualche tempo fa, riguardo le improvvide dichiarazioni del portavoce del M5S Liguria sempre in materia di pesca dilettantistica anche se, in quel caso, riguardo le acque interne.
Riassumendo brevemente: il portavoce grillino cercò di imputare tutto ad una strumentalizzazione messa in atto con l’utilizzo di un titolo a suo dire “fuorviante” ad un comunicato del movimento, asserendo che in quel testo si rilanciava soltanto un allarme dell’ENPA sullo stato di salute delle acque interne. Ma cosa pensa l’ENPA riguardo la pesca dilettantistica? Lo ri-scopriamo proprio oggi leggendo il comunicato ufficiale diffuso in occasione della 2a edizione della mostra mercato internazionale per pescatori sportivi & naviganti “Hook“, che inizia oggi e termina il 15 maggio ad Andora.
Si esordisce citando senza riferimenti “una ricerca scientifica dell’università francese di Girona” secondo cui “i pesci catturati dai pescasportivi rappresentano tra il 10 e il 50% del totale delle pesca su piccola scala (escludendo la pesca a strascico)”. Tale studio è assurto all’onore delle cronache nel gennaio del 2015 ed ha ormai ampiamente dimostrato la sua totale inconsistenza. Ad esempio è pesantemente viziato dal fatto di essere realizzato considerando il solo contesto delle AMP, con il grosso delle informazioni utilizzate per quantificare gli impatti delle varie metodologie di prelievo che proviene da studi non pubblicati (quindi non verificati) e forniti dagli stessi amministratori delle Aree Marine Protette. Tra le grandi omissioni di questo studio fu fatto rilevare che, nel considerare la piccola pesca artigianale costiera, ritenuta la più danneggiata dalla pesca ricreativa in generale, non si specificava che detta pesca NON è obbligata per legge a registrare sbarchi di pescato fino ad un peso di 50 kg, rendendo di fatto impossibile una valutazione concreta e confrontabile. Insomma lo studio citato dall’ENPA non vale la carta su cui è stato scritto, e per chi volesse leggere una critica più accurata segnaliamo la puntuale analisi fatta a suo tempo da APR Associazione Pescatori Ricreativi che ha rilevato tutte le distorsioni di un lavoro che aveva dei chiari obiettivi ideologici da raggiungere, fin dal suo commissionamento.
Continuando, nel comunicato si sostiene che la pesca dilettantistica sia un’attività condotta “mentre la Commissaria Europea della pesca Maria Damanaki dichiarava già 2 anni fa che i pesci del Mediterraneo sono vicini al collasso a causa di una pesca eccessiva e sregolata, con un sovrasfruttamento del 96% degli stock ittici di acque profonde e del 71% delle specie pelagiche”. Per carità tutto vero, ma in questo nemmeno un piccolo accenno al fatto che di questo scempio sia totale responsabile la filiera della pesca professionale?! Gli studi scientifici sul sovrasfruttamento degli stock ittici sono numerosi, eppure sembra proprio che colpevolizzare la iper-sindacalizzata e potente lobby della pesca professionale sia un tabù anche per gli animalisti.
Si, perchè non ha nessun senso sostenere nella stessa frase che: “In una situazione di autentico svuotamento del Mediterraneo ad opera di una pesca professionale incontrollata, quella sportiva dovrebbe cominciare ad essere ridimensionata se non abolita.” Se questa non sia becera demagogia non sapremmo come definirla, d’altronde essere consci delle cause principali del problema, e scegliere di focalizzarsi su quelle marginali per avere meno problemi possibile, è una squallida forma di complicità con chi desertifica le nostre acque.
Il comunicato si chiude con uno dei più celebri leit-motiv di animalismo e ambientalismo militanti “…un mare che necessita invece di un approccio amichevole, fatto solo con maschera e pinne per nuotare in pace tra le sue creature; come accade già da anni in molti paesi del mondo, in cui si è capito che osservare un pesce vivo, per le economie locali, rende molto di più che farlo soffocare appeso ad un amo su una barca”. In realtà, anche qui dati alla mano, le cose stanno molto diversamente visto che già in Europa dipendono dalla pesca ricreativa più posti di lavoro e reddito di quanti non ne dipendano dalla pesca commerciale (e ovviamente dall’indotto delle riserve naturalistiche). Oltreoceano si può pensare alla imponente filiera economica che negli USA è stata messa in piedi sulla East Cost, interamente basata sulla pesca sportiva della spigola striata.
Se poi ci si vuole realmente focalizzare sulla validità economica del modello no-take, (che rimane però un modello possibile da intergrare con il resto, come ben insegna la Corsica, e non l’unica strada possibile sempre e comunque) si deve avere l’onestà intellettuale di comprendere che la via italiana alla tutela ambientale marina, salvo qualche incontestabile eccellenza, è costellata di esempi di gestioni fallimentari che bruciano enormi capitali della collettività e non tutelano assolutamente nulla.
Serve per caso ricordare l’endemica inesistenza dei controlli o la lista di tutte le AMP che hanno scarichi di liquami civili a cielo aperto entro i loro confini?! L’Italia a breve subirà l’ennesima procedura d’infrazione europea perchè 2500 comuni non hanno rete fognaria e/o depuratori per trattare i propri reflui fognari che finiscono direttamente in mare…meglio ricordarselo in futuro prima di pontificare sui presunti danni della pesca ricreativa!
Forse ti interessa anche...
Category: Articoli, Pesca in Apnea