Eclettica Monica
Monica Barbero ha trascorso nelle scorse settimane alcuni giorni a Palermo; abbiamo approfittato della sua presenza, come spettatrice, ad una gara di pesca subacquea per scambiare due chiacchiere e parlare non solo di apnea.
Foto di gruppo con gli allievi
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Al campionato italiano abbiamo visto atleti dell’agonismo sub Torino piazzarsi ai primi posti nella prima categoria, in seguito abbiamo scoperto che sono allenati da te e non da Blanda; stai già pensando di abbandonare l’agonismo e ti prepari alla carriera da allenatore o per il momento farai entrambe le cose?
Almeno per ora non ho nessuna intenzione di abbandonare l’agonismo.
Ho iniziato ad allenare questi ragazzi tre anni fa, quindi è già da qualche tempo che li seguo, per altro applicando uno dei principi della nostra società che è quello di portare gli atleti a raggiungere le misure importanti in modo graduale, proprio per abituarli a conoscersi bene ed evitare uscite fuori controllo.
Allenare è un’altra delle mie passioni visto che già da tempo insegnavo nei corsi di apnea per allievi, così appena c’è stata la possibilità di partecipare ai corsi per allenatori ne ho approfitato.
Abbiamo notato che, come per le tue prestazioni, anche nei tuoi allievi la filosofia delle uscite abbondantemente entro i limite è una costante; ci sveli il segreto di come si può cambiare il mondo agonistico visto che molti continuano a esagerare?
Credo sia una questione di educazione fin dagli inizi; ai miei atleti ho cercato di trasmettere dal primo momento il concetto di ascoltare il proprio corpo cercando di avvertire tutti i segnali, senza mai andare oltre.
Nell’apnea non è affatto detto che se un giorno si raggiungono misure importanti il giorno dopo si possano ripetere.
Monica si allena per il Jump Blue anche pescando all’agguato
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Questa educazione però richiede tempo; chi è spesso protagonista di uscite fuori controllo (nelle gare si vedono sempre le stesse persone) in genere è stato fatto crescere troppo in fretta, portato a raggiungere certe distanze in pochissimo tempo senza aver avuto la possibilità di conoscersi a sufficienza; inoltre, uscendo molte volte fuori controllo, l’organismo tende a memorizzare queste situazioni e nelle prestazioni al limite tende alla situazione peggiore.
L’attenzione ai segnali del nostro organismo durante l’apnea va insegnata agli agonisti sin dalle prime apnee, già a partire dai 25 metri; nella mia società mi è stato insegnato e per me è sempre stata una regola.
Ancora adesso, con tanti anni di esperienza alle spalle, la prima cosa che chiedo al mio allenatore dopo un’apnea è: ‘Come sono uscita?’ piuttosto che valutazioni tecniche sullo stile della pinneggiata, proprio per avere l’opinione ed il riscontro di una persona esterna che può segnalare situazioni che io non ho avvertito.
Evidentemente questi insegnamenti sono stati ben recepiti dai ragazzi che si allenano con noi.
La vostra società è stata la prima ad introdurre un tipo di allenamento che prevede ripetute importanti sia come distanza che come tempi di recupero, gli altri ci sono arrivati con anni di ritardo; ci racconti qualcosa in merito?
Sono stata io la prima a sperimentare questo tipo di allenamento con Mimmo Blanda, era un allenamento basato su ripetute con distanze importanti di 120/130 metri.
E’ una metodologia di allenamento che ha dato i suoi frutti visto che in quel periodo ho raggiunto i miei migliori risultati.
Abbiamo però riscontrato che alla lunga logora l’atleta a livello mentale, per cui abbiamo pensato di modificare il metodo diminuendo sensibilmente le distanze su cui effettuare le ripetute (100/110 metri) per poi arrivare ai massimali solo in prossimità delle gare.
Sicuramente è un allenamento efficace perché abitua a recuperi brevi percorrendo distanze considerevoli e porta l’atleta alla consapevolezza di poter effettuare numerose prove importanti in un intervallo di tempo ristretto.
A bordo vasca pronta per un intenso allenamento
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Sei stata una delle atlete mondiali di riferimento, però in questi ultimi anni hai mancato gli appuntamenti più importanti , cosa è successo?
Mi volete far piangere?
Sicuramente è stato un periodo molto difficile dal punto di vista personale; sono stata molto disturbata da tutto quello che è successo nell’ambiente dell’apnea, dalle critiche che sono state fatte senza alcun motivo, dagli attacchi feroci sia al mio allenatore, Mimmo Blanda, che a me direttamente e mi sono sentita in qualche modo in dovere di dimostrare con i risultati qualcosa.
E’ evidente che in questa situazione poi i risultati non vengono, per cui a livello psicologico ho sofferto tantissimo questa situazione e sto ancora patendo; mi viene abbastanza difficile riprendermi ma pian piano sto cercando, apnea dopo apnea, di ricostruire le mie distanze e i miei limiti precedenti.
Hai seguito tutto lo sviluppo dell’apnea agonistica di questi anni, ci fai un bilancio e soprattutto una previsione per il futuro sia nazionale che internazionale.
L’apnea sta crescendo tanto e sta crescendo in fretta; i risultati che si ottenevano anche solo qualche anno fa non erano sicuramente i limiti umani anche perché i praticanti erano troppo pochi per cui, aumentando il numero degli atleti, le prestazioni non potranno che migliorare anche grazie al costante miglioramento delle attrezzature.
Penso che in futuro in gara si arriverà con regolarità a distanze nell’ordine dei 200 metri sia a livello maschile che femminile; certo non sono distanze per tutti gli atleti e abbiamo visto, a livello nazionale, la differenza abissale che c’è tra i primi tre atleti e gli altri che vengono dopo.
Distanze fino ai 100 metri infatti sono misure a cui si può arrivare di fisico, se si è ben allenati; per andare oltre bisogna far lavorare la mente a livello psicologico, costruire l’apnea metro dopo metro ed è un po’ più impegnativo.
Che ne pensi del assetto costante?
Nell’assetto costante si stanno raggiungendo profondità abissali; bisogna comunque prendere questi risultati con attenzioni in quanto sono stati ottenuti in gare non regolamentate in maniera rigorosa, tipo quelle AIDA, dove pare che l’ossigeno sia stato utilizzato in abbondanza con ovvie ripercussioni sulle reali profondità e con scarsi controlli antidoping.
Se, come pare sia in progetto, la CMAS introducesse l’assetto costante allora gli atleti si potrebbero confrontare in gare reali, seguite veramente da un antidoping serio, e valutare se queste distanze diminuiranno.
Abbiamo visto infatti nella dinamica che atleti accreditati di distanze da capogiro, ai mondiali riducono di molto le loro prestazioni.
Rimane comunque il tema dell’assistenza.
L’assistenza è sicuramente il problema maggiore per il costante.
Ci sono diversi progetti in atto che riguardano l’uso di contrappesi e di telecamere per la ripresa subacquea, se verranno sviluppati in modo adeguato potrebbero seguire l’atleta durante il tuffo costituendo una soluzione per evitare che i sommozzatori rimangano in profondità a lungo ma interverrebbero solo in caso di effettiva necessità.
All’aspetto nell’alga
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Ai corsi di avviamento all’apnea partecipano numerosi pescatori subacquei; come giudichi questo fenomeno e che rapporto c’è tra le due discipline?
Per quanto riguarda la partecipazione ai corsi di apnea di molti pescatori subacquei, credo sia una realtà molto più sviluppata da voi in Sicilia; ai nostri corsi partecipano in maggior parte ragazzi e ragazze che vogliono fare gare di apnea e in proporzione i pescatori sono pochi.
Comunque è vero che ci sono pescatori che partecipano ai corsi di apnea per migliorare le loro prestazioni e per pescare a profondità maggiori; credo che proprio questo sia il grosso problema e il grosso errore!
E’ assolutamente sbagliato pensare di fare un corso per pescare più fondo; al massimo il corso dovrebbe servire per poter pescare alle proprie quote con maggiore sicurezza!
Un tuffo in apnea su un cavo guida non è assolutamente paragonabile a un tuffo di pesca.
Una cosa è scendere a trenta metri in costante, risalendo poi subito in superficie, tutt’altra cosa è pescare a trenta metri, dove la profondità è solo il punto di inizio della propria azione.
Per pescare a trenta metri in sicurezza, sempre che sia possibile farlo, bisogna avere nelle gambe quote in costante ben più importanti.
Purtroppo è difficile far capire questo a chi si iscrive a un corso di apnea; in molti pensano di poter pescare alle stesse quote raggiunte durante i corsi con il risultato che ogni anno molti pescatori subacquei perdono la vita.
In passato l’apnea è stata accusata di questo, ma non è vero; la colpa è della cattiva interpretazione dei corsi e forse anche di alcuni istruttori che non si preoccupano di far ben capire la differenza.
Un corso di apnea ci deve dare maggiori sicurezze per pescare alle stesse quote a cui noi pescavamo in precedenza, per aumentare le quote operative servono allenamenti mirati che un semplice corso di apnea non può e non deve dare.
E poi credo che il messaggio più importante che debba passare è che il pesce lo si trova anche in pochi metri d’acqua e non è vero che chi pesca più fondo è il più bravo.
Pescatori fortissimi hanno vinto campionati italiani pescando in pochi metri.
Più forte è chi prende più pesce, non importa a che quota!
Pronta a scendere in acqua per una battuta di pesca
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Sei una delle poche donne che praticano la pesca in apnea; avendo un’esperienza di apneista di altissimo livello che tipo di pesca ti piace fare quando scendi in acqua con il fucile?
Innanzi tutto definirmi una pescatrice in apnea mi sembra un po’ esagerato, diciamo che vado in acqua con il fucile e ogni tanto riesco a trovare qualche pesce suicida.
La tecnica che preferisco è l’agguato profondo, che mi serve anche come allenamento per il Jump blu, e poi in parte la pesca in tana anche se non sono certo bravissima.
Quindi preferisci pescare in profondità.
Non fondissimo ma sicuramente al di sotto dei 10 metri; in acqua bassa non mi trovo a mio agio anche perché ho l’abitudine a zavorrarmi da apneista, quindi con pochi piombi.
Qual’è il tuo fucile che usi più spesso?
Uso un arbalete da 90, anche perché è il fucile più lungo che riesco a caricare; ovviamente uso un fucile più corto per la pesca in tana. L’attrezzatura è rigorosamente di serie visto che a stento riesco a cambiare gli elastici.
Come mute utilizzo le Elios in neoprene liscio spaccato.
Con che frequenza vai a pesca?
Negli ultimi anni davvero poco; ci sono sempre stati impegni importanti con la Nazionale di apnea per cui ho dedicato tutta l’estate agli allenamenti.
Diciamo quattro o cinque volte, in un posto come la Liguria dove pesce se ne vede davvero poco.
Qual è la tua preda preferita?
Sicuramente la corvina.
Mi è capitato di vedere i voli di corvine fuori dalle tane e rimango sempre affascinata; sono belle da vedere e anche difficili da catturare.
Poi ovviamente anche il dentice che ha sempre il suo fascino.
In passato hai partecipato anche a qualche gara di pesca in apnea, pensi di riprovarci?
Oggi mi era venuta voglia di entrare in acqua però non avevo ne fucile ne zavorra.
Tuttavia non sono in grado di fare agonismo, quando riesco a prendere 4 pesci in una stagione sono contenta.
In passato ho partecipato ad alcune edizione di una gara a coppie che si disputa a Bogliasco; magari ad un gara di questo tipo potrei partecipare, il problema è riuscire a trovare qualcuno che, viste le mie scarse doti venatorie, accetti di avermi come compagno.
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Category: Pesca in Apnea