Ecco perchè la Pesca in Apnea è bandita da tutte le AMP italiane
Oggi finalmente possiamo dire – magra consolazione – di conoscere le vere ragioni di esclusione totale della Pesca in Apnea dalle Aree Marine Protette del nostro stivale. Dopo tanti anni di dure battaglie, contestazioni, di affannarsi nel tentare di ribattere ad argomentazioni più o meno pretestuose, l’incontro pubblico per discutere dell’istituenda AMP di Capo Testa – Santa Teresa di Gallura dello scorso 22 luglio, ha diradato le nebbie.
Iniziamo con il dire che questo incontro è stato sostanzialmente un pro-forma nel quale è apparsa ancora una volta chiara, se mai ci fossero ancora dubbi, la volontà di istituire questo ennesimo carrozzone ad ogni costo e confermando la perimetrazione proposta prima delle elezioni comunali.
Quello che fa notizia è venire a conoscenza, solo oggi, del fatto che l’esclusione della pesca in apnea non ha mai avuto nulla a che vedere con la vera o supposta capacità di prelievo, tantopiù che gli stessi tecnici dell’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione Ambientale) hanno riconosciuto che il pescasub contribuisce in maniera trascurabile a quello totale; ma piuttosto riassumendo, perché la presenza del pescatore in apnea muta il comportamento del pesce che impara a percepire l’uomo immerso come una minaccia da cui tenersi a distanza. Simili cambiamenti non sono invece dimostrati con le metodologie di prelievo, sia sportive che professionali, affettuate dalla superficie. Poiché uno dei principali obiettivi nella creazione di una AMP è quello di mostrare alle persone pesci in una situazione più naturale possibile, se ne deduce una totale incompatibilità.
Tradotto per i comuni mortali: le AMP mirano ad essere degli acquari ricchi di pesci, preferibilmente rimbambiti e scodinzolanti, ad utilizzo esclusivo dei diving (avevamo già notato come “casualmente” tutti gli spot di elezione per l’ARA fossero stati inseriti in zona B) che ovviamente lucrano con le immersioni ricreative, e che sono tanto più remunerative quanto meno impegnative in termini di profondità e di requisiti tecnici di immersione necessari.
Non si può poi non notare come il concetto di “naturalità” espresso nel video non sia altro che un forzato addomesticamento. Qualunque animale selvatico, terrestre o marino, è naturalmente diffidente verso ciò che non conosce, quindi anche nei confronti dell’uomo. Si prenda il caso di una cernia che non ha mai visto il subacqueo: permetterà di ridurre le distanze, ma tuttavia tenderà ad intanarsi o comunque difficilmente andrà incontro al sub come un cane fiducioso in cerca di cibo, e ancor più difficilmente si farà accarezzare mettendosi pancia all’aria come mostrato in tanti video promozionali di altrettanti santuari subacquei. Questo non è preservare la naturalità, piuttosto distorcere un comportamento verso l’eccesso opposto, ma che in questo caso fa comodo. D’altronde chi pagherebbe per visitare una AMP dove non si vede un pesce già sul bagnasciuga?!
A nulla è valso far notare che all’estero esistano realtà di eccellenza nella tutela marina e in cui la pesca in apnea sia consentita senza alcun pregiudizio, la discussione è stata castrata sul nascere semplicemente asserendo che, ad esempio le riserve corse, sono diverse da una AMP e quindi non sono esempi confrontabili. Stessa identica sorte per i pochi parchi italiani che includono anche vincoli a mare e permettono la Pia, regolamentazioni completamente diverse. Portando nello specifico il caso di Capraia, nella fretta di etichettare anche questa realtà come “diversa” perché parco e non AMP, i tecnici dell’ISPRA sembrano essersi dimenticati che invece è proprio di quest’anno la proposta di istituire una AMP che vada a sostituire i vincoli a mare del parco dell’Arcipelago Toscano, proposta che include appunto una zona D in cui è consentito pescare con il fucile.
Alla fine dei conti si registra solo la possibile apertura del sindaco nei confronti di una riduzione della superficie della riserva, in modo da lasciare qualche area pescabile al di fuori di essa, ma al suo interno la Pia sarà vietata senza se e senza ma.
Ultima nota dolente il totale silenzio dei praticanti locali che, a questo punto, dobbiamo pensare non esistano o contino di ricavarsi una riserva personale, d’altronde la pratica di mettere un lupo (che terrà poi lontani gli altri) a guardia del pollaio l’abbiamo già vista. Le uniche obiezioni sono state sollevate da turisti, viceversa più di qualche teresino plaude al divieto alla pesca in apnea perché altri rivendono il pesce evidentemente rovinando la piazza. Che dire, inutile lamentarsi per la mancanza di controlli, che darebbero fastidio a troppi, molto meglio vietare.
Una domanda però è d’obbligo: si vuole fare l’AMP a uso e consumo dei diving creando l’effetto acquario? Nessun problema, ma che bisogno c’è di farle sconfinate e di fatto incontrollabili quando gli spot di immersione sono limitati? Forse perché i finanziamenti vanno in base alla superficie?!
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Category: Articoli, Pesca in Apnea