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Ecco la 1a Licenza Regionale di Pesca in Mare per Pescasub e Canna da Natante

| 13 Novembre 2018

Già nel 2016 vi avevamo raccontato di come nei cassetti di molte regioni italiane ci fossero (e ancora ci sono!) numerosi progetti che mirano ad istituire una licenza regionale di pesca in mare con cui fare cassa sulla pesca sportiva. Alcune, per partire, aspettano che arrivi quella nazionale, altre invece puntano a fare da battistrada. Stavolta è il turno della Sicilia dove stanno provando ad inventarsi una licenza, a cui però sarebbero soggette solo la pesca subacquea e quella a canna da natante.

Attenzione, leggi gli aggiornamenti a fondo pagina

Per la verità, nel silenzio più assoluto, la giunta regionale siciliana aveva già approvato una delibera nel giugno scorso. Per qualche motivo però quel provvedimento non è mai stato pubblicato sulla GURS (Gazzetta Ufficiale Regione Siciliana) entro i 60gg previsti ed è quindi decaduto. È però di questi giorni la notizia che i propositi bellicosi dei proponenti sono tutt’altro che sopiti. A darne comunicazione è il deputato dell’ARS Nello Dipasquale che, con i suoi emendamenti (*elenco a fondo pagina), sta cercando di impedire quello che lui stesso definisce come “il tentativo di distruggere la pesca sportiva a mare in Sicilia” e “una vera e propria aggressione da parte della pesca professionale contro i pescatori dilettanti.”, chiarendoci quindi anche chi siano i mandanti di questa operazione.

Proviamo ora ad analizzare la nuova bozza di regolamentazione, tenendo sempre bene a mente che questo impianto risulta molto simile a tutte le proposte che abbiamo letto fino ad oggi, quindi non cadete nell’errore di pensare che, se non siete siciliani, questa battaglia non vi riguardi, sappiate che siete i prossimi, si tratta solo di capire quando i politici della vostra regione ci proveranno.

Gli Articoli che ci Riguardano

Il primo campanello d’allarme suona già a leggere l’art.1 – Oggetto, principi e finalità. Perchè uno degli obiettivi (lettera h) del disegno di legge è, udite udite, “regolamentare la pesca ricreativa”. In pratica si lascia intendere che questa forma di prelievo non sia assoggettata a nessuna prescrizione di carattere nazionale…cominciamo bene.

Art. 30 – Definizioni di pesca sportiva e di pesca ricreativa. Qui si fa una distinzione, pretestuosa, secondo cui, una delle caratteristiche distintive tra il pescatore sportivo e quello ricreativo, sarebbe il possesso o meno di una fantomatica “licenza sportiva”, e non l’appartenenza ad un’organizzazione sportiva nazionale, qualunque essa sia. Tenete presente che, nella precedente stesura, di licenza come elemento di separazione tra le due categorie non si faceva nessuna menzione.

Art. 31 – Autorizzazione all’esercizio della pesca ricreativaQui iniziano i dolori laddove si assume che: “l’esercizio della pesca ricreativa da natante e subacquea è subordinata al rilascio di autorizzazione regionale rilasciata dal Dipartimento regionale della pesca mediterranea”.

A parte la palese assurdità di imporla solo a chi, forse, rappresenta solo il 20/25% della base dei praticanti, si paga o no? Nella delibera di giugno era stata usata un’equivoca formula in cui si spiegava che sarebbe stata gratuita in sede di primo rilascio. Ora quella dicitura è sparita, ma non c’è neppure nessun cenno al fatto che non sia un ulteriore esborso per le tasche dei dilettanti.

Art. 33 – Divieti di pesca ricreativa. Potevano mancare nuovi divieti o un potenziamento di quelli già vigenti? Ovvio che no, e in questi si vede chiaramente la mano dei professionisti. Se ai cannisti si impongono le seguenti nuove distanze di rispetto:

  • – 500 m da unità di pesca professionale
  • – 150 m dalla costa nel caso di costa bassa
  • – 50 m dalla costa nel caso di costa alta
  • – 150 m da impianti di balneazione e da installazioni di gabbie per la maricoltura

ai pescatori subacquei si raddoppiano alcune delle prescrizioni del vecchio dpr 1639/1968, in particolare:

  • 200 metri dagli impianti fissi da pesca e dalle reti da posta
  • 200 metri dalle navi ancorate fuori dai porti

Art. 36 – Limiti all’uso di attrezzi da pesca ricreativa. Da questo articolo sono stati per fortuna tenuti fuori i pescatori subacquei, in compenso si è pensato bene di cancellare in un colpo solo quasi tutta la pesca di alto fondale praticata da natante, introducendo un laconico quanto assoluto “è vietato l’uso di mulinelli elettrici.”

Art. 37 – Disciplina generale della pesca ricreativa. Tra i vari commi di questo articolo, il 2bis introduce l’obbligo di compilazione di un vero e proprio foglietto venatorio nel quale dovrebbero essere giornalmente annotati le specie e la quantità di pesce catturato.

Chiudiamo l’analisi di questo disegno di legge soffermandoci sulle sanzioni, altra firma riconoscibilissima delle pretese della filiera professionale. In particolare quelle previste ai punti 2 e 3 dove si legge:

2. Nei casi più gravi di violazione, quali l’uso di attrezzi non consentiti, su segnalazione del soggetto accertatore, si provvede alla revoca dell’autorizzazione ed il successivo nuovo rilascio può essere consentito soltanto dopo un anno dalla data dell’infrazione accertata.

3. Nell’ipotesi di vendita del prodotto, la revoca avverrà a tempo indeterminato.

Chiaro no?! Lo sportivo/ricreativo viene punito (sempre che sia in possesso di licenza eh!) in maniera esemplare, fino anche a poter teoricamente vedersi revocato a vita il diritto di pescare. Intendiamoci, che la vendita abusiva del pescato vada punita è ovvio, ma da quando neppure la nuova legislazione nazionale (dlg 4/2012) ha inteso ribadire il raddoppio delle sanzioni che era stato introdotto nel 2008, non vediamo ragione di tanta durezza.

Men che meno in un impianto normativo in cui non è previsto nulla di simile per i professionisti, ad esempio per la pesca in zone e con metodi vietati (AMP, zone portuali, strascico sottocosta, utilizzo di spadare). E state attenti perchè la depenalizzazione introdotta con la legge 154/2016, cioè quella che ha convertito quasi tutti gli illeciti penali in materia di pesca in illeciti amministrativi, è una misura cucita addosso ai professionisti e di cui i ricreativi godono solo di riflesso.

Tanta Amarezza…

Un commento su questo ennesimo attacco alla pesca sportivo/ricreativa non può non essere colmo di amarezza per vari motivi.

Il primo è sicuramente politico: è ormai chiaro che dobbiamo guardarci da tutti, perchè l’idea di una licenza, nazionale o regionale che sia, intesa come strumento di forte limitazione a tutela della filiera professionale che si sente derubata di qualcosa che, illegittimamente, ritiene di suo esclusivo possesso e utilzzo, è ormai trasversale agli schieramenti politici. Non solo, crea contrasti in seno ai partiti stessi. Ad esempio il deputato siciliano che oggi ci difende, è attualmente in quota Partito Democratico; ma dello stesso partito era, ad esempio, quell’assessore all’Agricoltura e Pesca che nel 2016 tuonava contro il fatto che i ricreativi avessero “diritto” di prelievo del tonno rosso. Quindi, al netto dello schieramento di appartenenza, possiamo solo riporre fiducia nel singolo.

Il secondo è squisitamente tecnico: ammesso e non concesso – la questione è fortemente dubbia – che le regioni a statuto speciale abbiamo realmente potere legislativo primario in materia di pesca (vale a dire che possono fare quello che vogliono a prescindere dalla normativa nazionale), anche stavolta si è persa l’occasione di riformulare norme che da 50 anni creano problemi interpretativi. Ci si è limitati ad un goffo copia-incolla delle prescrizioni dell’ormai decrepito dpr 1639/1968, opportunamente integrato sotto dettatura della pesca professionale, che continua a vedere nella pesca dilettantistica un indebito concorrente. Ed è veramente triste dover ancora una volta ricordare alla politica che:

  • Il Mare ed i suoi pesci sono del Popolo italiano, che rinuncia ad una parte dei propri diritti di sfruttamento per cederli generosamente ai pescatori professionisti, al fine di consentire loro di lucrare su un bene comune svolgendo la funzione di servire il pesce sulle tavole degli italiani e sostenere le proprie famiglie.

Quindi, cari legislatori, che dirvi ancora?! Continuate pure a proporre leggi senza perizia alcuna, a ben guardare fate solo la magra figura di chi non sa cosa sta dicendo, ma lo fa con il piglio di chi crede di saperlo. Le pretestuose limitazioni che vi siete inventati dimostrano ampiamente che, questo disegno di legge, non è neppure un cattivo esempio di tecnica legislativa, ma un mero esercizio di autorità acefala e connivente con chi è l’unico a dover essere considerato responsabile dell’indiscriminato e insostenibile sfruttamento degli stock ittici del nostro mare. Se foste stati dipendenti di una ditta privata, avreste perso il lavoro molto tempo fa…

Oggi (martedì 13) e domani (mercoledì 14) si giocheranno altre due importanti battaglie di questa guerra, facciamo quindi i nostri migliori auguri di successo all’on. Nello Dipasquale: chi difende i diritti dei tantissimi pescatori dilettanti dall’aggressione di un pugno di professionisti arroganti, godrà sempre del nostro appoggio.

*Gli emendamenti proposti dall’on. Dipasquale puntano a:

  • cancellare il riferimento alla “licenza sportiva” nell’art. 30
  • cancellare in toto l’art.31 (quello che introduce l’obbligo di licenza)
  • introdurre un fermo alla pesca professionale del riccio di 2 anni
  • cancellare il comma che introduce l’obbligo del foglietto venatorio per i ricreativi
  • eliminare il divieto di utilizzo dei mulinelli elettrici
  • introdurre nella Commissione consultiva regionale della pesca un rappresentante FIPSAS

AGGIORNAMENTO 14 NOVEMBRE

L’on. Dipasquale rende noto che, in Commissione Attività Produttive, è stato espresso parere positivo per gli emendamenti riguardanti l’eliminazione dell’autorizzazione regionale e del tesserino di cattura che sarebbero stati “un ulteriore appesantimento burocratico che avrebbe gravato un’attività semplice e ricreativa come la pesca sportiva in tutt ele sue forme”. Si attende comunque la redazione del testo definitivo e la sua approvazione.

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