Ecco il Trattamento più Efficace Contro la Puntura di una Medusa
Un incontro ravvicinato con una medusa è un’eventualità piuttosto frequente per i bagnanti e non così rara per pescasub e apneisti, anche se la protezione offerta dalla muta limita notevolmente i danni. Purtroppo per i subacquei, il fatto che le uniche porzioni scoperte siano la fronte e la zona intorno alle labbra (salvo che non si utilizzino apposite protezioni supplementari), fa anche si che le eventuali punture siano molto dolorose.
Quando poi si deve capire come intervenire, la situazione si complica notevolmente perchè credenze popolari e metodi scientifici si mischiano, talvolta senza distinzione.
A questo poi bisogna aggiungere che un recente studio scientifico ha letteralmente ribaltato le cose, riabilitando alcuni metodi considerati quasi “stregoneschi” e bocciando sonoramente pratiche mediche consuete.
Lo studio è stato condotto sul veleno della medusa conosciuta come Criniera del Leone (Cyanea capillata), grande e con tentacoli lunghi fino a 5 m, che rappresenta il celenterato più problematico in acque britanniche, dove la sua puntura causa reazioni dolorosissime.
Però l’approccio si è dimostrato parimenti afficace anche su quello della nostrana Pelagia Noctiluca, ma anche su quello di altre specie temibili come la Caravella portoghese (Physalia physalis) e la Vespa di mare (Chironex fleckeri).
Cosa Succede Quando una Medusa ci Tocca?
Non tutte le meduse sono urticanti e non tutte lo sono allo stesso modo. Nel nostro mar Mediterraneo possiamo imbatterci frequentemente in alcuni di questi organismi poco urticanti, come ad esempio il Polmone di mare (Rhizostoma pulmo), o per nulla, come la Cassiopea mediterranea (Cotylorhiza tuberculata).
Ci sono però anche specie che, a dispetto delle dimensioni, sono capaci di punture veramente dolorose, come la Medusa luminosa (Pelagia Noctiluca), forse la più conosciuta e temuta anche per la sua abitudine di ammassarsi a ridosso delle coste in alcuni periodi dell’anno.
La sola parte urticante delle meduse è costituita dai tentacoli che, al contatto con la pelle, depositano delle vescicole, chiamate nematocisti, che contengono un liquido urticante che sarà il responsabile del forte dolore. A seguito di stimoli sia chimici che meccanici, i nematocisti iniettano la tossina sotto la cute e provocano un violenta e immediata infiammazione.
Cosa NON Fare!
Non bisogna in alcun modo grattarsi e tentare di frizionare la parte dolente perchè si rischierebbe di provocare la rottura di tutti i nematocisti presenti sulla cute, con conseguente spargimento della tossina urticante su una porzione molto più vasta. Assolutemente da evitare il risciacquo della parte con acqua dolce che, a causa della differenza osmotica, provocherebbe l’immediata rottura delle pareti dei nematocisti.
Sul risciacquo con acqua di mare, pratica spesso consigliata anche dai medici, lo studio scientifico pubblicato nel 2017 sulla rivista Toxins, ha dimostrato che nella migliore delle ipotesi è del tutto ininfluente, mentre nella peggiore può indurre le vescicole a pompare la tossina peggiorando l’infiammazione. Del tutto inutili si sono rivelati anche gli impacchi di ghiaccio sulla parte dolorante.
Cosa Fare
Sempre secondo lo studio condotto dalla National University of Ireland e della University of Hawaii, il risciacquo effettuato con l’aceto, metodo che spesso troverete sconsigliato al pari del lavaggio con ammoniaca o urina (questi ultimi però effettivamente inutili quando non dannosi), ha dimostrato di permettere l’eliminazione dei nematocisti senza che questi vengano sollecitati durante il processo. Quindi l’uso dell’aceto, unito ad un qualcosa per raschiare delicatamente la cute (solitamente si consiglia una tessera rigida tipo bancomat o il dorso della lama di un coltello, usata di piatto) permettono di eliminare i residui dei tentacoli senza peggiorare la situazione.
Nota 2019: il tema sull’opportunità o meno dell’utilizzo dell’aceto, pare sia una discussione ancora molto aperta all’interno della comunità scientifica, che sembra essere spaccata su questa questione, soprattutto perchè sembra debba essere approfondita meglio l’interazione con le varie specie di medusa. Secondo alcuni, l’aceto potrebbe essere utile in alcuni casi e dannoso in altri. In attesa di conferme, affidatevi ai consigli del vostro medico.
Successivamente alla pulizia della cute, lo studio ha dimostrato che un impacco caldo (45° C per 40 minuti) riduce notevolmente l’attività del veleno iniettato. Un discreto palliativo in caso di emergenza, può essere quello di applicare sulla parte dolorante un gel astringente a base di cloruro di alluminio, solo come ultima spiaggia una crema cortisonica che avrà un’azione molto più lenta, spesso inutile nel contrastare il picco della sintomatologia dolorosa che si manifesta dai 20 ai 30 minuti dopo il contatto urticante.
Un Kit di Pronto Soccorso
Se si esce in mare partendo da terra potrebbe essere problematico intervenire come è stato appena descritto, tuttavia se si dispone di un mezzo nautico, potrebbe essere utile portarsi dietro un kit di pronto soccorso per fronteggiare la puntura di una medusa e, come vedremo in un prossimo articolo, anche quelle di diversi pesci velenosi come scorfani o tracine. Una pomata astringente al cloruro di alluminio, così come una pomata antistaminica con blanda azione anestetica, possono già essere di grande aiuto.
Per i più internazionali è possibile acquistare dagli USA un kit composto da uno spray a base di aceto per l’eliminazione dei nematocisti, una crema per ridurre l’infiammazione ed un pratico cuscino termico riutilizzabile per l’impacco caldo.
Se la Situazione si Complica
La reazione al contatto con una medusa può variare anche molto da un soggetto ad un altro: nel raro caso in cui la reazione cutanea si diffonda vistosamente oltre l’area di contatto, compaiono improvvise difficoltà respiratorie, pallore, sudorazione, disorientamento e senso di svenimento, è necessario allertare immediatamente il 118, spiegando la natura della situazione.
Occhio alle “Cicatrici”
L’area cutanea colpita dalla medusa, nel breve periodo, rimane sensibile alla luce solare e tende a scurirsi con rapidità. Per evitare che la pelle si macchi è raccomandabile tenere coperta, o ben protetta con una crema solare a schermo totale, l’area colpita, almeno fino a quando la razione infiammatoria non sarà del tutto scomparsa, cosa che in genere non richiede più di due settimane.
Nella fase di guarigione infatti accade che l’arrossamento lasci il posto a un’iperpigmentazione, che i raggi ultravioletti potrebbero rendere duratura. Se la reazione è stata particolarmente violenta non è da escludere che le cicatrici possano permanere anche per diversi mesi, e con esse la necessità di protezione.
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