Divieto di pesca in apnea nelle AMP: adesso basta!
Nonostante la sua selettività, la pesca in apnea è l’unica vera esclusa dalle AMP – Foto: Balbi
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Quanto è troppo, è troppo. L’ennesima AMP confezionata sulle spalle dei pescatori amatoriali e sportivi in apnea in corrispondenza di un santuario della disciplina come le Secche della Meloria rappresenta la classica goccia che fa traboccare il vaso. E gli appassionati non ci stanno, non questa volta.
Anni di workshop e incontri tra vertici federali, ricercatori, direttori di AMP e funzionari ministeriali hanno prodotto qualche promessa e qualche speranza, ma nei fatti il Ministero dell’Ambiente non ha cambiato di una virgola la propria politica discriminatoria verso la nostra disciplina, che continua ad essere l’unica forma di pesca dilettantistica totalmente vietata nell’intero perimetro delle AMP già a livello di decreto ministeriale.
Il dolore e lo sgomento dei tanti appassionati pescatori in apnea livornesi si è trasformato presto in rabbia e desiderio di reagire con ogni mezzo per riaffermare la dignità della nostra amata disciplina, ingiustamente etichettata come attività incompatibile con le esigenze di tutela delle AMP, ed i diritti di fruizione del mare dei pescatori amatoriali e sportivi in apnea, che nelle AMP vengono negati senza valido motivo.
Gli argomenti spesi per dimostrare la grande ingiustizia realizzata dall’attuale politica ministeriale, la sua infondatezza scientifica e la sua inutile vessatorietà nei confronti della categoria li abbiamo illustrati a più riprese sia su Apnea Magazine che su Pesca in Apnea, quindi evito di tornarci sopra. Ciò che ci preme dire è che finalmente, grazie alla capacità ed alla determinazione di un gruppo di appassionati, i nostri argomenti non si limiteranno ad alimentare le accorate grida di dolore sulle pagine di riviste di settore, blog e community, ma potranno essere finalmente sottoposti all’attento giudizio del TAR Lazio.
I pescatori in apnea non accettano la politica ministeriale, ritenuta discriminatoria – Foto: A Balbi
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Dopo una serie di incontri preliminari, infatti, il gruppo di protesta dei pescasub di Livorno e dintorni si è costituito in un’associazione (l’AAMPIA, Associazione Ambiente Meloria Pesca in Apnea) il cui obiettivo dichiarato è quello di raccogliere fondi al fine di impugnare all’istante il decreto ministeriale con cui si è proibita la pesca in apnea in tutta l’area protetta. Inutile sottolineare come un esito positivo di questo ricorso, per il quale si sta cercando di ingaggiare uno dei migliori studi legali specializzati in cause amministrative, finirebbe per avere un impatto notevolissimo sull’attuale assetto dei vincoli in tutte le AMP d’Italia, con risultati che vanno ben aldilà della questione Meloria. Se la magistratura riconoscesse anche solo una parte delle nostre ragioni, si potrebbe creare un importante precedente e… chissà, forse anche spianare la via ad una revisione complessiva della spensierata politica sin qui seguita dal ministero nella gestione dei vincoli delle aree marine protette. E’ per questa ragione che occorre un pieno coinvolgimento di tutti gli appassionati italiani nella vicenda, anche di coloro che non andranno mai a pesca in quella zona.
Adesso vorrei soffermarmi su un paio di punti. In primo luogo, è bene chiarire la profonda differenza tra parchi marini regionali e aree marine protette: pur comportando un identico divieto di pesca in apnea, queste due forme giuridiche di tutela dell’ambiente restano fenomeni distinti che impongono una strategia difensiva completamente diversa.
I parchi marini regionali sono fenomeni localizzati nel loro iter istitutivo le determinazioni degli enti locali (comuni e province) hanno un peso molto significativo sulle decisioni finali, di spettanza della Regione. Nel caso dei parchi regionali, un’efficace azione di sensibilizzazione degli enti locali ed eventuali azioni di pressione politica si confrontano su un piano regionale. Ciascuna regione fa storia a sé, ma l’esperienza della Mortola dimostra che a livello locale è possibile trovare politici disposti a sostenere le nostre (sacrosante!) ragioni. A ben vedere, questo fenomeno si verifica anche quando si parla di AMP, perché si è visto a Ischia come all’Isola d’Elba, solo per fare due esempi. Il problema è che ogni iniziativa collegata alle AMP, diversamente dal caso della Mortola, si è dovuta confrontare su un piano superiore: il Ministero, ossia la stanza dove si è schiacciato il bottone rosso per la nostra disciplina.
Per le sue caratteristiche la pescasub potrebbe essere regolamentata senza problemi – Foto: A. Balbi
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Le AMP, infatti, sono istituite con decreto del Ministero dell’Ambiente, ed i regolamenti adottati dall’Ente Gestore, anch’essi emanati con decreto ministeriale, devono rispettare lo schema di regolamentazione (il disciplinare) predisposto dalla Segreteria Tecnica del Ministero dell’Ambiente, a sua volta emanato sotto forma di Decreto Ministeriale. In questo contesto, la realtà dimostra che le istanze pro-pescasub degli enti locali e dello stesso ente gestore (Porto Cesareo, Regno di Nettuno) soccombono di fronte alle determinazioni del Ministero.
Ad ignorare questa macroscopica differenza si rischia di perdere il fuoco dello scenario e pensare che l’azione di contrasto verso i parchi regionali e verso le AMP possano procedere sugli stessi binari: spero di aver chiarito perché non può essere così. Bisogna invece ricordare che il nostro obiettivo non può limitarsi ad un rinvio o rallentamento dell’istituzione dell’AMP con annesso divieto, ma quello di ottenere una regolamentazione della nostra disciplina all’interno delle aree marine protette così come accade per tutte le forme di pesca amatoriale e professionale ammesse e regolamentate, quasi sempre persino in zona B. Oggi si pesca alla Mortola, così come al Giglio o all’Elba, ma quando alla fine le aree protette si faranno la nostra disciplina sarà regolamentata? Ciò che ci interessa è solo questo: una regolamentazione della pesca in apnea nelle aree protette. Potremo cantare vittoria solo quando il pregiudizio che ci penalizza sarà spazzato via.
Il secondo punto su cui vorrei concentrare l’attenzione di chi legge è il ruolo della FIPSAS in tutta questa vicenda. Sappiamo tutti che la FIPSAS è una federazione composta da un apparato centrale, una struttura periferica, circoli e tesserati. Se l’apparato centrale sia disposto o meno ad uno scontro frontale con il Ministero per la tutela della pesca in apnea – disciplina obiettivamente minoritaria all’interno della Federazione – lo scopriremo solo vivendo, ma di sicuro circoli e tesserati stanno già offrendo pieno supporto all’AAMPIA, come si spera possano fare tutti gli altri appassionati che con la FIPSAS non hanno nulla a che vedere. Questa è una battaglia di tutti i pescatori in apnea senza distinzioni di credo e appartenenza, se non saremo capaci di unirci sotto una bandiera come quella dell’AAMPIA dimostreremo di meritarci il trattamento che ci viene riservato.
Prima di concludere, vediamo cosa accadrà nei prossimi giorni: il 12 la costituzione dell’associazione sarà formalizzata davanti a un notaio, poi verranno attivati sito internet e conto corrente per le sottoscrizioni. Un gruppo di lavoro si sta occupando di predisporre materiale giuridico e scientifico utilizzabile nel ricorso e di curare i rapporti con lo studio legale che verrà incaricato di agire in giudizio in nome e per conto dell’associazione. Al momento non sappiamo quanto tempo occorrerà per giungere sino in fondo alla vicenda legale, ma vi terremo informati man mano che le informazioni saranno disponibili.
Inutile sottolineare che l’ASD Apnea Magazine offre pieno sostegno all’AAMPIA ed invita tutti gli appassionati a fare altrettanto.
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Category: Editoriali