Diario Mondiale Brasile 2002 – Prima parte
Partire per un mondiale! Non mi sembra vero, poi in Brasile!
Certo, un po’ ci speravo dopo il risultato degli assoluti, e poi è arrivata la bella notizia del Ct Borra.
La convocazione è come riserva ufficiale, un grande onore e, soprattutto, una bella responsabilità.
Il primo pensiero è stato per le attrezzature, adattare tutto all’atlantico, ai suoi pescioni. Dotare tutti i fucili d’aste da 6.5, di mulinello, chiedere alla Omer mute foderate per resistere alle abrasioni dei fondali atlantici… Insomma, cercare di raccogliere più informazioni possibili per non arrivare lì impreparato.
Finalmente la partenza: il 26 ottobre ci si ritrova tutti all’aeroporto di Roma Fiumicino, agli internazionali, davanti all’Iberia che sarà la nostra compagnia. Siamo tutti eccitati e speranzosi.
Conosco già tutti: Fabio Antonini, Maurizio Ramacciotti e Stefano Bellani sono gia stati compagni in altre avventure, Sandro Mancia e Giacomo Gravina sono solo conoscenti e sarà una buona occasione per iniziare una nuova amicizia; poi ci sono il Capitano Roberto Borra ed il dottore Luigi Magno, specializzato in medicina subacquea! (speriamo di non aver bisogno delle sue prestazioni…). Il dottore è un grande appassionato del mare e approfitterà della trasferta per condurre dei test e per valutare dei parametri di fisiologia subacquea.
Ecco il primo problema: pesare i bagagli e riuscire ad ottenere due colli a testa con un massimo di 55 kg a passeggero, che possono sembrare tanti, ma… tra fucili, attrezzature e medicinali, non è un limite irraggiungibile…
In ogni caso, unendo i bagagli col nastro da pacchi, superiamo il primo ostacolo con successo!
Il viaggio sembra durare in eterno. A questa sensazione contribuiscono in maniera considerevole, dopo due ore di volo, la sosta all’aeroporto di Madrid e la scomodità delle poltrone dell’aereo. All’arrivo in Brasile sono le 7.30, mentre in Italia sono le 11.30: solo quattro ore di fuso orario, grazie al cambio dell’ora legale che, proprio nella notte del volo, ci ha scontato un’ora.
Il sole è già molto alto e più avanti scopriremo che fa luce alle 5.30.
Ritirando i bagagli, una cosa divertente è che ai raggi-x i pacchi di pasta sembrano pacchi d’esplosivo… anche i poliziotti hanno riso una volta visti gli spaghetti. La prima cosa che scopriamo è che i telefonini funzionano, ma conviene usare quelli pubblici, cosi cambiamo gli Euro in Real e acquistiamo schede locali. I bagagli sono ancora un problema, ma con grande adattamento riusciamo ad entrare tutti e otto nelle due macchine prese a noleggio. Carichi così, ricordiamo degli extra comunitari…ma, in fondo, in Brasile lo siamo!
Dopo 200 km arriviamo ad Arrail do Cabo, la nostra meta. Abbiamo subito una brutta sorpresa: i già piccoli campi gara, sono stati ulteriormente ristretti! Certo che una gara con sessanta concorrenti ammassati in soli 2 km di costa a strapiombo fanno un po’ paura a tutti…
La prima giornata in Brasile è dedicata alla “logistica”: cercare le barche per esplorare il campo, recuperare i piombi per le zavorre, prendere i contatti con l’organizzazione, sistemarci in albergo.
Rimane un po’ di tempo per visitare il porto dei pescatori e rifarsi gli occhi vedendo il pescato e, soprattutto, iniziando a conoscere le nuove prede.
Non sarà facile familiarizzare con tutte. Ci sono più di 30 pesci non validi e un paio di tipi di cernie per le quali è prevista la squalifica, perché specie protette. La sera si arriva alla cena con una discreta stanchezza e al ristorante si cucina la pasta che abbiamo portato dall’Italia, con l’inseparabile parmigiano e olio d’oliva.
Il 3° giorno finalmente in mare!
Io sono con Maurizio, mentre le altre coppie sono: Stefano-Giacomo e Fabio-Sandro. Le barche sono due e non vi dico che barche… sono tutti dei vecchi gozzi con entro bordo diesel, la cui messa in moto è spesso a manovella…
Maurizio ed io prendiamo da soli la più piccola e si fa subito amicizia con Giorgigno, il proprietario. Lui è un professionista del narghilè, è molto disponibile e ci spiega le prime cose sui pesci locali. Per loro non è un problema insegnarci i posti di pesca, qui c’è un enorme ricambio di pesci e pescare non vuol dire danneggiarli, così non ci sono le classiche gelosie tra pescatori cui siamo abituati.
Scopro con mia grande sorpresa che il luogo dove si svolgerà la competizione è una riserva di pesca per professionisti con le bombole (è proprio un altro mondo!!). Ma allora mi domando: “gli ambientalisti che stanno cercando di boicottare il mondiale, che vogliono?!”
Giorgigno ci dice anche che non segue le normali tabelle, ma il fai da te! Scende fino a 60 metri e poi pesca risalendo il fondale, così non spreca tempo con le fermate di decompressione.
Comunicare non è facile. Il portoghese è una lingua molto diversa e i locali sono come gli italiani: masticano poco l’inglese. Mi stupisco di come Maurizio riesca a capire tutto. Ma dopo mi svela che, da buon toscano, capiva un decimo ma faceva “gazzosa”.
Il mare è calmissimo e l’acqua è pulita fino a 20 metri, oltre c’è un muro d’acqua torbidissima e freddissima! Ai primi tuffi rimango sbalordito dalla quantità di pesce e dico a Maurizio:
“è una figata si può fare un gran carniere!” e lui mi risponde:
“calmo, fra tutto quello che hai visto, non c è un solo pesce valido!”
Che delusione! In ogni caso, stando in mare dalle 10 alle 16 riesco ad ambientarmi bene, inizio a distinguere i pesci validi, vedo tonnetti e riccioline, chiamati bonito e oihete, ma la vera novità sono i sargos, una specie di corvina che arriva fino a 7kg e si pesca sia all’aspetto che in tana, ma nelle tane esposte alla risacca (e che risacca). Poi ci sono altri due pesci che mi colpiscono particolarmente, anche se non validi in gara.
I pesci prete, che sono sempre in coppia e arrivano a pesare oltre due chili, vengono facilmente all’aspetto e si trovano spesso in tana; caratteristico è che quando si spostano scodano con un rumore fortissimo, spaventando sia i pesci che il pescatore in apnea, che non si aspetta una simile reazione.
Altri pesci veramente particolari sono i pesci scatola, che spesso superano i 10 kg di peso: sono onnipresenti in tana e così indifferenti alla presenza dei sub, che costituiscono spesso un vero “ingombro” alla visuale.
Il tutto è “condito” da decine di pesci pappagallo, anche di tre chilogrammi di peso. Un ultima novità sono le tartarughe che, venendo all’aspetto, spesso nel torbido, creano il brivido da pescione.
Tornati in albergo un po’ stanchi, ci si scambiano le prime impressioni e subito noto il clima di vero fraternalismo che ha creato Roberto nel gruppo. Non ci sono segreti e si lavora veramente per la squadra. Poi ho un po’ di batticuore. Fabio ha mal di gola e Stefano soffre di sinusite!
Non che speri che qualcuno si ammali per fare la gara, ma sono qui per sostituire l’eventuale infortunato e questo mi riporta alla realtà del mio ruolo.
Il 4° giorno inizia con la colazione alle 7.30, poi tutti al porto a prendere le barche, che vengono cambiate sempre per ragioni dell’organizzazione. Sono in coppia con Fabio e nella stessa barca con Maurizio e Giacomo, mentre Stefano è con Sandro.
Oggi si esplora il campo a nord, quello più lungo, e faccio la prima esperienza col mare mosso. È entrato vento da sud, ma l’acqua è pulita e calda fino a 20 metri. Incontro due specie di pesci nuovi: i piranjica e i pesci angelo. I primi sono delle specie di salpe che arrivano facilmente a 4 kg e i secondi sono completamente nuovi, non assomigliano a niente di conosciuto. Sono dei pelagici che raggiungono i 10 kg, di color argento a bande verticali nere e ricordano vagamente i saraghi.
In mare non resisto alla tentazione di assaggiare i ricci… e che ricci, sono giganti e veramente eccezionali! Proviamo lo scandaglio, ma con poco successo, poiché oltre i 20 metri è impossibile vedere aldilà della mano. A terra si incontrano un po’ d’avversari: finlandesi, ucraini e francesi, coi quali è divertente scambiare un po’ di impressioni. Dopo la cena si fa una piccola riunione col capitano e ci si scambiano tutte le informazioni, facendo il punto della situazione: tutti dicono tutto, è una cosa molto costruttiva per la squadra. In questa maniera la preparazione di ogni singolo è moltiplicata per tre.
Il 5° giorno inizia con molti dubbi. Tutta la notte ha soffiato un vento fortissimo da nord e la mattina ci svegliamo con la pioggia. Non è certo una giornata invitante, ma il dovere ci chiama e i giorni sono pochi.
Qui in Brasile siamo in primavera, l’estate è alle porte e, anche se il sole è gia caldo, il tempo è molto instabile e ci dobbiamo adattare a questi cambiamenti repentini.
Usciamo in mare alle 9.15, Fabio e Giacomo sono su una barca così malandata che non possiamo che prenderli in giro. Io sono accoppiato con Stefano e dividiamo la barca con Maurizio e Sandro; a farci compagnia c’è Luigi Magno, che ci fornisce di computer subacquei per registrare il profilo del nostro allenamento: poi, li analizzeremo durante la sera sul suo p.c.
Noi ci dirigiamo nel campo sud e troviamo l’acqua con i primi 20 metri accettabili, ma freddissima. Sandro abbandona dopo mezz’ora a causa di un attacco di sinusite e avvista dalla barca un pinguino! Il barcaiolo brasiliano ci dice che d’inverno è pieno di questi animali, non per nulla la località si chiama “Cabo Frio”. Cerchiamo di sfruttare lo scandaglio, ma anche in questo campo è inutile, a meno di 50 metri da terra la profondità è gia di 40m. Cercando nel sottocosta, ormai troviamo sempre le stesse tane di sargos, dette sarghiere, e difficilmente scopriamo qualcosa che non è gia dominio di tutta la squadra.
Saliti in barca, sulla via del ritorno, Ramacciotti ci racconta il suo incontro con un cernione bianco che, venutogli all’aspetto, si è fatto accarezzare per ben due volte! Nei giorni successivi diventerà il suo sogno per la giornata di gara.
Tornati a terra alle 15.30, scopriamo che Antonini è gia rientrato a mezzogiorno, avendo trovato nell’altro campo l’acqua a 11 gradi con 2 metri di visibilità. Prima di cena incontriamo i finlandesi che, appena rientrati da una pescata di ambientamento, ci mostrano un bel carniere di sargos con pescioni di anche 4 kg. La giornata si conclude al ristorante, dove incontriamo la squadra della Croazia con cui è molto più facile chiacchierare visto che parlano benissimo l’italiano.
Il 6° giorno ormai iniziamo ad avere le idee più chiare sui campi gara e sui pesci. Si va in mare col solito entusiasmo e le coppie sono: io con Fabio e Stefano con Sandro in una barca grande, mentre a Maurizio e Giacomo tocca una delle solite vasche da bagno.
In mare si sta dalle 9.30 fino alle 16 e si girano un po’ entrambi i campi, cercando di avere delle conferme o, spesso, delle smentite su intuizioni nel comportamento dei pesci.
La giornata non è eccezionale, l’acqua è sporchissima e fredda dappertutto, e l’unico posto che sembra promettere qualcosa di buono si trova nel campo nord, dove, in un’insenatura, c’è uno scarico industriale di acqua calda e bianca come il latte che crea un micro-clima che sembra non risentire delle correnti fredde.
Non riusciamo a esplorare bene il posto a causa della visibilità ridottissima, ma intuiamo tutti che potrebbe essere il posto “jolly”.
Tornati a terra, aspettiamo l’esito di una riunione informale fra i capitani: per esperienza sappiamo che spesso queste riunioni portano a conoscenza di magagne dell’organizzazione.
La sera, dopo la cena, sempre coi nostri spaghetti all’olio e parmigiano, il Ct Roberto c’informa che i campi gara, già piccoli, sono stati ulteriormente ristretti!
Il motivo è solo economico, l’associazione dei pescatori della riserva concede lo spazio per la competizione dietro compenso e, visto il prezzo esorbitante, il campo gara si riduce in funzione dell’esiguo budget dell’organizzazione.
E’ certo una grande occasione per questi pescatori, che vivono veramente in povertà, la possibilità di spremere la grassa vacca dei mondiali; ma forse stanno esagerando, visto che gia l’affitto orario delle barche non è certo economico. Un barcaiolo ci confida che in un giorno con noi guadagna tanto quanto in un mese di lavoro.
Si inizia a parlare di strategie, e gia qui ci sono due linee di pensiero: Maurizio è convinto che si deve pescare all’aspetto, mentre Stefano e Fabio puntano più sulle sarghiere, ma tutti sono concordi che è ancora presto per tirare le somme. Il regolamento, poi, prevede massimo 10 prede per specie, quindi bisogna insidiare tutti i tipi di pesce e la strategia fa cambiare solo l’ordine delle catture. Alla fine, vincerà chi riuscirà a catturare 10 pesci di ogni specie.
Leggi la seconda parte
(Foto Roberto Borra e Luigi Magno)
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Category: Agonismo, Pesca in Apnea