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Dall’alga “droga” per i Saraghi, una possibile cura per il Cancro

La Caulerpa cylindracea, alga invasiva originaria dei mari australiani e arrivata in Italia forse trasportata dalle acque di zavorra delle navi, è purtroppo ben nota ai pescatori subacquei perchè considerata responsabile della totale immangiabilità dei saraghi maggiori che durante la cottura diventano stopposi, tanto da aver preso il soprannome di saraghi “di gomma” o “di cartone”.

È stato uno studio coordinato dal biologo/pescasub Antonio Terlizzi del Laboratorio di Zoologia e Biologia Marina dell’Università del Salento, iniziato ormai quasi 8 anni fa, a scoprire come questa alga aliena sia ormai diventata una componente basilare della dieta di alcune specie di sparidi. I pesci ne sono diventati ghiotti a causa di un senso di gratificazione indotto dall’ingestione, per certi versi simile agli effetti di una sostanza stupefacente. L’accumulo di un metabolita specifico di questa varietà di Caulerpa è anche la causa del drastico impoverimento di acidi grassi polinsaturi della serie omega-3 e omega-6 nelle carni del pesce, che sembra essere la ragione più plausibile del deterioramento delle qualità organolettiche. Oltretutto, per quanto i pesci sembrino all’apparenza sani, l’alga aliena sembra atrofizzare le gonadi (con riduzione della capacità riproduttiva) e causare scompensi a carico del sistema nervoso.

sarago-caulerpa aggiornato

Proprio lo studio del meccanismo di azione attraverso cui il metabolita caulerpina distrugge gli acidi grassi polinsaturi, ha permesso ai ricercatori di proporne un utilizzo in campo farmacologico: sia nel trattamento dell’accumulo di colesterolo nel sangue, sia come coadiuvante nelle terapie chemioterapiche. I primi risultati ottenuti suggeriscono infatti che la caulerpina potrebbe rivelarsi di particolare interesse nella cura dei carcinomi, particolarmente quello ovarico. Se questi studi venissero confermati, ci troveremmo nella condizione di avere ettari di alghe da raccogliere per poter estrarre le nuove molecole; in questo modo si potrebbe al contempo risanare l’economia ittica di molti centri costieri (campani ma non solo) in cui da anni il sarago è ormai scomparso dalle tavole dei consumatori, e sintetizzare una nuova efficace arma nella lotta al cancro.

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