Clubman, il fascino di un arbalete australiano
Oltre 10 anni fa un amico mi mostrò alcuni di questi fucili, dicendo che li utilizzava con soddisfazione da molto tempo. La loro visione m’ intrigò, forse perché sprizzavano robustezza da ogni componente. In una parola, erano “MASSICCI”.
Nel 1991 ebbi occasione di trascorrere un periodo a Genova e lì potei acquistarne alcuni ad un prezzo molto conveniente.
Questo era l’aspetto originale del fucile.
Era costruito con un massiccio fusto in legno con guida quasi integrale, sul quale erano state montate un’impugnatura in plastica ed una testata in alluminio che presentava un’ asola idonea ad ospitare uno o due elastici anulari di generose dimensioni; nel complesso era paragonabile ad un fusto da 100 europeo. Era armato con un’asta filettata lunga 145 cm e dal diametro di 8 mm. Dietro l’impugnatura era presente un robusto calciolo di plastica collegato alla stessa tramite un cilindro di legno del diametro di 26 mm. La scatola di scatto era protetta da una lamina scorrevole in acciaio, mentre il grilletto ed il dente di ritegno erano realizzati in ottone cromato. Sul castello era presente anche una sorta di tacca di mira “a coda di rondine”.
Alla prima occasione, lo portai in acqua cosi com’era. La delusione fu enorme, non tanto per le prestazioni balistiche, quanto per il suo cattivo assetto. Sembrava di pescare con un remo in mano. Il fucile assumeva uno spiccato assetto positivo anche con l’asta inserita, piuttosto pesante. Ma non era solo quello l’aspetto negativo del suo assetto: la cosa che dava particolarmente fastidio era il suo pessimo bilanciamento. Infatti, la testata in alluminio e l’asta pesante gravavano il “peso in punta” e, di contro, il calciolo con l’interno cavo – quindi contenente aria – nonché il suo asse in legno concorrevano a peggiorare le cose, alleggerendo la porzione di fucile posta dietro l’impugnatura e aumentando, così, l’affaticamento del polso nel tenere il fucile in posizione orizzontale.
Fino ad ora ne ho parlato male e voi penserete che io sia un demente per aver comprato un fucile di cui ho una considerazione così scarsa. Adesso, però, permettetemi di parlarne bene.
Il CLUBMAN ha due pregi non da poco: il primo consiste nel fatto che è un fucile molto robusto; il secondo è che ha molto materiale su cui si può lavorare… una specie di “parco giochi” per gli amanti delle modifiche e del bricolage.
Così, mi lanciai in un’ attenta ricerca per studiare e realizzare le migliorie di cui il mio fucile aveva bisogno per diventare un’arma adatta alle mie esigenze, e diedi inizio a ciò che potremmo definire un processo di “mediterraneizzazione” dell’arbalete australiano.
Il triangolo di acciaio applicato
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La prima modifica che mi venne in mente fu la sostituzione dell’asta da 8mm con una più leggera, così optai per uno spessore di 6,5 mm. Un dardo versatile, anche se per l’impiego con doppio elastico ritengo maggiormente idonea un’asta da 7 mm. La diversa conformazione della scatola di scatto mi costrinse ad asportare il codolo dell’asta fin dove essa diventa di sezione circolare e riprodurre lo scanso del dente d’aggancio. L’asta risultò 5 cm più corta ed arretrata, aumentando di conseguenza la luce da coprire per mettere in trazione l’elastico, il che si traduce in una spinta più lunga a parità di ingombro (diventando un 104).
Tagliando l’asta si perde il foro per la sagola. Con quest’ impugnatura, il foro deve essere posizionato all’esterno del castello, per questo ho procurato l’asola per la sagola in posizione avanzata, cioè davanti alle tacche, in modo da rendere più sicura la tenuta. Parlando ancora dell’asta (anche se il fatto non è fondamentale per “l’europeizzazione” del fucile) l’ho dotata di una tacca in più, in modo da facilitare la fase di carico con il doppio elastico. Preciso subito che su aste da 6,5 mm questo è un espediente che rischia di indebolire la freccia, perché la tacca più avanzata al dibattere del pesce in punta è sottoposta ad una tensione maggiore rispetto alle altre. A conclusione del discorso asta, il passaggio dal diametro di 8 mm ad uno di 6,5 ha consentito sicuramente una maggiore leggerezza in punta, determinando però anche una maggiore positività complessiva dell’arma, già spiccata in origine. Anche se armato con un asta più leggera, il fucile risultava comunque pesante in punta. La causa del suo sbilanciamento non era però da attribuire ad eccessivo peso della sezione anteriore ma era bensì, come ho già detto, da ricercare in un eccessivo galleggiamento dei componenti posti dietro il fulcro del polso e cioè la sezione posteriore del calcio. Di conseguenza, appesantii la porzione posteriore eliminando, di fatto, la sua galleggiabilità. Procurai una serie di fori studiati in modo tale da allagare rapidamente il calciolo, evitando così un interminabile catena di bollicine durante l’immersione e sostituii il cilindro in legno con un tubo di alluminio delle stesse dimensioni.
La positività dell’assetto era diminuita anche se non totalmente scomparsa, ma il suo bilanciamento era notevolmente migliorato ed avevo eliminato il fastidioso peso in punta, consentendo il mantenimento del fucile in posizione orizzontale con il minimo sforzo. Avrei potuto operare sul suo assetto applicando delle zavorre, ma ho inizialmente evitato un’operazione del genere per due motivi:
1) Le modifiche che avrebbero comportato una variazione di peso al fucile, come vedremo, non erano terminate;
2) Mi stavo abituando a pescare con un fucile che assumeva un assetto appena positivo, fatto che, personalmente, ho apprezzato.
L’asta era giusta, il bilanciamento soddisfacente: armai lo schioppo con due circolari da 16 Dessault ben tirati ed iniziai a pescare. Nel frattempo montai il mulinello, un vecchio Marò della Mares che, opportunamente modificato, vincolai all’impugnatura sfruttando il fissaggio di quest’ultima al fusto sostituendo le viti con altre più lunghe. Tale unione però non mi soddisfaceva sotto il punto di vista della robustezza quindi con l’aiuto di un amico realizzai un triangolo in acciaio che collega la parte inferiore del mulinello a quella del calcio come si vede nell’immagine. L’acciaio posizionato sotto il mulinello determinò anche un ulteriore miglioramento di bilanciamento e assetto, rendendo l’arma ancora più neutra.
L’attività venatoria continuava ed in previsione di alcune uscite nel grossetano sostituii gli elastici con un paio nuovi di zecca. Il carico eccessivo determinò il cedimento del dente di ritegno, costruito in ottone cromato. Cannibalizzato il fucile più piccolo della stessa serie (HUNTER 2°) per recuperare il pezzo da sostituire, continuai le uscite fino al mio rientro dalle ferie. Poi, con l’aiuto di un altro amico, sostituii il dente con un forgiato in acciaio inox, sul quale incollai un pezzetto di gomma per rendere lo scatto più silenzioso. Inoltre, realizzai una lamina sempre inox che aveva la funzione di “centrare” il dente all’interno del castello.
Sganciasagola (sx) e dettaglio della slitta di protezione con l’incisione
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In queste foto si possono notare la tacca dell’asta appena fuori dall’impugnatura e lo sganciasagola di cui ho ridotto le dimensioni, la slitta che protegge lo scatto sulla quale mio padre (grazie papà Armando) ha inciso il mio nome. Anche se non si nota, ho asportato la coda di rondine che costituiva una sorta di tacca di mira e con una mola ho reso l’impugnatura più ergonomica. Al grilletto, molto spartano, ho smussato gli spigoli vivi per renderlo più comodo al tatto. La sua sensibilità era già ottima, per cui non l’ho modificata.
Guida asta, visione d’insieme e dettaglio testata
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La modifica successiva è stata la sostituzione della testata originale (che prevedeva l’impiego di soli elastici circolari) con una tradizionale, che ho fissato al fusto tramite un raccordo in alluminio. La scelta è caduta su una testata della Cressi-Sub, l’importante è rispettare le quote dell’asse degli elastici rispetto a quello dell’asta e della sede di scatto. Prima di rimontare il fucile ho provveduto a scartavetrare tutto il fusto, compresi i mozzi, per poi ripassare varie mani di flatting. Ai mozzi di giuntura ho prestato una particolare attenzione nel ridimensionarli, per renderli più precisi, utilizzando una resina epossidica, sigillando poi il tutto durante il montaggio con del silicone.
La nuova testata è risultata troppo leggera, di conseguenza ho dovuto operare una correzione di bilanciamento applicando una piccola zavorra all’interno del cavo della testata stessa.
L’ultima modifica riguarda la sezione del fusto. Il legno ai lati della guida veniva interessato dalle ogive, che durante lo sparo strusciavano lungo il fusto procurandovi dei profondi graffi. Ciò mi costringeva a ripassare il flatting almeno una volta a stagione. Per ridurre il fenomeno ho fatto fresare il legno ai fianchi della guida, in modo da creare una corsia per le ogive. Tale operazione, a mio parere, ha migliorato anche l’estetica del fusto.
A questo punto il CLUBMAN ha assunto una qualità di impiego del tutto europea, pur conservando il suo fascino esotico da fucile oceanico, garantendo ottime prestazioni sia con il singolo che con il doppio elastico.
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