Assoluto Pesca Sub 2019: il Racconto di Luigi Puretti
Il Campionato Assoluto di Pesca in Apnea 2019 è stato uno dei più combattuti degli ultimi anni, per questo abbiamo chiesto ai protagonisti di questo testa a testa di raccontarci la loro gara, a cominciare dalla preparazione, per far capire agli appassionati le incognite, le difficoltà e gli errori della gara. Il primo contributo è del campione italiano 2019, Luigi Puretti.
Una Preparazione con Tante Incognite
Come per tutti gli appuntamenti agonistici che contano la preparazione è fondamentale. Nel caso delle acque di Marsala che ospitavano questo campionato assoluto ho dedicato 8 giorni alla perlustrazione; non molti, per la verità, ma alla fine sufficienti. L’esperienza che avevo avuto su questo campo 10 anni fa, durante il Campionato Italiano del 2009, mi aveva lasciato poche idee e molte incertezze. Un po’ per l’età che avevo (ero ancora molto giovane) e un po’ perché le acque del Biscione sono davvero imprevedibili.
La variabilità delle correnti di ora in ora, i fondali variegati e difficili, le condizioni mutevoli del vento, non danno certezze. Il pesce è abbondante ma molto mobile. Un momento è qua e cinque minuti dopo è altrove. Non esistono certezze. Uno specchio d’acqua davvero complicato da affrontare. Inoltre arrivare con una condizione fisica ottimale e freschi è d’uopo perché solo gente allenata può pescare in situazioni che spesso ed improvvisamente raggiungono l’estremo.
2 Giorni sul 1° Campo, 6 sul Secondo
La profondità non era importante. Avevo deciso che avrei impostato, se possibile, una gara sul ritmo in fondali medio bassi, possibilmente a scorrere. Infatti dopo i primi due giorni di visione del campo gara del Biscione mi sono convinto che sarebbe stata la scelta giusta. Le tane erano poche e quelle poche erano strette ma, spesso, profonde e passanti. Quindi il pesce avrebbe avuto gioco piuttosto facile. Dunque ho deciso di concentrare i miei sforzi sulla ricerca di una zona che mi piacesse, magari fessurata e variegata, dove razzolare a favore di corrente. Idea che alla fine mi ha ripagato.
Altri sei giorni, invece, li ho dedicati all’altro campo, a detta di tutti il più povero. Lì ho preparato sia fondo (da 32 ai 42 metri) sia in medio fondo (tra i 10 ed i 15metri). Su questo fondale occhi di sabbia, posidonia e piccoli pezzi di roccia sparsa la facevano da padrone. Il pesce era molto nervoso, in continuo movimento, e scarso. Qualche labride e pochi sparidi. Anche qui solo un paio di pietre interessanti (pietre, non tane) e zone per pescare a scorrere.
Poi avevo deciso anche di pescare ad una profondità tale che mi consentisse di vedere il fondo e tenerlo sotto controllo anche dalla superficie. In profondità invece piccole porzioni tufacee sul fango ed acqua velata erano la consuetudine. Sui 38 metri ho marcato una morzata molto spaccata, grossa come una macchina, nella quale dimorava una cernia ma ero sicuro che potesse ospitare anche altre specie ed, intorno ai 40 metri, due blocchi di grotto, grandi come un cuscino, con due grossi pagri di circa 5 chili appoggiati.
Insomma, mi preparavo ad una competizione incerta dove interpretare bene il momento e la fortuna sarebbero state fondamentali. Anche la scelta dell’arma non sarebbe stata facile: affacciarsi ad una pietra e trovarla passante o trovarla chiusa era da mettere in preventivo. E certo le due cose avrebbero necessitato, al momento, del fucile più consono. A bocce ferme, la sera prima dell’inizio della competizione, ho optato per 3 fucili: un 80 con tahitiana da alternare assieme ad un 68 con fiocina. Poi anche il 90, il nuovo gioiellino Omer Invictus Rex, pronto all’uso.
La Partenza della Prima Giornata
Il tempo è bello ed il mare calmo. Il raduno a centro campo gara ed un minuto di raccoglimento in memoria di Bruno De Silvestri, precedono il via. Avevo deciso di rimanere in zona centro campo gara: sarei partito su una strisciata di grotto piuttosto fessurato con qualche sarago a zonzo e poi avrei seguito la corrente. Ci sono 13 metri di fondo, acqua pulita ma la corrente è già un fiume coi suoi 2-3 nodi.
Impugno un 80 e dopo un paio di tuffi arpiono il primo pesce: un sarago che colpisco in una tana passante. La lastra lunga, il tiro al limite e la corrente non mi consentono subito l’estrazione. Ci vorranno 3 tuffi per portarlo a pagliolo. Stessa scena qualche minuto dopo: altro sarago spiedinato ed altri tuffi per estrarlo. Il rischio di perdere l’arma ed il punto di sparo è grosso. Il “fiume” che spazza la zona di pesca è impetuoso ed il fucile rimane sott’acqua orizzontale o schiacciato sulla posidonia. Anche l’opzione mulinello è inutile. Non cambierebbe nulla.
Decido di prendere il 68 con la fiocina, decisamente più pratico e risolutivo, e sono nuovamente sul fondo. Mentre scendo guardo sempre avanti a me nel tentativo di vedere il pesce in lontananza per dirigermi verso lui sospinto dal flusso.
Il terzo sarago lo fiocino dopo averne visti 3-4 piccoli intorno ad una pietra ad una certa distanza. Arrivato sopra mi affaccio con cautela agli spacchi e, nel secondo buco, riesco a fulminarlo. Ho già tre bei pesci. Ero partito, per caso, vicino a Corrias ma ora mi trovo in solitudine. I pochi atleti vicini sono abbastanza distanti. Continuo a ventilarmi e seguire il fondo.
Una lunga planata ed ecco che vedo uno sparide scapolare una porzione di grotto e posidonia. Mi dirigo sul punto e faccio un breve aspetto. Nulla. Poi comincio a girare sulla sinistra della morzata con un piccolo agguato. Scorgo la pinna caudale del pesce appena dentro la spacco: vederlo e sparare è un attimo. Centrato! Lo porto in supeficie e lo passo al mio secondo. Sto tenendo un buon ritmo ma per ora non ho notizie degli altri. Poco più avanti è uno strano movimento nell’alga che mi mette in guardia. Faccio una planata sul punto e, mentre scendo, vedo una bella corvina che tenta di mimetizzarsi tra i lunghi steli della posidonia. Gli arrivo sopra come un fantasma. Lei non si accorge di nulla. Il tiro ravvicinato non ha storia. La corrente non accenna a diminuire.
Salgo sul gommone e torno al punto di partenza, anche se una trentina di metri più verso terra, sui 10-12 metri. La caratteristica del fondale è la stessa e la mia tattica non cambia. Il sole comincia ad essere alto e qualche labride potrebbe uscire. Ed è proprio così. Al secondo tuffo riesco a catturare un bel marvizzo e, poco più in là, a fiocinare un tordo nero dopo un bell’inseguimento. Sono pesci nervosi. È il colpo d’occhio e l’esperienza che te li fanno scorgere. Sono sentinelle, fantasmi di queste praterie.
A proposito di colpo d’occhio, mentre sono in superficie mi sembra di vedere qualcosa “scartare” nella posidonia una decina di metri davanti a me. Non ho ancora ventilato bene ma se aspetto ancora ad immergermi supero la zona. Mi tuffo tenendo conto del poco fondo e, mentre scendo, cerco di mettere a fuoco il punto in cui mi è sembrato di vedere il “movimento”. Vedo un bordo giallo, poi i contorni ed in fine la livrea di una bella salpa schiacciata sul fondo e tremolante. Mentre mi avvicino mi accorgo che è pronta a scattare e dileguarsi. Il tiro è piuttosto lungo ma non ho tempo da perdere. Fortunatamente la fiocina fa il suo dovere e la fucilata blocca il pesce inesorabilmente nonostante il guizzo finale. Ottimo! Un’altra specie a pagliolo.
Una Lunga Serie di Pesci Sbagliati e Strappati!
In fase di risalita noto un altro bel tordo sul fondo che, forse incuriosito, è venuto a controllare. Cambio fucile al volo e, dopo una breve ricerca, lo metto nel cavetto. Il ritmo è sostenuto e le catture sono costanti. Sono soddisfatto e proseguo secondo programma. Ora mi trovo su una bella zona fessurata. Me la devo girare bene ma, da lì a poco, commetterò una serie di errori che alla fine pensavo mi sarebbero costati giornata e Assoluto. Infatti sbaglio e/o strappo 6 bei pesci. In realtà, a mente fredda, non erano tiri facili (sempre lunghi e su animali nervosi) ma comunque almeno un paio avrebbero potuti essere messi in barca. Forse sono stanco.
Salgo sul gommone e torno a monte della zona. Devo riprendere la concentrazione. Faccio tre discese e fiocino due tordi. Poco più avanti sparo una bella murena. La colpisco in testa ma non la fulmino. Il pesce arretra nello spacco e tira con tutte le sue forze. O la va o la spacca! Dò un paio di strattoni per estrarla ma la fiocina mi torna indietro vuota. Peccato. Il mio secondo comincia ad innervosirsi. Lo vedo. Anche se mi incita e cerca di non mostrarlo.
Lo farò felice poco dopo, quando gli porterò in barca la un altro bel pesce: un bel sarago che cercava di mimetizzarsi ai bordi della posidonia. Gli scorgo le labbra e poi l’occhio e lo freddo con un colpo alla testa. La gara è quasi al termine. Catturerò ancora un paio di pesci terminando con 13 pesci validi e 4 specie (sei labridi, una corvina, una salpa e cinque saraghi). Finisco secondo di giornata ad un pesce di distanza dal primo classificato, Giacomo De Mola, che ha meno pesci di ma fa comunque una bella pescata e chiude le 5 corvine consentite. Dovrei essere contento (e forse lo sono) ma ho sempre in testa quei 5- 6 pesci persi che avrebbero potuto fare la differenza.
La Partenza della Seconda Giornata
La seconda frazione inizia nelle migliori delle maniere. Il mare è calmo e la giornata soleggiata. Mi sento bene. Ho deciso di partire nuovamente in una parte della zona del Biscione che rientrava in questo campo gara. Avevo marcato una zona molto frastagliata di grotto sui 10/12 metri dove girava qualche sarago. Non erano pesci grossi, 3-4 etti circa, ma il movimento era di buon auspicio. Infatti al terzo tuffo riesco a fiocinarne uno bello grosso sotto uno spacco passante mentre cercava di nascondersi nella zona più buia della lastra. Un bel tiro al volo che mi dà una grande carica. Giro ancora tutt’intorno a questo spot per circa mezz’ora senza incontrare nulla di interessante.
Ho rotto il fiato e quindi salgo sul gommone per andare sui punti fondi che avevo marcato. Il primo segnale è su un ciglio a 37 metri. Durante la discesa verso il fondo col 90 mi accorgo che, rispetto alla preparazione, l’acqua è più pulita. Difatti scorgo, ancora in fase di discesa, un grosso sarago che si muove nervosamente tra il ciglio e il fango come fosse indeciso sul da farsi. Lo allineo ma il tiro si presenta difficile e sul pesce ormai in fuga. Sparo e lo striscio lasciando qualche squama a cadere sul fondo.
Provando sui Segnali Profondi
Mi sposto di un centinaio di metri e mi dirigo sulla famosa pietra con la cernia segnata in 38 metri d’acqua. Arrivato sul fondo scruto in uno spacco e vedo un bel sarago. Cerco di metterlo in mira ma lui, con uno scatto, prova a uscire. Altro tiro al volo ed il pesce rimane trafitto a centro corpo. Torno in superficie e lo do al barcaiolo.
Decido di risalire in gommone e spostarmi nuovamente di pochi metri sulla zona dove avevo visto i pagri. Non sono molto convinto ma tentar non nuoce. Un pesce di quella stazza può far la differenza. Purtroppo, nonostante tre tuffi, non troverò nulla. Torno sul gommone e mi prendo 5 minuti di pausa per cercare di re-impostare una nuova tattica di gara.
Con il mio secondo pensiamo di tornare verso terra per cercare di pescare come ieri: a scorrere in corrente. Ricordo di aver marcato un punto su i 12/15 metri che ben si presta per questo tipo di pesca dinamica. Mentre mi dirigo sulla zona mi accorgo che tutto intorno ci sono 5-6 gommoni. Ma non è un problema. Anzi la cosa mi stimola.
Afferro il 65 con fiocina e mi preparo al primo tuffo. Sono sul fondo spinto da una corrente piuttosto sostenuta. Faccio piccoli agguati che terminano quasi sempre con un’ispezione in tana. Al terzo o quarto tuffo noto del movimento tra un pezzo di grotto e la posidonia: guardo con attenzione e vedo una bella corvina che tenta di nascondersi. Cambio direzione con un piccolo movimento delle pinne e gli arrivo sopra lasciando partire una fucilata perentoria. È un bel pesce, e quando lo passo al mio secondo lui mi incita. Le sommozzate continuano senza sosta, a buon ritmo, ma di pesce non ne trovo. Ormai la roccia pare essere scomparsa e vedo solo della gran alga.
Servono altri Pesci!
Non devo distrarmi ed infatti da lì a breve riuscirò a catturare due bei labridi in peso. Ho due saraghi, due tordi ed una corvina. Servono altri pesci. All’ennesimo tuffo mentre passo ad circa 2 metri dal fondo vedo una bella salpa infilarsi in una chiazza di alga. Mi dirigo sulla zona e mentre scruto il punto scorgo con la coda dell’occhio il pesce che si muove verso la mia destra: allineo e sparo fiocinandola inesorabilmente.
Un’altra salpa farà la stessa fine due tuffi dopo. Il punto ormai l’ho passato e ripassato quindi, visto che manca circa una mezz’ora alla fine propongo al mio secondo di fare un altro spostamento verso due gommoni che si trovavano un centinaio di metri più a levante rispetto a me.
Mi butto e vedo il mio compagno di team, Adriano Riggio, che ha sparato ma non ha nulla sulla fiocina. Riarma l’arbalete e si prepara al tuffo. Lo tengo d’occhio e intanto mi ventilo. Lo vedo partire e dirigersi su un pezzo di roccia nell’alga. Io scendo veloce e mi affaccio dalla parte opposta: il tempo di guardare dentro e vedo arrivarmi in faccia un bel sarago. Lo sparo subito e lo colpisco perfettamente. Arrivo in superficie e vedo Adriano che mi sorride e si complimenta con me per la cattura. Oltre ad essere un forte pescatore di dimostra anche un gran signore.
La Sorpresa della Bilancia
Da lì fino alla conclusione della gara troverò solo un bel sarago che non riesco a colpire per colpa di una piccola sporgenza rocciosa (non notata) che frena l’avanzata della mia fiocina e null’altro. All’arrivo in banchina ho un buon carniere ma devo sapere che cosa hanno preso De Mola, Claut e Corrias i tre agonisti che temevo di più. Corrias ha un bel cavetto di saraghi, Claut ha poco, ma De Mola non lo trovo e mi dicono che ha un grosso corvo e 8/9 saragoni. A quel punto penso a mantenere almeno il secondo posto perché Giacomo, con quel carniere, è inarrivabile.
Penso anche a tutti i pesci persi nella prima giornata ma sono tuttavia sereno e contento. È stata una bella gara. La piacevole sorpresa sarà solo quando alla pesatura vedo il carniere di De Mola: la corvina non è grossa ma un pesce di 8/9 etti ed alcuni saraghi sono da pesare. Il resto è storia fatta: arrivo quarto di giornata e primo finale tra la gioia e un po’ di stupore. Vengo sommerso dagli abbracci. È il mio secondo titolo individuale. Sudato e bellissimo. Voglio condividere questa vittoria col mio secondo Franco Calabrese che si è spezzato come e più di me le gambe durante la preparazione nelle “correntosi” acque Marsalesi. È anche merito suo se sono arrivato fresco e carico alla vigilia di questo campionato. Un grazie anche alla Omer Sub per l’attrezzatura ed il sostegno.
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